Perché quello che ti spacca
E ti fa fuori dentro
Forse parte proprio da chi sei
Slow Dancing In A Burning Room
Si
era appena messa in pigiama quando sentì bussare alla porta.
Mila
si fiondò ad aprire e accolse con sorpresa Max che poteva sembrare pronto per
andare a dormire se solo non fosse stato in giro per i corridoi.
-Che
ci fai qui?-
-Ho
voglia di chiacchierare, ma Kei non è proprio la persona adatta ad
assecondarmi- disse entrando e rimbalzando sul primo letto che trovò, cuscino
tra le braccia e sorriso smagliante.
-Hai
scelto il posto giusto!- esclamò Kano avvicinandosi al ragazzo.
-Lo
hai lasciato da solo?- chiese Hilary timorosa.
-Sì,
ma lo sai com’è no? E’ un eremita musone.. non sentirà la mia mancanza!-
rispose, per iniziare a ridacchiare con le altre due.
Hilary
lo fissò incerta e combattuta: la prima cosa che aveva pensato non appena Max
era comparso era che sarebbe potuta scendere subito in camera di Kei, ma il
pensiero dei loro discorsi e della giornata appena trascorsa l’aveva fermata.
Forse sarebbe stato meglio rimandare al giorno dopo, rivedersi con calma e
tranquillità dopo una bella dormita, con i nervi riposati e le idee chiare.
L’americano
si voltò improvvisamente verso di lei continuando a chiacchierare e le fece
l’occhiolino: cosa voleva dirle? Quando Max ci si metteva sapeva essere davvero
buffo.
Fece
per sedersi insieme alle amiche, quando, a un centimetro dal materasso, si
rialzò di scatto e annunciò di dover chiedere una cosa a Kei.
-Ora
si dice così?- rise Mila.
La
brunetta arrossì improvvisamente e valutò la possibilità di cambiare idea.
-Che
aspetti? Sei ancora qui?- la incitò Max con un eloquente gesto della mano.
-Ci
vediamo dopo!- disse avvicinandosi alla porta.
-Contaci..-
Hilary
si addentrò nel corridoio prima di sentire le proteste dell’amico sulla sua
affermazione.
-Sei
già qui?-
Kei
aprì la porta e si spostò per far entrare la sua ragazza nella stanza.
-Come
sarebbe a dire?-
-Pensavo
che non avresti acconsentito così in fretta- disse facendo spallucce.
-Acconsentito
a cosa?-
-Ho
chiesto a Max se potevate fare a cambio-
-Max..
tu.. cosa? Quell’americano da strapazzo ora lo..- si infiammò Hilary ritornando
sui suoi passi, ma Kei l’afferrò per un braccio in tempo.
-Ferma..-
sussurrò accarezzandole i capelli e lasciandole un bacio sulla fronte.
-Perché
volevi che venissi qui?-
Il
russo la guardò perplesso chiedendosi se davvero si stesse ponendo quella domanda,
ma la sicurezza nell’espressione dell’altra lo portarono a rispondere.
-Stare
con te..-
-Anche
dopo questa lunga lunga lunga giornata?-
-Anche-
La
ragazza lo guardò torturandosi le mani come in preda al nervosismo totale, ma
lui non riuscì a intuire il perché; la osservò distogliere lo sguardo e
girarsi, per andare a sedersi su uno dei due letti gemelli.
Kei
la seguì e fece per mettersi affianco a lei, ma il suo modo di comportarsi gli
suggerì di mantenere temporaneamente le distanze: era davvero troppo nervosa,
così si accomodò sul proprio materasso, di fronte a lei.
-Devo
chiederti una cosa..- iniziò lui stranamente.
-Cosa?-
soffiò lei.
-Riguarda
quello che mi hai detto prima, giù in sala-
La
ragazza si irrigidì e il russo capì il motivo di quell’ansia.
-Chiedi
pure..-
-E’
come se mi avessi già risposto-
-Sarebbe
a dire?-
-Non
vuoi farlo-
-Cosa?
Sì che voglio..-
-Non
davvero-
-Sono
confusa- confessò lei abbassando il capo –Sento di volerlo fare con te, ma ho
delle riserve..-
-E
allora non se ne fa niente-
-Ma
io voglio.. Tu lo faresti con me?-
Kei
la guardò incredulo per la seconda volta.
-Se
me lo chiedessi non ci penserei due volte, ovviamente, ma non ho intenzione di
metterti fretta..-
-E
perché?-
-Per
me il sesso è un gioco, ma tu gli dai un altro valore e non ho intenzione di
portartelo via..-
-Ma
se non credi in questo valore..-
-Ci
sono tante cose in cui non credo mentre tu sì-
-Giusto..
ma non dovresti cercare di dimostrarmi il contrario? Che ho torto?-
-Se
credere a certe cose ti fa sentire meglio non ne vedo il motivo.. a me le hanno
portate via e non sono proprio il ritratto della felicità-
-Di
cosa stai..- provò lei evidentemente confusa da quel discorso.
-Non
pensarci- la interruppe, pentendosi di aver tirato fuori determinati argomenti
–Se lo volessi potrei riuscire a convincerti a venire a letto con me in pochi
minuti, ma non ho intenzione di farlo-
-Come
fai ad essere così sicuro della riuscita?-
-Non
credi che ci riuscirei?- chiese retoricamente sapendo bene che la risposta
sarebbe stata affermativa, anche solo che per il modo in cui lo stava guardando
in quel momento.
-Senti..-
iniziò lei titubante -..le cose che hai detto di aver fatto, stasera, durante
il gioco, erano tutte vere?-
Kei
annuì lentamente –Che pensi al riguardo?- aggiunse notando l’espressione seria
della ragazza.
-Che
ci sono tante cose di te che non so e che credo di non riuscire nemmeno a
immaginare-
-E..-
-E
mi spaventa un po’- sussurrò impercettibilmente, tanto che a Kei costò fatica
riuscire a sentire la frase.
Erano
seduti a poco più di un metro di distanza, ma, per un attimo, al ragazzo quello
spazio sembrò contenere un chilometro.
-Sei
sempre sopra le righe, per ogni cosa..- ricominciò lei alzando timorosa lo
sguardo -..non ti stanca vivere così?-
-E’
l’unico modo che conosco- rispose lui consapevole della verità di quelle
parole: se lo rimproverava spesso questo fatto, ma non poteva farne a meno.
-Sai..
‘normale’ non è brutto!- affermò lei abbozzando un sorriso.
-E’
difficile-
-E’
solo normale.. dovresti cambiare questa cosa-
Cambiare:
la guardò di sottecchi pensando a quella parola. Di nuovo aveva ragione, era quello
che stava tentando di fare da quando era arrivato in Giappone e, se per un
certo periodo aveva perso le speranze, sentiva di potercela fare in qualche
modo a lui ancora oscuro. L’unico, enorme, problema era il mancato
raggiungimento di una qualsiasi tappa verso quel cambiamento, o almeno la
sensazione di perdere subito qualunque cosa avesse appena conquistato.
-E’
che.. è sempre la storia dell’irrealtà dell’altra volta-
-Da
quello che ho capito con questi pochi elementi.. per te realtà e normalità sono
stare con mille ragazze, fare diverse esperienze più o meno condivisibili,
arrovellarti nei tuoi problemi e sballarti?- aggiunse Hilary tentando di
buttarla sul ridere e riuscendo a diminuire la sensazione di quel chilometro di
distanza.
-Sembrerebbe
di sì- rispose lui.
-E
poi dici che sono io quella strana-
-Non
ho mai detto di non esserlo anche io-
Un
silenzio teso si impadronì della stanza: il contatto visivo tra i due era ben
saldo, ma a parte quello non era presente nessun altro tipo di condivisione.
Kei
si alzò improvvisamente, come spezzando una sorta di elettricità, e le si parò
a pochi centimetri, in piedi.
-Quindi
per stasera niente sesso, ma non puoi negarmi la notte insieme-
-Cos..-
non fece in tempo a formulare una frase che Kei le prese il volto con la mano e
la baciò, per poi poggiare un ginocchio sul materasso e spingerla delicatamente
a sdraiarsi.
-Aspetta..-
riuscì a dire lei bloccandolo.
-Che
c’è?- si informò il russo guardandola arrovellarsi per trovare una spiegazione
credibile a quell’interruzione.
-Non
c’è il cuscino- biascicò, riferendosi al guanciale mancante che Max si era
portato via per chissà quale oscuro motivo.
-No
problem- sussurrò inaspettatamente Kei, prendendola stretta per i fianchi,
avvolgendoli con le sue braccia.
Hilary
tirò un urlo dallo stupore, quando si sentì sollevare e, per paura di cadere,
si aggrappò stretta al collo del ragazzo, avvinghiandosi letteralmente a lui.
Kei
fece due miseri passi, portandola da un letto all’altro, e cercò di farla
sdraiare sul suo, completo di tutto il necessario.
Non
appena la schiena della ragazza aderì con il piano morbido, il russo tentò di
recuperare l’equilibrio, ma lei non sembrava intenzionata a mollarlo,
evidentemente ancora terrorizzata dalla presa repentina.
-Se
fai così però metti a seria prova le mie resistenze- scherzò lui riferendosi
alle gambe della ragazza, ben ancorate attorno ai suoi fianchi.
Accortasi
della posizione, Hilary si staccò subito arrossendo e tentando di nascondere
l’imbarazzo.
Kei
alzò gli occhi al cielo, chiedendosi se la giapponese avrebbe mai smesso di
arrossire per ogni minima cosa, prima di tornare serio a fissarla intensamente.
Erano
seduti, questa volta sullo stesso letto, a una distanza praticamente
inesistente.
Il
russo alzò una mano e la posò sul collo della ragazza, ma, invece che risalire
sul suo viso come al solito, la portò verso il basso, fino a posarsi sui
bottoni della maglia del pigiama, che iniziò a togliere dalle asole.
-Kei..-
arrivò a metà prima che Hilary trovasse la forza di parlare -..avevi detto che
non..-
-Come
ti ho detto prima, non ti farei mai niente senza il tuo permesso.. soprattutto questo, io non potrei mai..- spiegò,
chiedendole silenziosamente di credergli -Oggi parlavi di condividere.. –
lasciò in sospeso la frase, non sapendo come continuarla, non trovando le
parole, ma perpetuando i gesti. Terminò di slacciarle la maglia e gliela sfilò
dalle braccia delicatamente, buttandola poi sull’altro letto.
Prima
che lei riuscisse a reagire, Kei fece lo stesso togliendo la propria canottiera
e lanciandola a sua volta, rimanendo a petto nudo.
Diedero
inizio a una strana danza, fatta di movimenti decisi e incerti, di richieste e
permessi, di baci e carezze, che li portò sotto le coperte, ad abbracciarsi e a
condividere qualcosa di sé: se per Kei le parole in quelle settimane erano
state troppe e lo avevano messo davanti a delle difficoltà da affrontare che,
per uno come lui, potevano considerarsi una sfida, quei semplici gesti lo
riportarono in un territorio neutrale, semplice e conosciuto, ma allo stesso
tempo diverso. Quante volte aveva condiviso il letto con qualcuno? Troppe. Ma
quante lo aveva fatto semplicemente per delle coccole o poco di più? Forse mai.
Se
non stava cambiando, sicuramente stava scoprendo: doveva solo capire l’entità
di quelle scoperte e interpretare quello che sentiva.
Era
stato diverso da quella notte a casa di Takao. Era stato più intimo, più
semplice. Però allo stesso tempo era stato difficilissimo: perché se Kei aveva
detto di non volerlo fare con lei e si era ritrovata in quella situazione
emotiva, figurarsi se il russo avesse realmente deciso di mettere in piedi il
tentativo di convincerla a cui aveva accennato. Hilary avrebbe capitolato, e in
un tempo decisamente breve.
Difficile
quella notte era stato proprio resistere, resistere alla tentazione di fermarlo
e acconsentire a qualsiasi cosa, al sesso o qualunque altra. Era stata
combattuta su quei pensieri per tutta la settimana, li aveva respinti e
ricacciati, ignorati e accantonati, ma ormai poteva esserne certa: lo voleva.
Le bastava guardarlo ormai per capirlo.
Se
ne stava lì, completamente vulnerabile sotto le coperte, ad un’ora
improponibile della mattina, ad osservarlo dormire.
Sembrava
essere tutto al contrario rispetto alla settimana precedente al dojo: lui si
era addormentato e aveva iniziato ad agitarsi nel sonno, come invece quella
volta aveva fatto lei. Era strano vederlo così: sempre talmente controllato e
impeccabile in ogni suo gesto quando era sveglio, tanto si era rivelato
inquieto nell’incoscienza. Pensava che niente potesse scalfire quella
copertura, in nessuna situazione, eppure in quelle ore aveva assistito
all’incredibile. Certi momenti era fermo e immobile come una statua, come fosse
privo di vita, ma con un espressione singolare, mentre altri si muoveva, sempre
posato: il flusso incessante di pensieri nella testa di Hilary le aveva
impedito di dormire per più di poche ore e, da quando la luce fuori dalla
finestra aveva permesso di delineare i contorni del suo compagno, aveva
iniziato a studiarlo e osservarlo. Malinconia, era questo che le trasmetteva e
che riusciva ad associargli, almeno ciò che si avvicinava di più.
Gli
sfiorò il petto con le dita, abbandonando la contemplazione del suo viso,
accoccolandosi vicino a lui, senza prendere sonno ovviamente, solo sentendolo
di più e desiderandolo come non le era mai accaduto prima.
Era
incredibile: più faceva lo stronzo antipatico, più lei ci cascava e quella
giornata ne era stata la prova.
Si
svegliarono definitivamente piuttosto presto, in tempo per non essere sorpresi
dal telefono della camera che squillava in funzione di sveglia.
-Sognato
qualcosa?- chiese lei dopo avergli dato il buongiorno.
-Non
che riesca a ricordare.. tu?-
-Nada!-
Hilary
si prese un bel po’ di tempo per alzarsi, ma l’idea che Max sarebbe potuto
entrare da un momento all’altro per riappropriarsi della sua roba, la
convinsero a staccarsi da Kei.
L’americano
si era premurato di portarsi via il cuscino, ma non aveva pensato ai vestiti.
Cercò
di recuperare i propri indumenti, sotto lo sguardo divertito del russo che le
fece notare quanto fosse inutile continuare a provare tanto pudore nel
mostrargli solo che un lembo di pelle.
Certamente
non le dispiacque il fatto che invece lui non sembrasse preoccuparsi di
mostrarsi in deshabillé: solo il pensiero di essere stata avvolta da quelle
braccia, di aver dormito su quel petto, le provocava un mancamento.
Si
allontanò da quella camera, prima di lasciare libero sfogo alla sua mente su
pensieri poco puri e vagò furtiva per i corridoi per non rischiare di farsi
beccare.
Finalmente
salva in quella che doveva essere la sua stanza, imprecò contro Max ancora
addormentato sul suo letto: quanti minuti di dolce contemplazione aveva perso
per paura dell’entrata di quel biondino, mentre lui se ne stava beatamente a
ronfare.
Si
vendicò, ovviamente, svegliandolo in malo modo.
-Ma
che ti prende?- protestò Max mettendosi seduto nella speranza di fermare
Hilary.
-Te
lo meriti tutto!- esclamò lei tirandogli una cuscinata in piena faccia, ma
continuando a ridere.
Seguitarono
a giocare per pochi minuti, poiché l’americano era ancora mezzo addormentato, e
Hilary gli permise tornare in camera, invidiandolo leggermente.
In
preda alla consapevolezza della propria pazzia, si diresse il prima possibile a
fare colazione e vi aspettò pazientemente l’arrivo di Kei: peccato non avesse
calcolato la sua consuetudine di saltare il primo pasto della giornata e
preferirvi una sigaretta.
Si
ritrovò a mescolare tristemente il proprio latte.
-Tutto
bene?- le chiese Rei prendendo posto accanto a lei.
-A
meraviglia- rispose imbronciata.
-Poi
com’è andata ieri con Kei?-
-Risolto
tutto..-
-Mi
fa piacere- rispose il cinese sorridendo iniziando a mangiare.
Hilary
si sentì come una bambina quando finalmente potè rivedere il suo ragazzo e si
accertò di non staccarvisi per il resto della giornata: sembrava voler
rimediare al tempo perso il giorno prima.
Maledisse
mentalmente il professore quando, durante la visita allo stadio, li divise in
gruppi, ovviamente scelti da lui; delusa si premurò di restare calma quando Kei
non fu messo con lei, ma insieme a Seki e altri tre. La gelosia, che aveva
fatto capolino in lei da pochi giorni a quella parte, la attanagliò e la fece
intristire.
-Forza
e coraggio- le fece forza Rei avvicinandola e invitandola a seguirlo.
-Sono
gelosa marcia- confessò al suo amico, sospirando sommessamente.
-Ahi..
vuol dire che sei persa più di quanto pensassi!- scherzò il cinese.
La
brunetta continuò la visita senza prestare realmente attenzione a ciò che la
circondava e presto il pensiero che la tormentava da diverse ore, rifece
capolino nella sua mente: ne approfittò per confidarsi con colui che le era
sempre stato d’aiuto.
-Secondo
te..- iniziò a voce bassa, avvicinandosi a Rei e premurandosi che nessuno degli
altri compagni li potesse ascoltare -..c’è differenza tra fare l’amore e fare
sesso?-
Il
cinese strabuzzò gli occhi per quella domanda, facendo arrossire vistosamente
la sua interlocutrice.
-Rispondi
solo alla domanda- lo pregò lei.
-Credo
di sì-
Hilary
riprese a camminare, fingendo di prestare attenzione alla piccola stanza dove
erano entrati, per poi riavvicinarsi a Rei.
-Tu
e Mao lo avete.. lo avete fatto vero?-
Il
cinese la guardò incerto e imbarazzato –Sì..-
-Perché
vi amate-
Era
più un’affermazione che una domanda, ma il ragazzo annuì comunque.
-E
se tu l’avessi amata, ma lei non ti avesse ricambiato avresti lo stesso..?-
-Non
lo so.. forse.. perché mi stai facendo questa domanda?- indagò lui, iniziando a
comprendere dove volesse arrivare la giapponese.
Lei
scrollò le spalle.
-Vuoi
farlo con Kei..- chiese conferma -..o lo avete già fatto?-
-No
no! Non abbiamo fatto niente.. cioè, ci siamo andati vicino, ma..-
-Tu
non hai voluto-
-Ma
sto iniziando a valutare l’idea..-
-Lo
fai perché lo vuoi davvero o perché lui ti fa pressioni?-
-No,
lui non fa nulla del genere, anzi..-
-Hai
paura che ti ferisca?-
-E’
che so che per lui significherebbe qualcosa di diverso..-
-Non
è che credi che facendolo riusciresti a legarlo a te?-
-Più
il contrario-
Varcarono
un ulteriore porta e si ritrovarono sugli spalti del grande stadio dove, sparsi
in diversi punti, potevano scorgevano gli altri gruppi.
-Dovresti
fare chiarezza e capire cosa vorresti davvero..-
Hilary
cercò automaticamente il gruppo di Kei.
-E’
che.. boh.. guardalo, è una tentazione troppo forte..- sospirò indicandolo.
-Sono
seriamente preoccupato..- sussurrò Rei guardandola di traverso.
-Perché?-
chiese lei in ansia.
-Perché
sei davvero persa!- e scoppiò a ridere per stemperare la situazione.
La
brunetta rise insieme a lui, ma non riusciva a immaginare quanto quelle parole
fossero vere per il cinese, quanto quell’invaghimento fosse pericoloso e
inaffidabile per l’occhio attento dell’amico.
Quello
che capì nei giorni a seguire fu davvero inaspettato: se in gita era stata
arrabbiata, felice e impaziente, durante il viaggio di ritorno serena e triste
per l’imminente separazione, anche se di relativamente poche ore, a casa
agitata e su di giri, non aveva calcolato quanto sarebbe stato difficile provare
tutti quei sentimenti e quelle sensazioni verso una sola persona.
Kei
catalizzava ogni suo pensiero e ogni sua azione e la scoperta di
quell’attrazione così forte le aveva scombussolato ogni concezione che aveva
dell’amore: perché era così che probabilmente poteva chiamare quella morsa allo
stomaco che provava in sua presenza, e se non era amore, sicuramente doveva
avvicinarsi di molto al concetto.
Ciò
che la indispettì e la colpì più di tutto fu quanto contribuisse
all’allontanamento e al litigio una sensazione così positiva; la gita era stata
solo l’inizio di una serie di momenti altalenanti tra i disaccordi e la pace,
tra l’acidità e la dolcezza. La gelosia era stata solo la punta dell’iceberg, a
cui si erano uniti la necessità di stare vicini, di vedersi e l’arrabbiatura e
la delusione connessa al non raggiungimento di quelle, a prima vista, semplici
richieste di stare insieme e condividere, sì sempre condividere, qualcosa con
l’altro.
Ergo,
le relazioni erano una cosa complicata: mai era stata così presa da riuscire a
comprendere fino in fondo quell’affermazione, che aveva opportunamente
modificato adattandola a sé: le relazioni con Kei Hiwatari erano una cosa molto
complicata.
Lunaticità,
scontrosità e sigarette: ingredienti insiti nel carattere del russo, che
spiazzavano e innervosivano all’ennesima potenza. Ma come ignorare quella parte
del ragazzo che la scioglieva, la faceva arrossire, la alleggeriva tanto da
dimenticare il resto.
Elemento
da non ignorare era la sua capacità di stupirla in ogni situazione, in bene e
in male, anche quando pensava di avere il coltello dalla parte del manico.
Due
giorni dopo la gita, nella pausa pranzo, gli aveva confessato di voler fare
l’amore con lui, gli aveva elencato i suoi dubbi, ma anche i motivi per cui si
sentiva pronta: lui non era riuscito a fare altro se non stare fermo e immobile
a fissarla, non arrabbiato, non contento, nemmeno sorpreso o chissà che altro,
ma semplicemente fermo. Era riuscito anche, come al solito, a farle abbassare
lo sguardo al pavimento.
No,
non lo avrebbe mai capito del tutto.
Effettivamente
non avevano più avuto occasione per stare insieme da soli: o erano a scuola o
al dojo popolato da tutti gli altri. Ovviamente, visto che Kei aveva fatto
tranquillamente sesso con Aiko nello sgabuzzino della scuola, il luogo e il
momento avrebbero potuto trovarlo senza fare troppo gli schizzinosi, ma, come
prima volta, Hilary almeno un letto se lo aspettava.
Solo
che il pensare ad Aiko e alla sua possibile prima volta le creò una serie di
sentimenti contrastanti che cercò di scacciare per evitare attacchi di panico o
cose del genere.
Varcò
la porta del dojo ripetendosi mentalmente di non perdere la calma e si diresse
automaticamente verso il giardino.
Si
accorse tardi che l’edificio era avvolto in un silenzio irreale.
Kei
sbucò sbadigliando dalla sala, con le cuffie sul collo e una sigaretta spenta
tra le dita, che non faticò ad accendersi pochi secondi dopo aver salutato la
ragazza.
-Dove
sono tutti?-
-Nonno
J si sta riposando, gli altri non ci sono-
Questo
voleva dire che erano praticamente soli: il cuore di Hilary perse un battito.
Il
russo la guardò perplesso, aspirando il fumo, e lei riuscì a creare una serie
infinita di castelli in aria nel giro di pochi attimi.
Kei
spense la sigaretta nel posacenere sul porticato e poi la raggiunse di nuovo,
afferrandola per il polso: aveva un’espressione strana, chissà quali pensieri
gli erano balenati in testa.
Non
riuscì a comprenderlo, ma si lasciò trasportare attraverso il giardino, fino
alla palestra.
Entrarono
e, quando il ragazzo si bloccò, per poco lei non gli rovinò addosso; come al
solito la superava in altezza e non eliminava il contatto visivo,
costringendola a perdersi nei suoi occhi vermigli.
Forse
era la palestra, forse quelle iridi, ma sentì improvvisamente caldo, nonostante
la temperatura esterna si fosse ormai abbassata: cosa aveva intenzione di fare?
Il
russo si mosse e Hilary non poté fare a meno di seguire ogni suo gesto con
massima attenzione, per captare ogni segnale, ogni indizio, ovviamente senza
risultato.
Kei
infilò la mano in tasca ed estrasse il lettore mp3, il cui contenuto le era
ancora oscuro, e iniziò ad armeggiare con i tasti: improvvisamente udì un suono
ovattato in crescita, proveniente dalle cuffie. Il russo afferrò queste ultime
e le sfilò dal collo, avvicinandole alla brunetta e posandogliele sulle
orecchie, sistemandole perfettamente.
Automaticamente
la ragazza lo aiutò a fargliele indossare, sistemando i capelli in modo che non
intralciassero: non capiva il significato di quel gesto, ma era totalmente
assoggettata da lui, tanto che non prestò subito attenzione a quel dettaglio
che era la musica. Aveva tentato per giorni di scoprire che tipo di canzoni lo
accompagnassero in quei pomeriggi di dolce far niente, ma così presa alla
sprovvista si era dimenticata di premurarsi di quel particolare.
Kei
le si avvicinò, come quando si apprestava ad abbracciarla, ma non le cinse la
vita, bensì appoggiò l’orecchio sinistro sull’esterno della cuffia, come per
ascoltare lui stesso, e solo in quel momento Hilary si concentrò sul suono: era
una canzone non troppo veloce, poteva classificarla come R’n’B probabilmente,
aveva accenti e bassi, ma anche una melodia dolce e la voce del cantante era
impreziosita da dinamiche che non sapeva classificare.
Presa
dall’ascolto, quasi non avvertì il movimento del ragazzo: sembrava tenere il
ritmo della canzone con tutto il suo corpo, accennandolo, prima di iniziare una
specie di magia. Lei rimase immobile, isolata dal resto grazie alle cuffie, concentrata
su ciò che aveva davanti.
Kei
ballava, non come quella sera in gita, ma più come quando lo aveva spiato, da
solo in palestra; a Hilary la propria presenza sembrò superflua, avrebbe potuto
tranquillamente non esserci, poiché lui non tentava di farla muovere,
concentrandosi solo su di sé, non staccandosi, ma nemmeno toccandola.
Eppure
poteva sentirlo interagire con lei, avvertiva il calore del suo corpo, della
sua presenza, lo spostamento d’aria provocato dai suoi movimenti: tutto era con
e senza di lei.
Riuscì
a pensare solo quanto fosse bello vederlo ballare così da vicino, senza timori
di essere scoperta o di fermarlo, quanto sembrasse un tutt’uno con la canzone,
nonostante non potesse sentirla direttamente: le note per lei riempivano lo
spazio, ma lui vi si legava perfettamente e le completava.
Non
se ne capiva, ma come non ammirare, come non apprezzare quello che aveva
davanti, quella serenità e semplicità che non avrebbe saputo riprodurre e che
rendeva il tutto ancora più speciale.
Solo
quando la canzone giunse verso gli ultimi accenti, e Kei iniziò a spegnersi con
lei, Hilary si ricordò di quello che le aveva detto a riguardo del danzare: era
personale e, nonostante non riuscisse a comprendere completamente, intuì il
significato dietro quell’aggettivo.
Aveva
condiviso quel momento con lei: nuovamente il verbo ‘condividere’ era tornato
sulla loro strada.
Kei
le sfilò lentamente le cuffie e la riportò alla realtà.
Non
sapeva che dire, che fare, come comportarsi: le sarebbe bastato rimanere a guardarlo,
ma tentò di dire qualcosa, qualsiasi cosa la riportasse a uno stato di semi
coscienza.
-Domani..-
tentò la ragazza -..domani è un mese che stiamo insieme-
-Lo
so- soffiò lui sistemandole delle ciocche di capelli andate fuori posto per le
cuffie –mangiamo insieme qualcosa?-
-Certamente-
acconsentì lei allargando gli angoli della sua bocca in un ampio sorriso.
Mesiversari:
una faccenda piuttosto strana per lui.
Sapeva
che le ragazze erano assolutamente fissate con queste ricorrenze, eppure a lui
non faceva né caldo né freddo. Ovviamente questo sarebbe stato meglio non
dirlo, se teneva ancora un minimo alla sua salute mentale. Regola numero 1: mai
dimenticarsi un’occasione del genere e mai far notare la sua inutilità.
Se
ci ripensava da un lato quel mese era stato piuttosto lungo, ma allo stesso
tempo di una velocità inconcepibile: il problema maggiore di quel periodo era
stata l’incondizionata attenzione di Hilary.
Proprio
negativo non poteva considerarlo, però sentiva che c’era qualcosa di sbagliato,
per lei più che altro, per lei che si era stata completamente catturata da
quella relazione, che gli era stata accanto e che lo aveva sopportato, non
senza alti e bassi. Ma lui in cambio non credeva di aver dato nulla,
soprattutto per la sua incapacità di farlo.
Sentiva
che quella era una relazione diversa, ma per molti versi non riusciva a
concepirla veramente come differente. Uno strano squilibrio lo aveva
attanagliato.
-Hey..
allora stasera si festeggia?-
Rei
comparve al suo fianco nel corridoio superiore del dojo.
Il
russo lo guardò stranito per poi capire si riferisse anche lui al mesiversario.
-Non
proprio.. domani c’è scuola.. non può fare tardi- rispose indifferente
scendendo le scale.
-Senti..-
lo bloccò Rei titubante -..nell’ultimo periodo so di non essere stato proprio
il miglior amico del mondo, ma.. sono davvero felice per voi due-
Kei
lo guardò incerto, ma si convinse della buona fede di quella frase. Rispose con
un’alzata di spalle, ma il cinese non sembrava aver terminato.
-Hilary
si è confidata con me l’altro giorno..- disse abbassando il tono della voce
-..mi ha detto che volete.. beh farlo-
L’altro
stette in ascolto, attento all’evolversi del discorso.
-Forse
è inutile dirtelo, ma..- già quel ‘forse’ a Kei suonò male, ma non disse nulla
-..non farla soffrire, per lei è importante, sei importante..-
Il
russo non resistette e si fece scappare un risolino che di divertito aveva ben
poco.
-Dovevo
immaginarlo-
-Di
cosa stai parlando?-
-Non
venirmi a dire queste cose.. ho capito che non ti fidi di me-
-Ma
non è quello stavolta..-
-Sì
che lo è- asserì fissandolo serio –continui a farmi raccomandazioni..-
-Perché
so quanto lei è presa!-
-Quindi?-
-Quindi
niente!- si guardarono in tralice per qualche secondo –Solo, la conosco da anni
ormai, so quanto sia importante questo passo..-
-Lo
so anche io-
-Infatti,
non sto dicendo di non farlo, come ti ho detto sono felice per voi, solo..-
cercò di scusarsi Rei -..fa attenzione-
-Pensavo
che di ‘ste cose non ne volessi parlare- lo imbeccò Kei gelido.
-E’
che tu la pensi in un modo diverso, per te è diverso, tu questa scelta non..-
il ragazzo si bloccò di colpo, trattenendo le parole che a fiume gli stavano
uscendo dalla bocca.
-Ora
vai avanti- la voce del russo divenne un
sibilo, ma l’altro tacque –Finisci la frase- continuò avvicinandosi arcigno.
-Non
intendevo- il cinese si fece piccolo piccolo sotto lo sguardo minatorio di Kei.
-Non
posso capirla? Non l’ho fatta? Cosa volevi dire? Illuminami- il tono del
ragazzo più grande era duro e accusatorio.
-Kei,
io..-
-Hey
ragazzi!- la voce di Hilary arrivò alle spalle del russo.
La
ragazza doveva avere appena varcato la porta, ma Kei non se ne occupò, troppo
preso a incenerire col pensiero l’amico di fronte a lui.
Entrambi
sapevano quello che avrebbe detto se solo non si fosse reso conto del
significato di quelle parole.
Sicuramente
se avesse continuato Kei avrebbe avuto il pretesto perfetto per tirargli un
cazzotto, ma non era stato così e si era limitato semplicemente a incolparlo
solo per aver pensato a determinate cose. Gli lesse in volto il pentimento e
questo lo convinse di non aver immaginato quel riferimento.
Se
lo sarebbe aspettato da tutti, meno che da Rei, che tirasse fuori
quell’argomento e che lo usasse contro di lui, che glielo sbattesse in faccia a
quel modo.
-Tutto
bene?- ritentò la ragazza, ancora ignorata.
Rei
fece per mettere una mano sulla spalla dell’altro, ma Kei lo respinse.
-Stai
alla larga da me- lo minacciò gelido, indietreggiando di qualche passo, per poi
girarsi e superare Hilary.
La
sentì dire qualcosa, ma non vi prestò attenzione, nemmeno quando si rivolse a
Rei: voleva solo uscire, prendere aria, camminare e sbollire la rabbia che gli
era salita addosso.
Camminò
a passo sostenuto per le varie vie del quartiere, ma solo quando rallentò e
iniziò a distendere i nervi, aiutato da una buona dose di nicotina, si accorse di
un’ombra dietro di lui.
La
ignorò e continuò imperterrito ad andare avanti: chiunque fosse non era il
momento giusto per parlare, in realtà non lo era mai, ma soprattutto in
quell’istante. Maledette parole, tante e troppe parole che lo perseguitavano da
mesi.
Raccontare,
raccontarsi, a che serviva? Intanto lui non lo avrebbe mai fatto, mai del
tutto, mai.
Aveva
lasciato il dojo con il sole intento a tramontare e già i lampioni stavano
iniziando ad accendersi e a illuminare ciò che il buio tentava di inghiottire.
L’aria
di ottobre, già abbastanza fredda per i giapponesi, non ancora abbastanza per
lui che ostentava una maglia a maniche corte, lo avvolse e l’oscurità lo aiutò
a fare chiarezza in quella confusione di rabbia e delusione che era la sua
mente: l’usuale passaggio veloce da un sentimento all’altro lo pervase.
Le
incomprensioni avute con Rei in quelle settimane erano sfociate immancabilmente
in una questione troppo grande che sapeva, prima o poi, sarebbe venuta a galla:
non condivideva mai il suo passato con nessuno e aveva un motivo per farlo. Ma
Rei e gli altri sapevano tutto di lui e non potevano semplicemente ignorarlo.
Alla
fine dietro tutte la sfiducia del cinese c’era sempre stato quello
probabilmente, ma come dargli torto. In fondo non erano quelle le sue stesse
paure? Le stesse motivazione che non gli permettevano di vivere serenamente, di
vivere in modo semplice e normale? Non era da quello che voleva scappare, per
quello che voleva cambiare?
Non
poteva liberarsi del suo passato? Passi la droga, quello era stata una lezione
più che sufficiente, ma non poteva semplicemente far coincidere l’inizio della
sua vita ai suoi quattordici anni, anzi facciamo quindici?
Il
problema era proprio quello: non poteva.
Iniziò
a rallentare.
-Torna
a casa, non è serata- disse ad alta voce, senza voltarsi.
L’ombra
continuò a seguirlo in silenzio.
Attraversò
il belvedere e proseguì oltre, lungo la costa, verso posti che solitamente
raggiungevano con i mezzi.
La
persona dietro di lui non desistette e, dopo una decina di minuti, Kei si
decise a rallentare ulteriormente permettendole di raggiungerlo.
Non
appena le fu al suo fianco la guardò di sbieco, scuotendo la testa contrariato,
per poi afferrarle la mano che lei strinse forte.
Rei
aveva ragione dietro quelle accuse: Hilary era completamente presa da lui, ma
lui non ricambiava allo stesso modo, forse nemmeno con un decimo di quello che
provava lei.
Abbandonare
quindi quella sensazione piacevole di avere qualcuno al proprio fianco per
evitare di ferirla, o approfittarsene ancora?
-Sei
parecchio arrabbiato- notò lei sottovoce.
Kei
sospirò.
-Posso
sapere che ti ha detto Rei?-
-No-
-Non
vuoi nemmeno parlarne? Nemmeno a grandi linee?- provò lei.
-Non
voglio parlare-
-Che
vuoi fare?-
-Camminare-
-Allora
camminiamo- affermò appoggiando la testa al suo braccio, aumentando il contatto
tra loro due.
Camminarono
ancora per un bel po’, prima di giungere a una piccola baia, da dove le case
iniziavano a diradarsi per lasciare alla vegetazione campo libero per
espandersi, prima che la città riprendesse poco più di un chilometro oltre.
-Hai
fame?- chiese improvvisamente Kei alla ragazza, arrivati davanti a un piccolo
ristorante caratteristico.
-Un
po’- ammise lei, che aveva mascherato il brontolio dello stomaco per tutta la
passeggiata.
Entrarono
nel locale e iniziarono a osservare una lista sul bancone; Hilary si guardò
intorno e propose un’idea alternativa notando un piccolo bazar all’interno del
ristorante –Se prendessimo da portar via e andassimo a mangiare sulla
spiaggia?-
-Ok-
acconsentì Kei, grato di poter tornare all’aria aperta.
Ordinarono
da mangiare e comprarono un asciugamano, per poi incamminarsi verso il mare.
-Qui
ci venivo quando ero più piccola- confessò lei muovendosi tra gli scogli che
avevano raggiunto –Ti porto in un posto-
Camminarono
sui grandi sassi per diversi metri, seguendo il litorale che in quel punto si
alzava creando una specie di promontorio.
-Eccola-
Hilary
indicò una piccola lingua di spiaggia, nascosta grazie alle grandi rocce, senza
alcuna illuminazione: la luna era solo un sottile spicchio, ma le luci della
città che circondavano quella piccola oasi permettevano di non essere completamente
immersi nell’oscurità.
Allargarono
l’asciugamano sulla sabbia umida e vi si sedettero, iniziando ad aprire i
cartocci del cibo.
-Gli
ho detto che vogliamo farlo.. è per questo che avete discusso?- tentò Hilary
approfittando di quella pace.
Kei
si limitò ad annuire, senza disturbare il rumore delle onde che si allungavano
sulla spiaggia, come ad abbracciarla.
-Colpa
mia allora.. mi dispiace!-
-Per
certi versi ha ragione- annunciò Kei terminando la sua porzione.
-Su
cosa?-
-Non
dovremmo accelerare le cose-
-Ti
ha detto questo?- chiese la ragazza incredula.
-No,
ma io sono arrivato a questa conclusione-
-Perché?-
-Per
te-
-Per
me?-
-Non
vorrei che te ne pentissi-
-Voi
uomini forti dovreste smetterla di battere su questo punto-
-Ma
c’è il rischio-
-E
allora? Credi che te lo avrei chiesto se non ci avessi pensato per bene?-
-Non
sono abituato a queste situazioni, non lo so..-
-Beh
è così.. ti assicuro che non me ne pentirei-
-Come
fai ad esserne sicura?-
-Perché
quello che provo per te mi sembra una motivazione più che valida-
-Anche
se non è lo stesso che provo io?-
Il
silenzio piombò su quella domanda, che nascondeva la conferma a molti dubbi
della ragazza.
-Sì,
mi basta questo-
Pochi
secondi per guardarsi e Hilary si avvicinò al ragazzo per baciarlo e
carezzarlo, fino a ritrovarsi sdraiata sopra di lui.
Kei
si stupì dell’iniziativa presa, ma la assecondò, sentendo le sue esili mani
appoggiarsi sul suo petto e infilarsi sotto la maglietta, prendendosi libertà
che probabilmente fino a poche settimane prima non avrebbe avuto il coraggio di
affrontare.
I
loro corpi a contatto, i loro pensieri rivolti verso un fine comune: mancò poco
che Kei facesse forza per ribaltare le posizioni e mandare all’aria tutti i
discorsi fatti fino a pochi secondi prima.
Conscio
di questa possibilità trovò la forza di mettersi seduto e staccarsi.
-Se
fai così, mi rendi tutta la storia dell’aspettare difficile- disse cercando di
riprendersi: poteva parlare quanto voleva, ma era pur sempre un maschio con
determinati impulsi e bisogni e l’astinenza delle settimane passate iniziava a
farsi sentire.
-Allora
non aspettare- sussurrò lei, con un velo di malizia, trasformando l’idea che
Kei aveva di lei nella sua testa, da innocente e ingenua a una ragazza che
necessitava di attenzioni.
-Almeno
non sulla spiaggia-
-Perché?-
-La
sabbia è fastidiosa.. brutte esperienze- spiegò abbozzando un sorriso e
cercando di prestare attenzione alla distesa d’acqua di fronte a lui.
Hilary
però non demorse e, dopo aver ridacchiato, si appoggiò a lui in ginocchio,
afferrando la sua schiena, e giocherellò con il lobo del ragazzo, come tante
volte lui aveva fatto con lei.
Le
ragazze, a volte, riuscivano ad essere peggio dei loro simili del sesso
opposto: Kei, nonostante gli sforzi, non poté più rimanere impassibile a quelle
avances.
-Ok,
hai vinto- detto questo la prese alla sprovvista e la rispinse a sdraiarsi
sull’asciugamano, mettendosi sopra di lei.
Passarono
pochi secondi prima che i due iniziassero a spogliarsi a vicenda, loro complice
l’oscurità e il luogo poco frequentato, soprattutto in un giorno a metà
settimana.
Il
freddo che fino a poco prima entrava nelle ossa di Hilary fu sostituito dal
calore della pelle di Kei; ancora pochi baci e poche carezze che il ragazzo
riafferrò i pantaloni sotto lo sguardo perplesso della brunetta. Il russo prese
il portafoglio e, da questo, estrasse un piccolo involucro quadrato.
-Che..-
sussurrò la giapponese prima di capire che cosa il ragazzo tenesse tra le dita.
-Se
hai ripensamenti, se mi devi fermare, fallo ora- soffiò lui a pochi centimetri
dal volto dell’altra, le ametiste perse alla ricerca di risposte nelle iridi
cioccolato di lei.
Hilary
sembrò pensarci pochi secondi, prima di afferrare sicura la plastica e sfilare
il preservativo.
Kei
prese quel gesto come un via libera e la guidò verso il loro nuovo obiettivo
comune: cercò di essere calmo e dolce, di accompagnarla in quella scoperta, di
rassicurarla e fare in modo che la fiducia in lui non fosse tradita. Passione,
desiderio, amore, non c’era divisione, tutto era un insieme unico.
L’aria
fresca si mischiò al sudore, le onde contro gli scogli fecero da eco ai loro
gemiti. Testarono quel nuovo campo del loro rapporto, lasciando da parte dubbi,
incertezze, rancori, paure e condividendosi ancora.
Kei
fece scorrere il palmo sulla gota arrossata della ragazza, mantenendo quel
vitale contatto visivo; la strinse, poi, forte a sé vedendola tremare dal
freddo.
-Tutto
bene?-
Hilary
si accoccolò tra le sue braccia, affondando nel suo petto, prima di rispondere
affermativamente.
-Stai
congelando.. sarà meglio andare- notò lui invitandola a rivestirsi.
-No-
si oppose l’altra avvicinandosi ancora il più possibile.
-Non
vorrai ammalarti per caso?-
La
brunetta sbuffò divertita, ma non si mosse; alzò solo la testa per guardare Kei
in viso.
-Facciamolo
di nuovo così mi scaldo- disse facendogli la linguaccia.
-Ci
hai preso gusto?-
Non
rispose, ma si rituffò nel suo abbraccio.
Rimasero
a coccolarsi per diversi minuti, ma quando il tremore di Hilary si fece più
intenso, Kei insistette per andare via, costringendola a rivestirsi.
-Capisco
quello che dicevi sulla sabbia adesso- rise la giapponese mentre si immettevano
nuovamente nella strada principale.
Buttarono
via i cartoni del cibo e l’asciugamano e tornarono verso casa, ripercorrendo la
lunga passeggiata che li aveva portati fino a lì.
Buonasera ragazzuole!
Per questa volta partiamo dal fondo: è una
cosa che si fa sempre ringraziare, ma è un dovere davvero sentito.. quindi
ringrazio voi lettrici e lettori perché, forse non lo sapete, ma siete davvero
la ruota che fa andare avanti questo mulino, e non è per niente esagerato ^^
Detto questo commentiamo un po’ il capitolo
insieme: innanzitutto calmatevi, prevedo già un coro d’altura! XD Vabbè ma
questo lo lascio fare a voi.
Diciamo che parola chiave del capitolo è
stata ‘condivisione’ e credo che si sia capito, punti oscuri saranno poi
chiariti ovviamente u.u poi volevo scrivere due righe su un personaggio che è
partito col botto e che in queste ultime settimane vi sta scendendo: ebbene sì,
proprio lui, colui che ha ottenuto il record di vittorie come miglior
personaggio, sta rischiando di finire in fondo alla lista ahimè.. maaaa vabbè
non dico nulla come al solito va!
Alla fine non è che poi ho commentato più
di tanto O_o potrei evitare di farvi perdere tempo a leggere queste cavolate e
passare subito alle cose serie.. sì perché anche se vi sembrerà strano quella
che vi sto chiedendo è una cosa seria e importante, quindi..
Sondaggio
Time
Ebbene, l’estate è arrivata, io ho finito
gli esami, siamo tutti più felici, ma c’è un però!
Agosto è il mese di villeggiatura per
eccellenza (o forse solo per me) e io mi ritirerò sui monti a mò di eremita per
diverso tempo.. direte, e a noi che ce ne frega? Beh, presto detto: dove andrò
non ho internet! Tatatataaaaaan
La domanda a cui vi chiedo di rispondere
ora è: visto che non potrò assicurare per tutto il mese l’aggiornamento del
giovedì notte, pensate sia meglio darsi appuntamento al primo di settembre
levandoci ogni dubbio, o andare alla cieca e avere aggiornamenti alla c***o di
cane (che potrebbe significare avere solo due settimane di pausa o tutto il
mese a seconda della mia disponibilità)?
Datemi il vostro parere!
Intanto noi comunque ci diamo
appuntamento alla prossima settimana!
Un bacione :)