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Autore: Hi Ban    15/07/2011    9 recensioni
“Non lo so.” Dissi con voce afona, schiarendola subito dopo, quasi per riflesso.
“Non lo sai? Eppure sei a casa sua.” Disse con voce allegra Deidara, tirando fuori la mano che aveva messo in quel borsellino in cui teneva l’argilla.
Le possibili risposte:
‘Non abito veramente qui, faccio finta.’
‘L’ho cacciato un mese fa fuori di casa perché non si toglieva le scarpe prima di entrare.’
‘L’ho ucciso e messo in una sacca da bowling perché non voleva farmi tenere un famigerato cervo.’
‘Era troppo bello allora l’ho rinchiuso in cantina per non rimanere abbagliata dalla sua bellezza.’
‘Itachi Uchiha sono io.’
‘Prima di mettere le mani su di lui dovrete passare sul mio cadavere!’
Oppure...
‘Dovrebbe rincasare per cena, potete aspettarlo in soggiorno.’

[Storia sospesa]
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Itachi, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 23



Non sono mai stata molto brava a comprendere le parti sottintese delle questioni e sicuramente, dopo una giornata del genere, era già tanto se riuscivo a mettere un piede dopo l’altro senza finire inevitabilmente di faccia per terra. Comunque, se fossi stata più arguta, non mi sarei stupita più di tanto nel vedere che Tsunade non mi stava conducendo in ospedale, ma verso il palazzo dell’Hokage.
Pensandoci bene, poi, che diavolo ci dovevo andare a fare io in un ospedale? Stavo meglio di lei e non mostravo danni cerebrali, non più di quelli che avevo sempre avuto.
Leggendo tra le righe, si capiva benissimo che voleva solo restare da sola con me per parlarmi, ma come premesso io non sono quel tipo di persona che, come dire, recepisce i concetti al volo. Specialmente quelli che vanno necessariamente capiti o finisci per rimanere un tantino indietro.
Ma siccome io ero rimasta più o meno indietro a quando Itachi aveva fatto esplodere mezza casa sotto al mio sedere, non potevo di certo pretendere di comprendere tutta la situazione in una volta.
“Da quando l’ospedale si trova nel palazzo dell’Hokage?” Chiesi vagamente confusa.
Tsunade alzò gli occhi al cielo e continuò a camminare.
“Non si trova lì l’ospedale.” Commentò con ovvietà.
“E allora perché ci stiamo andando? Non avevi detto che dovevo andare in ospedale?”
“Non ci dovevamo andare veramente.”
“Ma tu lo avevi detto! Cosa lo hai detto a fare altrimenti?”
Miss arguzia a rapporto, sempre e comunque.
“Era un diversivo.”
“Ah. Perciò non andiamo in ospedale?” Mi arrischiai a chiedere.
“No! Non hai nulla di rotto e non sei ferita!”
“Capito… no, non ho capito. Non capisco comunque perché hai detto che ci andavamo se poi non ci andavamo per davvero… potevi inventarti una scusa migliore, che so, ti era venuta la caghetta fulminante e–”
“Se non la smetti ti fulmino io e allora sì che ci dovrai andare in ospedale!” Disse furente, aumentando il passo.
“Ecco, ora sono ferita, TsuTsu, mi hai ferita nell’animo!” Dissi in tono palesemente ironico, ma lo sguardo che mi riservò in seguito alla mia uscita mi fece prendere in considerazione l’idea di stare zitta e muta fino a che non fossimo arrivati dentro e lei non mi avesse dato una spiegazione di sua spontanea volontà.
Notai che era decisamente più nervosa del solito: da quando mi trovavo lì non mi ricordavo di averla mai vista comportarsi così.
La postura era rigida, così come tutti i suoi movimenti. Il suo comportamento era decisamente strano: cosa stava succedendo?
Probabilmente la comparsa dei due membri dell’Akatsuki – uno scappato e l’altro rinchiuso in chissà quale cella illusoria mentale – doveva essere più grave di quanto poteva sembrare. E pensandoci bene, in effetti, se ne erano comparsi due e solo uno era ritornato, presto anche il resto dell’organizzazione si sarebbe mossa e ne avremmo visto le conseguenze.
Cavolo di Itachi! Se proprio doveva far fuori Deidara – che poi non era sicuro che fosse morto, non era sicuro niente! – non poteva far fuori anche Kisame? Avrebbe destato dei sospetti lo stesso, ma più a lungo andare e ciò avrebbe procurato altro tempo per decidere il da farsi. Sì, effettivamente avrebbe anche potuto decidere di non ammazzare nessuno e trovare un’altra alternativa, ma a volte le decisioni drastiche sono quelle che fruttano di più.
Nel momento in cui mi resi conto che stavo adottando il modo di pensare di un assassino seriale con gravi complessi psicologici, giungemmo nel suo studio.
Qui vi trovammo Shizune, che alla vista dell’Hokage e del suo modo di comportarsi non disse nulla, limitandosi ad un breve inchino per poi uscire.
Si sedette e per un po’ non disse nulla.
Il silenzio più totale riempiva la stanza, era quasi angosciante. Io volevo sapere cosa stava succedendo, dove era finito Itachi e perché tanta agitazione. Pressappoco, volevo sapere quanti giorni mi restavano da vivere, perché se fosse venuta l’Akatsuki a distruggere Konoha come era successo nel manga io avevo ben poche speranze di sopravvivere. Specialmente se avessero deciso che per Konoha ero una ninja e mi spettava difendere la patria – che, tra l’altro, non era la mia patria ma luogo d’asilo che mi spettava di diritto dopo essere stata rapita brutalmente un gaio dì di primavera qualche tempo prima.
Ripensando al manga, effettivamente, qui le cose si stavano svolgendo in maniera totalmente differente, perciò non potevo far riferimento ad esso per orientarmi. Fino a prova contraria, non c’erano state incursioni varie da parte di membri dell’Akatsuki in casa Uchiha, né tantomeno vi era la presenza di Anbu dalla dubbia intelligenza e moralità.
Pensandoci bene, nel manga non vi era nemmeno la presenza di una scema che se ne andava in giro rischiando di morire anche quando si allacciava le scarpe, il che forse era la differenza maggiore. Snervata da quell’attesa, feci per parlare.
“Ehi, sent–”
Tsunade mi zittì con un cenno fermo della mano e io feci come mi era stato chiesto.
Ma cosa le prendeva?
Passarono interminabili minuti in cui io guardavo Tsunade, Tsunade guardava il vuoto e, probabilmente, il vuoto guardava Tsunade.
Poi, di colpo, alzò la testa e mi guardò. Quello doveva essere lo sguardo più serio che le avevo visto fare da quando ero lì e ciò poteva significare solo che la situazione non doveva essere poi così gestibile.
“Bene, ora puoi parlare.” Mi accordò lei.
“E perché prima non potevo, scusa?” Chiesi, rendendomi conto che mi ero persa qualcos’altro.
Ma era mai possibile che anche se prestavo attenzione alla faccenda finivo per perderne un pezzo?
“Prima c’erano degli Anbu intorno al palazzo, in ascolto. Danzo è convinto che tu c’centri qualcosa in tutta la faccenda e ora ti terrà d’occhio più di prima.”
Evviva evviva.
“E ora non ci sono più?” Da quando era diventata una donna così giudiziosa? Forse lo era sempre stata, ma io, da quando aveva architettato un certo scherzo ai miei danni, avevo una più che bassa opinione di lei.
“Probabilmente, ma anche se non fosse così non possiamo restare in silenzio per sempre.”
Ah, che bello poter conversare con la cara vecchia TsuTsu di sempre. La nostalgia è davvero un gran brutto nemico.
E, comunque, in questo caso è necessario evidenziare nuovamente la mia reazione a quanto mi era stato appena detto.
Evviva evviva.
Non era poi tanto scontato, a quel punto, chiedersi cosa ci facessi ancora a Konoha viva.
Da quando ero lì, pensare positivamente era divenuta una cosa estremamente stupida. Ero impregnata di negatività fino ai capelli e la sventura si abbatteva maligna su di me anche quando non facevo nulla. Per esempio adesso. Io non avevo fatto nulla! Tutto il resto si era fatto attorno a me, per carità, ma io ero rimasta ferma e immobile, infatti se non fosse stato per Itachi sarei morta.
Ok, sarei morta anche per colpa sua se non avessi fatto uno sprint degno di un corridore per salvarmi dalla sua cartabomba assassina che, in teoria, doveva costituire il mio alibi. No, non gliel’avrei mai rinfacciato abbastanza.
“Ma io non c’entro niente!” Argomentazione più che giusta, esposta in maniera più che infantile.
Si parlava pur sempre di me e delle mie capacità di eloquio, quindi non ci si poteva aspettare nulla di meglio e Tsunade era dello stesso avviso.
“Danzo evidentemente non la pensa così. Sa che non vieni qui da un altro paese e che c’entra Itachi. Semplicemente non ha abbastanza prove per poter muovere accuse fondate.”
“E come ha fatto a scoprire tutto questo?”
“La sua rete di conoscenze va ben oltre quanto mi potessi immaginare e ciò già da prima che io divenissi Hokage.”
La situazione ora si presentava ai miei occhi come ben più problematica di quanto mi sarei potuta aspettare. Pensare che fino a poche ore prima stavo semplicemente girovagando per casa senza un reale scopo risultava quasi irreale.
Tutto aveva i perfetti connotati per essere il tipico tragico inizio di qualcosa ben più disastroso e potenzialmente pericoloso.
Forse era semplicemente arrivato il momento che venissi a conoscenza dell’intera situazione, sempre se per loro non era di troppo disturbo mettermene al corrente. In parte, ero immischiata in quella pazzia e almeno sapere quali erano i caratteri generali mi avrebbe aiutato a sopravvivere magari un quarto d’ora in più rispetto a ciò che mi spettava.
“Mh, perciò ora che si fa?” Chiesi incerta, affidandomi alla donna che avevo davanti.
Era l’Hokage, no? Era lei quella che doveva avere le risposte a domande esistenziali come quella.
A uccidere letteralmente tutte le mie speranze fu la sua occhiataccia; come avevo osato chiedere all’Hokage, l’Hokage!, la più alta carica del Villaggio!, di trovare una soluzione ad un problema che coinvolgeva, in teoria, anche il suo stesso paese?
Chissà cosa mi era passato per la testa! Se le avessi chiesto qualcosa riguardo alla disinfestazione dei topi avrei ottenuto maggiori risultati.
“Non sei forse l’Hokage? Ti hanno eletto visto che non c’era nessun altro demente disposto a diventare capo di questo eccelso Villaggio?” Domandai ancora sarcastica, beccandomi uno sguardo truce, segno che non doveva aver apprezzato la mia precedente uscita.
E quando mai era d’accordo con quel che dicevo? La sincerità non era mai premiata, quello era sicuro; tu provavi a farle notare che no, bere sakè e sborsare il per giocare non la rendeva minimamente un Hokage nemmeno per sbaglio e rischiavi pure di finire affamato da quella strega.
Perché ovviamente io non sapevo cucinare e dal momento che la casa dove stavo non poteva saltar in aria per un mio scarso tentativo di scaldarmi il latte, la colazione, il pranzo e la cena me li procurava lei.
Era quasi sempre ramen, ma anche se ogni volta ero particolarmente incline a lamentarmi, con la prospettiva di non poter più mangiare nemmeno quello non commentavo ciò che mi rifilava da mangiare.
“Vedi di portare rispetto, mocciosetta, ti ho appena salvata e dovresti essere un po’ più riconoscente!”
“Tu chiami ‘salvarmi’ il venire all’ultimo minuto quando uno dei tuoi amati anbu deficienti era pronto a farmi fuori perché gli era preso un attacco di pazzia repressa? Tu e Itachi su questo punto andate schifosamente d’accordo, per carità!”
Ok, mi stavo impuntando un po’ troppo su ciò che, in quel determinato frangente, era più che superfluo, visto e considerato ciò che stava accadendo e le minacce vari che incombevano. Avrei dovuto, in teoria, concentrarmi su ciò che mi aveva detto Tsunade riguardo a Danzo, pensare a ciò ce era accaduto meno di tre ore fa con i due membri dell’Akatsuki e Itachi.
Riflettere su cose importanti e logiche, magari chiedere anche dov’era un bagno, perché ero discretamente in procinto di farmela addosso e quella si che sarebbe stata una cosa imbarazzante.
In fondo, però, io ero sempre stata nota per la mia totale incapacità nell’assumere un comportamento consono rispetto a determinate circostanze.
Tsunade sbuffò, ma notai che era un po’ meno rigida e nervosa di prima; suppongo non fosse perché il pericolo era scampato, ma era già un passo avanti.
Il nervosismo in una situazione del genere non aiutava né lei né me, che avevo già abbastanza problemi a capire la metà di quel che stava succedendo.
“Ancora con la storia della carta bomba?”
“Ovvio che sì!” Ribattei indignata.
Il suo tono stava a sottintendere che il mio attaccamento alla faccenda e il conseguente rancore erano oltremodo ingiustificati, visto e considerato che, in fin dei conti, ero pure viva, ma non era assolutamente così. Io avevo rischiato la vita, quale salvarla!
Ok, forse durante il tragitto dalla casa al palazzo dell’Hokage lo avevo ripetuto qualche volta di troppo, ma il punto non era assolutamente quello.
“Era un diversivo che ti ha salvato la vita.” Mi fece pacatamente presente, con l’espressione di chi non può che essere sconcertato dalla stupidità del proprio interlocutore.
“Era un diversivo!” La scimmiottai con una smorfia. “Se come diversivo per non farti attaccare alla bottiglia di sakè te la spaccassi in testa, la bottiglia, ti andrebbe altrettanto bene, Miss Era-solo-un-diversivo-innocente?”
Ok, forse il mio esempio non c’entrava granché, ma suvvia, ero in un momento di crisi spirituale, con molte possibilità sarei crepata di lì a qualche settimana, perché non dare semplicemente fondo alla rabbia repressa, nonché alla stupidità che eccedeva sempre in abbondanza?
“Provvederò a far sapere ad Itachi che non hai gradito il suo modo di fare, chissà che non decida finalmente che può smetterla di preoccuparsi per te!” Mi riferì con un sorrisetto furbo. “Puoi cavartela da sola, no?”
La sua faccia sapeva molto di ‘tu la cartabomba non sapevi nemmeno da che parte prenderla, vero? Lo sai che non è carta igienica, sì?’.
Ovvio che potevo cavarmela da sola, non c’era bisogno che lui si preoccupasse per me.
No, un momento.
Fermi tutti, immobili e muti.
… Preoccuparsi per me?
“P-preoccuparsi per me? Itachi si preoccupa per me?” Non volevo esattamente chiederlo in quel modo, ma non riuscii a controllare il tono, che mi fece sembrare più un topo che squittiva davanti a un pezzo di formaggio.
Al pezzo di formaggio.
Per intenderci, Itachi era un gran bel pezzo di formaggio e a me neanche piaceva più di tanto il formaggio. “Sì, preoccuparsi, te lo devo ripetere più piano?” Chiese con un sorrisetto totalmente indirizzato alla mia palese mancanza di facoltà mentali in quel momento.
Probabilmente a quel punto della discussione, sul mio volto troneggiava un sorriso ebete e per nulla intelligente, di lì a poco avrei iniziato a sbavare come un labrador davanti ad una bistecca – Itachi era sempre cibo nelle mie analogie, la cosa era alquanto ambigua – e Tsunade se la rideva.
“Più volte gli ho detto di lasciar perdere, tanto tu sai come cavartela in questo mondo di cattiverie ed ingiustizie, dico bene?”
“Mmh… beh, in verità forse qualche problemino potrei ancora averlo, perciò…”
Tzé, per far sì che Itachi si preoccupasse per me avrei anche finto di non saper distinguere un coltello dalle stringhe delle scarpe.
“Allora gli riferirò che aveva totalmente ragione, come ninja non sei migliorata per niente.”
Mi cadde la mascella per terra e fu come se intorno a me fossero iniziate a vorticare le parole ‘inetta’ e ‘incompetente’.
Ma… ma… ma! Uffa, non era vero! Come ninja non faceva più così schifo!
Ok, forse la carta bomba mi sarebbe esplosa sotto al naso nel momento in cui io l’avessi scambiata per un tovagliolo, ma ero alle prime armi! Nessuno in quel era disposto a lasciar passare ad una povera adolescente forse non proprio espertissima qualche bravata?
Perché era logico che io venissi umiliata costantemente dal mio presunto sensei solo perché non sapevo tenere un kunai, né tantomeno sapevo lanciarlo, mentre Naruto che si arrampicava sui monumenti di pietra e lì rovinava veniva acclamato come il grande salvatore del mondo.
Logicissimo, eh.
“Guarda che non è vero, io me la so cavare per davvero!”
“I suoi timori su una possibile distruzione della casa in sua assenza allora erano fondati! Riferirò, riferirò!” Il tono era qualcosa di seriamente psicopatico.
Quella donna mi voleva male.
“Non è vero, la casa l’ha fatta saltare mezza lui, io ero in mezzo ad una diatriba tra commilitoni dell’organizzazione! Gli avevo pure proposto di aspettarlo per cena…”
“Guarda che è ad Itachi che devi fare presente tutto questo, lui ha espresso questi dubbi! Io ne ho avuto la conferma un bel po’ di tempo fa!” E mi rise sonoramente in faccia, come se la sua fosse stata la più brillante battuta del secolo.
“Donna di poca fede! Convertiti al Jashinismo e vai a sacrificare vittime, sei solo braccia private all’uccisione di eretici!”
“Mi pare che l’unico esponente esistente di questo culto inesistente sia stato ucciso, no?” Il sorriso sornione che mi rivolse fu ciò che mi fece venir voglia di buttarla dalla finestra. Un’azione suicida, visto che lei avrebbe finito col buttare il mo cadavere giù da un dirupo. Come poteva continuare a girare il coltello nella piaga? La morte di Hidan per me era stato un trauma, lei non faceva altro che aumentare la dolorosità del ricordo.
“TsuTsu, in questo momento ci sarebbe un ottimo aggettivo per descriverti, ma proprio non mi viene… ce l’ho sulla punta della lingua… mi pare inizi con la b… o forse con la s…”
“Bellissima? Bravissima? Simpatica?” Propose.
“Mmh… nah… dire più qualcosa come bastarda o stronza, quale credi suoni meglio vicino a Tsunade? Sai, l’assonanza è importante in questi casi!”
Subito un sopracciglio scattò verso l’alto, segno che si era arrabbiata; cos’era, né stronza né bastarda le piacevano come aggettivi per descrivere la sua personalità per nulla benevola nei miei confronti?
Poi la sua espressione si addolcì e tornò a troneggiare un sorrisetto sarcastico sulle sue labbra; a coronare il tutto un cipiglio divertito che diceva a chiare lettere che non si era lasciata fregare e che quella volta non si sarebbe arrabbiata.
“Oh, beh, io sarà anche stronza, ma tu continuerai a suscitare in Itachi questi dubbi, cos’è più triste?”
Ora qualcuno mi dica perché bastarda non andava bene. Al diavolo l’assonanza, per esprimere la sua indole non si poteva tenere conto di questi accorgimenti poetici.
Effettivamente era più triste quello, ma non gli avrei mai dato la soddisfazione di farglielo sapere. E forse la mia faccia doveva già averle dato una risposta – la mascella sotto i piedi, gli occhi sgranati e l’espressione vacua – ma a parole non avrei confermato nulla.
“Guarda che Itachi non si preoccupa per me perché teme che mi faccia crollare il tetto in testa!”
“Ah sì? E perché allora? Perché ti vuole bene, forse?
Quel ghigno era la cosa più inquietante che avessi mai visto e probabilmente neanche dopo aver guardato Saw avrei cambiato il mio giudizio in merito.
Eh, ora che rispondevo?
Beh, Itachi non c’era, perciò avrei potuto dire qualche piccola idiozia, tanto per fare quello che facevo sempre.
Se in quel momento, tra l’altro, non fossi stata troppo impegnata a pensare cose inutili mi sarei accorta dello sguardo di Tsunade che, per una frazione di secondo, si era spostato verso la finestra alle mie spalle.
Ma perché accorgersene? Quanto tempo era ormai che non mi facevo figure di merda? Bisognava recuperare il tempo perduto!
“E se fosse così? Magari mi vuole bene! Non sono tutti cattivi e stronzeggianti come te, sai? Itachi è molto meglio di te! Gnegnegne!”
E, perché no, la ciliegina sulla torta non poteva mancare, visto e considerato che stavamo parlando di me: “È anche più bello di te!”
“Sai che stai parlando di un pluriomicida, vero?”
“Perché, i cattivi devono essere brutti per forza? Poi Itachi non è veramente cattivo, fa finta, ecco. Esigenze di trama! Lui non voleva davvero far fuori tutti, è la persona più buona che esista, probabilmente. Nessuno sacrificherebbe se stesso per il bene degli altri. E, anche se Sasuke non se lo merita, Itachi gli vuole davvero molto bene. Vuoi forse dirmi che una persona così è cattiva?”
“Hai un’alta considerazione di lui.” Commentò pacata.
In effetti era vero. Sin dalla sua prima apparizione nel manga, Itachi mi aveva colpito e non mi era rimasto indifferente. Al di là del fatto che lo avevo ritenuto subito molto bello – potevo forse fare altrimenti? – si era immediatamente ricavato un posto d’onore tra i personaggi che mi piacevano.
Col proseguire della storia era divenuto, inevitabilmente, uno dei miei personaggi preferiti, ma non poteva non accadere.
Finire, poi, con l’incontrarlo non aveva fatto altro che confermare ciò che pensavo di lui. Mi aveva anche fatto comprendere che non c’era nulla che un buon sharingan non potesse fare.
La prossima volta avrei chiesto all’Uchiha di prepararmi un tè o di sturare il cesso, tanto per vedere quante cose poteva fare realmente.
Che era tremendamente bello, un ottimo ninja sicuramente… e che faceva cagare addosso anche con un solo sguardo.
Letteralmente.
Aveva un modo di fare che incuteva un discreto timore e quando era arrabbiato era meglio trovare un luogo sottoterra dove rifugiarsi, o comunque ti ci avrebbe fatto finire lui nel peggiore dei casi.
Itachi, però, aveva anche un lato che era piuttosto singolare, ma che forse non doveva stupire più di tanto; quella volta che mi aveva consolato dopo ciò che avevo fatto – uccidere un ninja, quella era una cosa che non avrei mai potuto dimenticare nemmeno volendo – aveva mostrato una parte di sé che, in fin dei conti, c’era sempre stata.
“Itachi, comunque, prima di diventare un assassino, era un fratello maggiore e un ottimo figlio. Voleva bene a Sasuke, era un ragazzino come tutti gli altri… solo costretto a prendere decisioni dolorose in mancanza di una via di scampo…” Mormorai quasi, esprimendo dei pensieri che volevano soltanto difendere il nome dell’Uchiha. Ok, era un assassino, ma le motivazioni erano come minimo un attenuante.
“Devo dire che hai espresso in maniera piuttosto eloquente cosa ne pensi!” Mi fece notare con fare da grande donna saputa, risollevando quella discussione totalmente fuori luogo dai toni grevi in cui era caduta. Sempre ignorando quella piccola, coscienziosa parte di me che mi diceva di riportare l’attenzione su ben altri fatti, inarcai un sopracciglio, insospettita.
“Che vuol dire ‘in maniera eloquente’? Ho solo detto quel che penso!”
“E lo abbiamo capito tutti quello che pensi! Gli vuoi bene, lo abbiamo capito, ma è anche più palese il fatto che Itachi ti piace!”
Qualcosa simile ad un tonfo sordo sarebbe stato il suono ideale per accompagnare le parole della donna. No, non il suono che avrebbe prodotto il suo corpo accasciandosi per terra dopo che l’avessi uccisa, ma quello della mia mascella, che cadde letteralmente al suolo.
“Belle tonsille.” “Tu vaneggi e togliti quel sorrisetto da ‘io so cose che tu non puoi sapere ahahah alla faccia tua!’ dalla faccia! O perlomeno mettiti una maschera come quella di Kakashi, così arginiamo due problemi in una volta sola!” Sbottai a denti stretti, trattenendomi seriamente dall’impulso di saltarle addosso e picchiarla.
Sì, sì, lo so, mi avrebbe ucciso facendomi diventare parte della scrivania, ma era il tentativo che contava.
Vero?
“Quale sarebbe l’altro?”
“La tua brutta faccia!”
Assottigliò per un attimo le labbra, socchiudendo gli occhi con aria di sfida, ma poi si riprese e tornò a sorridere; evidentemente per quel giorno aveva deciso di fare la parte della persona matura che non si arrabbia per ogni minima cosa.
E dannazione sì, gli riusciva bene.
“Sì, sì, non cambiare discorso, se Itachi non ti piacesse non saresti arrossita.”
Involontariamente, mi portai una mano sulla guancia, mossa comunque inutile, visto che così non si capiva se diceva la verità o meno.
Mi mollai una sberla, lamentandomi anche sonoramente per il dolore. Forse potevo fare un po’ più piano.
“È per lo schiaffo che sono rossa.” Sibilai con aria determinata.
“Hai le mani sudate, cos’hai schiaffeggiato questa volta, una fontana?” Chiese sarcastica.
No, ho schiaffeggiato te.
Si sentiva forse più furba ora che aveva elencato tutti i possibili sintomi di una che ha qualcosa da nascondere?
“Ti muovi anche bruscamente. Tirando le somme, senza schiaffeggiamenti vari, sei nervosa, il che vuol dire che ho ragione!” E lei era quella che, non arrabbiandosi per i miei commenti ironici, voleva passare per la donna adulta che era?
Ma per favore! Sorrideva gongolando, per quella che reputava la sua vittoria, come un bambino dell’asilo che è riuscito a fregare il giochino al compagno dopo averlo menato come solo un bambino piccolo può fare. Ovvero di santa ragione.
“Può anche essere che me la sto facendo sotto e mi muovo per tentare di non pisciare qui, non trovi? Sono nervosa perché sento acqua da tutte le parti e questo non aiuta. E poi tu stimoli questi bisogni fisiologici, che ci vuoi fare?”
Esordì con una risata supponente, tipica di chi si sente particolarmente superiore rispetto a qualcun altro. Rise come una stronza, ecco.
“Non è negando l’evidenza che risolverai la questione! Ti piace, vero?”
Se avessi avuto un po’ di spirito d’osservazione, in quel momento avrei sicuramente chiesto a Tsunade che diavolo c’era alle mie spalle; una bottiglia di sakè che ballava la samba, stimolando la sua personalità da alcolista perduta?
“Non è negando l’evidenza che risolverai la situazione! Sei stronza, vero?” La scimmiottai, facendole anche la linguaccia.
Potere dell’infantilismo di ritorno, vieni a me!
Ok, a me Itachi piaceva, non era un segreto. Che cacchio, come poteva non essere così? Quando era presente sbavavo, quando non c’era… sbavavo lo stesso perché pensavo a quando lui c’era. Quando non lo pensavo era perché dormivo, ma in quel caso sbavavo lo stesso!
Non gradivo, però, che una vecchia strega come lei facesse dei riferimenti del genere senza il mio permesso. Ecco.
No, niente mi permetteva di avere dei diritti sui pensieri e sulle considerazioni altrui, ma dettagli.
“Con quella tua boccuccia di rose non fai una bella impressione sul tuo adorato Itachi, sai?”
“Con quella tua faccia da strega non fai una bella impressione a nessuno, sai?”
Non avrei mai ammesso nulla a quella donna, nemmeno che mi chiamavo Carmen.
“Su, non essere reticente, ammettilo pure, siamo solo noi!”
Il modo ambiguo con cui calcò sul ‘noi’ era seriamente qualcosa da tenere in considerazione, ma quando mai io mi sono dimostrata intelligente in situazioni a mio svantaggio? Perché sì, quella situazione per me era come tanta cacca in cui sguazzare.
“Io non ammetto proprio niente! Tu, piuttosto, sei in astinenza da sakè? Non ti sei ubriacata ultimamente? Se ti fa stare zitta sono pronta ad andarti a prendere una cassa intera di quella roba!”
“Oh, vuoi forse dire che Itachi non è un bel ragazzo? Che non ha un bel fisico?”
Merda sì, certo che è bello!
La risposta era a tutti gli effetti quella, ma non le avrei dato soddisfazioni, quello no.
“TsuTsu, non per uccidere le tue certezze, ma sembri una pervertita molestatrice! Sei vecchia, Itachi invece è giovane e dubito possa interessarsi ad una strega come te!” Esposi brevemente, per farle comprendere meglio il concetto.
“Ma non è a me che piace! È un bel giovane, ma non fa per me!”
“Jiraya è forse l’uomo dei tuoi depravati sogni?”
“Troppo vecchio.” Mi liquidò con nonchalance.
“Sì, come no, vuoi forse negare che quei capelli bianchi e lunghi non sono oggetto delle tue più porche fantasie?”
Ok, quello faceva schifo anche da dire, perciò meglio chiarire che ad una cosa del genere non avevo mai pensato. Non volevo bloccarmi la crescita e quello lo avrebbe fatto di sicuro. Anzi, avrei iniziato a regredire con gli anni.
Lei mi scoccò un’occhiata tra il disgustato e il… boh, forse era il sorpreso. Chi avrebbe mai detto che una tenera ed innocente ragazza come me se ne sarebbe uscita con una dichiarazione come quella?
Nessuno, infatti ribadisco che non lo avevo pensato davvero, mi ero lasciata solo trasportare dalla foga di attaccare colei che mi stava mettendo sotto torchio da venti minuti buoni.
Se adesso state pensando qualcosa come ‘sì, certo, e ti dovremmo credere?’ sappiate che vi sto picchiando con la forza del pensiero.
“Su, TsuTsu, non è negando l’evidenza che risolverai questo tuo conflitto interiore che non ti permette di decidere tra Jiraya e TonTon! Maiali tutti e due, no?” Un sorrisone si dipinse sul mio volto, felice di aver ribaltato, anche solo per un attimo, la situazione.
E sì, la questione Danzo e precedente inquisizione dell’Anbu ai miei danni era completamente passata in secondo piano. Forse terzo. Giù di lì, comunque.
“Guarda che lo hanno capito pure i muri che ti piace. Anche lui, probabilmente!”
Ma perché insisteva tanto? Che profitto ne traeva dal mettermi terribilmente in imbarazzo? Piacere personale nel torturarmi? Possibile che soffrisse così poco il nomignolo TsuTsu da arrivare a tanto?
“No, lui non credo, altrimenti la mattina a volte non si farebbe trovare in cucina con i capelli sciolti.” Ammisi.
Ops.
Ok, avevo ammesso pure troppo, ma era la verità. Quel ragazzo era un demonio vestito da assassino e con indosso la maschera di un giovane pacato e tranquillo. No, con questo non volevo dire che Itachi aveva una seconda vita da travestito, ma solo una personalità molto varia.
Un giorno sarei morta d’infarto, perché chiunque avrebbe tirato le cuoia vedendolo con i capelli lunghi sciolti.
Ma proprio sciolti, senza elastico, sulle spalle, decisamente un incentivo alla salivazione eccessiva, non so se mi spiego.
La parte peggiore era che aveva anche il coraggio di guardarmi quasi confuso – sempre con quei capelli sciolti, il risultato non ha bisogno di essere commentato – quando biascicavo qualcosa come ‘vado ad affogarmi nella vasca’ o ‘vado a fare bungee jumping nella tazza del water’, correndo al piano di sopra. Tsunade sorvolò sulla parte dei capelli – grazie al cielo – e ribatté: “Vedo che finalmente ti sei decisa ad ammetterlo!”
“Sì, ok, mi piace, ora possiamo smetterla con questo interrogatorio mancato?”
Ormai era inutile anche solo tentare di farle credere che non mi piaceva e poi era ancora abbastanza sconvolta dalla mia precedente dichiarazione.
“Visto? Non è stato tanto difficile!” La risata che ne seguì fu la più snervante che avessi mai sentito in vita mia.
Mi voltai scocciata dall’altro lato, mettendo su un broncio che rendeva perfettamente quella che era la mia indole infantile.
Ad un tratto, con la coda dell’occhio vidi una macchia scura vicino alla finestra e mi voltai di scatto.
Cosa poteva essere?
Un aereo? Sulla finestra? No, un pochino complicato.
Un gatto? Dalla stazza sembrava più un leopardo. Un leopardo con una bellissima tunica a nuvolette rosse molto chic.
E aveva pure sentito tutto, questo felino molto alla moda con una cappa dalle dubbie decorazioni.
“Ehilà, Itachi!” Esclamai con la faccia più rossa delle sue fantomatiche nuvolette.
Avrei tanto voluto fargli notare che per un’organizzazione di assassini spietati delle nuvolette non erano proprio il massimo per esprimere la loro condizione, ma forse forse quello non era il momento.
Sul suo volto era dipinta un’espressione che, purtroppo, vidi solo quella volta.
Un misto tra il divertito e lo stupito. Per il primo la motivazione era palese, per il secondo non ne era poi così sicura.
Forse per i capelli di Jiraya, ma lui era l’ultimo che poteva parlare in quel caso.
Chi era il ninja che nascondeva rotoli nelle mutande? Ecco, Itachi, da bravo, alza la manina.
Ora come avrei dovuto comportarmi? Probabilmente, se fossi stata abbastanza intelligente, mi sarei dovuta buttare dalla finestra, ma non prima di aver picchiato Tsunade selvaggiamente.
Ovvero darle una sottospecie di pacca affettuosa, il massimo che sarei riuscita a fare.
Invece mi limitai a mettere su un sorriso per nulla convinto – avevo un tic al labbro superiore, sembravo una schizzata, ottima impressione da fare dopo tutto quel che avevo detto, no?
Poi mi girai per rivolgere lo sguardo più truce possibile a Tsunade, che sorrideva come se avesse appena vinto alla lotteria.
Come aveva potuto non dirmi niente? Anzi, lo aveva fatto di proposito! Umiliarmi di proposito davanti ad Itachi, soggetto sottinteso della mia ultima frase prima di accorgermi della presenza dell’Uchiha.
E lui, eccheccavolo, fare un po’ più di rumore? Non chiedevo un leitmotiv quando arrivava, ma un colpo di tosse, una pernacchia, il verso del richiamo d’amore tra le gazzelle, qualcosa del genere.
Non mi stavo ancora rotolando per terra dalla disperazione, il che significava che non avevo ancora assimilato completamente la faccenda.
Forse dovevo pensarci ancora un attimino.
Solo un altro po’, eh.
Avevo appena espresso il mio parere su Itachi – di parte, schifosamente di parte – e non solo quello, con lui ad origliare tutto alle mie spalle.
Ah, ma era logico. Come avevo fatto a non capirlo prima?
Quello era tutto un sogno! Incubo, pardon.
Sì, era estremamente facile negare l’ovvio al fine di preservare per i prossimi cinque minuti la mia sanità mentale.
“TsuTsu, ti rendi conto di cosa stavi per farmi fare? E se ci fosse stato davvero Itachi a sentire tutto? Che cavolo di figura di merda mi sarei fatta?” Chiesi indignata ed in tono lamentoso.
Continuare a negare la realtà, continuare a negare la realtà, continuare a negare la realtà…
Mi risultava anche più facile visto che ero girata completamente verso Tsunade, di cui ignorai completamente lo sguardo stupito e confuso.
“Che sta dicendo? Lui è–”
“Pensa se avesse sentito la parte dei capelli! Poi sarei dovuto migrare in qualche staterello sperduto per la vergogna!” Mormorai bisbigliando, con fare cospiratorio.
“Sicura che la cartabomba non abbia fatto più danni di quel che credi? Magari prima non erano tanto visibili…” Il tono sospettoso e circospetto era coronato alla perfezione dall’espressione dubbiosa.
Mi credeva pazza.
Se stavo facendo una cosa del genere voleva dire che ero davvero traumatizzata, ma finché mi convincevo che Itachi non c’era davvero andava anche bene.
“E la parte in cui dico che non è veramente cattivo cattivo? Se avesse sentito avrebbe iniziato a pensare che io lo ritengo una specie di tenero orsacchiotto di peluche con la coda! Avrebbe deciso di uccidermi perché non sopportava di essere visto come un… un…”
“Orsacchiotto di peluche?” Suggerì una voce atona alle mie spalle.
“Sì, esatto, grazie Itachi. No, cosa grazie Itachi? Grazie Itachi un corno! Itachi non c’è!”
Mi aggrappai alla scrivania di Tsunade e mi sporsi verso di lei, con uno sguardo che non fece altro che avvallare la sua teoria riguardante la mia pazzia dilagante.
“Tsu, non c’è Itachi, vero? Vero?”
Gliela lessi chiaro e tondo negli occhi l’intenzione di tramortirmi con il fermacarte per farmi tacere. Di scatto, presi quel benedetto fermacarte e lo lanciai alle mie spalle, eliminando ciò che avrebbe potuto eliminare me.
“Tu hai dei problemi.” Mi disse soltanto sporgendosi verso di me e incrociando le mani sotto al mento. Mi allontanai da quella traditrice, facendole una smorfia e la linguaccia.
Feci qualche passo indietro e mi fermai, per poi prendermi la testa tra le mani e mormorare tra me e me.
“Merda, lui c’è, è dietro di me! Mi ha suggerito l’orsacchiotto di peluche! E i capelli! Mmh, magari se mi accuccio per terra e poi striscio fuori dalla porta non si accorgono di me…”
Contro ogni logica, quando sentii una mano poggiarsi delicatamente sulla mia spalla, non piantai un urlo degno della pazza che ero diventata, ma sperai semplicemente fosse la Morte che veniva a prendermi, impietosita dalla mia enorme sfiga.
“Io ci sono, ma non voglio ucciderti. Dovresti calmarti.” Mi consigliò con gentilezza.
Gentilezza? Itachi Uchiha? Nel suo tono solitamente piatto come l’encefalogramma di un morto ce n’era? Aveva forse paura di me?
No, non mi ero ancora completamente ripresa dallo shock di quanto era appena successo e si vedeva chiaramente.
“Pensi che io sia pazza?” Domandai schietta, voltandomi verso di lui e trovandolo intento a fissarmi.
Una cosa del genere non gliel’avrei mai chiesta fino a trenta minuti prima, ma era tutta colpa di Tsunade. Se non avesse deciso che era giusto fare da Cupido implicito per farmi vivere una situazione troppo imbarazzante per il mio status non sarei rimasta così tanto traumatizzata.
“No, penso solo che è stata una giornata pesante e che devi riposare.”
Semplice e conciso.
Oh merda, non è che ora vuole tramortirmi senza ferma carte?
Ovviamente non fece nulla del genere, ma per quel giorno mi si potevano scusare un po’ di pensieri stupidi e confusi, no?
Io ebbi modo di riflettere e di ritornare in me, anche se qualche accenno di pazzia me lo sarei portata fino alla morte. Dannata TsuTsu.
“Prima, però, ci sono alcune questioni da chiarire, motivo per cui sono qui.” Asserì poi serio.
“Sì, lo sospettavo.” Convenne Tsunade, che ora era divenuta attenta e autorevole.
Tutto l’opposto di com’era prima.
Giusto, ora che ci pensavo, tolto tutto il mio increscioso teatrino insano, Itachi si era presentato lì giusto qualche ora dopo quanto era accaduto a casa Uchiha e, per di più, aveva la cappa dell’Akatsuki addosso. Quando se ne era andato non era vestito così.
“Sono stato all’Akatsuki.” Asserì compunto e con la coda dell’occhio vidi Tsunade annuire grave.
Riferì che si era messo in contatto con il covo tramite una connessioni spirituale e compresi che si trattava di quella che Kishimoto aveva mostrato nel manga una volta. Rimasi un po’ sorpresa, malgrado tutto. Vederla disegnata era un conto, ma sapere che si poteva davvero fare una cosa del genere era tutto un altro discorso. In teoria non avrebbe nemmeno dovuto stupirmi così tanto, vista la miriade di cose che accadeva in quell’universo completamente a parte, che non era esattamente spiegabile in maniera scientifica.
Alla mia domanda – inutile, perché non era poi così importante saperlo in fin dei conti – sul perché portasse anche la cappa, mi rispose che quando si era ‘connesso spiritualmente’ – suonava strano dirlo – non era solo. L’aria era tesa ed evidentemente Itachi non portava buone notizie, così come la donna non se ne aspettava. In quel momento compresi che la situazione era abbastanza grave e che mi sarei dovuta adattare di conseguenza.
“Hai controllato che…?” Chiese Tsunade ad un tratto, senza terminare la frase.
Evidentemente Itachi aveva compreso il resto, perché annuì con un cenno secco.
Poi, rivolgendomi un’occhiata e comprendendo che non avevo capito, aggiunse: “Ho temporaneamente addormentato gli Anbu nei paraggi.”
Oh. Evidentemente così potevamo parlare indisturbati. Effettivamente, poi, se si era preso la briga di addormentare – non aveva specificato come, cosa che non poté essere più azzeccata – i ninja, non era stato tanto discreto appollaiandosi con la cappa addosso sulla finestra.
Ok, era quasi sera, per le strade non c’era nessuno e quella finestra dava sulla parte posteriore dell’edificio, ma quello era sempre il palazzo dell’Hokage.
“Scusa, ma Kisame e Deidara non hanno scoperto che... che beh…”
Cosa dovevo dire? Tradire suonava male e non ero nemmeno molto sicura che fosse la parola giusta da usare. Magari non era veramente quello che stava facendo; cioè, sì, stava tradendo l’Akatsuki, ma la questione era da porre in maniera diversa.
Fu lo stesso Uchiha a salvarmi da quelle elucubrazioni mentali.
“Con Kisame ho parlato io” Ero io o suonava di velata minaccia? “e lui non dirà nulla in proposito, ma la sua situazione con l’organizzazione è ben diversa e va ben oltre il tacere ciò che è successo. Pain sa che Deidara e Kisame sono venuti, ma non hanno trovato nulla che avvallasse le loro ipotesi.”
Tsunade non aggiunse altro, in attesa che fosse lui a dire qualcosa. Evidentemente la parte veramente importante che era venuto a riferire era un’altra, ciò che aveva detto era una pura precisazione formale. “E riguardo a Deidara? Lui non è… morto?”
Razionalizzando la cosa, effettivamente, il pronunciare ad alta voce quella considerazione mi lasciava uno strano vuoto nello stomaco. Forse fino a quel momento non avevo appieno elaborato, anche perché il mukenin era morto in una maniera che non mi aveva lasciata particolarmente traumatizzata; non mi aveva spinto a tenere a mente ciò che era successo in mezzo a quel caos che stava succedendo.
“Gli abbiamo riferito che si è allontanato per svolgere alcune faccende che aveva in sospeso. Non è inusuale nel comportamento di Deidara un’azione del genere. Poi lui non è morto.”
Ah.
Ecco, mi ero appena fatta avvolgere dalla consapevolezza della morte del ninja traditore, sentendosi come si sentirebbe chiunque quando apprende la morte di qualcuno e lui mi veniva a dire che non era morto?
Ma dirlo prima?
Ogni tanto mi chiedevo seriamente se si fossero messi d’accordo per prendermi per il culo, perché alcune situazioni rasentavano la stupidità vera e propria.
“Ma eri stato tu a dirmi che era morto!€ Cioè, non a me, a Kisame, ma ho sentito pure io...”
Lui parve soppesare la risposta e il suo sguardo su di me, indifferente come al solito ma con una punta di qualcos’altro di indefinito, mi mise un po’ in soggezione.
“In quel momento era necessario che lo credessi e che lo credesse anche Kisame.”
Avrei anche voluto chiedergli qualche altro dettaglio riguardante ciò che era successo al ninja di Iwa, perché se non era morto voleva dire che si trovava da qualche parte.
Capii, però, che la questione mi sarebbe stata spiegata dopo, ora non c’era tempo. Forse, stando a vedere quella bella scenetta in cui mettevo in mostra tutta la mia sconfinata intelligenza, aveva perso più tempo del previsto.
“Cos’altro hai da riferirci?” Lo spronò Tsunade, con un tono di voce che, per la seconda volta nella giornata, la fece sembrare davvero l’Hokage degno della carica che ricopriva.
“Ho alcune notizie relative agli spostamenti dell’Akatsuki, ma anche per quanto riguarda un’altra minaccia.” Qui lo sguardo di Itachi si era fatto più torvo.
Sia io che Tsunade attendemmo in silenzio.
“L’Akatsuki si sta muovendo. Sta venendo a Konoha per distruggerla e il tutto è previsto dopo la cattura di uno dei Bijuu.”
Ok, questa doveva essere la notizia cattiva, molto molto cattiva. Cattivissima.
Non mi aveva esattamente detto in termini di tempo quanto mi restava da vivere, ma pressappoco era come se mi avesse detto ‘poco’. Anzi, ‘pochissimo’, perché si sa, quando si vuole che il tempo vada piano questo va ancora più veloce e in men che non si dica ti trovi dalla culla alla tomba. Decisamente rassicurante.
A rigor di logica, poi, visto che in quel momento volevo solo appellarmi alle buone speranze, dopo una cattiva – cattivissima – notizia, ne viene sempre una bella. Buona. Vagamente accettabile. Neutra. Che non ti fa venir voglia di tagliarti la testa prima che a farlo sia qualcun altro, ecco.
“Ehm… Itachi… c’è anche una buona notizia, vero? Decente per lo meno… neutra…” Mugugnai in quello che sembrava più un lamento disperato che altro.
Lui parve vagamente comprendere il mio stato d’animo – ansia, panico, depressione, confusione totale – perché sembrò soppesare la risposta.
Era così brutta anche la seconda? Eh cavolo, quella si chiamava sfiga pre-morte. Non volli nemmeno chiedermi come sarebbe stata la sfiga post-morte.
Adesso, per evitare di traumatizzarmi ulteriormente, magari Itachi si sarebbe pure abbassato alla mia altezza e, con una mano sulla mia spalla, mi avrebbe detto di non preoccuparmi, che comunque nella vita ci dovevano essere per forza le cose brutte se c’erano anche le cose belle. Si compensavano. Mi avrebbe detto che dovevo stare calma, che lui avrebbe risolto tutto e allora io, a quel punto, gli avrei chiesto ‘e come?’ da brava adolescente ribelle mancata e lui avrebbe liquidato il tutto con ‘è il progetto divino’. Perché chi poteva contestare la religiosità dell’affermazione? Nessuno, tranne me che, dopo averlo guardato sconvolta, mi sarei lanciata giù dalla finestra per la disperazione, gridando al mondo il mio ultimo sempiterno pensiero – Itachi è bello!
Mentre quell’aberrante scenario da film di serie D prendeva forma nella mia mente, Itachi si decise a parlare, probabilmente incoraggiato dal non rassicurante connubio di espressioni sul mio volto.
“Il team Hebi sta venendo a Konoha dopo aver saputo che presumibilmente mi trovo qui.”
L’unica cosa che sarei riuscita a dire in quel momento sarebbe stata una parolaccia che avrebbe fatto scandalizzare anche uno scaricatore di porto, quindi mi trattenni dal parlare.
Ma che diavolo prendeva a tutti? Proprio nello stesso momento dovevano decidere che era bello venire a Konoha per fare una vacanza? Una vita loro non ce l’avevano?
Come luogo di villeggiatura Konoha faceva letteralmente schifo, potevo metterci la mano sul fuoco! Tzé, forse nella brochure potevano anche scrivere che era un ottimo luogo in cui coltivare una buona tempra spirituale e l’ottimismo – schiere di ninja dal passato traumatico ti facevano rendere conto di quanto la tua semplice vita sia perfetta e meravigliosa – ma come lasciava comunque a desiderare. Davvero. Mi trovavo lì da un bel po’ di tempo ormai, quanto bastava per farmi rendere conto che la Konoha di Kishimoto era un’utopistica rappresentazione del vero .
Andando con ordine, comunque, evidentemente non tutti dovevano aver letto con diffidenza il depliant su Konoha, perché stavano venendo lì in massa.
Prima Danzo e le sue mire psicopatiche. Poi l’Akatsuki, che evidentemente vedeva il covo troppo stretto per ospitare le loro regali presenze e Konoha era abbastanza dignitosa per accoglierli. E infine Sasuke e il suo team che fino a quel momento non era stato minimamente nominato. La perfetta entrata in scena ad effetto.
Mi resi conto che nemmeno la finestra avrebbe potuto aiutarmi dopo una rivelazione del genere.
“E meno male che ti avevo chiesto una buona/decente/neutra notizia… se ti chiedevo qualcosa di apocalittico potevo direttamente suicidarmi.” Borbottai avvilita e decisamente scombussolata.
Itachi alzò un sopracciglio, probabilmente non trovando nulla di errato in ciò che aveva detto. Evidentemente lui non si era soffermato tanto sul ‘buona’, ‘decente’ o ‘neutra’, quanto più su ‘notizia’. E lui aveva riferito. Ora, se io mi aspettavo qualcosa di rallegrante o con un minimo di speranza erano affari miei, giustamente.
Logica schiacciante.
E mentre mi appuntavo mentalmente che, prima di venir uccisa da degli assassini da un’organizzazione assassina dal nome vagamente sanguinolento, avrei istruito Itachi alla bella arte del sarcasmo e dell’ironia, mi resi conto che stavo un tantino andando fuori di testa. Non seppi con certezza se a farmelo capire era stata la voglia matta di strappare i capelli a qualcuno o la voglia che improvvisamente mi era venuta di andare in bagno. I sintomi fisiologici erano segno di instabilità emotiva o forse dovevo solo svuotare la vescica. Anche il tic all’occhio che si stava impadronendo di me era un segno più che visibile.
E se ne accorsero anche loro due.
Sia Tsunade che Itachi mi guardavano, in attesa o che svenissi per il troppo carico di informazioni di quel giorno – ed ero in procinto di stramazzare al suolo, sì – o che dicessi qualcosa di particolarmente illuminante. Questo perché, dopo che mi erano state rivelate informazioni come queste, ci si sarebbe aspettati che un mio possibile intervento, di natura seria, sarebbe stato, appunto, serio.
Illusi.
“Dov’è il bagno?”
Sì, il mio piano era quello di suicidarmi con la carta igienica, in modo che quando Danzo sarebbe arrivato con l’intento di accusarmi di cospirazione e alto tradimento – perché sarebbe arrivato – io avrei infilato la testa nel water e avrei tirato l’acqua.
Con un po’ di fortuna il turbinio dell’acqua mi avrebbe riportato a casa mia, della serie ‘con il cesso arrivi e con il cesso te ne vai!’; non ero forse arrivata mesi prima quando ero andata in bagno a scuola?
Tentai di non dare peso a quel pensiero, ma si impossessò della mia mente; quella sembrava molto la calma prima della tempesta.
Una grande e disastrosa tempesta che avrebbe lasciato il segno.




Salve! Eh, già, contro ogni aspettativa non sono morta, mi dispiace!xD
Finalmente ho aggiornato e questo è il capitolo che meno mi convince tra tutti quelli che ho scritto, il che dice un po’ tutto. Non fa ridere, non è bello, è scritto male e via dicendo, ma non credo proprio che avrei saputo fare di meglio anche riscrivendolo altre dieci volte daccapo!:/
La situazione riguardante Kisame e Deidara per il momento può sembrare un tantino confusa e poco logica, ma i capitoli seguenti spiegheranno a dovere ogni cosa!^^ Ovviamente Kisame non copre Itachi solo perché si vogliono tanto tanto bene, ma ci sono altri motivi, mentre per Deidara la questione è ancora un’altra…
In questo capitolo sono state tirate un po’ le somme della faccenda e, a quanto pare, ci sono giusto un po’ di minacce che incombono su Konoha, tra Danzo, l’Akatsuki e Sasuke! Colpa loro, io l’ho ribadito più volte che Konoha fa abbastanza schifo come luogo in cui trascorrere le vacanze!ù___u
Qui sono tutti orribilmente OOC credo, sono riuscita a fare anche me vagamente fuori dal mio carattere e ciò mi fa capire che ho toccato il fondo!_-_
Boh, chiedo scusa per l’enorme ritardo – di nuovo! – e per il capitolo cesso; spero di poter rimediare con il prossimo!^^’



IvI: questa volta ho aggiornato solo dopo tre mesi, è già un passo avanti, no?*schiva scarpa* Lo so, sono un disastro ambulante, ma non credo si possa fare qualcosa ormai!xD Ora che la scuola finita in teoria, dovrei ‘sbloccarmi’, ma a quanto pare scrivo pure peggio!>_> Effettivamente per Deidara mi sono soffermata un po’ poco!xD Nel senso… ero proprio intenzionata di mio a non tenere molto conto della sua morte, in quanto nel capitolo seguente avrei spiegato un po’ di cose, ma mi sa che ho un po’ esagerato!xD Ahah, un gelato ci vorrebbe sì, si muore di caldo!_-_ Ma non c’entra niente!^^’ Grazie per la recensione e scusa per l’ennesimo ritardo!

Usa_chan 10: ahah, buffa?xD Un po’ stordita anche effettivamente!xD Sono contenta che la storia ti piaccia e ti faccia ridere! Spero continuerai a leggere!^^ Grazie per la recensione!:)

Hanil: sono felice che la storia ti piaccia!Xd Una genialata non saprei proprio, l’idea magari lo è, ma io trascrivo tutto in modo da renderla orribile!_-_ Il fatto che trovi che il mio stile sia migliorato dall’inizio è il più bel complimento che potrei ricevere!** Anche perché i primi capitoli sono di due anni fa, ma sembrano scritti con i piedi!>_> Ti ringrazio per la recensione e spero continuerai a seguire questo disastro!^^

IamCrazy: sì, lo so che non ci credi, ma ho aggiornato per davvero!ù___u E so anche che la felicità di trovare questa fic in cima alla lista è stata sormontata dall’orrore dopo aver letto il capitolo!*fa cerchietti in un angolo* Hidan avrei voluto salvarlo, lo sai, lungi da me far schiattare due volte un immortale, ma è per quella cosa che non posso ripetere o tu mi picchi!xD
Sono felice tu abbia trovato il capitolo della missione reale, ci avevo messo un po’ a scriverlo e non ero sicura che sarei riuscita ad esprimere quello che volevo in una buona maniera, ma evidentemente sì!^^
Sì, ho più di un problema con gli anbu, sono come gli scarafaggi, te li ritrovi ovunque e non sai come farli secchi, mentre loro sanno come torturare te!ò__o Paragone davvero esemplare, lo so!ù__u
Spero che nonostante tutto il capitolo ti piaccia!^^ Anche se credo che Kishimoto, se proprio doveva uccidere Hidan, invece di sotterrarlo con le cacche di cervo poteva semplicemente fargli leggere ‘sto capitolo…

Pain Hatake: io scrivo sotto effetto di droghe pesanti, tra cui tè alla pesca che mi portano a scrivere tanto boiate!xD Pitremmo davvero formare il Casac, anche se pee una questione di suono potremmo chiamarla Casacca… Club delle Autrici che si Sottovalutano Affamate di Cioccolato… che ascoltano!ù__u Perfetto direi!xD *passa Hubert di nascosto* tienilo pure, da me scagazza troppo e non ho voglia di pulire!xDxD
Ti ringrazio per la recensione!:)



Qualcuno mi spiega perché Word ha deciso di far sparire dal testo tutti i 'villaggio' esistenti?ò___o
  
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