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Autore: lexy90    22/07/2011    9 recensioni
“E le senti le vene, piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai.
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone”
Kei Hiwatari durante il suo percorso ha perso la retta via, ha commesso errori e ha compromesso tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo è cresciuto, è cambiato, ha scoperto nuovi interessi e nuove prospettive. Spetta solo a lui prendere in mano le redini della sua vita e darle un senso, un qualcosa per cui lottare, una ragione per esistere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Perché quello che ti spacca

E ti fa fuori dentro

Forse parte proprio da chi sei

 

 

 

 

 

Slow Dancing In A Burning Room

 

 

 

 

 

Si era appena messa in pigiama quando sentì bussare alla porta.

Mila si fiondò ad aprire e accolse con sorpresa Max che poteva sembrare pronto per andare a dormire se solo non fosse stato in giro per i corridoi.

-Che ci fai qui?-

-Ho voglia di chiacchierare, ma Kei non è proprio la persona adatta ad assecondarmi- disse entrando e rimbalzando sul primo letto che trovò, cuscino tra le braccia e sorriso smagliante.

-Hai scelto il posto giusto!- esclamò Kano avvicinandosi al ragazzo.

-Lo hai lasciato da solo?- chiese Hilary timorosa.

-Sì, ma lo sai com’è no? E’ un eremita musone.. non sentirà la mia mancanza!- rispose, per iniziare a ridacchiare con le altre due.

Hilary lo fissò incerta e combattuta: la prima cosa che aveva pensato non appena Max era comparso era che sarebbe potuta scendere subito in camera di Kei, ma il pensiero dei loro discorsi e della giornata appena trascorsa l’aveva fermata. Forse sarebbe stato meglio rimandare al giorno dopo, rivedersi con calma e tranquillità dopo una bella dormita, con i nervi riposati e le idee chiare.

L’americano si voltò improvvisamente verso di lei continuando a chiacchierare e le fece l’occhiolino: cosa voleva dirle? Quando Max ci si metteva sapeva essere davvero buffo.

Fece per sedersi insieme alle amiche, quando, a un centimetro dal materasso, si rialzò di scatto e annunciò di dover chiedere una cosa a Kei.

-Ora si dice così?- rise Mila.

La brunetta arrossì improvvisamente e valutò la possibilità di cambiare idea.

-Che aspetti? Sei ancora qui?- la incitò Max con un eloquente gesto della mano.

-Ci vediamo dopo!- disse avvicinandosi alla porta.

-Contaci..-

Hilary si addentrò nel corridoio prima di sentire le proteste dell’amico sulla sua affermazione.

 

-Sei già qui?-

Kei aprì la porta e si spostò per far entrare la sua ragazza nella stanza.

-Come sarebbe a dire?-

-Pensavo che non avresti acconsentito così in fretta- disse facendo spallucce.

-Acconsentito a cosa?-

-Ho chiesto a Max se potevate fare a cambio-

-Max.. tu.. cosa? Quell’americano da strapazzo ora lo..- si infiammò Hilary ritornando sui suoi passi, ma Kei l’afferrò per un braccio in tempo.

-Ferma..- sussurrò accarezzandole i capelli e lasciandole un bacio sulla fronte.

-Perché volevi che venissi qui?-

Il russo la guardò perplesso chiedendosi se davvero si stesse ponendo quella domanda, ma la sicurezza nell’espressione dell’altra lo portarono a rispondere.

-Stare con te..-

-Anche dopo questa lunga lunga lunga giornata?-

-Anche-

La ragazza lo guardò torturandosi le mani come in preda al nervosismo totale, ma lui non riuscì a intuire il perché; la osservò distogliere lo sguardo e girarsi, per andare a sedersi su uno dei due letti gemelli.

Kei la seguì e fece per mettersi affianco a lei, ma il suo modo di comportarsi gli suggerì di mantenere temporaneamente le distanze: era davvero troppo nervosa, così si accomodò sul proprio materasso, di fronte a lei.

-Devo chiederti una cosa..- iniziò lui stranamente.

-Cosa?- soffiò lei.

-Riguarda quello che mi hai detto prima, giù in sala-

La ragazza si irrigidì e il russo capì il motivo di quell’ansia.

-Chiedi pure..- 

-E’ come se mi avessi già risposto-

-Sarebbe a dire?-

-Non vuoi farlo-

-Cosa? Sì che voglio..-

-Non davvero-

-Sono confusa- confessò lei abbassando il capo –Sento di volerlo fare con te, ma ho delle riserve..-

-E allora non se ne fa niente-

-Ma io voglio.. Tu lo faresti con me?-

Kei la guardò incredulo per la seconda volta.

-Se me lo chiedessi non ci penserei due volte, ovviamente, ma non ho intenzione di metterti fretta..-

-E perché?-

-Per me il sesso è un gioco, ma tu gli dai un altro valore e non ho intenzione di portartelo via..-

-Ma se non credi in questo valore..-

-Ci sono tante cose in cui non credo mentre tu sì-

-Giusto.. ma non dovresti cercare di dimostrarmi il contrario? Che ho torto?-

-Se credere a certe cose ti fa sentire meglio non ne vedo il motivo.. a me le hanno portate via e non sono proprio il ritratto della felicità-

-Di cosa stai..- provò lei evidentemente confusa da quel discorso.

-Non pensarci- la interruppe, pentendosi di aver tirato fuori determinati argomenti –Se lo volessi potrei riuscire a convincerti a venire a letto con me in pochi minuti, ma non ho intenzione di farlo-

-Come fai ad essere così sicuro della riuscita?-

-Non credi che ci riuscirei?- chiese retoricamente sapendo bene che la risposta sarebbe stata affermativa, anche solo che per il modo in cui lo stava guardando in quel momento.

-Senti..- iniziò lei titubante -..le cose che hai detto di aver fatto, stasera, durante il gioco, erano tutte vere?-

Kei annuì lentamente –Che pensi al riguardo?- aggiunse notando l’espressione seria della ragazza.

-Che ci sono tante cose di te che non so e che credo di non riuscire nemmeno a immaginare-

-E..-

-E mi spaventa un po’- sussurrò impercettibilmente, tanto che a Kei costò fatica riuscire a sentire la frase.

Erano seduti a poco più di un metro di distanza, ma, per un attimo, al ragazzo quello spazio sembrò contenere un chilometro.

-Sei sempre sopra le righe, per ogni cosa..- ricominciò lei alzando timorosa lo sguardo -..non ti stanca vivere così?-

-E’ l’unico modo che conosco- rispose lui consapevole della verità di quelle parole: se lo rimproverava spesso questo fatto, ma non poteva farne a meno.

-Sai.. ‘normale’ non è brutto!- affermò lei abbozzando un sorriso.

-E’ difficile-

-E’ solo normale.. dovresti cambiare questa cosa-

Cambiare: la guardò di sottecchi pensando a quella parola. Di nuovo aveva ragione, era quello che stava tentando di fare da quando era arrivato in Giappone e, se per un certo periodo aveva perso le speranze, sentiva di potercela fare in qualche modo a lui ancora oscuro. L’unico, enorme, problema era il mancato raggiungimento di una qualsiasi tappa verso quel cambiamento, o almeno la sensazione di perdere subito qualunque cosa avesse appena conquistato.

-E’ che.. è sempre la storia dell’irrealtà dell’altra volta-

-Da quello che ho capito con questi pochi elementi.. per te realtà e normalità sono stare con mille ragazze, fare diverse esperienze più o meno condivisibili, arrovellarti nei tuoi problemi e sballarti?- aggiunse Hilary tentando di buttarla sul ridere e riuscendo a diminuire la sensazione di quel chilometro di distanza.

-Sembrerebbe di sì- rispose lui.

-E poi dici che sono io quella strana-

-Non ho mai detto di non esserlo anche io-

Un silenzio teso si impadronì della stanza: il contatto visivo tra i due era ben saldo, ma a parte quello non era presente nessun altro tipo di condivisione.

Kei si alzò improvvisamente, come spezzando una sorta di elettricità, e le si parò a pochi centimetri, in piedi.

-Quindi per stasera niente sesso, ma non puoi negarmi la notte insieme-

-Cos..- non fece in tempo a formulare una frase che Kei le prese il volto con la mano e la baciò, per poi poggiare un ginocchio sul materasso e spingerla delicatamente a sdraiarsi.

-Aspetta..- riuscì a dire lei bloccandolo.

-Che c’è?- si informò il russo guardandola arrovellarsi per trovare una spiegazione credibile a quell’interruzione.

-Non c’è il cuscino- biascicò, riferendosi al guanciale mancante che Max si era portato via per chissà quale oscuro motivo.

-No problem- sussurrò inaspettatamente Kei, prendendola stretta per i fianchi, avvolgendoli con le sue braccia.

Hilary tirò un urlo dallo stupore, quando si sentì sollevare e, per paura di cadere, si aggrappò stretta al collo del ragazzo, avvinghiandosi letteralmente a lui.

Kei fece due miseri passi, portandola da un letto all’altro, e cercò di farla sdraiare sul suo, completo di tutto il necessario.

Non appena la schiena della ragazza aderì con il piano morbido, il russo tentò di recuperare l’equilibrio, ma lei non sembrava intenzionata a mollarlo, evidentemente ancora terrorizzata dalla presa repentina.

-Se fai così però metti a seria prova le mie resistenze- scherzò lui riferendosi alle gambe della ragazza, ben ancorate attorno ai suoi fianchi.

Accortasi della posizione, Hilary si staccò subito arrossendo e tentando di nascondere l’imbarazzo.

Kei alzò gli occhi al cielo, chiedendosi se la giapponese avrebbe mai smesso di arrossire per ogni minima cosa, prima di tornare serio a fissarla intensamente.

Erano seduti, questa volta sullo stesso letto, a una distanza praticamente inesistente.

Il russo alzò una mano e la posò sul collo della ragazza, ma, invece che risalire sul suo viso come al solito, la portò verso il basso, fino a posarsi sui bottoni della maglia del pigiama, che iniziò a togliere dalle asole.

-Kei..- arrivò a metà prima che Hilary trovasse la forza di parlare -..avevi detto che non..-

-Come ti ho detto prima, non ti farei mai niente senza il tuo permesso.. soprattutto questo, io non potrei mai..- spiegò, chiedendole silenziosamente di credergli -Oggi parlavi di condividere.. – lasciò in sospeso la frase, non sapendo come continuarla, non trovando le parole, ma perpetuando i gesti. Terminò di slacciarle la maglia e gliela sfilò dalle braccia delicatamente, buttandola poi sull’altro letto.

Prima che lei riuscisse a reagire, Kei fece lo stesso togliendo la propria canottiera e lanciandola a sua volta, rimanendo a petto nudo.

Diedero inizio a una strana danza, fatta di movimenti decisi e incerti, di richieste e permessi, di baci e carezze, che li portò sotto le coperte, ad abbracciarsi e a condividere qualcosa di sé: se per Kei le parole in quelle settimane erano state troppe e lo avevano messo davanti a delle difficoltà da affrontare che, per uno come lui, potevano considerarsi una sfida, quei semplici gesti lo riportarono in un territorio neutrale, semplice e conosciuto, ma allo stesso tempo diverso. Quante volte aveva condiviso il letto con qualcuno? Troppe. Ma quante lo aveva fatto semplicemente per delle coccole o poco di più? Forse mai.

Se non stava cambiando, sicuramente stava scoprendo: doveva solo capire l’entità di quelle scoperte e interpretare quello che sentiva.

 

Era stato diverso da quella notte a casa di Takao. Era stato più intimo, più semplice. Però allo stesso tempo era stato difficilissimo: perché se Kei aveva detto di non volerlo fare con lei e si era ritrovata in quella situazione emotiva, figurarsi se il russo avesse realmente deciso di mettere in piedi il tentativo di convincerla a cui aveva accennato. Hilary avrebbe capitolato, e in un tempo decisamente breve.

Difficile quella notte era stato proprio resistere, resistere alla tentazione di fermarlo e acconsentire a qualsiasi cosa, al sesso o qualunque altra. Era stata combattuta su quei pensieri per tutta la settimana, li aveva respinti e ricacciati, ignorati e accantonati, ma ormai poteva esserne certa: lo voleva. Le bastava guardarlo ormai per capirlo.

Se ne stava lì, completamente vulnerabile sotto le coperte, ad un’ora improponibile della mattina, ad osservarlo dormire.

Sembrava essere tutto al contrario rispetto alla settimana precedente al dojo: lui si era addormentato e aveva iniziato ad agitarsi nel sonno, come invece quella volta aveva fatto lei. Era strano vederlo così: sempre talmente controllato e impeccabile in ogni suo gesto quando era sveglio, tanto si era rivelato inquieto nell’incoscienza. Pensava che niente potesse scalfire quella copertura, in nessuna situazione, eppure in quelle ore aveva assistito all’incredibile. Certi momenti era fermo e immobile come una statua, come fosse privo di vita, ma con un espressione singolare, mentre altri si muoveva, sempre posato: il flusso incessante di pensieri nella testa di Hilary le aveva impedito di dormire per più di poche ore e, da quando la luce fuori dalla finestra aveva permesso di delineare i contorni del suo compagno, aveva iniziato a studiarlo e osservarlo. Malinconia, era questo che le trasmetteva e che riusciva ad associargli, almeno ciò che si avvicinava di più.

Gli sfiorò il petto con le dita, abbandonando la contemplazione del suo viso, accoccolandosi vicino a lui, senza prendere sonno ovviamente, solo sentendolo di più e desiderandolo come non le era mai accaduto prima.

Era incredibile: più faceva lo stronzo antipatico, più lei ci cascava e quella giornata ne era stata la prova. 

 

Si svegliarono definitivamente piuttosto presto, in tempo per non essere sorpresi dal telefono della camera che squillava in funzione di sveglia.

-Sognato qualcosa?- chiese lei dopo avergli dato il buongiorno.

-Non che riesca a ricordare.. tu?-

-Nada!-

Hilary si prese un bel po’ di tempo per alzarsi, ma l’idea che Max sarebbe potuto entrare da un momento all’altro per riappropriarsi della sua roba, la convinsero a staccarsi da Kei.

L’americano si era premurato di portarsi via il cuscino, ma non aveva pensato ai vestiti.

Cercò di recuperare i propri indumenti, sotto lo sguardo divertito del russo che le fece notare quanto fosse inutile continuare a provare tanto pudore nel mostrargli solo che un lembo di pelle.

Certamente non le dispiacque il fatto che invece lui non sembrasse preoccuparsi di mostrarsi in deshabillé: solo il pensiero di essere stata avvolta da quelle braccia, di aver dormito su quel petto, le provocava un mancamento.

Si allontanò da quella camera, prima di lasciare libero sfogo alla sua mente su pensieri poco puri e vagò furtiva per i corridoi per non rischiare di farsi beccare.

Finalmente salva in quella che doveva essere la sua stanza, imprecò contro Max ancora addormentato sul suo letto: quanti minuti di dolce contemplazione aveva perso per paura dell’entrata di quel biondino, mentre lui se ne stava beatamente a ronfare.

Si vendicò, ovviamente, svegliandolo in malo modo.

-Ma che ti prende?- protestò Max mettendosi seduto nella speranza di fermare Hilary.

-Te lo meriti tutto!- esclamò lei tirandogli una cuscinata in piena faccia, ma continuando a ridere.

Seguitarono a giocare per pochi minuti, poiché l’americano era ancora mezzo addormentato, e Hilary gli permise tornare in camera, invidiandolo leggermente.

In preda alla consapevolezza della propria pazzia, si diresse il prima possibile a fare colazione e vi aspettò pazientemente l’arrivo di Kei: peccato non avesse calcolato la sua consuetudine di saltare il primo pasto della giornata e preferirvi una sigaretta.

Si ritrovò a mescolare tristemente il proprio latte.

-Tutto bene?- le chiese Rei prendendo posto accanto a lei.

-A meraviglia- rispose imbronciata.

-Poi com’è andata ieri con Kei?-

-Risolto tutto..-

-Mi fa piacere- rispose il cinese sorridendo iniziando a mangiare.

Hilary si sentì come una bambina quando finalmente potè rivedere il suo ragazzo e si accertò di non staccarvisi per il resto della giornata: sembrava voler rimediare al tempo perso il giorno prima.

Maledisse mentalmente il professore quando, durante la visita allo stadio, li divise in gruppi, ovviamente scelti da lui; delusa si premurò di restare calma quando Kei non fu messo con lei, ma insieme a Seki e altri tre. La gelosia, che aveva fatto capolino in lei da pochi giorni a quella parte, la attanagliò e la fece intristire.

-Forza e coraggio- le fece forza Rei avvicinandola e invitandola a seguirlo.

-Sono gelosa marcia- confessò al suo amico, sospirando sommessamente.

-Ahi.. vuol dire che sei persa più di quanto pensassi!- scherzò il cinese.

La brunetta continuò la visita senza prestare realmente attenzione a ciò che la circondava e presto il pensiero che la tormentava da diverse ore, rifece capolino nella sua mente: ne approfittò per confidarsi con colui che le era sempre stato d’aiuto.

-Secondo te..- iniziò a voce bassa, avvicinandosi a Rei e premurandosi che nessuno degli altri compagni li potesse ascoltare -..c’è differenza tra fare l’amore e fare sesso?-

Il cinese strabuzzò gli occhi per quella domanda, facendo arrossire vistosamente la sua interlocutrice.

-Rispondi solo alla domanda- lo pregò lei.

-Credo di sì-

Hilary riprese a camminare, fingendo di prestare attenzione alla piccola stanza dove erano entrati, per poi riavvicinarsi a Rei.

-Tu e Mao lo avete.. lo avete fatto vero?-

Il cinese la guardò incerto e imbarazzato –Sì..-

-Perché vi amate-

Era più un’affermazione che una domanda, ma il ragazzo annuì comunque.

-E se tu l’avessi amata, ma lei non ti avesse ricambiato avresti lo stesso..?-

-Non lo so.. forse.. perché mi stai facendo questa domanda?- indagò lui, iniziando a comprendere dove volesse arrivare la giapponese.

Lei scrollò le spalle.

-Vuoi farlo con Kei..- chiese conferma -..o lo avete già fatto?-

-No no! Non abbiamo fatto niente.. cioè, ci siamo andati vicino, ma..-

-Tu non hai voluto-

-Ma sto iniziando a valutare l’idea..-

-Lo fai perché lo vuoi davvero o perché lui ti fa pressioni?-

-No, lui non fa nulla del genere, anzi..-

-Hai paura che ti ferisca?-

-E’ che so che per lui significherebbe qualcosa di diverso..-

-Non è che credi che facendolo riusciresti a legarlo a te?-

-Più il contrario-

Varcarono un ulteriore porta e si ritrovarono sugli spalti del grande stadio dove, sparsi in diversi punti, potevano scorgevano gli altri gruppi.

-Dovresti fare chiarezza e capire cosa vorresti davvero..-

Hilary cercò automaticamente il gruppo di Kei.

-E’ che.. boh.. guardalo, è una tentazione troppo forte..- sospirò indicandolo.

-Sono seriamente preoccupato..- sussurrò Rei guardandola di traverso.

-Perché?- chiese lei in ansia.

-Perché sei davvero persa!- e scoppiò a ridere per stemperare la situazione.

La brunetta rise insieme a lui, ma non riusciva a immaginare quanto quelle parole fossero vere per il cinese, quanto quell’invaghimento fosse pericoloso e inaffidabile per l’occhio attento dell’amico.

 

Quello che capì nei giorni a seguire fu davvero inaspettato: se in gita era stata arrabbiata, felice e impaziente, durante il viaggio di ritorno serena e triste per l’imminente separazione, anche se di relativamente poche ore, a casa agitata e su di giri, non aveva calcolato quanto sarebbe stato difficile provare tutti quei sentimenti e quelle sensazioni verso una sola persona.

Kei catalizzava ogni suo pensiero e ogni sua azione e la scoperta di quell’attrazione così forte le aveva scombussolato ogni concezione che aveva dell’amore: perché era così che probabilmente poteva chiamare quella morsa allo stomaco che provava in sua presenza, e se non era amore, sicuramente doveva avvicinarsi di molto al concetto.

Ciò che la indispettì e la colpì più di tutto fu quanto contribuisse all’allontanamento e al litigio una sensazione così positiva; la gita era stata solo l’inizio di una serie di momenti altalenanti tra i disaccordi e la pace, tra l’acidità e la dolcezza. La gelosia era stata solo la punta dell’iceberg, a cui si erano uniti la necessità di stare vicini, di vedersi e l’arrabbiatura e la delusione connessa al non raggiungimento di quelle, a prima vista, semplici richieste di stare insieme e condividere, sì sempre condividere, qualcosa con l’altro.

Ergo, le relazioni erano una cosa complicata: mai era stata così presa da riuscire a comprendere fino in fondo quell’affermazione, che aveva opportunamente modificato adattandola a sé: le relazioni con Kei Hiwatari erano una cosa molto complicata.

Lunaticità, scontrosità e sigarette: ingredienti insiti nel carattere del russo, che spiazzavano e innervosivano all’ennesima potenza. Ma come ignorare quella parte del ragazzo che la scioglieva, la faceva arrossire, la alleggeriva tanto da dimenticare il resto.

Elemento da non ignorare era la sua capacità di stupirla in ogni situazione, in bene e in male, anche quando pensava di avere il coltello dalla parte del manico.

Due giorni dopo la gita, nella pausa pranzo, gli aveva confessato di voler fare l’amore con lui, gli aveva elencato i suoi dubbi, ma anche i motivi per cui si sentiva pronta: lui non era riuscito a fare altro se non stare fermo e immobile a fissarla, non arrabbiato, non contento, nemmeno sorpreso o chissà che altro, ma semplicemente fermo. Era riuscito anche, come al solito, a farle abbassare lo sguardo al pavimento.

No, non lo avrebbe mai capito del tutto.

Effettivamente non avevano più avuto occasione per stare insieme da soli: o erano a scuola o al dojo popolato da tutti gli altri. Ovviamente, visto che Kei aveva fatto tranquillamente sesso con Aiko nello sgabuzzino della scuola, il luogo e il momento avrebbero potuto trovarlo senza fare troppo gli schizzinosi, ma, come prima volta, Hilary almeno un letto se lo aspettava.

Solo che il pensare ad Aiko e alla sua possibile prima volta le creò una serie di sentimenti contrastanti che cercò di scacciare per evitare attacchi di panico o cose del genere.

Varcò la porta del dojo ripetendosi mentalmente di non perdere la calma e si diresse automaticamente verso il giardino.

Si accorse tardi che l’edificio era avvolto in un silenzio irreale.

Kei sbucò sbadigliando dalla sala, con le cuffie sul collo e una sigaretta spenta tra le dita, che non faticò ad accendersi pochi secondi dopo aver salutato la ragazza.

-Dove sono tutti?-

-Nonno J si sta riposando, gli altri non ci sono-

Questo voleva dire che erano praticamente soli: il cuore di Hilary perse un battito.

Il russo la guardò perplesso, aspirando il fumo, e lei riuscì a creare una serie infinita di castelli in aria nel giro di pochi attimi.

Kei spense la sigaretta nel posacenere sul porticato e poi la raggiunse di nuovo, afferrandola per il polso: aveva un’espressione strana, chissà quali pensieri gli erano balenati in testa.

Non riuscì a comprenderlo, ma si lasciò trasportare attraverso il giardino, fino alla palestra.

Entrarono e, quando il ragazzo si bloccò, per poco lei non gli rovinò addosso; come al solito la superava in altezza e non eliminava il contatto visivo, costringendola a perdersi nei suoi occhi vermigli.

Forse era la palestra, forse quelle iridi, ma sentì improvvisamente caldo, nonostante la temperatura esterna si fosse ormai abbassata: cosa aveva intenzione di fare?

Il russo si mosse e Hilary non poté fare a meno di seguire ogni suo gesto con massima attenzione, per captare ogni segnale, ogni indizio, ovviamente senza risultato.

Kei infilò la mano in tasca ed estrasse il lettore mp3, il cui contenuto le era ancora oscuro, e iniziò ad armeggiare con i tasti: improvvisamente udì un suono ovattato in crescita, proveniente dalle cuffie. Il russo afferrò queste ultime e le sfilò dal collo, avvicinandole alla brunetta e posandogliele sulle orecchie, sistemandole perfettamente.

Automaticamente la ragazza lo aiutò a fargliele indossare, sistemando i capelli in modo che non intralciassero: non capiva il significato di quel gesto, ma era totalmente assoggettata da lui, tanto che non prestò subito attenzione a quel dettaglio che era la musica. Aveva tentato per giorni di scoprire che tipo di canzoni lo accompagnassero in quei pomeriggi di dolce far niente, ma così presa alla sprovvista si era dimenticata di premurarsi di quel particolare.

Kei le si avvicinò, come quando si apprestava ad abbracciarla, ma non le cinse la vita, bensì appoggiò l’orecchio sinistro sull’esterno della cuffia, come per ascoltare lui stesso, e solo in quel momento Hilary si concentrò sul suono: era una canzone non troppo veloce, poteva classificarla come R’n’B probabilmente, aveva accenti e bassi, ma anche una melodia dolce e la voce del cantante era impreziosita da dinamiche che non sapeva classificare.

Presa dall’ascolto, quasi non avvertì il movimento del ragazzo: sembrava tenere il ritmo della canzone con tutto il suo corpo, accennandolo, prima di iniziare una specie di magia. Lei rimase immobile, isolata dal resto grazie alle cuffie, concentrata su ciò che aveva davanti.

Kei ballava, non come quella sera in gita, ma più come quando lo aveva spiato, da solo in palestra; a Hilary la propria presenza sembrò superflua, avrebbe potuto tranquillamente non esserci, poiché lui non tentava di farla muovere, concentrandosi solo su di sé, non staccandosi, ma nemmeno toccandola.

Eppure poteva sentirlo interagire con lei, avvertiva il calore del suo corpo, della sua presenza, lo spostamento d’aria provocato dai suoi movimenti: tutto era con e senza di lei.

Riuscì a pensare solo quanto fosse bello vederlo ballare così da vicino, senza timori di essere scoperta o di fermarlo, quanto sembrasse un tutt’uno con la canzone, nonostante non potesse sentirla direttamente: le note per lei riempivano lo spazio, ma lui vi si legava perfettamente e le completava.

Non se ne capiva, ma come non ammirare, come non apprezzare quello che aveva davanti, quella serenità e semplicità che non avrebbe saputo riprodurre e che rendeva il tutto ancora più speciale.

Solo quando la canzone giunse verso gli ultimi accenti, e Kei iniziò a spegnersi con lei, Hilary si ricordò di quello che le aveva detto a riguardo del danzare: era personale e, nonostante non riuscisse a comprendere completamente, intuì il significato dietro quell’aggettivo.

Aveva condiviso quel momento con lei: nuovamente il verbo ‘condividere’ era tornato sulla loro strada.  

Kei le sfilò lentamente le cuffie e la riportò alla realtà.

Non sapeva che dire, che fare, come comportarsi: le sarebbe bastato rimanere a guardarlo, ma tentò di dire qualcosa, qualsiasi cosa la riportasse a uno stato di semi coscienza.

-Domani..- tentò la ragazza -..domani è un mese che stiamo insieme-

-Lo so- soffiò lui sistemandole delle ciocche di capelli andate fuori posto per le cuffie –mangiamo insieme qualcosa?-

-Certamente- acconsentì lei allargando gli angoli della sua bocca in un ampio sorriso.

 

Mesiversari: una faccenda piuttosto strana per lui.

Sapeva che le ragazze erano assolutamente fissate con queste ricorrenze, eppure a lui non faceva né caldo né freddo. Ovviamente questo sarebbe stato meglio non dirlo, se teneva ancora un minimo alla sua salute mentale. Regola numero 1: mai dimenticarsi un’occasione del genere e mai far notare la sua inutilità.

Se ci ripensava da un lato quel mese era stato piuttosto lungo, ma allo stesso tempo di una velocità inconcepibile: il problema maggiore di quel periodo era stata l’incondizionata attenzione di Hilary.

Proprio negativo non poteva considerarlo, però sentiva che c’era qualcosa di sbagliato, per lei più che altro, per lei che si era stata completamente catturata da quella relazione, che gli era stata accanto e che lo aveva sopportato, non senza alti e bassi. Ma lui in cambio non credeva di aver dato nulla, soprattutto per la sua incapacità di farlo.

Sentiva che quella era una relazione diversa, ma per molti versi non riusciva a concepirla veramente come differente. Uno strano squilibrio lo aveva attanagliato.

-Hey.. allora stasera si festeggia?-

Rei comparve al suo fianco nel corridoio superiore del dojo.

Il russo lo guardò stranito per poi capire si riferisse anche lui al mesiversario.

-Non proprio.. domani c’è scuola.. non può fare tardi- rispose indifferente scendendo le scale.

-Senti..- lo bloccò Rei titubante -..nell’ultimo periodo so di non essere stato proprio il miglior amico del mondo, ma.. sono davvero felice per voi due-

Kei lo guardò incerto, ma si convinse della buona fede di quella frase. Rispose con un’alzata di spalle, ma il cinese non sembrava aver terminato.

-Hilary si è confidata con me l’altro giorno..- disse abbassando il tono della voce -..mi ha detto che volete.. beh farlo-

L’altro stette in ascolto, attento all’evolversi del discorso.

-Forse è inutile dirtelo, ma..- già quel ‘forse’ a Kei suonò male, ma non disse nulla -..non farla soffrire, per lei è importante, sei importante..-

Il russo non resistette e si fece scappare un risolino che di divertito aveva ben poco.

-Dovevo immaginarlo-

-Di cosa stai parlando?-

-Non venirmi a dire queste cose.. ho capito che non ti fidi di me-

-Ma non è quello stavolta..-

-Sì che lo è- asserì fissandolo serio –continui a farmi raccomandazioni..-

-Perché so quanto lei è presa!-

-Quindi?-

-Quindi niente!- si guardarono in tralice per qualche secondo –Solo, la conosco da anni ormai, so quanto sia importante questo passo..-

-Lo so anche io-

-Infatti, non sto dicendo di non farlo, come ti ho detto sono felice per voi, solo..- cercò di scusarsi Rei -..fa attenzione-

-Pensavo che di ‘ste cose non ne volessi parlare- lo imbeccò Kei gelido.

-E’ che tu la pensi in un modo diverso, per te è diverso, tu questa scelta non..- il ragazzo si bloccò di colpo, trattenendo le parole che a fiume gli stavano uscendo dalla bocca.

-Ora vai avanti- la voce del russo  divenne un sibilo, ma l’altro tacque –Finisci la frase- continuò avvicinandosi arcigno.

-Non intendevo- il cinese si fece piccolo piccolo sotto lo sguardo minatorio di Kei.

-Non posso capirla? Non l’ho fatta? Cosa volevi dire? Illuminami- il tono del ragazzo più grande era duro e accusatorio.

-Kei, io..-

-Hey ragazzi!- la voce di Hilary arrivò alle spalle del russo.

La ragazza doveva avere appena varcato la porta, ma Kei non se ne occupò, troppo preso a incenerire col pensiero l’amico di fronte a lui.

Entrambi sapevano quello che avrebbe detto se solo non si fosse reso conto del significato di quelle parole.

Sicuramente se avesse continuato Kei avrebbe avuto il pretesto perfetto per tirargli un cazzotto, ma non era stato così e si era limitato semplicemente a incolparlo solo per aver pensato a determinate cose. Gli lesse in volto il pentimento e questo lo convinse di non aver immaginato quel riferimento.

Se lo sarebbe aspettato da tutti, meno che da Rei, che tirasse fuori quell’argomento e che lo usasse contro di lui, che glielo sbattesse in faccia a quel modo.

-Tutto bene?- ritentò la ragazza, ancora ignorata.

Rei fece per mettere una mano sulla spalla dell’altro, ma Kei lo respinse.

-Stai alla larga da me- lo minacciò gelido, indietreggiando di qualche passo, per poi girarsi e superare Hilary.

La sentì dire qualcosa, ma non vi prestò attenzione, nemmeno quando si rivolse a Rei: voleva solo uscire, prendere aria, camminare e sbollire la rabbia che gli era salita addosso.

Camminò a passo sostenuto per le varie vie del quartiere, ma solo quando rallentò e iniziò a distendere i nervi, aiutato da una buona dose di nicotina, si accorse di un’ombra dietro di lui.

La ignorò e continuò imperterrito ad andare avanti: chiunque fosse non era il momento giusto per parlare, in realtà non lo era mai, ma soprattutto in quell’istante. Maledette parole, tante e troppe parole che lo perseguitavano da mesi.

Raccontare, raccontarsi, a che serviva? Intanto lui non lo avrebbe mai fatto, mai del tutto, mai.

Aveva lasciato il dojo con il sole intento a tramontare e già i lampioni stavano iniziando ad accendersi e a illuminare ciò che il buio tentava di inghiottire.

L’aria di ottobre, già abbastanza fredda per i giapponesi, non ancora abbastanza per lui che ostentava una maglia a maniche corte, lo avvolse e l’oscurità lo aiutò a fare chiarezza in quella confusione di rabbia e delusione che era la sua mente: l’usuale passaggio veloce da un sentimento all’altro lo pervase.

Le incomprensioni avute con Rei in quelle settimane erano sfociate immancabilmente in una questione troppo grande che sapeva, prima o poi, sarebbe venuta a galla: non condivideva mai il suo passato con nessuno e aveva un motivo per farlo. Ma Rei e gli altri sapevano tutto di lui e non potevano semplicemente ignorarlo.

Alla fine dietro tutte la sfiducia del cinese c’era sempre stato quello probabilmente, ma come dargli torto. In fondo non erano quelle le sue stesse paure? Le stesse motivazione che non gli permettevano di vivere serenamente, di vivere in modo semplice e normale? Non era da quello che voleva scappare, per quello che voleva cambiare?

Non poteva liberarsi del suo passato? Passi la droga, quello era stata una lezione più che sufficiente, ma non poteva semplicemente far coincidere l’inizio della sua vita ai suoi quattordici anni, anzi facciamo quindici?

Il problema era proprio quello: non poteva.

Iniziò a rallentare.

-Torna a casa, non è serata- disse ad alta voce, senza voltarsi.

L’ombra continuò a seguirlo in silenzio.

Attraversò il belvedere e proseguì oltre, lungo la costa, verso posti che solitamente raggiungevano con i mezzi.

La persona dietro di lui non desistette e, dopo una decina di minuti, Kei si decise a rallentare ulteriormente permettendole di raggiungerlo.

Non appena le fu al suo fianco la guardò di sbieco, scuotendo la testa contrariato, per poi afferrarle la mano che lei strinse forte.

Rei aveva ragione dietro quelle accuse: Hilary era completamente presa da lui, ma lui non ricambiava allo stesso modo, forse nemmeno con un decimo di quello che provava lei.

Abbandonare quindi quella sensazione piacevole di avere qualcuno al proprio fianco per evitare di ferirla, o approfittarsene ancora?

-Sei parecchio arrabbiato- notò lei sottovoce.

Kei sospirò.

-Posso sapere che ti ha detto Rei?-

-No-

-Non vuoi nemmeno parlarne? Nemmeno a grandi linee?- provò lei.

-Non voglio parlare-

-Che vuoi fare?-

-Camminare-

-Allora camminiamo- affermò appoggiando la testa al suo braccio, aumentando il contatto tra loro due.

Camminarono ancora per un bel po’, prima di giungere a una piccola baia, da dove le case iniziavano a diradarsi per lasciare alla vegetazione campo libero per espandersi, prima che la città riprendesse poco più di un chilometro oltre.

-Hai fame?- chiese improvvisamente Kei alla ragazza, arrivati davanti a un piccolo ristorante caratteristico.

-Un po’- ammise lei, che aveva mascherato il brontolio dello stomaco per tutta la passeggiata.

Entrarono nel locale e iniziarono a osservare una lista sul bancone; Hilary si guardò intorno e propose un’idea alternativa notando un piccolo bazar all’interno del ristorante –Se prendessimo da portar via e andassimo a mangiare sulla spiaggia?-

-Ok- acconsentì Kei, grato di poter tornare all’aria aperta.

Ordinarono da mangiare e comprarono un asciugamano, per poi incamminarsi verso il mare.

-Qui ci venivo quando ero più piccola- confessò lei muovendosi tra gli scogli che avevano raggiunto –Ti porto in un posto-

Camminarono sui grandi sassi per diversi metri, seguendo il litorale che in quel punto si alzava creando una specie di promontorio.

-Eccola-

Hilary indicò una piccola lingua di spiaggia, nascosta grazie alle grandi rocce, senza alcuna illuminazione: la luna era solo un sottile spicchio, ma le luci della città che circondavano quella piccola oasi permettevano di non essere completamente immersi nell’oscurità.

Allargarono l’asciugamano sulla sabbia umida e vi si sedettero, iniziando ad aprire i cartocci del cibo.

-Gli ho detto che vogliamo farlo.. è per questo che avete discusso?- tentò Hilary approfittando di quella pace.

Kei si limitò ad annuire, senza disturbare il rumore delle onde che si allungavano sulla spiaggia, come ad abbracciarla.

-Colpa mia allora.. mi dispiace!-

-Per certi versi ha ragione- annunciò Kei terminando la sua porzione.

-Su cosa?-

-Non dovremmo accelerare le cose-

-Ti ha detto questo?- chiese la ragazza incredula.

-No, ma io sono arrivato a questa conclusione-

-Perché?-

-Per te-

-Per me?-

-Non vorrei che te ne pentissi-

-Voi uomini forti dovreste smetterla di battere su questo punto-

-Ma c’è il rischio-

-E allora? Credi che te lo avrei chiesto se non ci avessi pensato per bene?-

-Non sono abituato a queste situazioni, non lo so..-

-Beh è così.. ti assicuro che non me ne pentirei-

-Come fai ad esserne sicura?-

-Perché quello che provo per te mi sembra una motivazione più che valida-

-Anche se non è lo stesso che provo io?-

Il silenzio piombò su quella domanda, che nascondeva la conferma a molti dubbi della ragazza.

-Sì, mi basta questo-

Pochi secondi per guardarsi e Hilary si avvicinò al ragazzo per baciarlo e carezzarlo, fino a ritrovarsi sdraiata sopra di lui.

Kei si stupì dell’iniziativa presa, ma la assecondò, sentendo le sue esili mani appoggiarsi sul suo petto e infilarsi sotto la maglietta, prendendosi libertà che probabilmente fino a poche settimane prima non avrebbe avuto il coraggio di affrontare.

I loro corpi a contatto, i loro pensieri rivolti verso un fine comune: mancò poco che Kei facesse forza per ribaltare le posizioni e mandare all’aria tutti i discorsi fatti fino a pochi secondi prima.

Conscio di questa possibilità trovò la forza di mettersi seduto e staccarsi.

-Se fai così, mi rendi tutta la storia dell’aspettare difficile- disse cercando di riprendersi: poteva parlare quanto voleva, ma era pur sempre un maschio con determinati impulsi e bisogni e l’astinenza delle settimane passate iniziava a farsi sentire.

-Allora non aspettare- sussurrò lei, con un velo di malizia, trasformando l’idea che Kei aveva di lei nella sua testa, da innocente e ingenua a una ragazza che necessitava di attenzioni.

-Almeno non sulla spiaggia-

-Perché?-

-La sabbia è fastidiosa.. brutte esperienze- spiegò abbozzando un sorriso e cercando di prestare attenzione alla distesa d’acqua di fronte a lui.

Hilary però non demorse e, dopo aver ridacchiato, si appoggiò a lui in ginocchio, afferrando la sua schiena, e giocherellò con il lobo del ragazzo, come tante volte lui aveva fatto con lei.

Le ragazze, a volte, riuscivano ad essere peggio dei loro simili del sesso opposto: Kei, nonostante gli sforzi, non poté più rimanere impassibile a quelle avances.

-Ok, hai vinto- detto questo la prese alla sprovvista e la rispinse a sdraiarsi sull’asciugamano, mettendosi sopra di lei.

Passarono pochi secondi prima che i due iniziassero a spogliarsi a vicenda, loro complice l’oscurità e il luogo poco frequentato, soprattutto in un giorno a metà settimana.

Il freddo che fino a poco prima entrava nelle ossa di Hilary fu sostituito dal calore della pelle di Kei; ancora pochi baci e poche carezze che il ragazzo riafferrò i pantaloni sotto lo sguardo perplesso della brunetta. Il russo prese il portafoglio e, da questo, estrasse un piccolo involucro quadrato.

-Che..- sussurrò la giapponese prima di capire che cosa il ragazzo tenesse tra le dita.  

-Se hai ripensamenti, se mi devi fermare, fallo ora- soffiò lui a pochi centimetri dal volto dell’altra, le ametiste perse alla ricerca di risposte nelle iridi cioccolato di lei.

Hilary sembrò pensarci pochi secondi, prima di afferrare sicura la plastica e sfilare il preservativo.

Kei prese quel gesto come un via libera e la guidò verso il loro nuovo obiettivo comune: cercò di essere calmo e dolce, di accompagnarla in quella scoperta, di rassicurarla e fare in modo che la fiducia in lui non fosse tradita. Passione, desiderio, amore, non c’era divisione, tutto era un insieme unico.

L’aria fresca si mischiò al sudore, le onde contro gli scogli fecero da eco ai loro gemiti. Testarono quel nuovo campo del loro rapporto, lasciando da parte dubbi, incertezze, rancori, paure e condividendosi ancora.

 

Kei fece scorrere il palmo sulla gota arrossata della ragazza, mantenendo quel vitale contatto visivo; la strinse, poi, forte a sé vedendola tremare dal freddo.

-Tutto bene?-

Hilary si accoccolò tra le sue braccia, affondando nel suo petto, prima di rispondere affermativamente.

-Stai congelando.. sarà meglio andare- notò lui invitandola a rivestirsi.

-No- si oppose l’altra avvicinandosi ancora il più possibile.

-Non vorrai ammalarti per caso?-

La brunetta sbuffò divertita, ma non si mosse; alzò solo la testa per guardare Kei in viso.

-Facciamolo di nuovo così mi scaldo- disse facendogli la linguaccia.

-Ci hai preso gusto?-

Non rispose, ma si rituffò nel suo abbraccio.

Rimasero a coccolarsi per diversi minuti, ma quando il tremore di Hilary si fece più intenso, Kei insistette per andare via, costringendola a rivestirsi.

-Capisco quello che dicevi sulla sabbia adesso- rise la giapponese mentre si immettevano nuovamente nella strada principale.

Buttarono via i cartoni del cibo e l’asciugamano e tornarono verso casa, ripercorrendo la lunga passeggiata che li aveva portati fino a lì.

 

 

 

Buonasera ragazzuole!

Per questa volta partiamo dal fondo: è una cosa che si fa sempre ringraziare, ma è un dovere davvero sentito.. quindi ringrazio voi lettrici e lettori perché, forse non lo sapete, ma siete davvero la ruota che fa andare avanti questo mulino, e non è per niente esagerato ^^

Detto questo commentiamo un po’ il capitolo insieme: innanzitutto calmatevi, prevedo già un coro d’altura! XD Vabbè ma questo lo lascio fare a voi.

Diciamo che parola chiave del capitolo è stata ‘condivisione’ e credo che si sia capito, punti oscuri saranno poi chiariti ovviamente u.u poi volevo scrivere due righe su un personaggio che è partito col botto e che in queste ultime settimane vi sta scendendo: ebbene sì, proprio lui, colui che ha ottenuto il record di vittorie come miglior personaggio, sta rischiando di finire in fondo alla lista ahimè.. maaaa vabbè non dico nulla come al solito va!

Alla fine non è che poi ho commentato più di tanto O_o potrei evitare di farvi perdere tempo a leggere queste cavolate e passare subito alle cose serie.. sì perché anche se vi sembrerà strano quella che vi sto chiedendo è una cosa seria e importante, quindi..

 

Sondaggio Time

Ebbene, l’estate è arrivata, io ho finito gli esami, siamo tutti più felici, ma c’è un però!

Agosto è il mese di villeggiatura per eccellenza (o forse solo per me) e io mi ritirerò sui monti a mò di eremita per diverso tempo.. direte, e a noi che ce ne frega? Beh, presto detto: dove andrò non ho internet! Tatatataaaaaan

La domanda a cui vi chiedo di rispondere ora è: visto che non potrò assicurare per tutto il mese l’aggiornamento del giovedì notte, pensate sia meglio darsi appuntamento al primo di settembre levandoci ogni dubbio, o andare alla cieca e avere aggiornamenti alla c***o di cane (che potrebbe significare avere solo due settimane di pausa o tutto il mese a seconda della mia disponibilità)?

Datemi il vostro parere!

 

Intanto noi comunque ci diamo appuntamento alla prossima settimana!

Un bacione :)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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