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Autore: Una Certa Ragazza    28/07/2011    5 recensioni
Quando il Generale Maggiore Roy Mustang subisce un attentato, a Riza Hawkeye non resta altro da fare se non vendicarlo. Ma chi si nasconde davvero dietro all'organizzazione terroristica che semina distruzione in tutto il paese? Nonostante le premesse non è una storia tragica. Royai con meno fluff possibile. Longfic, post-brotherhood e manga. Giallo per precauzione.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! Ancora qui a scocciare... devo finire la storia nel più breve tempo possibile perchè dev'essere pronta entro il 2 settembre (compleanno della mia migliore amica, auguri Je!). Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, seguito, letto. Continuate a farmi sapere le vostre opinioni!
In questo capitolo non ci sarà praticamente niente (di nuovo, scusate! Prometto che nel prossimo ci sarà più azione), a parte Ed, Havoc e Rebecca che inseguono Riza e intanto parlano, Nuovo Personaggio e una breve apparizione di Winri.
NOTE: Nel capitolo viene citato Al. Nel periodo in cui si svolge la storia Al è a Xing perchè ha deciso di prolungare la sua presenza lì (chissà perchè), è per questo che l'unico modo per contattarlo è inviargli una lettera.

Ultima breve incursione prima di lasciarvi alla storia: all'inizio dello scorso capitolo avrei voluto citare la splendida poesia "Blues in Memoria", ma mi sono ricordata il titolo solo l'altro giorno. La scrivo lo stesso qui perchè ci tenevo molto a mettercela, voi fate finta di niente. XD

"Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti e fra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino gli aereoplani lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano i guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l'amore fosse eterno: avevo torto.

Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai nulla può giovare."

 Allegra, nevvero? Comunque io la trovo bellissima, non si può partire dal presupposto che una cosa bella necessariamente ti eviti di deprimerti. Magari di tagliarti le vene sì, però.
Scusatemi ancora per avervi tediato, e ora... al capitolo!







“Non vi pensiate già, mia vita
Far senza me quest’ultima partita.
Di ciò, cor mio, nessun timor vi tocchi
Ch’io vo seguirvi in cielo o ne l’inferno
Convien che l’un con l’altro spirto scocchi
Insieme vada, insieme stia in eterno.
Non sì tosto vedrò chiudervi gli occhi
O che m’ucciderà il dolore interno
O se quel non può tanto io vi prometto
Con questa spada oggi passarmi il petto.”
                                                 “Orlando Furioso”, Ludovico Ariosto


«Riesci a vederla?» domandò Havoc.
«Sì.» disse Rebecca «È là davanti.»
«Quante possibilità abbiamo di raggiungerla?»
«Prima che sparisca dalla vista? Con questo traffico poche.»
«E di convincerla a tornare indietro?»
«Vuoi davvero saperlo?»
Le mani di Ed erano ancorate al sedile e stringevano spasmodicamente la copertura in pelle. Aveva un principio di mal di testa, come quando restava alzato a studiare fino ad un’ora indecente.
Il suo sguardo scivolò sul suo riflesso nel finestrino dell’auto. Si asciugò il viso con un gesto brusco e meccanico.
“Che fai, Acciaio?” gli pareva quasi di sentire la voce sarcastica del Generale “Piangi per me?”
“Non sto piangendo, traditore maledetto, ho solo gli occhi lucidi, è un problema?”
«Accidenti, non la vedo più.» sbottò Rebecca, compiendo una terrificante gimcana tra le auto che ostacolavano il suo percorso. Nessuno comunque osava suonare il clacson o protestare, vedendo che si trattava di un’auto governativa.
«Non ti preoccupare, Rebecca, l’unica cosa che c’è da questa parte è l’uscita Est di Central.» disse Havoc, che aveva aperto il finestrino e fumava come un  turco, lasciando una lunga scia profumata di tabacco nell’aria.
«Sta andando fuori città...» mormorò la donna.
Ed diede voce alla domanda che tutti e tre si stavano facendo: «Avrà già capito chi è stato?»
«E chi lo sa. Probabilmente sta solo cercando di seminarci.» fece Havoc.
«No.» affermò Rebecca, sicura «Sa benissimo che la stiamo seguendo, e se avesse voluto farci perdere le sue tracce l’avrebbe già fatto.»
«E l’ha fatto.» puntualizzò Havoc «Più o meno due minuti fa.»
«Non credo che le importi un accidente del fatto che siamo dietro di lei o meno.» commentò Edward, cupo.
Silenzio.
«Ma se non sa ancora cosa fare, dove sta andando?» domandò Havoc a mezza voce.
«Riza è nata nella campagna dell’Est. Forse sta andando nella sua vecchia casa a mettere in ordine i pensieri.»
«Come ti è venuta quest’idea?» ad Havoc sembrava abbastanza inverosimile.
«Certe cose un’amica le deve sapere.»
«Altre possibili mete?»
«East City?» propose Rebecca.
«Ishbal?» rilanciò Edward, con scarso entusiasmo.
«Può essere.» assentì Havoc «Il Generale ha... aveva molti sostenitori lì. Tutti soldati che hanno fatto la guerra e che non aspettavano altro che una possibilità per fare ammenda.»
«Sono troppi i posti dove potrebbe essersi diretta.» si lamentò Edward.
«Per adesso siamo sicuri che è andata da questa parte, comunque.» disse Rebecca.
«Non è così complicato, sapete? Potremmo chiamare il Comandante e informarlo sulla direzione presa dal Maggiore. La fermerebbero in qualsiasi città tentasse di passare...»
«Il Maggiore ha il diritto di decidere cosa fare, è adulta e vaccinata.» protestò Edward.
«E sconvolta.» completò Havoc.
Edward scosse la testa, pensando al Giorno della Promessa, ai sotterranei «Il Maggiore Hawkeye ha deciso da secoli che avrebbe seguito il Generale dovunque fosse andato. E l’ha deciso da lucida.»
Rebecca cercò con tutte le forze di non piangere perché stava guidando e non era il caso di andarsi a schiantare da qualche parte e mettere la ciliegina su quella giornata che faceva già abbastanza schifo così.
«Perciò dobbiamo lasciare che faccia una pazzia?»
«Saresti tanto egoista da fermarla, tu?» mormorò Rebecca.
Havoc tacque. L’aveva pensato anche lui, quando avevano saputo la notizia.
Edward si passò una mano tra i capelli. Anche lui avrebbe tanto voluto che il Maggiore si fermasse, però sapeva per esperienza personale che non si possono trattenere i morti.
E il Maggiore era morta nel momento esatto in cui il Generale aveva smesso di vivere.
«Dunque la seguiamo e basta?» fece Havoc.
«Esatto.»
«Ma se l’abbiamo persa di vista!» esclamò Havoc, esasperato «Voi donne avete un senso pratico vicino allo zero assoluto.»
«Pensa, e io che credevo non sapessi cosa fosse, lo zero assoluto.» L’irritazione di Rebecca vibrava nell’aria. Era nervosa, ci mancava solo che la facessero arrabbiare e avrebbe iniziato a sputare fiamme.
«La volete finire?» intervenne Edward. Poi si rivolse al Tenente Havoc: «Il Comandante Supremo ha sicuramente avvertito i distaccamenti delle altre città qui vicino perché riportino le mosse del Maggiore, se la vedono passare. A quel punto basterà chiedere indicazioni.»
«Già.» confermò Rebecca «Chiunque fa caso ad un’auto che sembra guidata da un pazzo...»
Breve pausa, durante la quale ognuno si limitò a fissare la strada.
«A proposito dell’auto» riprese Rebecca socchiudendo gli occhi «siete davvero stati così stupidi da lasciare le chiavi nel cruscotto?»
«No, era l’auto del Maggiore.» Havoc scrollò le spalle «Avrà avuto una chiave di riserva da qualche parte.»
«Mossa ancora migliore, non c’è che dire.» commentò Rebecca.
“Accidenti, questi due non vanno tanto d’accordo, eh?” pensò Ed, squadrando i finestrini alla ricerca di una via di fuga, in caso di conflitto a fuoco sui sedili anteriori.
Ma nonostante tutto l’auto continuò ad andare, e le persone dietro di loro pensarono che fosse strano che adesso le auto governative avessero anche il caminetto ma che in fondo non ci si doveva stupire più di nulla.

L’auto nera si avvicinò all’uscita Est di Central City nello stesso modo in cui facevano tutte le altre auto attorno a lei.
«Fermo lì.» intimò un soldato del posto di blocco al guidatore.
L’uomo abbassò il finestrino, rivelando occhi rossi e una carnagione scura.
Il soldato fece un cenno alle persone che aveva attorno a lui, le quali iniziarono a perquisire la vettura. Poi si rivolse ad una giovane con i capelli castani e gli occhiali in piedi accanto a lui: «È uno di loro, signorina Sheska?»
La ragazza scosse la testa con foga: «No. Il signore ha i capelli lunghi, i tre che ho visto avevano tutti un taglio molto corto.»
Dal retro della macchina provenne un forte bagliore, scatenato da un semplice cerchio alchemico.
«Nessuna traccia di polvere pirica, Sergente.» disse il giovane soldato che lo aveva disegnato.
Il Sergente lo ignorò e si rivolse direttamente all’uomo sull’auto, squadrandolo sospettoso: «Perché ti trovi a Central?»
«Sono uno scienziato.» rispose il suo interlocutore, quasi scusandosi «Ero venuto in città per via dell’esperimento del signor Elric, ma è stato cancellato tutto all’ultimo minuto.» si fermò per un attimo, pensieroso «Credo sia stato per la morte del Generale Mustang.»
«Quindi, nonostante sia passata poco più di un’ora, tu sai già cos’è successo al Tribunale Militare. Curioso.» disse il Sergente, stringendo gli occhi.
«Lo sa tutta la città.» si intromise timidamente Sheska «Ci sono stati moltissimi testimoni.»
«Comunque è strano, no?» insistette l’uomo piantando con insolenza il suo sguardo negli occhi rossi dell’altro «Uno scienziato di Ishbal.»
«Ho la tessera dell’Istituto di Ricerca di Ishbal e quella della Federazione degli Scienziati di Amestris.» replicò il malcapitato, cercando goffamente il portafoglio «Ecco qui.» disse, passando due cartoncini delle dimensioni di un biglietto da visita al soldato.
«Uhm. Com’è che voi avete istituti di ricerca?»
«Io mi occupo di tecnologie agrarie, stiamo cercando di risollevare l’economia della regione e...»
«Va bene, va bene, non è importante. Owen.» abbaiò, rivolgendosi al soldato che sapeva qualcosa di alchimia «Questa roba esiste davvero?» gli sventolò davanti le tessere.
«Certo, Signore.» disse il giovane, imbarazzato dall’aver a che fare con un tale cretino.
«Eppure, io dico che faremo meglio a trattenerlo. I terroristi sono degli Ishbalan, e dunque tutti quelli come lui andrebbero fermati per ulteriori accertamenti.»
Sheska era una persona estremamente tranquilla, una persona che quasi aveva paura di arrabbiarsi, ma questo era troppo.
Nel giro di un paio d’ore aveva avuto paura, aveva pianto, si era arrabbiata e poi era andata lì per dare una mano, perché lei aveva visto gli attentatori e voleva fare tutto quello che poteva perché fossero catturati.
E adesso il Sergente. Sapeva che il suo modo di fare non era dettato dai reali bisogni dello stato, ma da una sua personale miopia. Xenofobia.
Se il Generale Mustang fosse stato lì non avrebbe ammesso un comportamento del genere da parte di una persona su cui la gente avrebbe dovuto poter fare affidamento.
Il Generale non avrebbe lasciato che si passasse sopra ad una tale ignoranza e presunzione, e adesso doveva essere lei a difendere un’idea in cui lei stessa credeva.
«Quest’uomo ha tutto il diritto di passare!» tuonò, indispettita dal disprezzo nelle parole del Sergente «È un cittadino di Amestris quanto lei o me, e dal momento che ci ha dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio di avere i suoi motivi per essere in questa città e corrisponde alla descrizione dei terroristi quanto la famiglia che è passata poco fa va lasciato andare.»
L’uomo la guardò completamente spiazzato. Le persone gentili e calme, quando si arrabbiano, hanno lo stesso effetto di un terremoto in una zona a bassa attività sismica.
Fu più per la sorpresa che per reale volontà che il Sergente lasciò andare l’Ishbalan «Vai... vai pure.»
«Grazie.» annuì il guidatore con timidezza, riprendendo le sue carte dalle mani del soldato «E scusi il disturbo.» Partì in fretta, come se volesse a tutti i costi lasciarsi alle spalle il posto di blocco nel minor tempo possibile.
“Che cosa bizzarra.” pensò Owen, mentre l’uomo si allontanava e Sheska e il Sergente iniziavano una discussione sul razzismo e l’identità nazionale e i pari diritti “Un Ishbalan che chiede scusa... pensavo che fossero persone piuttosto orgogliose ma in effetti se ci riflette c’è gente di tutti i tipi in tutte le etnie. Chissà se oggi mamma ha fatto il minestrone...”
A poco meno di un chilometro da lì, l’uomo dai capelli lunghi sorrise sulla sua decapottabile scura.

«Tenente Havoc» fece Rebecca, allarmata «cos’è questo rumore?»
Havoc tese l’orecchio. Era qualcosa come...un ringhio basso. O come le nuvole quando cozzano tra di loro e si prepara un temporale. «Forse il motore perde colpi.» disse, aggrottando le sopracciglia.
«Non è la macchina.» borbottò Edward, rannicchiato sul sedile posteriore «È che il mio stomaco è il primo esempio di vuoto naturale nella storia.»
«Il Capo ha regione, Catalina.» Havoc non aveva mai smesso di chiamare Ed così, anche se il ragazzo aveva lasciato l’esercito ormai da anni «Stiamo viaggiando da almeno sei ore, facciamo una pausa.»
«Riza non farà nessuna pausa. Non possiamo fermarci neanche noi.»
«Tanto è da un pezzo che ci muoviamo a tentoni, se mentre chiediamo indicazioni ci fermiamo un minuto di più non cambia nulla.» Havoc rimase in silenzio per un attimo «E poi io devo andare in bagno.» concluse.
Rebecca tacque per qualche secondo, poi annuì e si avvicinò alla stradina laterale che portava al centro abitato più vicino.
Sapeva bene che il tempo che si perde per riposarsi viene compensato da una maggiore lucidità ed efficienza. È il principio dello scambio equivalente, tanto per gli alchimisti quanto per i soldati.
«Certo che fa proprio schifo.» mormorò Edward mentre iniziavano a percorrere la deviazione.
Gli altri due non ebbero bisogno di chiedergli a che cosa si riferisse.
«Il Maggiore è sempre stata una persona di gran cuore, come lo era anche mia madre.» continuò il giovane «Non è giusto che siano sempre le persone così a perderci.»
«Non soffrono solo loro.» intervenne Rebecca «Solo che fanno più male quando se ne vanno perché c’è molta gente che vuole loro bene.»
Edward considerò l’affermazione della donna, e arrivò alla conclusione che era un’ironia di cattivo gusto il fatto che proprio una persona buona facesse soffrire le altre persone per effetto stesso del suo modo d’essere.
Avrebbe dovuto fare un discorsetto sull’argomento alla Verità. Tanto ormai era di casa.
Il posto dov’erano diretti non era altro che un piccolo agglomerato di case, ma c’era un emporio e tanto bastava.
«Io vado dentro, ci rivediamo qui tra cinque minuti.» disse Rebecca.
Havoc aveva una voglia matta di correre nel bagno degli uomini, ma il senso del dovere ebbe la meglio su altri istinti primari, così il soldato mise un paio di monete nell’unico telefono pubblico che c’era.
«Quartier Generale di Central City.» rispose una voce dall’altro capo del filo.
«Sono il Tenente Jean Havoc. Il Comandante Supremo aspetta una mia telefonata.»
«Mi dia il suo codice di identificazione.»
«Eccheppalle.» borbottò il giovane, cercando il portafogli «Ah, ecco qui: Three - Zero - Four - Alfa - Horse - Charlie.»
«Perfetto. Attenda un secondo...»
Havoc aspettò saltellando da un piede all’altro finchè la voce della centralinista non venne sostituita da quella inequivocabile di Grumman.
«Novità, Havoc?»
«Nessuna, Comandante. Abbiamo perso le sue tracce poco dopo essere partiti.»
«Lo immaginavo. Adesso dove siete?»
Eh, bella domanda. Havoc si guardò attorno alla ricerca di un suggerimento, senza trovarlo: «In un microbo di paese nella campagna dell’Est, Signore.»
Edward si irrigidì al suono della parola “microbo”, prima di capire che non si riferiva a lui. Era ancora piuttosto suscettibile alla parola “piccolo” e sinonimi.
«Ha ricevuto segnalazioni sulla direzione presa dal Maggiore?» continuò Havoc. Durante l’attimo di silenzio che seguì, Havoc tirò fuori dal portafoglio una cartina per sigarette e iniziò a scriverci sopra con un mozzicone di matita, annuendo di tanto in tanto.
«La ringrazio, Comandante. Ora mi scusi, devo proprio andare.» detto questo Havoc riagganciò il telefono e scappò in direzione del bagno.
«Tenente, le spiace se chiamo casa?» gli urlò dietro Edward. Ma il Tenente era già sparito oltre la porta del W.C.
La mano di Ed alzò riluttante la cornetta del telefono. Non voleva far piangere Winri per l’ennesima volta.
«Officina Rockbell, chi parla?»
«Ciao Winri.» disse Edward, guardandosi le scarpe.
«Ed!» esclamò la ragazza, allegra. Poi registrò il tono del suo fidanzato. «È successo qualcosa?»
Edward spese tutte le sue forze a cavarsi di bocca la risposta: «Il Generale Mustang è morto in un attentato, e Winri... non credo che tornerò a casa tanto presto.»
Il ragazzo poteva quasi vederla coprirsi la bocca con la mano e indietreggiare fino ad urtare senza volerlo il mobile accanto al telefono, mentre le prime lacrime cominciavano ad affacciarsi dai suoi occhi.
«Ma co...come, non capisco...»
«È stato ucciso dai terroristi, hanno fatto esplodere il tribunale militare.»
«E adesso tu andrai a cercarli, non è vero?»
«Sì.» disse Edward, con calma ma con fermezza.
Winri sospirò dall’altra parte del filo: «Potrei arrabbiarmi, e dirti che è pericoloso, e cercare di farti cambiare idea. ma tanto tu faresti comunque di testa tua, perciò è meglio darti il mio appoggio che la mia paura.» Si riempì i polmoni d’aria e lanciò un urlo pieno di lacrime e di risolutezza, tanto forte che a Ed sembrò di veder tremare la cornetta: «Vai e falli secchi!»
«S-sicuro.» balbettò Edward, stupito. Winri era davvero un fenomeno, appena pensavi di averla inquadrata faceva qualcosa di imprevedibile. Era questo che piaceva a Ed.
«Come sta la signorina Riza?» domandò la ragazza, ansiosa.
Edward riacquistò la sua espressione cupa. «È praticamente corsa via. È per questo che siamo più o meno nel bel mezzo del nulla...»
«Siamo? Chi c’è lì con te?»
«Il Tenente Havoc e il Tenente Catalina. Sai, l’amica del Maggiore Hawkeye.»
«Avete seguito il Maggiore?»
«Non proprio, ci ha seminato quasi subito.» tacque per un attimo, poi disse, con voce più bassa: «Ho paura che possa fare qualche sciocchezza.» Edward vide Havoc uscire dal bagno con la coda dell’occhio «Scusa, mi sa che ti devo lasciare. Non so quando richiamo.»
«Aspetta, posso dirti che ti amo?»
La faccia di Edward divenne esattamente color giacca di Edward «E dimmelo, se proprio devi.»
«Ti amo.»
«Ecco, adesso mi costringi a fare il ragazzo banale e a dirti “anch’io”.»
Winri rise, ma tornò immediatamente seria «Ed, so che ti caccerai nei guai, ma almeno cerca di uscirne tutto intero, ok? Altrimenti ti perforo la testa con la mia chiave a T snodabile.»
«Non ne dubito.» rispose Edward, deglutendo pesantemente. Se si fosse fatto male, un sacco di persone sarebbero venute a rincarare la dose. Ma perché proprio lui doveva conoscere gente simile? «Ah, stavo quasi per dimenticarmelo... puoi scrivere ad Al da parte mia? Io non credo che ne avrò il tempo.»
«Lo farò.» la voce di Winri divenne un po’ansiosa «Allora ciao.» la ragazza si interruppe, come colta da un pensiero improvviso «Anzi... potresti passarmi il Tenente Havoc?»
«Il Tenente Havoc?» ripeté Edward, stupito. Poi fece spallucce «D’accordo, glielo chiedo.»
Si rivolse all’uomo biondo, che nel frattempo si era appoggiato al muro dell’emporio a fumare. «Scusi, Tenente, potrebbe venire un momento al telefono?»
Havoc strabuzzò gli occhi, poi agguantò la cornetta che Edward gli porgeva quasi per riflesso.
«Sì?» biascicò nel telefono, con la pronuncia alterata a causa della sigaretta.
«Tenente Havoc? Forse non si ricorda di me, sono...»
«Signorina Rockbell! Sono contento di sentirla, come sta?»
«Bene.» rispose Winri, colta alla sprovvista, contraddicendosi con la voce un po’umida.
«Le faccio le mie congratulazioni per il suo fidanzamento con il Capo.»
«Edward gliel’ha detto?»
«A dire la verità è stato Alphonse, almeno lui scrive regolarmente al Quartier Generale.»
Cadde il silenzio. Il pensiero di entrambi andò al Generale.
Fu Winri a parlare: «Edward è molto giù, vero?» sospirò «Fa finta di avere il controllo della situazione, ma io lo capisco dalla voce.»
Havoc sbirciò il ragazzo, che adesso stava guardando dentro all’emporio per vedere dove si fosse cacciata Rebecca. Persino lui, che non era il più presto del mondo ad indovinare i sentimenti delle persone, doveva concordare con Winri. «L’ha presa peggio di quanto potessi pensare, in effetti.» 
«Vede, per quanto potesse comportarsi come se lo odiasse, Ed ha sempre voluto molto bene al Generale. Penso che fosse l’unico che lo facesse sentire come se non avesse sulle spalle tutta la responsabilità del mondo. È stato lui a dare a Ed e ad Al un obbiettivo, una possibilità per salvarsi. Credo che lo considerasse come una sorta di fratello maggiore, o come un padre.» Winri fece un suono a metà tra una risata e un singhiozzo «Forse è per questo che ci litigava sempre.»
«Sì, l’ho sempre pensato anch’io.» disse Havoc, mentre vedeva Rebecca avvicinarsi «Devo salutarla, signorina Rockbell.»
«Posso chiederle una cosa, prima?»
«Certo.»
«Trovi la signorina Riza.» fece una pausa «E si prenda cura di Edward.»
«Lo farò.»

   
 
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