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Autore: wari    23/07/2011    7 recensioni
Naruto lo guarda ancora, trattenendosi a stento dal cominciare a scuoterlo per le spalle. Assodato che non riceverà delucidazioni più ampie in merito alla presenza di un falcone in casa, si concentra su faccende che ritiene altrettanto impellenti.
«Che problemi hanno con Kumo?» chiede, e spia con la coda dell'occhio in corridoio, inquadrando uno stralcio di cucina; una tazza da tè si schianta sul pavimento e Karin lancia un grido isterico.
«Che vuoi che ne sappia?» replica Sasuke, disinteressato al trambusto. Accarezza distrattamente l'abominevole coso pennuto, distaccato. «Sono venuti, la porta era aperta e si sono stanziati» spiega in tono neutro, come parlasse di acari della polvere.

"L'ospite è sacro", diceva Mikoto una vita fa. Non si contraddicono le mamme, no?
[Cavolate! Cavolate a pioggia! *apre l'ombrello*]
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Juugo, Karin, Suigetsu | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Benvenuti o bentornati in un UAMP (Utopico Allegro Mondo Perfetto), ovvero un melenso, solitamente idiota, spesso gay futuro post shippuden che ha le stesse probabilità di avverarsi quante ne ha il fu Hiruzen Sarutobi di far strage di cuori col suo bell'aspetto.
Questa roba può essere legata a quest'altra roba, per colpa del gatto: non c'è affatto bisogno di leggere, c'è solo da sapere che il felino in questione si chiama Naruto Due (da non confondersi col tizio biondo e arancione) e non serve a nulla se non a far divertire me, perché mi piace parlare di gatti. Sì, è come sembra: sono una mentecatta.






Cortesie per gli ospiti
(parte prima)






Tornare a casa dopo una missione, ha scoperto Naruto in questi anni, è una delle gioie della vita.
Casa è un po' fuori mano, un po' distrutta ed un po' lugubre, e poi ci sono tutti quei ventagli – ventagli ovunque - ma ha imparato a farsela piacere, e non è che ci sia voluto poi molto.
Perché c'è Sasuke, e quindi è casa: andrebbe bene anche se fosse un pezzo di lamiera tenuto su da un bastone.
Ecco, ha avuto un pensiero molto romantico, si rende conto. E contemporaneamente annota mentalmente di non riferirlo al bastardo, mai e poi mai, a meno di non voler essere schernito vita natural durante.
Se lo annota e però sorride, ché è quasi arrivato ed è contento; e poi è una bella giornata.
La missione è stata abbastanza impegnativa, ma prima di ripartire ha avuto il tempo di dormire quattro dignitosissime ore, quindi non si può proprio lamentare; il cielo è sgombro, l'aria non è particolarmente fredda nonostante la stagione e, dato che è mercoledì, Sasuke non ha neanche avuto il tempo di innervosirsi andando al mercato, che si tiene il giovedì e che ogni volta lo vede tornare a casa con un diavolo per capello – letteralmente: il suo culo di papera sembra stravolto. Quando odi tutti gli abitanti di un villaggio, trovare metà della popolazione in fila davanti a te a comprare le verdure intralciandoti il cammino non è esattamente piacevole, pare.
Naruto si sta frugando le tasche in cerca delle chiavi, quando un curioso fruscio di fogliame lo fa voltare a studiare le siepi con sguardo attento.
«Ehi!» esclama, certo di aver avvistato un guizzo di pelo arancio.
Aggira la siepe e si accovaccia, ficcando una mano tra le foglie; fruga per un poco, ma è costretto a tirarla fuori l'istante successivo, con un grido di dolore e sorpresa.
«Ma che cavolo...» piagnucola, sventolandosela sotto al naso, il polso floscio. Ci sono due squarci obliqui sul dorso. Bruciano.
«Gatto psicopatico! Ecco che succede a lasciarti tutto il giorno in compagnia di quello spostato» lamenta in un brontolio dolorante.
Naruto Due – no, solo quell'imbecille del teme lo chiama Naruto e basta. Non si sbaglia, dice, perché tanto lui è usuratonkachi, quindi Naruto è solo il gatto - se ne sta sotto le foglie e lo scruta con le guance grasse arricciate in disappunto.
«Che c'è, ti ha di nuovo lanciato fuori? Che hai fatto stavolta?» domanda, memore di quando dovette cercare il gatto per mezza giornata, dopo che Sasuke l'aveva praticamente silurato dalla finestra della cucina – fortunatamente al primo piano –, perché l'innocente bestiola aveva preso l'imperdonabile iniziativa di andarsi ad affilare le unghie su quella che Naruto ha poi dedotto essere stata la scrivania di Itachi.
Indeciso sul da farsi, il jinchuuriki caccia una mano nello zaino.
«Guarda qui» sghignazza, con degli avanzi di onigiri spiaccicati sul palmo; se come pensa il riso puzza ancora di salmone, cederà.
Naruto Due lo spia, le vibrisse ondeggianti e lo sguardo assai sospettoso, ma poi cede alla gola come il peggiore degli allocchi e finisce persino a mordicchiargli le dita, dopo avergli lappato saggiamente il palmo con la lingua rasposa.
«Sei una palla di lardo, ha ragione Sasuke» conclude Naruto in uno sbuffo indulgente, tirando su la bestia con entrambe le mani. Pesa come un mobiletto di mogano.
Gatto in spalla, si avvia a passo svelto verso casa, consapevole che dovrà bussare, perché con cinque chili di lardo e pelo semoventi ad impegnargli le mani, trovare le chiavi è ormai divenuta un'impresa impossibile anche per un ninja navigato.
Tenta prima con una spinta del piede, memore del fatto che Sasuke la metà delle volte dimentica di chiudere la porta, perché tanto chi mai verrebbe qui?, ma il battente resta ben fermo al suo posto.
«Teme, apri!» urla quindi, non senza una nota lamentosa.
Attende un paio di secondi. Sembra ci sia vociare confuso, dentro; e non è che sia esattamente una cosa normale, a meno di iniziare a pensare che Sasuke parli da solo.
Sta giusto per cominciare a preoccuparsi, quando passi pigri si avvicinano alla porta e la serratura scatta con un colpo secco.
«Oh, teme. Che fai, chiacchieri con te stesso?» saluta Naruto, nascondendo un po' d'ansia sotto il tono scherzoso.
Cerca gli occhi scuri dell'altro spiando oltre il battente, il collo teso.
E incrocia degli occhi, sì. Solo che non sono neri per nulla.
Sono viola.


Non si è capito chi gli abbia dato il permesso di aprire la porta, a Suigetsu Hozuki, ma del resto a Naruto continua a sfuggire il perché della sua presenza lì, quindi avrebbe potuto anche aprirgliela Karin, tutto sommato. O quell'altro, Juugo.
Ecco, chiunque di loro, e la sua reazione sarebbe stata all'incirca la stessa.
«E allora, mh... per quanto vi tratterrete?»
Domanda, dopo dei ragionevoli minuti durante i quali non ha potuto far a meno di osservare Sasuke – la cosa lo turba enormemente – che prepara del tè con l'espressione neutra di uno che trovi la situazione perfettamente nella norma.
E ce ne sono di cose poco nella norma in quella stanza, a partire dal grosso, piumato rapace che il padrone di casa si sta scarrozzando in giro come fosse appena diventato un'uccelliera.
Naruto non riesce a distogliere lo sguardo dalle penne marroni dell'animale; lo fissa da quando è entrato in cucina, ma la situazione è così surreale - Suigetsu Hozuki e la sua mannaia sono stravaccati davanti al tavolo e Karin nonhaideadicomesichiami l'ha eletto a suo interlocutore privilegiato e si è messa a raccontargli di quanto trovi il Villaggio della Foglia un posto decisamente insulso – che Naruto ha finito quasi per prendere il dettaglio del falco pellegrino arpionato alla spalla di Sasuke come una semplice manifestazione fisica dell'assurdità che è costretto a subire. Insomma, deve essere una specie di allucinazione.
«Fin quando quelli di Kumo non la piantano di starci attaccati al culo» soffia Karin, i gomiti sul tavolo e l'aria estremamente seccata. Non approfondisce la questione perché Sasuke si sta spostando verso i fornelli per spegnere il gas e l'attenzione di lei finisce tutta in quella direzione: i suoi occhi vagano quasi distratti verso la schiena dell'ex nukenin e scendono giù...
«Ehi!» Naruto si alza di scatto e le punta un indice contro, di slancio.
Suigetsu sobbalza e si fa cadere il bicchiere d'acqua dalle mani, rischiando seriamente di seccare il gatto, con cui stava giocando; Juugo spalanca gli occhi e li fa saettare da Karin a Naruto, mentre Sasuke si volta con placidità snervante ed arcua impercettibilmente un sopracciglio, il falco sempre serenamente stanziato su di lui a becchettargli la frangia.
Nel mezzo, Naruto arrossisce sentendosi molto Hinata – il pensiero gli suona assai strano, sì – e si rimette seduto con la maggiore compostezza che riesce a raggranellare.
Schiarisce la voce, senza però potersi impedire di sbirciare malevolmente Karin, e accoglie il gatto sulle ginocchia, contando di evitare che finisca ucciso dalle coccole psicotiche di Suigetsu Hozuki; quello invece lo osserva rapito, con sincero interesse ed un divertimento fin troppo ostentato, almeno fin da quando ha scoperto che il nome l'ha scelto Sasuke, ed ha quindi avuto l'occasione di prendere in giro l'ex nukenin per la sua mancanza di fantasia.
«Dicevo, mh...» ritenta Naruto, mentre Sasuke raccoglie tazze spaiate e bicchieri e ci versa il tè, aiutato da un solerte Juugo. «Voi non... l'Hokage lo sa che siete qui? Lo sa che sono qui?» domanda cambiando interlocutore: si era rivolto a Suigetsu, prima di accorgersi che quello stava ancora cercando d'attirare Naruto Due facendo oscillare un kunai come un pendolo sotto al naso della bestiola; naturale preferire Sasuke a lui, anche se tutto sommato non è che attualmente il compagno emani proprio un'aria affidabile: non l'emana mai perché è uno spostato, ma fasciato nei suoi indumenti casalinghi spiegazzati, con la bestiaccia piumata che guarda male tutti come si trovasse in cima al mondo e non sulla spalla di un normalissimo Sasuke Uchiha mediamente alto, la sensazione di profonda assurdità si fa più marcata; sembra più che altro che Sasuke sia parte integrante di quel puzzle di beata incoerenza che è la cucina quel pomeriggio.
Naruto si impone la calma e attende risposta.
«Questa casa è ancora di mia proprietà» replica Sasuke, perfettamente, sasukescamente alogico, come c'era d'aspettarsi.
Karin si appropria della tazza che le viene offerta e riesce con estrema abilità a strisciare prontamente al fianco dell'ex nukenin non appena questi si siede a sua volta attorno al tavolo, imitato da Juugo. Il falco si indispone e si sposta sull'altra spalla di Sasuke, arruffando le penne ed emettendo versi acuti prontamente ignorati da tutti gli altri.
Naruto resta imbambolato per un lasso di tempo indefinito, prima di accettare il suo tè con uno scatto sorpreso della testa. Chiude la mascella per un istante, poi la riapre.
«D'accordo» decide di dire, immergendosi nel torbido mondo dell'accondiscendenza e chiudendo metaforicamente gli occhi dinanzi al mondo circostante. «Ma Kakashi lo sa che loro sono qui?»
Ché se non lo sa Kakashi Hokage, che almeno lo sappia Kakashi sensei, ecco.
Perché loro, questi tre nukenin potenzialmente pericolosi ricercati da paesi stranieri, non dovrebbero poter entrare nel Villaggio della Foglia come fosse un pubblico postribolo. E non serve certo chiamarsi Shikamaru per arrivarci.
Ma Sasuke non sembra affatto turbato da queste inezie; si volta verso di lui e adotta la sua stessa tattica, guardandolo però con l'espressione che aveva Iruka all'accademia quando doveva spiegargli le cose per la dodicesima volta, dopo che il resto della classe aveva già capito da un pezzo.
«A casa mia decido io chi ci può entrare» enuncia ovvio, sorbendo il suo tè con compostezza.
«Siamo ancora dentro Konoha, però».
«No, siamo nel ghetto di Konoha, quello ai margini dei margini della periferia. Ed è casa mia».
Naruto si ferma, zitto e immobile. Ritorna con gli occhi sul suo tè, concentrandosi sull'ovale scuro del liquido, oltre le volute rade di vapore chiaro.
La cucina è abbastanza grande, tutto sommato, in proporzione alle altre stanze della casa, ma in questo momento ai suoi occhi appare incredibilmente stretta.
C'è Juugo, imponente e timido, seduto un poco in disparte ben avvoltolato in quella che senza dubbio è una tenda, con un falco pellegrino che gli becchetta le ciocche di capelli sporgendosi dalla spalla di Sasuke. C'è Karin, che ha cominciato a discutere con Suigetsu riguardo il gatto e su quanto sarebbe bello se il felino lo sbranasse o lo bevesse, a scelta, e c'è Naruto Due, in procinto di emettere miagolii stressati ed arruffare il pelo, che arretra avvicinandosi pericolosamente ad una mannaia incustodita alta circa come una persona. C'è rumore di liti, miagolii, chiacchiere, stridii, becchi che schioccano e insulti lanciati da un lato all'altro del tavolo. C'è tutto questo, ci sono tutti loro, e c'è Sasuke, che pare affatto turbato da quell'invasione, sebbene di solito sia assolutamente ben disposto a sgozzare chiunque osi produrre un poco di baccano negli ambienti di casa sua; o in un qualsiasi vicolo del quartiere, in effetti.
«Sasuke, posso parlarti un secondo? In privato?»
Karin pare assolutamente contrariata quando Sasuke si alza, estremamente scocciato, per seguire il compagno in corridoio e da lì in salotto.
Il vociare di Suigetsu arriva ben distinto sopra i miagolii del gatto e Naruto e Sasuke non fanno in tempo ad uscire che Karin e lo spadaccino hanno già ricominciato a litigare.
Prima d'ogni altra cosa, Naruto si volta verso il compagno, lo fissa negli occhi e domanda non senza una vena di panico a screziargli la voce: «sai di avere un volatile di tre chili arpionato alla spalla?»
Sasuke restituisce l'occhiata, in apparenza terribilmente seccato dalla domanda stupida.
«Direi di sì, visto che si sta portando via diversi strati di pelle» spiega, in uno sbuffo. «Sopporta» conclude poi, piatto.
Naruto lo guarda ancora, trattenendosi a stento dal cominciare a scuoterlo per le spalle. Assodato che non riceverà delucidazioni più ampie in merito alla presenza di un falcone in casa, si concentra su faccende che ritiene altrettanto impellenti.
«Che problemi hanno con Kumo?» chiede, e spia con la coda dell'occhio in corridoio, inquadrando uno stralcio di cucina; una tazza da tè si schianta sul pavimento e Karin lancia un grido isterico.
«Che vuoi che ne sappia?» replica Sasuke, disinteressato al trambusto. Accarezza distrattamente l'abominevole coso pennuto, distaccato. «Sono venuti, la porta era aperta e si sono stanziati» spiega in tono neutro, come parlasse di acari della polvere.
Ma quelli non lo sono, acari della polvere. Sono tre shinobi, tre persone; e a Naruto non sta bene.
Quasi sussulta nel constatarlo: non è la questione problemi internazionali a metterlo a disagio. E neanche l'invasione della cucina, o la bestiaccia dal becco acuminato che ha preso possesso del corpo di quello che teoricamente sarebbe il suo migliore amico e anche il tizio con cui va a letto, ecco.
No, sono proprio quei tre, Suigetsu, Karin e Juugo, ad infastidirlo. E mentre realizza quell'ovvietà, per la prima volta gli pare di afferrare quasi a pieno il perché Sasuke si dimostri sempre scostante ed odioso - persino più dei suoi standard - nei confronti di Sai.
«Potresti chiederlo, che ne dici?» riprende Naruto, cercando di focalizzare l'attenzione su problemi più pressanti, che di certo non riguardano le sue profonde, radicate insicurezze affettive – la maggior parte delle quali, sorvolando sui traumi infantili, possono essere tutte ricondotte all'individuo che sta impalato di fronte a lui, a guardarlo con sufficienza. «Oppure potresti cominciare a chiudere la porta come tutte le persone normali, anche» conclude, incrociando le braccia.
Sasuke non si premura neppure di cambiare espressione facciale.
«Mi costringi a frequentare idioti ogni santo giorno» ribatte, bloccandolo con un'occhiataccia quando lui fa per interromperlo. «Non sto parlando di Sakura e Kakashi, usuratonkachi. Dico quelli lì, gli idioti. I tuoi amici idioti dell'accademia, quell'Inuzuka...» e detto da lui sembra una specie di insulto. Con tutto che Inuzuka Kiba, poveraccio, l'avrà visto sì e no tre volte in un mese, e solo perché a Naruto capita qualche volta di salutarlo per strada.
Il jinchuuriki vorrebbe tanto sottolinearglielo, ma l'altro pare tutto preso dal suo narcisistico monologo seccato e non esiste modo di interromperlo se non sbattergli forte forte la testa contro la parete. E Naruto, potendo, vorrebbe evitare di recar danno alla parete.
«Per non parlare di quello. Quel Sai» e mentre lo dice pare stia masticando una di quelle gustose capsule al cianuro in dotazione alle ANBU per le missioni che contemplano il suicidio in caso di cattura. Prosegue, incupendosi ulteriormente: «sono ovunque, mi costringi a salutarli persino, ed io dovrei preoccuparmi se in casa mia arriva qualche mio conoscente».
Forse allo scopo di approvare il discorso, i conoscenti fanno un altro po' di baccano in cucina. Nuove stoviglie impattano al suolo ed il gatto emette un miagolio disperato.
«Okay» brontola Naruto, infine. «Okay, come ti pare. Ma bada almeno che non ammazzino il gatto» bofonchia, imbronciato.
Purtroppo, non è sicuro che quel vago alzare gli occhi al cielo e quello sbuffo sprezzante, prima che Sasuke infili le mani in tasca e trascini sé ed il suo inquilino piumato di nuovo in cucina, sia da considerarsi come un sì.


I compagni di Sasuke.
No, peggio, gli amici di Sasuke.
E' un accostamento strano, troppo strano. E' sbagliato, stonato, se non comprende anche il numero sette.
E non lo comprende, per nulla. Ci sono delle parole, Hebi – che dà i brividi perché ricorda Orochimaru; l'acca sibila, è un suono tutt'altro che gradevole – e poi, quasi peggio, Taka - che è proprio una parola brutta e basta, il ta sembra una lama sguainata e il ka si abbatte dritto in testa con un colpo solo, violento - che ricordano qualcosa di ancora troppo vicino per poter essere osservato con il dovuto distacco. Sono parole che le orecchie di Naruto trovano orribili a sentirsi; sono il simbolo di quello che lui non è riuscito ad impedire, sono il suo fallimento: se fosse stato più forte, se fosse riuscito a riportare Sasuke indietro prima, non ci sarebbe stato nessun Hebi, nessun Taka. Sasuke non avrebbe avuto bisogno di appoggiarsi a qualcun altro: loro, i suoi compagni – Kakashi sensei, Sakura, ma anche Shikamaru e quell'Inuzuka che lui neanche considera. E Rock Lee, e Chouji, e Neji, e tutti gli altri – sarebbero bastati. Se ne convince anche se sa che non è vero, che non c'era modo; che le cose sono andate così, ed è un bene tutto sommato, perché finite in maniera non eccessivamente tragica. Perché sono ancora vivi, fondamentalmente. E non è poco.
Però punge.
Prude e formicola da qualche parte sotto ai polpastrelli e pizzica nelle gengive. Gli fa venir voglia di digrignare i denti e, come se non bastasse, lo fa sentire stupido in maniera esponenziale quando si scopre a desiderare di afferrare Karin per le spalle ed urlarle contro di smetterla, per tutti i Kami, smetterla di spogliare Sasuke con gli occhi!
L'ammazzerà prima di sera. Non lui, eh: Kyuubi sì, però. Del tutto accidentalmente e fuori dal suo controllo, ma l'ammazzerà, o comunque le farà molto male.
«Oh, Naruto!»
Un sasso gli finisce dritto in fronte proprio mentre sta cercando di contare innocentemente le monetine rimaste nel suo portamonete: lui urla, la spesa cade dalle mani della negoziante e le monete precipitano tra pavimento e cassette di meloni, tintinnando tra frutta e selciato.
«Ragazzacci...» brontola la donna scuotendo la testa, mentre aiuta l'eroe di Konoha a raccogliere la sua spesa ignorando del tutto il fatto che il ragazzaccio in questione sia il nipote del beneamato nonché defunto Sandaime Hokage.
«Hai i riflessi morti? Perché diavolo non ti sei spostato?» raglia Konohamaru a mo' di saluto, facendosi incontro a passo svelto, la sciarpa che ondeggia sulle spalle.
Naruto, metà visuale coperta dal palmo della mano che sta usando per massaggiarsi il bernoccolo, inquadra per un momento solo un essere acefalo ritto in piedi a braccia incrociate e registra vagamente il tono canzonatorio.
«E a te come diavolo salta in testa di metterti a tirare le pietre?!» ribatte non appena riacquista piena coscienza, assestandogli un pugno sulla testa, anche se ormai Konohamaru l'ha praticamente raggiunto in altezza e la scenetta appare decisamente ridicola.
«Un ninja è sempre all'erta» lo zittisce l'altro, con un ghigno gongolante.
Con un sospiro che non riesce a nascondere una nota divertita, Naruto recupera la sporta con le vivande e riesce finalmente nell'ardua impresa di pagare la spesa senza spargere denaro in strada. La signora saluta con calore, in quel modo tutto strano di comportarsi che molti dei compaesani hanno cominciato a tenere con lui da quasi quattro anni e che, con sommo stupore ed un certo inesplicabile senso di inadeguatezza ed imbarazzo da parte sua, sembrano intenzionati a non mutare.
«Seh, seh... all'erta. Non hai di meglio da fare che controllare se io sono all'erta mentre faccio la spesa?» riprende Naruto, quando lui e Konohamaru si lasciano l'ortofrutticolo alle spalle e proseguono lungo il vicolo affollato.
Il kohai gonfia le guance, imbronciandosi come un mocciosetto. Incassa le testa nelle spalle e ficca le mani in tasca.
«Stai parlando con un jounin, Naruto: io lavoro. Sei tu quello che ci ha messo dieci anni per avanzare di grado, fino a prova contraria».
«Eh, ma io stavo salvando il mondo, se ricordi bene... oh, c'è lo sconto sul ramen istantaneo!»
Konohamaru si concede un breve brontolio seccato mentre Naruto lo supera per intrufolarsi nel conbini incriminato e lo costringe a seguirlo in giro per i corridoi stretti, tra gli scaffali di cibarie ammonticchiate.
«Si può sapere a che ti serve tutto questo cibo?» chiede in fine, quando la sua mente accetta il fatto che il jinchuuriki stia effettivamente acquistando un pacco bifamiliare di sedici pezzi di ramen assortito. «Devi sfamare un reggimento?»
Naruto si ferma a mezz'aria, colto nell'atto di lasciar cadere un paio di banconote nelle mani del cassiere. Quello se ne resta lì con la mano tesa, gli occhi a metà tra il cliente e la rivista che stava sfogliando mentre calcolava il prezzo degli acquisti, tenendo l'espressione non troppo vagamente irritata di chi sia stato sottratto a mansioni di fondamentale importanza.
«Eh, mangio un sacco, lo sai» replica, titubante, lambiccandosi per infilare lo scontrino accartocciato nella busta già strapiena e caricarsela addosso assieme a quella gonfia di verdure ed altre cibarie non meglio identificate.
Konohamaru lo scruta da sotto in su, le labbra arricciate.
«Beh, cos'è? Una specie di segreto... ?» lo punzecchia, ghignando. Quando Naruto invece di rispondere gli rifila un'occhiata rapida, prima di imbracciare la spesa e riprendere a camminare in strada col mento all'insù, lui solleva un sopracciglio, incrocia le mani dietro la schiena e lo segue continuando a fissarlo, la risatina intrappolata tra i denti.
L'eroe di Konoha lo ignora bellamente, tornando a scorrere rapidamente l'elenco vergato da una grafia stretta e nervosa su di un foglietto mezzo accartocciato.
Konohamaru solleva un sopracciglio in reazione, quando il compagno strabuzza gli occhi di colpo e si lascia scappare un'esclamazione indefinibile a metà tra un rantolo di sconcerto ed un insulto rivolto a non si sa chi.
«Top... Che cazzo significa topi?!» prosegue, dimentico della sua presenza e del fatto di trovarsi nel mezzo di una strada mediamente affollata di mercoledì pomeriggio. «A che gli servono i... Dove dovrei trovarli io, questi topi?»
Perplesso, Konohamaru si ferma al fianco dell'amico e corruga la fronte, sinceramente preoccupato. Si sporge con cautela e sbircia a sua volta la lista, curioso.
«Topi» ripete, cauto. «Udon, shoyu, tovaglioli, frutta che ti pare, konbu, riso, topi... non è che sia esattamente normale, eh. A che pensavi mentre la scrivevi?»
Quasi non fa in tempo a finire la frase che Naruto riduce la lista ad uno scarto scricchiolante con una stretta poderosa del pugno.
«Me lo chiedo anche io, a cosa stesse pensando» mastica, dando segno di evidente stress psicofisico. Riprende a camminare quasi trottando, tanto che Konohamaru inizia a far fatica a seguirlo ed è costretto ad afferrargli un lembo della felpa per rallentarlo.
«Ehi, mi dici che cavolo c'entrano i top...»
«Non lo so! Mi manda a comprare topi come fosse sano e normale, e vedrai che quando torno si incazzerà pure perché ho osato non essere nella sua testa per capire cosa diavolo volesse!» raglia Naruto, esasperato.
Una nonnina invoca il nome di suo nipote – o magari è il suo cane, chi può dirlo – nel silenzio che si è venuto a creare tra i passanti all'udire l'urlo dell'eroe di Konoha.
Naruto borbotta qualcos'altro tra i denti, dribbla il cane della signora – era un cane, sì – e allunga il passo alzando polvere coi sandali, preso dalle sue elucubrazioni tanto da dimenticarsi dell'esistenza di Konohamaru.
«Insomma!» lagna quello, rimanendo indietro. Scuote la testa, scocciato. «Chi lo capisce è bravo» borbotta infine con rassegnazione, osservando la schiena di Naruto che si allontana tra i passanti quasi correndo.
Forse è come si dice in giro: il povero eroe di Konoha è succube di quello psicopatico ex traditore di Sasuke Uchiha che lo schiavizza e gli fa fare la spesa al suo posto; per questo è costantemente di fretta quando lo si incrocia per strada che sta rincasando. Normalmente si mostra sempre allegro, eh, ma era così anche da piccino quando tutti lo schifavano, quindi potrebbe essere una montatura.
Konohamaru ci pensa su per qualche secondo, cercando di far coincidere la sua idea dell'amico – Naruto testardo, Naruto deciso e volitivo, Naruto capace di sollevare mari e monti a mani nude in caso di bisogno – con la scena abbastanza bislacca di un Naruto vestito da servetta che lava i pavimenti a casa di Sasuke Uchiha, poi scuote la testa divertito, appena prima di girare i tacchi e riprendere a camminare per i fatti suoi, fischiettando un motivetto idiota.
La fruttivendola gli rifila un'occhiataccia.
«Ragazzacci...» sbuffa ancora tra i denti, prima di ritornare a servire la clientela.


Tra le buste buttate sul tavolo c'è anche una testa gialla.
Sasuke aggira il mobile, le mani in tasca.
«Beh?» domanda basso, con vaga perplessità.
La testa gialla mugugna e rotola un poco, portandosi in equilibrio sul mento ed emettendo un bofonchio inintelligibile atto solo a comunicare che effettivamente è viva.
Sasuke aggrotta le sopracciglia, incrocia le braccia e inclina il capo quasi impercettibilmente, come stesse cercando d'osservare da una diversa angolazione qualcosa di sconosciuto ma moderatamente interessante capitato per caso nella sua cucina.
«Che cazzo stai facendo?» conclude al termine dell'accurata analisi.
«Ho fatto la spesa» replica Naruto, senza alzare la testa. Di fronte alla faccia dell'altro, che lo guarda con distaccata perplessità, aggiunge: «tu mi hai detto di farla.»
«Vedo» replica Sasuke in uno sbuffo. «Ramen. Altro ramen e, fammi indovinare, ramen.»
Naruto si imbroncia, palesemente scocciato ma già un poco più rilassato ora che Sasuke non ha uccellacci sospetti che gli ronzano attorno. Niente falchi pellegrini, niente poiane e niente passerotti: tutto regolare.
«Guarda nell'altra busta, teme!» bercia, querulo.
Sasuke gli rifila un'occhiataccia bieca, indisposto più per il tono ostile del compagno che per il ramen in sé – il ramen è in fondo qualcosa di poco dannoso, anche se continua a pensare che mangiarlo persino a colazione o pranzarci in piena estate sia sintomo di un profondo disagio mentale – e prende a smanettare nell'altra busta, corrucciandosi sempre più man mano che sposta cibarie.
«E i pomodori?»
Naruto tituba un istante, riacquistando una postura più dignitosa a gambe incrociate davanti al tavolo.
«Ahn... ho incontrato Konohamaru» borbotta, mentre si gratta una porzione di polpaccio con vaga colpevolezza. Quando Sasuke rotea gli occhi contrariato, l'apparente tranquillità del jinchuuriki va a farsi benedire.
«Mi ha distratto, okay? Non è mica così grave!»
«Non ho detto che lo fosse» puntualizza compunto Sasuke, e però subito dopo trova il tempo di fissare l'ennesimo pacco di ramen come se desiderasse bruciarglielo davanti agli occhi solo per vedere la disperazione dipinta sul suo volto e poterne ridere sadicamente. Fortunatamente non mette in atto alcun proposito da pazzo psicolabile quale è e si volta per cominciare a sistemare verdure in frigo.
«E i topi?»
Naruto quasi crolla in avanti, scomposto.
«Ah, non...»
«Okay, lasciamo perdere» offre Sasuke, come fosse una sua magnanima concessione. «Suppongo che i falchi possano mangiare anche normalissima carne cruda».
Naruto si sente quasi in diritto di sbattere la testa contro il tavolo, ma non lo fa: ci tiene al tavolo.
«Non darmi una mano, eh» lo apostrofa Sasuke, quando lui si alza con un bofonchio scocciato e fa per uscire dalla stanza.
«Io ho fatto la spesa, pensaci tu, no?» risponde, andando poi a spalmarsi dritto contro l'armadio che sta occupando lo spazio sotto la porta.
«Scusa» fa l'armadio, cortese.
Naruto si massaggia di nuovo il bernoccolo che ha sulla fronte e solleva il mento. Inquadra la faccia di Juugo e la sensazione d'essere estraneo nel suo territorio si acuisce fino a fargli seriamente desiderare di uscire in strada, trovare Iruka e correre farsi offrire un ramen.
Aggrotta le sopracciglia e cerca di darsi un contegno: per colpa di altri, non è che sia mai stato una persona particolarmente socievole, lui. Alle volte finisce col dare quell'impressione perché adesso tutti lo salutano per strada ed è amico quasi intimo di mezza Konoha, ma un tempo essere socievole veniva dopo. Prima c'era la sua fissazione di far baccano e farsi scoprire, saltando sul posto e moltiplicandosi a vanvera solo per dire ehi, guardami, ci sono anche io.
Ora però è Naruto Uzumaki, eroe di Konoha.
Sta in casa con Sasuke Uchiha da quasi tre anni perché la sua di casa è stata rasa al suolo e ricostruita troppo diversa perché possa ancora considerarla tale. Invece quella casa malandata in quel quartiere malandato, tappezzato di crepe e ventagli, è diventata un po' il suo territorio: quel che riesce, insomma. Lui si allarga, sparge arancione in giro - per usare le parole di quello stronzo di Sasuke - e cerca di entrare fin dove può, più che può.
Ed è faticoso: ha sempre lottato per trovarsi un posto dove stare, un posto che fosse suo di diritto. Adesso quel posto è Konoha, ma preferirebbe comprendesse anche il suo migliore amico; e visto che ostinatamente non è così, e non lo sarà mai, Naruto si dà da fare ogni minuto per diventare lui un buon abitante di quella cosa insopportabile, spocchiosa e difficile chiamata Sasuke Uchiha.
Però un bel giorno torni dalla tua brava missione di livello A e, aprendo la porta, scopri che il tuo Sasuke Uchiha è assediato da tre tizi ed un falco pellegrino che sono entrati e si sono stanziati.
«Scusa tu» soffia truce, superando Juugo a passo deciso.
Si sente in colpa due secondi dopo, perché quello gli rivolge distintamente un'occhiata perplessa e al contempo colpevole. Dura solo un istante, ma Naruto ci legge il disagio di chi si ritiene sgradito e fuori posto.
Il jinchuuriki fa quasi per fermarsi, voltarsi e borbottare almeno delle scuse – oltretutto, quel Juugo pare il più calmo ed educato della combriccola -, solo che le sue pupille finiscono a specchiarsi dritte in quelle del rapace bruno che lo shinobi tiene arpionato alla spalla, sopra la tenda pesante di stoffa blu che gli fa da veste.
La bestiaccia fa schioccare il becco nella sua direzione, ostile, e Naruto quasi salta sul posto.
«Maledetta cornacchia! Che accidenti vuoi?» si ritrae, memore della beccata che si è immeritatamente guadagnato quando Sasuke gli ha consegnato la lista della spesa e l'ha spedito fuori con distratta solerzia, come si stesse rivolgendo al fattorino di turno.
Rimangia tutte le nobili scuse che aveva intenzione di sciorinare e si trascina via con un'ultima sbirciata al becco aguzzo della mostruosità pennuta. Deambula svogliato in direzione del soggiorno, contando di sistemarsi in un angolo e mettersi sotto col lavoro: ha delle carte stanziate tra casa e quartier generale che vegetano da mesi.
Da quando Kakashi è Hokage e per la maggior parte del tempo l'assistente lo fa Naruto stesso, al posto di Shizune, sembra che l'apparato burocratico di Konoha sia prossimo al collasso.
Invece di passare i giorni liberi con Sasuke come fa di solito, ne approfitterà per mettersi in pari col lavoro.
Soddisfatto per la responsabile e matura risoluzione, accumula il fogliame, ormai divenuto di spessore considerevole, e si appropinqua al tavolino basso con tutto l'intento di arraffare una penna qualsiasi e stravaccarsi sul tatami.
Solo che il tatami – tutta la stanza, quindi – è già occupato.
Suigetsu e Karin stanno spalmati davanti alla televisione - quella stupida scatola per la quale Sasuke rifiuta di pagare il canone ogni due per tre e che quindi funziona una volta su dieci – ad ingozzarsi impunemente di quelli che, se la vista non l'inganna, sono dorayaki.
Dorayaki che, a giudicare da forma e odore, qualcuno deve avere come minimo cucinato.
E che qualcuno abbia cucinato, quindi preparato, mescolato, cotto, farcito, dorayaki nella cucina di Sasuke Uchiha – no, Naruto rifiuta semplicemente il pensiero di Sasuke associato ad una padella coi dorayaki – è quanto di più strano ed inquietante sia capitato in quella casa, a parte forse lo sterminio del clan.
Naruto si impone la calma, mentre si passa lentamente una mano dietro la nuca, a scompigliare capelli già scompigliati.
«Che guardate?» si costringe ad esordire, amichevole.
«Il quiz a premi sul canale tre!» comincia rapidissimo Suigetsu, rivolto verso Karin; e infatti subito dopo le ha sfilato il telecomando dalle dita lo sta agitando come se potesse incrementarne il funzionamento.
Indignata, Karin lo spintona di lato: Suigetsu ficca un palmo nel piatto e i dorayaki – quegli inquietantissimi dorayaki – schizzano in giro come shuriken. Uno colpisce i piedi nudi di Naruto, che abbassa lo sguardo e lo osserva ancora con perplessità, come facesse fatica ad ammettere l'effettiva esistenza di quella cosa.
Dorayaki fatti in casa: il mondo è andato alla rovescia il tempo esatto a consentirgli di far la spesa.
«Ridammelo subito, stupida pozza!»
Il telecomando scivola via dalle mani di Suigetsu – ormai brutalmente ridotto ad una macchia d'acqua dai pugni di Karin - e colpisce il gatto, intento a linguettarsi innocentemente il pelo acciambellato davanti alla porta finestra.
«Ehi!» tenta Naruto. La pila di fogli che tiene in mano gli impedisce di accorrere in aiuto di Naruto Due e visto che quello è si è già lanciato fuori, saltando giù dall'engawa e filando in giardino, il jinchuuriki decide che può rivolgersi direttamente ai due isterici che si stanno scannando davanti alla tv. Adesso c'è su una soap doppiata male, di quelle in diecimila e rotta puntate che vengono da oltreoceano per volere di nonsisachi. E a quanto pare è esattamente ciò che Karin desiderava vedere; la kunoichi infatti si alza, recupera il telecomando con uno sbuffo seccato e torna altera ad accomodarsi davanti alla tv, in una posa composta che poco si addice agli strepitii isterici cui Naruto ha assistito solo due secondi prima.
Indeciso sul da farsi, il jinchuuriki opta per sistemarsi davanti al tavolo ed ignorare tv ed ospiti. Dopotutto, ha visto Sakura leggere grossi manuali di medicina persino nel caos del pronto soccorso o in altri luoghi ben più affollati e rumorosi del salotto di casa Uchiha, che pur con tutta la buona, rumorosa volontà di Suigetsu e Karin, resta comunque il salotto di una casa isolata nel mezzo di un quartiere isolato.
Non dovrebbe essere troppo difficile concentrarsi, quindi; basterà mettersi a leggere con attenzione i documenti, anche se sono noiosi a morte, compilare quel che c'è da compilare e redigere quel che c'è da redigere: facile come bere un bicchier d'acqua.
Sei secondi dopo, Naruto si ritrova a sospirare in direzione della finestra per la terza volta, indeciso se chiuderla o meno, dato che entra aria abbastanza fresca, e a cambiare posizione, senza riposo; sospira un poco, metà orecchio pieno del chiacchiericcio colmo di pathos forzato che proviene dalla televisione, almeno quando l'audio non fa i capricci e le voci dei protagonisti finiscono risucchiate in egual misura dai fruscianti disturbi di frequenza e le botte secche che Karin assesta al povero vecchio elettrodomestico.
Naruto storce il naso e torna con gli occhi sui fogli, deciso.
Deve compilare una lista di rapporti per ordine cronologico e divisi per gradi ed è già la terza volta che scambia le date e ficca le missioni di livello A nell'elenco delle D; praticamente ha regalato i requisiti per l'esame di selezione chuunin a metà dei genin freschi diplomati.
Emette un mezzo rantolo esasperato mentre la penna impatta sul tavolo e poi rotola già prima che lui, impegnato a tenersi la testa tra le mani, riesca ad afferrarla.
E' tentato dal lasciarla lì e scoprire finalmente se Sanae abbia davvero fatto sesso con il fidanzato di sua figlia scambiandolo per suo marito, ma quando fa per voltarsi in cerca dello schermo, appena nascosto dalla chioma rossa di Karin, si ritrova davanti la faccia di Suigetsu Hozuki.
«Oi.»
Naruto sobbalza e la pila di fogli si inclina di lato.
«Oi» ribatte con notevole perplessità, scostandosi un poco d'istinto, almeno per riuscire a mettere a fuoco il naso dell'interlocutore.
Suigetsu se ne sta accovacciato sulle punte dei piedi, una bottiglia d'acqua saltata fuori da chissà dove tenuta mollemente in mano e tutta l'aria di voler chiacchierare con lui per ingannare il tempo.
«Senti un po', mi stavo chiedendo... tu a che servi?» domanda, come stesse informandosi distrattamente della sua salute o chiedendo informazioni sull'ubicazione del bagno.
Naruto aggrotta le sopracciglia e lo osserva stralunato mentre quello si scola un mezzo litro d'acqua con un sorso senza cambiare posizione. Continua a fissarlo con blando interesse.
«Cosa?» risolve il jinchuuriki, quando ammette che no, non ha capito la domanda. Suigetsu non muta espressione, però si accomoda a gambe incrociate proprio accanto a lui; pare un marmocchio cui sia stata promessa un storiellina per passare il pomeriggio.
«Insomma, sai... a che gli servi?» ripete, ammiccando alla parete, oltre il corridoio, nella cucina da cui provengono rumori soffici di rimestio culinario non meglio identificato.
Naruto, impegnato a rimettere in sesto la sua pila di fogli, riesce abilmente a colpire l'altra con un gomito, provocandone il crollo.
«Merd... non ti seguo. A che gli servo cosa?» domanda, del tutto genuinamente, mentre si affanna a rimettere insieme il mucchio di fascicoli. Alle loro spalle, Karin manda a fare in culo Sanae e Tetsuo, impegnati in un litigio appassionato che dai presupposti ha pari possibilità di concludersi nell'ennesima storia d'amore come in una tragedia domestica con annesso omicidio, e Naruto si convince definitivamente d'essere soggetto a gravi cali d'attenzione.
Suigetsu comunque non si scompone; inclina la testa di lato, manda giù un altro sorso con espressione pensosa – o stupida, dipende dai punti di vista – e poi torna a puntare le pupille in quelle di Naruto.
«Intendo, stai qui a fare che? Perché ti tiene qui?»
Naruto strabuzza gli occhi, mentre il sospetto di essere preso in giro si fa largo con prepotenza.
«Che diavolo... non sono mica un pesce rosso! Sto qui perché... insomma, sto qui» conclude indispettito. Si volta di nuovo tutto verso il suo fogliame burocratico, in un chiaro invito a voler essere lasciato in pace.
Lo spadaccino resta a studiarlo per un po' mentre lui finge con poca abilità di scribacchiare qualcosa, deconcentrato, e poi scoppia a ridere di gusto, tenendosi la pancia e sbatacchiando l'acqua. Karin si volta e intima uno «sssh!» poderoso che soffoca del tutto la dichiarazione romantica di Tetsuo.
«Certo che voi jinchuuriki siete proprio ridicoli!» continua a sghignazzare Suigetsu. «Quello dell'Hachibi è matto come un cavallo, ma pure tu sei strano forte» spiega ilare, reggendosi il mento col palmo e sorridendo sfacciato.
Naruto si indispone abbastanza da provare l'intimo desiderio di spaccargli la faccia; lascia perdere i fogli e si volta del tutto, piantando i palmi sulle ginocchia.
«E con questo che vorresti di-»
«E non mi hai ancora detto perché Sasuke ti tiene qui!» prosegue l'altro, noncurante. Ha qualcosa di infantile negli atteggiamenti, ma un luccichio sinistro negli occhi che, lungi dal farlo somigliare ad un bambino, lo rende largamente inquietante.
Naruto neanche vi presta attenzione, troppo preso ad imbufalirsi per le domande cretine.
«Si dà il caso che io sia...» sta per dire “il suo migliore amico”, ma all'improvviso la definizione gli pare non solo parzialmente imbarazzante e stucchevole da sputare sul naso di quella faccia da schiaffi di Suigetsu Hozuki, ma anche bizzarra, limitativa, ambigua; quindi si blocca a mezz'aria, con la frase in sospeso, il tono già alterato che ha richiamato anche l'attenzione di Karin.
Boccheggia un istante e poi rincara, con un dito teso.
«Che diavolo te ne importa, non è affar tuo! E poi senti ci parla! Te cosa saresti?!» bercia, arrossendo e facendo frusciare un bel po' di fogli per via dello spostamento d'aria causato da suo gesticolare.
Suigetsu pare non fare neppure caso al suo tono di sfida, né si scompone per via di quell'indice puntato in mezzo agli occhi.
Storce giusto un po' il naso e raddrizza il mento, prima di proferire con evidente quanto ingiustificato orgoglio: «beh, si dà il caso che io sia il suo braccio destro. Quello con la spada!»
Karin rotea gli occhi al cielo; inclina il capo nella loro direzione con un dorayaki mordicchiato tra le labbra.
«Certo, certo» li liquida, facendo zapping. «Da come la mettete, sembra quasi che ve lo dobbiate sposare» sfotte, con una chiara punta di fastidio e due di acidume.
«No, racchiona, quella sei te, eh!» ribatte Suigetsu, pronto. «O anche Juugo, volendo» aggiunge, pensoso.
«Ma taci, piscio che non sei altro! Sei davvero idiota».
«Mai quanto te, cretina! E adesso fammi guardare quell'accidenti di quiz» sbuffa forte e si alza di colpo, lasciando Naruto seduto a pugni stretti davanti al tavolo.
Karin ne segue i movimenti con palese ostilità.
«Col cazzo, sanguisuga. Non me ne frega niente del tuo stupido quiz».
«Dammi il telecomando, non ho intenzione di subire ancora le pene d'amore di qualche stupido adultero» mugghia lo spadaccino, appena prima di allungarsi per afferrare l'oggetto.
Karin lo agguanta prima di lui, tendendo il braccio svelta, e gli sferra un calcio in faccia.
Subito dopo, Suigetsu si è ricomposto solo per venir calciato ancora, ed i due sono presi da una durissima lotta per il possesso del telecomando incriminato, a scapito di cose e persone. Il piatto dei dorayaki è il primo a sfracellarsi sotto una pedata di Karin.
«Ehi!» si alza Naruto; i fogli crollano e lui li ignora, così come Suigetsu e Karin ignorano lui e continuano a pestarsi, bagnando pavimento e muri e distruggendo quel che finisce nei pressi di gomiti e pedate.
«Ehi!» ripete, più forte.
Completamente invisibile, inudibile e profondamente scocciato, il jinchuuriki decide di avvicinarsi con tutta l'intenzione di dividere quei due psicopatici con le maniere forti.
Ha già schivato una manata, lanciato un paio di insulti ed afferrato Suigetsu per le spalle unendosi agli ululati vari, quando Sasuke fa a sua maestosa comparsa.
«Piantatela con tutto questo chiasso» ammonisce, in un basso rombo di tuono.
Il pollo è tornato a stanziarsi sulla sua spalla e scruta tutti con fare minaccioso, quasi quanto quello del suo trespolo umano. Solo che a differenza di Sasuke, che sta fermo immobile a braccia conserte, l'animale non la pianta un secondo di agitare le ali e far schioccare il becco.
Karin, i polsi stretti tra le mani di Suigetsu ed un piede sulla sua guancia, assume un'espressione di vago imbarazzo.
«Ha cominciato questo imbecille, Sasuke!» trilla, stampando la suola sulla faccia dell'imbecille e ignorando la trafila di insulti che quello guaisce in risposta.
«Non mi interessa chi ha cominciato» ribatte il padrone di casa, con sottile furia. «E tu smettila di dargli corda e fa' qualcosa di utile, usuratonkachi» aggiunge con maggiore durezza, tutto rivolto a Naruto, ancora saldamente avvinghiato al collo di Suigetsu nel tentativo duplice di strangolarlo e staccarlo da Karin e con un piede su una montagnola di dorayaki orfana di piatto. Alle spalle del gruppo attorcigliato, la tv ronza di righe grigie.
Sasuke piega un poco la testa con aria di pazienza e gira i tacchi per raggiungere la cucina; dalla porta fa capolino Juugo in tenda blu e grembiule, una frusta in mano e una ciotola con litri di pastella nell'altra, il che spiega almeno i dorayaki, anche se Naruto non è sicuro di come considerare la cosa: se consolarsi perché effettivamente non è Sasuke la piccola cuoca o chiedersi perché accidenti lui abbia consentito ad un omone di due metri di mettersi a giocare alla casalinga nella sua cucina.
Il tempo che Sasuke sparisca oltre Juugo e questi faccia per seguirlo, che ricominciano gli schiamazzi; un calcio di Karin trapassa la testa ormai completamente liquefatta di Suigetsu e colpisce Naruto dritto sul naso. Il jinchuuriki si sente volar via senza neanche avere il tempo di realizzare cose gli sia capitato.
A quel punto accadono molte cose contemporaneamente.
Un litro di pastella ed una frusta di metallo vengono sbalzate in aria e piroettano fin quasi al soffitto; il setto nasale di Naruto devia tragicamente dalla sua sede e uno schizzo di sangue traccia la traiettoria dinamica tra il piede di Karin, ancora sospeso nell'aria, fino all'attuale ubicazione della faccia del jinchuuriki, spiaccicato schiena contro una tenda blu; Juugo, con il suddetto jinchuuriki di media statura e normopeso avvinghiatoglisi addosso d'istinto per non crollare al suolo, finisce mezzo soffocato dalla sua stessa tenda, annaspa e tossisce, finché sul suo corpo il marchio non comincia a estendersi a velocità vertiginosa; il tutto mentre Karin emette un urletto isterico, Suigetsu si ricompone e spalanca gli occhi ed il falco pellegrino di tre chili prende a starnazzare come un indemoniato, facendo sfuggire a Sasuke una mezza imprecazione - quasi discreta e pacata, in tutto quel trambusto - quando gli artigli della bestiaccia si sollevano dalla sua spalla senza alcuna delicatezza.
L'istante successivo, non appena il piumaggio terroso del volatile esce dalla sua visuale per sparire in corridoio, l'ex nukenin attiva lo sharingan e fa per voltarsi verso Juugo per cercarne lo sguardo.
E mentre quello ha già dirottato la sua furia contro Naruto e sta per sbatterlo in terra con violenza, Sasuke, i sensi tutti tesi ad evitare un altro sterminio in quella povera casa, avanza di un passo solo per ritrovarsi dritto sulla traiettoria della pastella in caduta libera; il tempo di incatenare lo sguardo di Juugo a sé, appena prima che quello colpisca Naruto, e la sostanza giallastra semifluida gli piove in testa schiantandosi con un unico suono scrosciante e pastoso. Si allarga tutt'intorno e schizza, lasciandogli addosso la sensazione di avere avuto un contatto ravvicinato con la lingua di Orochimaru, presto sostituita dallo schianto sordo della ciotola che gli finisce davanti agli occhi. Neanche a farlo apposta, sotto la sguardo un poco allucinato di Karin e Suigetsu, finalmente ammutoliti, la frusta va a sbattere direttamente sul fondo del contenitore, amplificando il colpo come se la testa di Sasuke fosse stata infilata direttamente in una campana.
Il secondo dopo, persino il falco pellegrino smette di starnazzare.




Nda
Un conbini è una sorta di minimarket che vende un po' di tutto, ad orario continuato.
Per quanto riguarda la lista della spesa scritta da Sasuke: gli udon sono spaghetti di grano, lo shoyu è semplicemente la salsa di soia e il konbu è un'alga che si utilizza sovente in cucina. In pratica è tutta roba piuttosto comune che pensavo fosse probabile trovare in una dispensa.
I dorayaki sono dolci ripieni di anko (la marmellata di fagioli rossi), piuttosto semplici da preparare in casa.
La soap opera seguita da Karin è ricalcata sugli ultimi risvolti di
Beautiful XD
Per quel che riguarda la televisione... a casa di Sasuke ce n'è una (#21), mi sono presa la libertà di supporre che ci siano anche annessi palinsesti e programmi (e spero di cavarmela con l'avvertimento demenziale, che ci sta con tutte le scarpe XD).

Il titolo della boiata viene dall'omonimo romanzo di Ian McEwan, Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers), che devo ancora leggere XD quindi non ho idea di cosa parli se non in linea generale, e temo che con questa roba non c'entri un beneamato fischio. Sì, è esattamente come sembra: non avevo uno straccio di titolo e mi sono quindi dovuta attaccare ad una povera, illustre vittima.

Ultima cosa: questa roba ho cominciato a scribacchiarla mesi fa, quando Sasuke non era ancora sbroccato del tutto (#51) ed io non seguo le scan, quindi si regola di conseguenza (cioè Sasuke non è completamente pazzo e Karin non vuole giustamente prendere la sua testa e farci un paralume, cosa che mi parrebbe più che legittima).
Ahn, e poi oggi è il ventitrè luglio *impreca alla sua stessa demenza*



  
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