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Autore: DaughterOfDawn    25/07/2011    7 recensioni
Ambientata 10 anni dopo gli eventi di DMC3 (quello che si vede nel filmato speciale non è mai avvenuto). Dopo aver passato dieci anni chiuso all'Inferno, Vergil viene rimandato da alcuni demoni sulla Terra alla ricerca di una spada leggendaria, che secondo quanto si dice ha il potere di spalancare definitivamente le Porte degli Inferi. Accompagnato da Magornak, uno strano demonietto che lo segue da due anni, una volta nel mondo degli umani si appresta a portare a termine la sua missione il più velocemente possibile, nonostante il rischio di doversi nuovamente scontrare con Dante, ma la situazione si rivelerà più complicata del previsto...
[Avvertimenti: rating per la presenza di scene abbastanza sanguinose, shonen-ai (VergilxDante/DantexVergil), possibili spoiler, i personaggi potrebbero essere un po' OOC, soprattutto Vergil...]
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Vergil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La luce inondava lo studio entrando dalla grande finestra incorniciata da tende di velluto, posta dietro l'imponente ma spartana scrivania lignea. Le pareti erano coperte di scaffali ingombrati da libri di ogni genere, sapientemente ordinati per argomento e autore. Degli arazzi riportanti scene mitologiche occupavano gli spazi lasciati liberi dai volumi, mentre in una teca di vetro posta accanto alla porta erano in bella mostra diversi tipi di spade. Seduto alla scrivania Sparda aveva alzato gli occhi dai documenti che stava esaminando e fissava suo figlio maggiore che se ne stava seduto a gambe incrociate su una poltrona a qualche metro di distanza, intento a leggere uno dei suoi libri di storia infernale. Nonostante avesse poco più  di una decina d’anni, Vergil sembrava già aver intuito molte delle cose che lo riguardavano e aveva una serietà e una profondità che di sicuro non si addicevano ad un bambino della sua età. E soprattutto cominciava già a mostrare i segni di un morboso interesse che preoccupava alquanto il demone. Sentiva che se suo figlio non lo avesse abbandonato al più presto quella sua ossessione avrebbe potuto portarlo a conseguenze molto gravi.

Il suo sguardo si spostò sull’altro gemello, accucciato ai piedi del fratello con la schiena contro la poltrona, occupato con un videogioco. Dante era decisamente diverso da suo fratello. Molto più allegro, più aperto, più solare e meno problematico sotto molti versi. Non sembrava preoccupato più di tanto dal fatto di essere un mezzosangue, forse perché ancora non capiva cosa ciò implicava, forse perché aveva scelto di conviverci senza porsi troppi problemi, forse perché sentiva che finché ci sarebbe stato suo fratello non sarebbe mai stato solo nonostante la sua diversità. O forse solamente perché era Dante e riusciva sempre a vedere la luce nelle cose. Se Vergil si perdeva dietro alle tenebre della loro condizione, lui si concentrava sugli aspetti più positivi. E proprio per questo Sparda sperava che i due potessero compensarsi. Finché ci sarebbe stato Dante, Vergil avrebbe potuto avere un po’ di luce che lo avrebbe tenuto lontano dalle Tenebre che tanto lo attraevano, mentre viceversa Dante avrebbe trovato in Vergil un valido aiuto per affrontare ed accettare la parte oscura che costituiva la loro natura. Era vitale che i due restassero insieme.

Vergil alzò lo sguardo dalle pagine accorgendosi che il demone li stava guardando e gli rivolse uno sguardo interrogativo. “Qualcosa non va, Padre?”domandò in tono rispettoso.

Sparda sospirò. Era sempre così formale con lui, nonostante gli avesse ripetuto più volte che non doveva esserlo, che non c'era bisogno perché, anche se era un demone, anche se era colui che aveva difeso il mondo di Luce contro l’Inferno intero, restava sempre suo padre. “No, Vergil, stavo solo riflettendo”rispose con calma. “Avrei bisogno di parlarti, comunque. Avvicinati per piacere”.

Il bambino annuì, chiudendo il libro. “Dante deve uscire?”chiese indicando l’altro mezzo demone con lo sguardo.

A quel punto anche Dante smise di giocare e fissò la sua attenzione sul fratello, un po’ contrariato. Odiava quando lo si mandava via perché non si voleva che sentisse i discorsi che venivano fatti. Non era giusto.

“No, può restare. Anzi, venite qui entrambi, preferisco”.

I due obbedirono e si sedettero sulle due sedie poste di fronte alla scrivania. Sparda li fissò per qualche attimo senza proferire parola, passando lo sguardo dal volto serio di Vergil a quello curioso di Dante. Non avrebbero davvero potuto essere più diversi di così.

“Devo farvi un discorso molto importante, quindi vi prego di prestarmi tutta la vostra attenzione”iniziò poi.”Vostra madre avrebbe preferito che io non affrontassi questo discorso con voi così presto, è convinta che voi siate ancora troppo piccoli, ma io sono convinto che voi siate pronti per capire cosa voglio dirvi. O se anche non lo foste lo capireste comunque da soli più avanti. Inoltre ci tengo ad affrontare la questione adesso perché ho paura che se aspettassi troppo a lungo sarebbe troppo tardi”. Fece una pausa. I due bambini lo fissavano attenti pendendo dalle sue labbra, pronti a stampare a fuoco nella loro mente ciascuna delle parole che avrebbe pronunciato. Si concesse un leggero sorriso. Sapevano sempre quando essere veramente seri e concentrati e per questo andava fiero di loro. “Vergil”riprese tornando serio. “Devo chiederti una cosa”.

“Ti ascolto, Padre”rispose il maggiore dei gemelli ricambiando il suo sguardo.

“Ho notato che ultimamente leggi molti libri che riguardano l’Inferno, in particolare la mia...leggenda”.

Negli occhi di Vergil passò un lampo. Probabilmente aveva già capito dove lui voleva arrivare. “È così, Padre. Sono convinto che anche se abitiamo nel mondo umano sia un bene per me essere informato sulle mie origini infernali. C’è qualcosa di sbagliato in questo?”.

“Assolutamente nulla, anzi, sono perfettamente d’accordo con te. Per conoscersi a fondo e sapersi capire al meglio è fondamentale riuscire a comprendere la propria natura”rispose il demone, serio. “Però non bisogna prediligere una parte di noi stessi. Bisogna studiarle ed accettarle tutte quante o si rischia di ricadere in dolorose lotte interiori. Capisci cosa intendo, Vergil. E mi è parso di notare che tu ti stia concentrando esclusivamente sul tuo lato demoniaco ultimamente. Sai benissimo quanto sono pericolosi i demoni. E non credere che solo perché quello in questione è una parte di te non si ribellerà al tuo controllo”.

“Ne sono conscio, Padre. Ma permettimi di spiegarti le mie ragioni. Io mi concentro sulla mia parte demoniaca appunto perché è quella che potrebbe darmi maggiori problemi. E inoltre è l’unica che necessita di essere coltivata. Dal mio lato umano non posso trarre nulla, se non una serie di debolezze, quindi al massimo lo dovrò correggere, la mia metà demoniaca invece è la fonte da cui posso trarre la mia forza”. Gli occhi azzurro ghiaccio di Vergil brillavano decisi in quelli inespressivi di suo padre, senza però risultare in qualche modo insolenti.

Sparda si lasciò sfuggire in sospiro. Eccolo lì il tasto dolente, ciò che lo preoccupava. Suo figlio maggiore era troppo attratto dal potere, che lui riteneva prerogativa esclusiva dei demoni.”È qui che ti sbagli, Vergil”disse paziente. “Il tuo lato umano, quello che tu vorresti solo “correggere”, è invece la sede di un tipo di potere che un demone puro come me non potrebbe mai ottenere, almeno non completamente. La forza non è solo quella fisica o quella derivante da capacità sovrumane, Vergil. È anche qualcosa che è insito nella nostra anima e che si mostra attraverso i nostri sentimenti. La Luce che tua madre ti ha trasmesso non va ignorata. Come è fonte delle debolezze che hai citato con tanto disprezzo, essa ti regala anche la capacità di lottare contro le Tenebre, cosa che normalmente un demone non può fare”. Tacque per un istante, per dare tempo al bambino di assimilare tutto quello che aveva detto. “E, cosa più importante, il potere non è tutto, Vergil, almeno non quello che vorresti tu. Mentre a me pare che tu sia convinto del contrario”.

“Ma, Padre, perdonami se ti contraddico, ma senza potere non puoi fare nulla!”ribatté il mezzo demone. “Se non sai sconfiggere i tuoi avversari, come puoi raggiungere i tuoi scopi? Come puoi proteggere le persone che ti stanno intorno se non hai i mezzi per farlo? Se tu non fossi stato così potente non avresti potuto proteggere il mondo di Luce”.

Dante assisteva in silenzio alla conversazione. Da un lato aveva l’impressione che gli stesse sfuggendo il significato profondo di quel discorso, ma dall’altro sentiva che era un punto fondamentale che anche lui doveva tenere presente.

“Questo è vero, ma io non ho mai detto che il potere è inutile. Messo a servizio di scopi nobili è una cosa ammirevole, ma se ricercato per sé stesso può diventare addirittura dannoso. Come ogni cosa dell’Inferno, inquina l’anima e la corrompe, fino a portare lo sprovveduto che lo ha agognato a perdere sé stesso”. Il tono di Sparda si fece duro. “Per controllare le Tenebre bisogna affidarsi alla Luce o si finisce per venirne risucchiati senza via di scampo. Io ho vinto la mia guerra grazie sì al mio potere di demone, ma soprattutto in virtù dei sentimenti positivi che gli umani mi avevano insegnato. Io ho amato questi esseri che ai tuoi occhi possono apparire inferiori a noi per potenza, ho amato la Luce del loro mondo. Ed è stato proprio l’amore a spingermi ad intraprendere la mia battaglia e poi a farmela vincere. Mundus era infinitamente più potente di me, ma lui non aveva un obiettivo che lo rendesse propenso a sacrificare tutto sé stesso per la sua causa, io sì. Ed è stato proprio grazie a questo sentimento puro che io lo sconfissi, nonostante la differenza che c'era tra noi”.

Suo figlio maggiore lo fissò poco convinto, ma non ribatté. “Capisco cosa vuoi dire, Padre. Lo terrò a mente”si limitò a dire.

“Mi auguro che tu lo faccia davvero, figlio mio”.

“Andiamo, papà, non dubiterai di Verge, vero?”si intromise a quel punto il minore dei gemelli, quasi come a correre in difesa del fratello. “Lo sai che lui vuole bene a tutti quanti noi, sia a me che a te che alla mamma. Sarebbe disposto a fare di tutto per proteggerci!”.

Gli altri due si voltarono a guardarlo, senza che nessuno dei due rispondesse. Si erano quasi dimenticati della sua presenza.

“Vero, Verge? Tu ci vuoi bene, no?”insistette lui.

“Certo, Dante”fece Vergil un po’ esitante. Certe volte le uscite del suo gemello lo spiazzava. Era convinto che lui non avesse capito fino in fondo il punto del discorso, eppure in un certo senso aveva compreso che lui si era sentito insicuro e aveva fatto di tutto per mostrargli che lui non dubitava di lui.

“Oh, andiamo, Ver, cos’è quel tono tentennante?! Hai dei dubbi? Non ami il tuo fratellino minore?”si offese Dante afferrando il fratello per un braccio e attirandolo a sé, rischiando di farlo cadere dalla sedia. “Avanti, di’ che mi vuoi bene anche se sei sempre scorbutico e freddo con me!”.

“Dante, lasciami! Mi fai cadere!”.

“Dillo!!”.

“Ma scusa ti ho già detto di sì! Ti voglio bene, Dante. Contento?? E ora mollami!!”.

Per tutta risposta il minore diede l’ennesimo strattone al gemello. “È Dan, non Dante!! E no, non ti lascio! Perché tu sei mio e non di quelle Tenebre di cui stava parlando papà!”.

Vergil arrossì lievemente, scuotendo il capo. Quanto era ingenuo suo fratello. “Dante, sei un idiota! Non parlare di cose che non capisci! E mollami una buona volta!!”.

Sparda assisteva divertito alla scena e rise quando i gemelli, a furia di strattonarsi a vicenda, finirono entrambi per cadere dalla sedia. Finché ci sarebbe stato Dante, non avrebbe dovuto preoccuparsi di Vergil, quella era l’ennesima prova. Il primo era sempre capace di distogliere il secondo dal suo oscuro interesse ed era certo che con il tempo avrebbe potuto insegnargli a vivere. “Basta, non azzuffatevi nel mio ufficio!”fece senza smettere di sorridere, scuotendo il capo. “Rischiate di buttarmi all’aria tutti i libri! Andate un giardino!”.

“Hai terminato il discorso, Padre?”domandò Vergil, bloccando Dante contro il pavimento e sedendogli sopra a cavalcioni.

“Sì, potete andare. Non ne riparleremo più, Vergil, a meno che non sia tu a chiedermelo”sospirò il demone, lanciandogli un’occhiata significativa. “Spero che il discorso di oggi serva a farti riflettere”.

“Certo, Padre”rispose il bambino, mollando la presa sul gemello che continuava a lamentarsi. “Muoviti, Dante, fila a prendere la tua spada. Io ti aspetto di sotto”. Si alzò e raccolse la katana che aveva lasciato di fianco alla poltrona, uscendo dalla porta inseguito dal fratello che urlava: “Uffa, aspettami, Verge!!”.

‘Spero davvero che tu abbia capito, Vergil...’pensò Sparda tornando a concentrarsi sui suoi documenti. ‘E spero che tu, Dante, possa trovare il modo di non lasciare mai tuo fratello da solo...’.

 

La neve era caduta fino a coprire tutta l’area circostante con uno strato candido di cinquanta centimetri buoni. Tutti i suoni erano ovattati e gli unici rumori che turbavano la quiete erano i rami che scricchiolavano sotto il peso di tutto quel bianco e che ogni tanto se ne liberavano facendolo cadere al suolo.

Dante avanzava in fretta in mezzo alla neve, Rebellion assicurata sulla schiena, desideroso di raggiungere il prima possibile la meta. Sapeva bene che sua madre sarebbe stata furiosa se lo avesse saputo, come del resto era accaduto le altre volte, ma lui era convinto che prima o poi avrebbero dovuto iniziare in qualche modo e quella era la strada più veloce. Ora che Sparda non c’era più sarebbe toccato a loro continuare il suo lavoro. E visto che per i demoni erano ancora troppo giovani ed inesperti, tanto valeva cominciare dai criminali normali.

Di fianco a lui Vergil camminava con più calma, attento a quello che li circondava, la mano appoggiata sull'elsa di Yamato che portava legata al fianco. Non era per nulla entusiasta dell'idea che aveva avuto suo fratello. Anche se si trattava di umani e non di demoni, gli pareva avventato precipitarsi sul posto senza un piano. Non che lo preoccupasse lo scontro in sé ma più che altro non gli andava di rischiare di avere più noie del previsto. Alla fine, però, come sempre aveva ceduto alla testardaggine dell’altro e aveva accettato di aiutarlo di nuovo. E avrebbe continuato a farlo nonostante ogni volta giurasse a sé stesso che quella sarebbe stata l'ultima. Sapeva che altrimenti ci sarebbe andato da solo e non poteva permetterlo. Ora che loro padre era scomparso era lui, in quanto figlio maggiore, a doversi occupare della famiglia e a dover proteggere i suoi membri.

“Ehi, Verge, cos’è quella faccia? Non sei contento? Stiamo lavorando!”esclamò il minore dei figli di Sparda, l’eccitazione ben udibile nel tono di voce.

“Neanche un po’. Non stiamo lavorando, stiamo solo andando a stendere degli stupidi umani, Dante, e non è neanche la prima volta, altrimenti magari potrei capirti. E non chiamarmi Verge, sai che lo odio”rispose l'altro lanciandogli un'occhiataccia. “E poi da quando ti entusiasmi così tanto parlando di lavoro? Di solito sei talmente pigro che trovi una scusa per evitare di fare tutte le commissioni che nostra madre ci dà”.

“Ma questa è una cosa diversa! Insomma, come puoi fare un paragone del genere?! Vuoi mettere l’emozione che puoi provare rifacendo il letto e quella che ti suscita un combattimento?”ribatté Dante. Suo fratello certe volte gli pareva irrecuperabile. Da quando loro padre se ne era andato, poi, era peggiorato. Era diventato molto più taciturno e solitario e aveva preso il vizio di coprirsi il volto con quell'antipatica maschera impassibile che non abbandonava quasi mai se non in rari momenti quando erano soli. Gli era anche venuta la fissa di dover fare tutto lui da solo, come se fosse l’unico in grado di farlo. Poi, se qualcosa andava storto, anche se non era stata colpa sua, non se lo perdonava e restava per giorni con l’aria di un condannato a morte. Diceva sempre che avrebbe dovuto evitarlo, che avrebbe dovuto prevederlo. E poi giù con la storia che era troppo debole per fare le veci di Sparda. Da un lato il comportamento di suo fratello lo irritava, ma dall'altro lo preoccupava molto di più: Vergil era diventato strano, passava ore sui libri a studiare di tutto e di più e il resto del tempo lo spendeva in allenamenti massacranti. Doveva diventare più forte, diceva, doveva ottenere il potere di loro padre. Lui lo teneva d'occhio costantemente perché temeva che potesse fare qualche cavolata e aveva notato che anche Eva era turbata da quegli atteggiamenti che per nulla si addicevano ad un tredicenne. Perciò cercava di coinvolgerlo nelle sue missioni improvvisate, per tirarlo fuori da quello studio polveroso in cui trascorreva tutto il tempo che non passava con Yamato in mano.

“Non noto questa grande differenza, se devo essere sincero. Combattere con quegli umani mi annoia. Preferisco scontrarmi con te”rispose atono Vergil. Non capiva cosa ci trovasse di tanto eccitante suo fratello in quelle piccole scaramucce. Loro erano demoni, anche se solo per metà, e di conseguenza la maggior parte degli umani non era minimamente al loro livello, nonostante fossero ancora due ragazzini.

“Uff, sei impossibile, Ver!”.

“Senti chi parla. E non chiamarmi neanche Ver. Ti ho detto che odio i diminutivi”.

“Che palle. Sei noioso!”.

“E tu sei un idiota. E ora muoviamoci a sistemare questa faccenda così possiamo tornarcene a casa. Devo finire di studiare. E non ho ancora fatto i miei esercizi”.

“Come puoi avere da studiare se non andiamo neanche a scuola?!”.

“Io, al contrario di te, ci tengo alla mia istruzione e quindi mi sono fatto un piano di studi. Se ti ricordi ti avevo anche chiesto se volevi studiare con me, ma tu avevi detto che quella “robaccia” non faceva per te”.

Dante sbuffò ma non ribatté. Tanto aveva sempre ragione Vergil. Che palle, ancora una volta quell’antipatico era riuscito a rovinargli l’atmosfera.

Fortunatamente anche quella volta andò tutto secondo i piani e nel giro di una mezz’ora i due gemelli avevano sistemato e consegnato alla polizia i loro avversari. Il minore si era trattenuto per scambiare insulti con il capo della banda di criminali finché suo fratello non l'aveva afferrato per la collottola e trascinato via di peso e ora i due stavano di nuovo attraversando il bosco diretti alla loro abitazione.

“Però potevi lasciare che mi divertissi un altro po’ con quel tipo”borbottò Dante dopo diversi minuti di silenzio.

“Perché avrei dovuto farlo? Siamo già in ritardo. Nostra madre sarà a casa tra meno di un’ora e io non ho nessuna voglia di sorbirmi la sua ennesima ramanzina per colpa tua. Sai bene che non apprezza quello che facciamo”ribatté Vergil, voltandosi indietro a guardarlo, leggermente irritato.

“Va bene, va bene, non ti scaldare”fece lui rassegnato. Poi un ghignetto gli si allargò sul volto. “Però sei troppo noioso, Ver. E questo non va bene”.

“Mi sembrava di averti detto di non chiamar...”iniziò a dire il maggiore, ma fu costretto a bloccarsi quando una palla di neve lo raggiunse in piena faccia. “Dante! Razza di idiota!”.

Il suo gemello scoppiò a ridere come un matto. “Scusa, ma non sono riuscito a resistere!”riuscì a dire tra le risa.

“Sei un cretino di prima categoria!”ringhiò Vergil voltandosi, con aria risentita.

“Oh, andiamo, Vergil, non ti sarai mica offeso per così poco?”cercò di calmarlo Dante. “Su, non...”. Ma questa volta fu lui ad essere colpito in pieno da un proiettile bianco. “Brutto stronzo!”esclamò allora lanciando un’occhiata divertita al ghignetto che era spuntato sulle labbra di suo fratello. “Vuoi la guerra, eh? Oh, preparati, perché ti accontento all’istante!”.

I due ragazzini iniziarono la loro battaglia rincorrendosi per tutto il bosco e colpendosi senza pietà e anche abbastanza violentante con le palle di neve. Dante non riusciva a smettere di ridere e anche sul viso di Vergil si era aperto uno dei suoi ormai rari sorrisi.

Ad un certo punto si ritrovarono sull’orlo di un burrone. Il minore si spinse incautamente fino al bordo del baratro e si sporse per guardare giù. Diversi metri sotto di lui scorreva un fiume che poi sarebbe andato a gettarsi nel lago che c'era più a valle. In quel momento le acque erano coperte da un leggerissimo strato di ghiaccio per via del freddo e l’orlo del burrone era alquanto scivoloso.

“Accidenti che bel salto! Non deve essere una bella esperienza farsi un tuffo da quassù”commentò il mezzo demone.

“E allora levati dal bordo o rischierai di cadere sul serio, idiota”lo apostrofò suo fratello, afferrandolo per la giacca.

“Ma figurati! Non sono mica così scemo!”protestò lui, liberandosi dalla sua presa. Ma proprio nel farlo mise il piede su una lastra di ghiaccio e perse l’equilibrio.

Fortunatamente Vergil lo afferrò a volo, impedendogli di cadere, ma ottenendo al tempo stesso di perdere a sua volta l’equilibrio e di scivolare oltre il bordo del baratro trascinando con sé anche il gemello. Dante si ritrovò a terra, il braccio di suo fratello stretto tra le mani, mentre quest'ultimo era sospeso sopra il fiume.

“Dante, per l’Inferno! Sei un idiota!”urlò Vergil, cercando un appiglio, ma le pareti di roccia erano completamente coperte di ghiaccio e scivolavano sotto la suola dei suoi stivali.

“Mi spiace, Ver! Non volevo farti cadere!”esclamò Dante, tentando in ogni modo di tirare su l’altro, ma per via del ghiaccio neanche lui riusciva a fare presa sufficiente sul terreno. “Dammi l’altra mano! Non riesco a tirarti su così!”.

“Ma sei scemo?! Se provi a tirarmi su cadiamo tutti e due!”.

“E allora che dovrei fare?!”.

“Lasciamo andare!”.

“CHE?! Ma così finisci di sotto! Sei impazzito per caso?!”.

“Meglio uno che entrambi. Non mi ucciderò, non temere! É l'unica cosa che possiamo fare! Ho perso l’equilibrio come un cretino e adesso ne devo pagare le conseguenze!”.

“Ma allora sei scemo forte! Perché ti devi sempre addossare tutte le colpe?! Maledizione a te! Ho anche io la mia parte di responsabilità. Siamo in questa situazione perché IO ho fatto il cretino! Che c'entri tu?! E non ho nessuna intenzione di lasciati cadere!”.

“Non ha senso che tu ti faccia male solo perché io non sono stato capace di restare in piedi! Se non sono capace di tirarmi su da solo peggio per me! Lasciami, ho detto!”.

“Vergil, cazzo! Ti ho detto che non è colpa tua! E poi non é che devi fare sempre tutto da solo! Se io ti voglio aiutare non puoi impedirmelo!”.

“Ma così cadremo in due sul serio! E poi se io fossi stato più attento, non...”.

“E chi se ne frega! Io non ho nessuna intenzione di lasciarti andare! Anche se per far questo dovessi finire per cadere con te! Dannazione, Vergil, siamo gemelli, se non ci aiutiamo tra noi, che senso ha? E poi ti ricordi cosa diceva sempre nostro padre? Che dovevamo stare sempre insieme, qualunque cosa fosse successa, perché da soli non si va da nessuna parte. E quindi se dobbiamo cadere, cadiamo in due! Io non ti abbandono!”.

I due rimasero a fissarsi in silenzio per qualche attimo. Il discorso di Dante aveva lasciato Vergil senza parole. Lui aveva sempre preteso di fare tutto da solo, nonostante quello che diceva Sparda. Perché era ancora convinto che solo essendo in grado di fare tutto avrebbe potuto proteggere come si doveva le persone a lui care. E ora Dante si impuntava a mettersi in pericolo per aiutare lui. Scosse il capo. “Dante...”iniziò a dire ma proprio in quel momento suo fratello perse la presa sul suo braccio e lui si sentì cadere. Il minore si sporse ancora di più e riuscì ad afferrarlo, ma i due non ebbero neanche il tempo per guardarsi di nuovo che anche Dante scivolò oltre il bordo del baratro.

L’urto con l'acqua gelida non fu per nulla piacevole. Vergil si sentì strappare con violenza il fiato dai polmoni e per un attimo ebbe paura che le forze lo abbandonassero prima che potesse raggiungere la superficie, ma poi l’aria invernale tornò a sfiorargli il viso. Si guardò immediatamente intorno alla ricerca di suo fratello e quello emerse quasi subito di fianco a lui.

“Maledizione che freddo!!”esclamò Dante battendo i denti. “E cazzo che male! Ho sbattuto la faccia, credo”.

“Dante, io ti uccido!”lo aggredì lui, furioso, riuscendo ad afferrarlo per la collottola nonostante tutti i suoi movimenti fossero resi più difficili ed impacciati per via del gelo. “Potevi farti male sul serio! Perché non mi hai lasciato cadere e basta?! Sei una testa di cazzo!”.
L’altro mezzo demone lo guardò irritato. “Ancora con questa storia?!”esplose. “Vergil, hai rotto! Tu non sei Sparda e non lo sarai mai! Quindi piantala di pretendere di voler fare tutto quello che poteva fare lui! Non ha senso, non capisci che non puoi?! Non sei un demone!”. Le parole peggiori che avrebbe potuto dire. Dante se ne accorse troppo tardi, portandosi una mano alla bocca. “Ver, mi spiace, io...”.

“No, Dante, hai solo esposto i fatti”lo interruppe Vergil, scuro in volto, mollando la presa su di lui. Il suo tono era gelido e inespressivo, ma i suoi occhi erano pieni di rabbia. “Usciamo da queste maledette acque o rischieremo di morire congelati”.

L’altro scosse il capo con un sospiro ma non ribatté.

I due ragazzini raggiunsero la riva e poi si affrettarono a tornare alla loro abitazione, senza scambiarsi una parola per tutto il tragitto. Una volta a casa si liberarono dei vestiti ghiacciati e si cacciarono nella vasca piena di acqua bollente, seduti uno di fronte all'altro. Vergil era perso nei suoi pensieri e fissava distrattamente il vuoto davanti a lui, mentre Dante si stava ancora dando del cretino per aver detto quelle cose.

“Ehi, Verge”fece il minore dopo diversi minuti, rompendo il silenzio teso che si era creato tra loro. “Mi dispiace di aver detto quelle cose e soprattutto di averle dette in quel modo”.

“Ti ho detto che non fa nulla”fu la risposta atona.

“No che non fa niente! Ti ho ferito e mi dispiace!”.

Suo fratello sospirò. “Non è colpa tua se la verità fa male, Dante”commentò amaramente. “Hai ragione, io non sarò mai come nostro padre, sono solo un povero mezzosangue. Come posso competere con un demone? Sono impotente”.

Lui scosse il capo e gli si avvicinò, allungando le braccia per stringerlo a sé. “Non dire cagate, Ver. Ora sei tu l’idiota. Hai fatto un sacco di cose da quando papà se n’è andato. Io non so cosa avrei fatto senza di te”gli disse con un sorriso. “E neanche la mamma. Hai visto quanto stava male. Tu non ti sei lasciato andare alla disperazione nonostante tutto e hai saputo risvegliare anche lei dallo stato di trance in cui era caduta. Hai fatto molto di più di quello che ci si aspettava da te”.

“Ma ciò non toglie che, se quei bastardi che davano la caccia a nostro padre dovessero farsi vivi, io non saprei proteggervi. È per questo che voglio il potere di nostro padre, ne ho bisogno”protestò Vergil. “E quelli verranno, Dante, ne sono certo. E allora sarà la fine. Ma forse, anche se trovassi il modo di ottenere quel potere, sarei comunque troppo umano per gestirlo”.

“Non è detto. Magari scopriresti che neanche ti serve quel dannato potere. Non sei da solo, ci sono anche io! Insomma, insieme noi due siamo Sparda, non credi?”insistette Dante, deciso.

Il maggiore lo guardò scettico, ma poi un sorriso gli illuminò il volto. “Hai ragione. Il fatto è che tendo a dimenticarlo spesso. Troppo spesso. Forse perché sono io che sarei perso senza di te, sperduto in balia delle mie ossessioni”.

“Non dire così, Ver. Tu hai la forza per sconfiggerle, devi solo crederci e non lasciarti schiacciare. E poi anche io ho una cosa da confessare, visto che siamo in vena. A te fa schifo essere per metà umano, a me dà fastidio essere un mezzo demone. Insomma, siamo imparentati con degli esseri rigurgitati dall'Inferno che lasciano dietro di loro solo sangue e distruzione. Io non voglio diventare così!”.

“E non lo diventerai, Dante. Siamo metà e metà. Possiamo scegliere quale dei due essere. O trovare il modo di essere entrambi, anche se non sarà facile”. Il minore dei gemelli guardò suo fratello un po’ confuso. Odiava quando l’altro si metteva a fare quei discorsi così astratti che a lui dicevano poco o nulla. Vergil gli lesse in faccia quello che stava pensando e ricambiò l’abbraccio. “Un giorno capirai cosa intendo, Dante. Comunque penso che tu abbia ragione. Dobbiamo stare insieme, ci completiamo a vicenda”.

“Se lo dici tu...”fu la risposta poco convinta. “Ver, mi prometti una cosa?”.

“Tutto quello che vuoi, Dan”.

“Promettimi che farai come ci disse nostro padre, che mi insegnerai ad essere un demone e lascerai che io ti impedisca di perdere la tua parte umana. Giurami che non mi lascerai mai”.

“Te lo giuro, Dante. Qualunque cosa accada, anche se fisicamente saremo separati, io non ti lascerò mai davvero e troverò il modo di tornare da te”.

Rimasero in silenzio nuovamente, stretti uno all'altro, ma questa volta era un silenzio diverso, pieno di intesa e calore. Poi Vergil parve finalmente accorgersi della posizione in cui si trovavano e spinse via il fratello. “Va bene, va bene, basta romanticherie! E non starmi così attaccato, sai che mi dà fastidio! E poi cacchio, non siamo neanche vestiti!”borbottò avvampando.

Dante scoppiò a ridere. “Cos’è, Verge, ti vergogni anche di tuo fratello adesso? Andiamo, siamo due maschi e siamo gemelli, è come se stessi abbracciando te stesso!”ribatté divertito dalla sua reazione. “ E poi a me piace starti appiccicato, mi fa sentire bene!”.

"Non fa nulla. Mi dà fastidio lo stesso. E non dire cagate!”fu la risposta imbarazzata.

“Ah sì? Ti dà così fastidio, fratellone? Non avresti dovuto dirmelo! Adesso vedi!”. Sul volto del minore comparve un ghigno decisamente poco rassicurante e lui saltò addosso al gemello tentando di mettergli la testa sott’acqua e cercando di stargli il più attaccato possibile.

“Dante!!”urlò Vergil, furioso, tentando senza successo di levarselo di dosso. “Sei un idiota! Smettila, cretino! E attento a dove metti le mani!!!”. Gli rifilò un pugno in pieno stomaco, ma senza successo perché l’altro, dopo essersi bloccato un attimo preso alla sprovvista dal colpo, ritornò all’attacco. Lui non poté impedirsi di sorridere mentre infuriava quello che era a metà tra una rissa e una scherzosa dimostrazione di affetto. Era certo che finché Dante fosse stato con lui, non avrebbe ceduto alle tenebre.

 

Era avvenuto tutto così dannatamente in fretta, senza preavviso. Un attimo prima era una giornata qualunque, con le solite cose, le solite conversazioni, le solite, care immagini. Quello dopo era esploso l’Inferno. La scena si era svolta sotto i suoi occhi in maniera quasi surreale. I rumori erano come attutiti, le immagini correvano lentamente di fronte ai suoi occhi. Aveva visto sua madre cadere sotto quegli strappi rossi che si erano aperti nel suo vestito candido. L’aveva sentita gridare, gridava a loro di salvarsi mentre quei bastardi insozzavano di rosso la sua luce fino a soffocarla. Poi aveva visto suo fratello dibattersi con tutte le sue forze in mezzo a quelle lame incrostate di sangue, Rebellion che li trapassava feroce come solo il dolore e la disperazione possono essere. Lo aveva guardato lottare finché la sua vista non si era fatta troppo sfuocata da impedirglielo. E infine aveva visto sé stesso combattere contro quei mostri assetati di sangue. Lo avevano ferito a morte, avevano marchiato senza pietà la sua pelle con cicatrici che non sarebbero mai scomparse del tutto, ma lui non si era fermato, aveva continuato a combattere meccanicamente, lasciando che le loro armi continuassero a straziare il suo corpo. Era come in trance, quasi non sentiva il dolore. Si faceva largo tra falci e artigli, in una foresta di occhi rosso sangue, quasi a cercare lo scontro.

Poi era successo. Nel vecchio cimitero abbandonato vicino alla loro abitazione. Il suo corpo aveva ceduto allo sfinimento e quelli lo avevano inchiodato a un lapide. Era stato allora che aveva sentito quel potere invaderlo, che la sua seconda natura si era mostrata in tutto il suo orrendo splendore. Immagini confuse, le grida di quei bastardi, il rumore delle ossa e del ferro che si spezzavano, il sapore del sangue, suo ed estraneo. E alla fine il silenzio. Un silenzio di morte, sacrale, segno della fine di una parte irrimediabilmente persa della sua esistenza e dell'inizio della sua nuova, distruttiva ricerca.

Si era svegliato coperto di sangue e con i vestiti stracciati in mezzo alle macerie senza vita di quella che era stata la sua casa, con la consapevolezza di essere morto. Il ragazzino che era stato e che aveva iniziato a scomparire il giorno in cui Sparda aveva lasciato la terra se n’era andato per sempre. Ora restava il neonato demone che sarebbe vissuto per appropriarsi dell’eredità demoniaca del Cavaliere Oscuro. Di Dante non c’era traccia, ma lui era sicuro che suo fratello era vivo e che prima o poi si sarebbero incontrati di nuovo. Per quel giorno avrebbe avuto la forza che sarebbe servita a proteggerli entrambi da quel mondo a cui erano tanto estranei e in cui non avevano più punti di riferimento. Per il momento non poteva fare altro che abbandonarlo al suo destino, non era abbastanza forte per crescere accanto a lui dopo quello che era accaduto. Dante se la sarebbe cavata, era più forte di lui da quel punto di vista. Aveva fatto la sua scelta, avrebbe preso la via delle Tenebre per poi emergere nella Luce più abbagliante. E avrebbe rimesso tutto apposto. Comunque non avrebbe rotto la promessa fatta: ovunque fosse andato una parte di lui sarebbe rimasta con Dante. Strinse il medaglione che portava al collo. Finché avesse avuto quella pietra nulla avrebbe potuto separarli. O almeno così credeva. Non poteva immaginare a cosa lo avrebbe portato il sentiero buio che si accingeva a percorrere.

“Dante. Io salverò entrambi, qualunque cosa dovesse accadere. Troverò il potere di nostro padre e poi insieme lo faremo rinascere. Non mi perderò, saprò tornare da te, te l'ho giurato. Le stelle insanguinate di questa notte e il sole sorgente di questo nuovo giorno mi siano testimoni!”.


“VERGIL! NO, NON LASCIARMI!”.


‘Dante...’. Vergil riaprì gli occhi di scatto. Non sapeva se la voce che aveva sentito era reale o parte di un ricordo rimosso. Troppo infantile per appartenere al presente, troppo adulta per essere di quell'epoca. Ma poco importava. Non poteva lasciarsi andare, aveva fatto una promessa che non poteva infrangere. E proprio in virtù di quella promessa lui non poteva aver cercato il potere di Mundus. Aveva giurato di diventate degno erede di suo padre e, per quanti sbagli potesse aver fatto, non poteva aver rotto il giuramento. Avrebbe dovuto rendersene conto. Aveva accettato di recuperare Kasreyon in cambio del potere di Sparda, non per altro. Forse aveva perso di vista il vero motivo della sua ricerca ma dentro di lui quella ragione era rimasta viva. Come aveva potuto scordarlo? Come aveva potuto permettere che le Tenebre gli offuscassero la mente fino a fargli scordare chi era? Tentò di muoversi, ma il suo corpo non aveva più l'energia per rispondergli. Eppure non poteva finire lì. Doveva esserci un modo per uscire da quel limbo maledetto ora che aveva ritrovato la strada!

“Svegliati, Vergil Sparda”. Un’altra voce, così familiare eppure altrettanto estranea, lo accarezzò, poco più di un sussurro, ma calda e luminosa. Avvertì le forze tornargli di colpo. Poteva uscire da quell'incubo infernale.

Allungò le mani e le strinse sulla lama che gli trapassava il petto. Non sarebbe morto lì. Aveva troppe faccende in sospeso. Doveva chiedere scusa a sua madre. Doveva onorare la memoria di suo padre. Doveva raccontare la leggenda di Sparda a Magornak. Doveva ringraziare la figlia di Arkham per essersi presa cura di suo fratello. Doveva recuperare con Dante il tempo perduto. Il sangue usciva copioso e di nuovo rosso dalle sue mani e con esso il dolore, ma lui strinse i denti fino ad estrarre l’arma dal proprio petto.

Kasreyon lo fissava incredulo, incapace di credere a quello a cui stava assistendo. Fino a qualche secondo prima il figlio di Sparda era completamente avvolto dalle Tenebre, sconfitto, troppo stanco e pieno di sensi di colpa persino per lasciarsi morire. Ora i fasci di buio che imprigionavano il suo corpo erano completamente spariti e nei suoi occhi di nuovo azzurri brillava una forza immensa nonostante la sua anima fosse ferita a morte. Una sola volta aveva visto quello sguardo: quando Sparda lo aveva messo in ginocchio e incatenato per l'eternità. Guardò il giovane raccogliere Yamato da terra e mettersi in posizione di combattimento, seppur vacillante. E seppe che non avrebbe più potuto prendere la sua anima. Troppa Luce aveva inquinato le sue Tenebre.

Sparda, questa volta sarai tu a soccombere!”ruggì furioso scagliandosi su di lui.

“Questo è tutto da vedere, Kasreyon! Pagherai per quello che mi hai fatto passare e per aver fatto soffrire anche mio fratello!”esclamò Vergil in risposta, parando il colpo. Avvertì un dolore profondo percorrere come una scarica elettrica tutto il suo corpo per il contraccolpo, ma ciò non bastò a togliergli il sorriso vittorioso dalle labbra. Il suo avversario l’aveva chiamato con il nome di suo padre. E come tale si sarebbe comportato. Sapeva che non poteva resistere a lungo, quindi doveva concludere quello scontro immediatamente. E c'era un unico modo per farlo. Con la mano libera afferrò di nuovo la lama del suo nemico. La sua carne martoriata urlò per la nuova ferita, ma lui ignorò la sofferenza e strinse ancora di più la presa sul metallo tagliente e intriso di Oscurità.

Figlio di Sparda, non oserai...”iniziò Kasreyon ancora più incredulo tentando di liberare la lama dalla presa del giovane, ma lui la scostò e senza attendere un attimo di più gli piantò Yamato dritta nel petto. Il sangue nero schizzò ovunque insieme al gemito rabbioso del demone.

“È più divertente quando lo faccio a Dante”commentò il mezzo demone con un ghigno cattivo. “Lui mi dà più soddisfazione!”. E spinse la lama verso l’alto fino a liberarla dalla carne dell'arma demoniaca. Quella si disintegrò in un'esplosione di luce bianca che investì anche il resto del limbo di luce nera, cancellandolo e penetrando negli squarci della sua carne. Il dolore si attenuò fino a scomparire, mentre lui veniva accecato da quel bagliore che però non gli fece male, anzi parve ristabilirlo del tutto.

Vergil si mise a sedere di scatto, ansimando. Era di nuovo nella sala del sigillo e, cosa più importante, era finalmente di nuovo padrone di sé stesso. Aveva sconfitto le Tenebre annidate nella sua anima. Istintivamente abbassò lo sguardo sulle parti del suo corpo in cui avrebbero dovuto trovarsi le ferite, ma non ne trovò traccia. Erano davvero solo ferite della sua anima allora. Ferite che quella luce misteriosa aveva curato.
Alzò gli occhi e incrociò quelli viola e pieni di lacrime di Magornak. Il suo protetto era accucciato al suo fianco e il suo viso rifletteva il senso di liberazione e sollievo che il mezzo demone avvertiva dentro di sé. Non poté evitare di notare che quelle iridi ametista brillavano molto più del solito. La luce che vi splendeva era la stessa che lo aveva svegliato, ne era certo. Un pensiero lo colpì. La voce che aveva udito era quella di Magornak.

“Magornak...”cominciò, ma il demonietto lo interruppe.

“Non ora, Vergil. Devi andare da tuo fratello! È parecchio nei guai!”gli disse indicando lo scontro feroce che era in corso al centro della stanza. “E Mary è stata ferita...”.

Il giovane annuì e si alzò. “Magornak, va’ da Lady. Difendila a costo della vita, chiaro? A quel bastardo ci pensiamo io e Dante”ordinò. “Poi mi dovrai spiegare un paio di cose. Ma solo dopo che avremo fatto il culo a quello stronzo”.

La creaturina annuì e corse via determinato a eseguire alla lettera quell’ordine non appena il suo protettore ebbe finito di parlare. In un’altra occasione sentire il mezzo demone dire tante parolacce tutte in una volta lo avrebbe stupito e lui non avrebbe potuto evitare di dire che a parlava come suo fratello, ma decise che non era il caso e che era meglio rimandare tutti i commenti a dopo che avessero risolto quella brutta faccenda. E poi i suoi pensieri erano presi da tutt’altro: Vergil si era finalmente svegliato. Ed era di nuovo il suo Vergil. Ora tutto sarebbe andato a posto. Sparda era di nuovo lì adesso che entrambi i suoi figli erano schierati uno accanto all’altro. Era giunta la fine di quella brutta storia, una storia che aveva avuto inizio più di due millenni prima in quello stesso antro, quando uno scontro simile si era consumato tra quelle stesse mura di pietra. Non aveva la più pallida idea di come facesse a sapere quelle cose, ma, mentre si inginocchiava accanto a Lady e iniziava ad esaminarle le ferite, era anche certo che una volta conclusa quella battaglia sarebbero arrivate tutte le risposte. E lui avrebbe finalmente ricordato.

 

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Good afternoon people!!
I’m back! Con un po’ più di anticipo rispetto al solito…e meno male!! Dai, sono stata brava questa volta, il capitolo è anche lunghetto…ero stata tentata di fermarmi ai ricordi, però poi mi sono detta che mi avreste ammazzato se dopo avervi fatto aspettare una settimana vi avessi postato tre falshback in apparenza privi di senso senza dirvi cosa succedeva a Vergil…quindi ho pensato di aggiungere anche la parte dopo!!
Forse questo capitolo necessita di qualche spiegazione, soprattutto per la scelta dei ricordi. Ho cercato di inventarmi degli episodi che potessero spingere Ver a reagire e a capire che Kasreyon lo stava solo prendendo per i fondelli per farlo cedere. Il primo gli ricorda che, nonostante tutto, lui a modo suo aveva cercato di seguire gli insegnamenti di suo padre e poi serve a me per far presagire una cosa che avverrà nello scontro tra i gemelli e Kasreyon. Il secondo è la promessa che Vergil fa a Dante e che gli fa ricordare da dove è partito. Il terzo è più che evidente. Il momento che ha segnato l’inizio della degenerazione della sua ossessione. Comunque tutti e tre i flashback contengono lo stesso messaggio: lui non è andato in cerca del potere fine a sé stesso ma per una motivazione ben precisa, proteggere le persone a cui tiene, e che non è affatto vero che è andato a cercare il potere di Mundus visto che lui, nonostante tutto, pur lasciando da parte il suo obiettivo iniziale, inconsciamente ha sempre e solo voluto quello di Sparda, non il potere in generale. Non si è mai perso del tutto e non è troppo tardi per reagire.
Spero che abbiate capito qualcosa di quello che ho detto. Io non l’ho capito quindi tranquilli!! XD L’unica cosa certa è che siamo allo scontro finale! Adesso che i due gemelli sono di nuovo fianco a fianco riusciranno a toglierci finalmente di torno Kasreyon?? E poi che cosa succederà? E Magornak? Quella pazza dell’Autrice si deciderà finalmente a dirci chi è?? Ehm…forse u.u
Ho parlato a vanvera anche troppo!! Me ne vado!
Baci e abbracci alle mie recensitrici, Rakelle, ninjiapiccina, Hikari Sama, Bloody Wolf e doc11!! Grazie ragazze non so cosa farei senza di voi!! >.Shi, lo so, smetterei di postare u.u Un abbraccio anche alle mi altre ragazze,
Xeira_, Pride_, LadyVergil e Alice Mudgarden!! Grazie anche a chi legge/segue/preferisce la storia!! Per me è molto importante!!
Alla prossima! Sperando che non ci metta un anno…
Mystic

  
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