Perché quello che ti spacca
E ti fa fuori dentro
Forse parte proprio da chi sei
Hiding My Heart
-Kei aspetta!-
Lo
stava rincorrendo da tutta la mattina, ma il russo non gli aveva ancora dato la
possibilità di acchiapparlo: lo ignorava semplicemente, tenendolo fuori dalla
sua portata. Il continuo tentativo del cinese di parlargli, però, risultava
alquanto fastidioso.
-Mi
puoi ascoltare un attimo?- chiese per l’ennesima volta, stravolto, ottenendo di
fermarlo sulla strada per la scuola.
Kei
lo fissò in attesa, sembrava non respirasse nemmeno da quanto immobile
risultava.
-Ti
voglio chiedere scusa per ieri!-
-Mh- fu l’unica cosa che fuoriuscì dalle labbra dell’altro,
che non perse tempo e si girò per riprendere il cammino.
Rei
ritentò durante le lezioni, approfittando del fatto che l’altro non potesse
scappare, poiché seduto di fianco a lui: ignorò persino il richiamo del
professore di storia, laconico e soporifero come al solito, per non perdere
l’occasione.
Kei
nuovamente si limitò a intimargli con un gesto di stare zitto, continuando a
guardare disinteressato fuori dalla finestra, per poi, finita l’ora, chiedere a
Max se per un’ora potevano fare cambio di posto, andando di sua spontanea
volontà vicino a Takao. Ci furono ulteriori spostamenti, approfittando dell’ora
di arte, piuttosto libera, e Rei si ritrovò dalla parte opposta dell’aula
vicino a Hilary che aveva insistito per parlargli.
-Si
può sapere che gli hai detto?-
-Ho
fatto un casino!- rispose il ragazzo reggendosi la testa con le mani.
-Questo
l’avevo intuito- disse pratica la brunetta, ma vedendo la disperazione
crescente dell’altro continuò –Devi solo lasciarlo sbollire.. vedrai che si
risolverà tutto-
-Lo
spero- soffiò il cinese sconfortato, prima di guardare attentamente la ragazza
–Sei felice che abbiamo litigato?-
-Ma
che ti viene in mente?-
-Allora
sei felice per qualcos’altro?-
Hilary
arrossì improvvisamente e si voltò di tre quarti per non mostrare il sorriso
che non la abbandonava e che ovviamente la tradiva.
-Se
tu fossi una ragazza sarebbe tutto più semplice- sussurrò lei.
-Per
quello non posso farci nulla-
-E’
successo- disse a tono sempre più basso.
-Non
ho capito nulla-
-E’
successo- alzò leggermente la voce.
-Di
cosa stiamo parlando adesso?-
-Ieri..
con Kei..-
Rei
non fece in tempo a organizzare i pensieri e a rispondere che l’altra riprese.
-So
che è per qualcosa legato a questo che avete discusso, ma te lo dovevo dire
e..-
-Non
ti devi giustificare con me- la fermò comprensivo.
-Dovevo
dirlo a qualcuno- aggiunse torturandosi le mani.
-E..
è andato tutto bene?-
-Che
domande sono?- disse arrossendo ancora di più –No, non sei una ragazza e non
riesco a parlartene!-
-Ma
è una domanda legittima.. come ti senti?-
Hilary
ci pensò su per qualche secondo, prima di rispondere –Bene-
-L’importante
è questo- terminò Rei sorridendo dolcemente.
-Pensavo
saresti stato contrariato-
-Non
è affar mio.. è quello che stavo cercando di dire
ieri a Kei, ma le cose mi sono sfuggite decisamente dalle mani e..-
-Ti
perdonerà vedrai-
-Dovresti
perdonarlo- gli disse Hilary cercando di fare da paciere.
-Non
ti ci mettere pure tu- sbuffò Kei sedendosi sui gradini di una scala
secondaria.
La
pioggia impediva di stare all’aperto per la ricreazione e il russo iniziava a
risentirne.
-Se
mi dicessi che ha fatto di così grave..-
-Voglio
solo che mi lasci in pace.. per un po’-
-Capisco-
si arrese la ragazza –Senti.. oggi mi spieghi matematica che ha spiegato ieri?-
-Ok..
basta che stiamo lontani da quei casinisti-
-Intendi
Takao e Max? E Rei nemmeno a chiedertelo-
Kei
annuì sospirando.
-Se
vuoi possiamo andare a casa mia- tentò la ragazza.
-Ci
sono i tuoi?-
-No,
mia madre prima delle sette non arriva, mio padre molto più tardi-
-Ok-
Rei
fece l’ultimo tentativo all’uscita da scuola, prima che Kei e Hilary si
allontanassero da soli, ma il russo gli aveva rivolto parola per la prima
volta, rispondendogli prontamente di lasciarlo in pace.
-Domani..
lasciami stare per adesso-
Ormai
la strada verso casa della ragazza la conosceva a memoria per avercela
accompagnata diverse volte, ma non vi era ancora entrato.
Era
un semplice edificio a due piani, con un piccolo cortile poco prima
dell’ingresso: varcarono la soglia ed la ragazza lo condusse verso la sala dove fece gli onori di casa.
Bevvero qualcosa prima di salire in camera.
-Carina-
commentò il russo non appena entrato.
Era
ordinata, punto a suo favore, e rispecchiava la personalità di Hilary. Kei
iniziò a guardarsi intorno analizzando quel luogo: una grande libreria, divisa
tra volumi di diverse dimensioni e una collezione di videocassette e dvd,
ricopriva un’intera parete, mentre il letto con l’armadio a ponte occupava il
restante spazio, oltre alla scrivania.
Il
ragazzo si stiracchiò e si sedette sul letto, aspettando che l’altra finisse di
sistemare le proprie cose e cercare gli appunti di matematica.
-Non
ti facevo da queste cose- esclamò ad un tratto Kei, raccogliendo una rivista da
terra, l’unica cosa fuori posto.
-Di
cosa..- chiese Hilary voltandosi, ma non appena scoperto l’argomento si
affrettò a rispondere -..la compra mia madre-
-E
tu la leggi- la corresse lui, cercando di capire di che stesse parlando la
pagina alla quale era aperta.
-Un
po’ di sano gossip non fa mai male- cambiò rotta lei per giustificarsi.
-Lauren?
Non era la cantante che dicevi che piaceva a Takao?-
-Sì-
-Mi
sembra più il tipo da Max- commentò osservando la chioma bionda della cantante.
-Infatti
piace anche a lui-
-Non
è che in realtà piace a te?- chiese con un sorrisetto.
-Nah.. semmai a te- cercò di cambiare discorso lei.
-Nemmeno
troppo.. perché allora hai tenuto il segno?- insistette.
-Ok,
mi piace il suo ragazzo, sei contento?-
Kei
rise: immaginava che il motivo fosse l’uomo paparazzato
insieme alla bionda, ma si stava divertendo a stuzzicarla.
-Chi
è? Canta?-
-No,
un attore..- rispose lei, prima di spazientirsi -..dai mettila via!- e gli
prese la rivista dalle mani, buttandola in malo modo in un cassetto.
Il
russo approfittò dell’improvvisa vicinanza della ragazza per afferrarla e
spingerla a sedersi sulle sue gambe.
-Cosa
fai?-
Kei
rispose iniziando a baciarla e mostrando le sue intenzioni.
-Prima
il dovere, poi il piacere- cercò di indirizzarlo lei.
-Con
tutte le ore di scuola direi che è già tempo per il piacere-
-Ma..-
-Ormai
non hai più scuse per dirmi di no- continuò a stuzzicarla lui, tra un bacio e
l’altro, e, come nelle sue previsioni, la fece capitolare con poca difficoltà.
-Hai
troppo controllo su di me..- osservò Hilary dopo che i baci si erano
trasformati in passione pura e li aveva portati a condividere il letto -..dammi
qualche giorno per riprendermi e sei spacciato-
Kei
annuì e sistemò la testa sul cuscino, continuando a sfiorarle la pelle nuda.
-Comunque
il letto è meglio- continuò la ragazza dandogli un bacio a fior di labbra sul
naso lasciandolo perplesso.
-Per
me possiamo provare tutti i posti finché non trovi il tuo preferito-
-Sei
un pervertito- disse accoccolandosi sul suo petto, ormai dimentica dello scopo che
li aveva portati nella sua casa quel pomeriggio.
-Tua
madre quando hai detto che arriva?-
-Tra
un’ora, un’ora e mezza-
-Allora
abbiamo ancora tempo-
-Vuoi
fermarti a cena?- aggiunse dopo averci riflettuto per qualche minuto.
Kei
fissò il lampadario sorpreso.
-Non
credo sia una buona idea-
-Mi
farebbe piacere..-
-Che
conoscessi i tuoi?-
-Sì-
Il
russo sospirò combattuto: intuiva che quella richiesta derivasse da qualcosa di
importante per lei, ma l’idea di avere a che fare con i suoi genitori lo
preoccupava, soprattutto per il significato che quel gesto portava con sé, rappresentava
un legame.
-Non
oggi-
-Pensi
di non piacergli-
-Non
credo di essere il tipo ideale per un genitore, ma comunque preferirei non
avere a che fare con ste cose..-
-Ste
cose?- rise Hilary per stemperare la situazione –Sei proprio strano-
-Già-
disse lui dandole un bacio sulla fronte –Allora questa matematica?-
Si
alzarono e rivestirono con calma, per poi mettersi alla scrivania per
comprendere la lezione del giorno prima.
-Ce
li hai degli appunti?- chiese lei, guardando disperata i propri.
Kei
tirò fuori il suo quaderno e lo aprì: matematica era probabilmente l’unica
materia a cui prestasse realmente attenzione, probabilmente perché era quella
che capiva meglio.
Iniziò
a spiegarle i passaggi principali delle varie regole aiutandola a completare
gli esercizi e poi la lasciò confrontare i loro due quaderni.
-Che
vuol dire?-
Kei
si sporse per individuare il punto della pagina indicato dall’indice della
ragazza, a margine della pagina.
-Niente
di che- si affrettò a spiegare.
-Ma
non è russo?- chiese convinta indicando le parole in cirillico, sparse qua e
là, su tutto il quaderno –Qui è nel mezzo degli appunti- aggiunse indicando una
frase intera.
-Sì..
così le capisco meglio-
-Ma
non ti confondi ancora di più?-
Kei
scosse la testa, intimandola a concentrarsi nuovamente sugli esercizi.
Trascorsero
una ventina di minuti tra distrazioni e tentativi di calcoli, anche se Kei
preferiva le prime, i secondi dovevano avere la meglio.
-Non
mi hai mai parlato della tua famiglia- sussurrò Hilary prendendola alla
sprovvista, guardandolo dritto negli occhi nella speranza di una risposta.
-Perché
non c’è niente da dire- rispose indifferente l’altro sperando di far cadere il
discorso il prima possibile.
-C’è
sempre qualcosa da dire-
-Sono
morti tutti.. questo è quanto- disse pratico, senza apparente interesse.
-Però
li hai conosciuti..-
-Solo
mio nonno- cercò di rispondere aspettando il momento migliore per terminare la
conversazione.
-E’
lui quello che ti ha lasciato tutti quei soldi?-
Kei
annuì –Ma non li toccherò-
-Perché?-
-E’
morto in prigione.. non c’è finito per caso-
-Ma
se..-
-Non
voglio averne a che fare.. me li ha lasciati solo perché sapeva mi avrebbe
fatto un torto-
-Magari
la vita da galeotto lo ha fatto cambiare..-
-Penso
che abbia pagato così tanto in carcere che gli sarà sembrato di essere in
hotel- commentò con udibile disprezzo.
-Ah..
dei tuoi invece..-
Il
cellulare della ragazza improvvisamente iniziò a squillare e fu costretta a
rispondere.
-Pronto?
Mamma..- guardò Kei e gli chiese se volesse restare sperando le leggesse il
labiale.
Il
russo scosse la testa e radunò la sua roba: le sussurrò che sarebbe andato,
mentre lei era ancora bloccata nella conversazione. Le lasciò un bacio
sull’angolo delle labbra e si diresse verso l’uscita con lei.
Sbagliato.
C’era
qualcosa di assolutamente sbagliato in tutto. In lui, nella situazione, in
quella strada, in quel momento.
Era
già buio e per la prima volta da quando era in Giappone sentì freddo, un
brivido non provocato dalla temperatura, dal vento o qualsiasi altro agente
atmosferico, semplicemente un freddo così sbagliato in quel momento, in quella
strada, nella situazione, in lui.
Non
capiva bene da cosa derivasse quella sensazione, come gli fosse venuta o perché
lo avesse colpito; sapeva solo che non era piacevole e lo metteva all’erta.
Si
fermò improvvisamente e chiuse gli occhi, respirando lentamente, cercando di
comprendere, ma non riuscendoci si appoggiò al muro che costeggiava la strada:
si convinse a fare ancora qualche passo, ma non appena arrivò in una via
secondaria si sedette per terra, sul gradino del marciapiede, reggendosi la
testa con le mani. Proprio non capiva: nessuna immagine, nessun ricordo, niente
di niente se non confusione derivata da chissà cosa.
Tornò
al dojo mezz’ora dopo. Per fortuna la pioggia per quell’arco di tempo aveva
arrestato la sua caduta, mangiò con gli altri lottando contro l’impulso di
andare in camera: ciò avrebbe portato solo nuove domande e ancora più problemi.
Si
defilò subito dopo cena e si rifugiò nella sua stanza, buttandosi confuso sul
letto, fortunatamente ci mise poco a prendere sonno e ad abbandonarsi a una
lunga nottata fatta di sogni, immagini che non era riuscito a focalizzare
durante quei minuti di smarrimento e che una volta sveglio lo abbandonarono
nuovamente senza alcuna spiegazione.
La
presenza di Hilary lo tranquillizzò leggermente, nonostante sentisse sempre
quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, mentre l’imminente scontro
con Rei lasciò che lo sconforto lo attanagliasse.
Forse
sarebbe stato meglio lasciarlo parlare il giorno prima, quando ancora stava
bene e gli avrebbe urlato contro di tutto tranquillamente, ma non poteva sapere
che in ventiquattrore sarebbe cambiata così la situazione. Aveva smesso di
mettere in conto una tale possibilità nella speranza che non ce ne fosse stato
più bisogno, ma, come al solito, queste genere di credenze infantili si
dimostravano sempre affrettate e infondate.
Durante
la pausa pranzo si erano rintanati sulle ormai usuali scale laterali del
corridoio, sempre a causa del maltempo.
Kei
rimase zitto in attesa delle ulteriori scuse che il cinese si apprestava a
versargli addosso come un fiume di parole.
Così
accadde, infatti.
-Farei
qualsiasi cosa pur di avere la possibilità di eliminare quei trenta secondi di
completa stupidaggine-
-Lo
so- si stupì Kei stesso della propria reazione così pacata: non aveva
assolutamente la forza di litigare, dibattere, cercare di far valere la propria
posizione, prima di perdonarlo. Niente di tutto ciò.
-Io
mi considero un tuo amico.. spero che sia ancora lo stesso per te- disse il
cinese abbassando il capo come aveva fatto ripetutamente nell’ultima mezz’ora.
Kei
annuì stancamente.
-Ma
solo se ritorni a comportanti come tale-
-Farò
tutto il possibile per riconquistare la tua fiducia.. partendo con darti la
mia-
-Forse
non hai così torto ad avere delle riserve-
-Invece
sì-
Il
russo lo sguardò di sfuggita, ma riprese a concentrarsi sul nulla.
-Hey..- iniziò Rei –Posso iniziare da ora?-
L’altro
di nuovo si limitò ad annuire.
-Cosa
c’è che non va?-
-Forse..-
tentò Kei chiudendo le palpebre -..sto solo covando un’influenza-
-Lo
credo, vai sempre in giro senza giacca.. e siamo a metà ottobre-
Il
russo si autoconvinse della veridicità della scusa che aveva inventato lui
stesso per spiegare la comparsa di quei sintomi e non era nemmeno detto che
fosse solo opera della sua fantasia: eppure qualcosa dentro di lui si opponeva
e voleva dare la colpa ad altro, ma ignorò tale sensazione.
Nessuna
influenza si fece sentire, ma in compenso Hilary si prese un raffreddore,
probabile conseguenza, ipotizzò lei, della serata in spiaggia.
Novembre
arrivò in fretta e Kei non stava meglio: era solo dura avere a che fare con sempre
la stessa strana sensazione con la quale aveva imparato a convivere in quelle
settimane.
Con
Hilary tutto sembrava andare per il meglio: si era opposto con più decisione al
possibile incontro con i genitori di lei, ma questo fortunatamente non sembrò
guastare il loro rapporto che procedeva calmo ed equilibrato.
-Eccoli-
esclamò Hilary fissando un grande scaffale di una libreria e afferrando un
piccolo volume.
-Cos’è?-
-Aforismi-
-Non
ne hai a miliardi a casa?-
-Ti
sei messo a leggere i titoli dei miei libri?-
Kei
fece spallucce in risposta, continuando a sbirciare le etichette che indicavano
le sezioni davanti alle quali stavano passando; fecero pochi passi lentamente,
mentre lei iniziò a scorrere velocemente le pagine del libricino che teneva
ancora in mano.
-Non
lo voglio comprare.. ho solo una fissa-
Il
russo si concentrò su di lei chiedendole tacitamente di spiegarsi.
-Quando
vedo un libro come questi devo scegliere un aforisma a caso.. è illuminante
sai?-
-Immagino-
disse l’altro scettico, guardandola aprire una pagina e leggere ad alta voce la
prima frase utile: un’accozzaglia terribile di paroloni eruditi che
probabilmente insieme non avevano realmente senso.
-Davvero
illuminante- commentò lui sarcastico.
-Dev’essere
il libro poco valido- cercò di giustificarsi la brunetta, sfogliando ancora le
pagine, questa volta più perplessa.
Kei
la superò continuando a scorrere i titoli più per noia che per interesse, finchè la voce squillante di Hilary non attirò nuovamente
la sua attenzione.
-Questo
è adatto a te.. Il ballo è una
manifestazione verticale di un desiderio orizzontale, Woody Allen- e lo
guardò divertita –Ecco perché sei un pervertito!-
-E
io ti do poche settimane prima di diventare una ninfomane-
Scherzarono
e continuarono a vagare per la libreria, prendendo e rimettendo a posto diversi
libri.
-Bah,
io ho sempre considerato la tua cosa del ballo molto poetica e Woody mi
distrugge tutto con poche parole-
-Poetica?-
chiese Kei divertito.
-Certo..
tu non immagini nemmeno quanto ti cambia-
-In
che senso?-
-Sei
diverso.. sei calmo, dolce, sorridi..- si fermò arrossendo, prima di poter
aggiungere aggettivi sconvenienti -..in pratica sei tranquillo..-
-E
di solito non lo sono?-
-Non
proprio.. sei sempre serio, indifferente, fai le cose così per fare-
Kei
la ascoltò in silenzio ponderando le sue parole e la verità che sapeva
benissimo esservi nascosta.
-Se
solo fossi sempre come quando balli saresti.. sì, perfetto-
-Non
c’è pericolo-
-Non
dire così.. confido in te- gli disse sorridendo e alzandosi sulle punte dei
piedi per dargli un bacio sulla guancia.
Rimuginò
ancora su quelle parole fissando un punto indefinito, continuando a guardare
verso i libri, ma senza vederli davvero fino a quando qualcosa di
apparentemente normale non lo stupì per la sua stranezza.
Afferrò
un volume dalla copertina rigida, nera e verde smeraldo, e iniziò a sfogliarlo.
-Sto
iniziando ad avere un certo rigetto verso il russo- disse Hilary, osservando le
pagine scritte in cirillico.
-Invece
è una bella lingua-
-Quando
la parli tu sì, ma quando la vedo scritta mi fa venire i brividi-
Kei
lesse una breve frase e guardò la ragazza in attesa di una reazione.
-Potrei
stare ad ascoltarti tutto il giorno-
Il
ragazzo scosse la testa divertito in risposta e richiuse il libro fissando la
copertina.
-E’
strano-
-Cosa?-
chiese perplessa lei.
-Trovare
un libro in russo..- sbirciò lo scaffale di fronte a lui -..infatti è l’unico-
-Perché
è strano?-
-Russi
e giapponesi non sono mai andati troppo d’accordo-
-Quindi
noi due siamo una coppia strana-
-Decisamente-
-Bene-
esclamò lei compiaciuta, ormai abituata a quell’aggettivo, che prima non
sopportava, tanto da averlo iniziato a usare in continuazione –Lo vuoi
comprare?-
-No..
che resti qui in bella vista- disse rimettendolo in mezzo agli altri libri –Poi
l’ho già letto-
-Non
ti facevo un lettore..-
-Come
ti ho già detto altre volte.. ho avuto molto tempo libero-
-Di
chi era?-
-Bulgakov-
-Oltre
che di matematica, andremo anche di letteratura russa da domani-
Parlare:
comunicare i propri sentimenti e le proprie emozioni. Difficile.
Affrontare:
accettare questi sentimenti. Difficilissimo.
Cambiare:
modificare se stessi. Impossibile.
Era
arrivato a questa conclusione.
Aveva
deciso di focalizzarsi su questi punti che dovevano essere la chiave di quel
lungo percorso che poteva chiamare di guarigione, di se stesso e del proprio
mondo, ma averci realmente a che fare era una cosa ardua.
Il
problema era quanto li sentisse vicini a sé: mai come in quel periodo si era
ritrovato a parlare di sé e a considerare materialmente la possibilità di
cambiare.
Però
stava male.
Male
perché se da una parte si sentiva sollevato e in pace con se stesso, dall’altra
la consapevolezza della falsità di quelle emozioni lo attanagliava. Perché poi
le considerava false? Perché per uno come lui erano irraggiungibili, lo sapeva,
lo aveva provato. E non aveva intenzione di ricaderci.
Poteva
fare il duro quanto voleva, ma doveva ammettere di non esserlo affatto.
-Hilary
è un po’ preoccupata-
-Perché?-
-Perché
ti trova diverso-
Rei
gli si era avvicinato nel cortile del dojo, poco prima di andare a dormire.
Kei
rimase in silenzio, nella speranza di non risvegliare nuovamente pensieri,
domande, risposte, parole, un fiume di parole che lo avrebbero schiacciato
ancora e ancora e di cui non poteva sopportare il peso.
La
sua vita era da sempre composta di silenzi, di gesti, di sguardi: non sapeva
come si affrontavano le parole.
-E’
tutto a posto?-
Il
russo nelle ultime settimane era rimasto sull’attenti nell’approcciarsi a Rei,
nonostante lo avesse perdonato con calma e serenità, ma non poteva fare a meno di
ricordare che il ragazzo era stato il primo, in quella sua esperienza
giapponese, ad approcciarsi a lui, a fare dei passi avanti e tentare di
aiutarlo.
Si
limitò a scuotere la testa e continuare a torturarsi un braccio come nervoso.
-E
me ne vuoi parlare?- tentò il cinese sedendosi accanto a lui.
Di
nuovo solo un gesto di diniego.
-Il
problema è Hilary?- chiese cauto.
-Io-
rispose finalmente in un sussurro.
-Se
e quando ne vorrai parlare io ci sarò, sai?-
Annuì
silenzioso continuando a guardare davanti a sé.
-Magari
senti solo il tempo- scherzò Rei sperando di rasserenarlo, riferendosi
all’autunno che sembrava voler lasciare il posto all’inverno con più di un mese
di anticipo.
-Sarà
che sta arrivando dicembre- sussurrò Kei che, all’espressione perplessa
dell’altro, si spiegò –Io odio dicembre-
Quello
che stava cercando di capire era quanto c’entrasse Hilary: una parta sperava
che non derivasse dalla sua relazione con la brunetta, ma come escludere quella
possibilità se la sua vita delle ultime settimane aveva girato esclusivamente
intorno a lei.
L’aveva
osservata, probabilmente era più corretto dire fissata, diverse volte e aveva
cercato di carpire informazioni, ma a vuoto.
Aveva
provato a confrontare sensazioni conosciute con quella attuale e, purtroppo,
gli riuscì, ma non appena il paragone aveva fatto capolino concretamente lo
aveva ricacciato indietro come un qualcosa di terribilmente scomodo.
Hilary
in tutto ciò sembrava felice, sorrideva come sempre e lo inondava della sua
semplicità.
Sempre
più problematica semplicità.
-Ho
scritto che mi accompagni-
La
brunetta era rimasta a cena in casa Kinomiya e si era
affrettata a rifugiarsi nella camera di Kei insieme al ragazzo.
-Takao
mi ha detto che hanno prenotato tutti i voli per Natale- iniziò lei, parlando dei
progetti per il 25 dicembre che prevedevano l’arrivo di nuovi ospiti.
-Chi
ci sarà?- chiese Kei sistemando il cuscino tra il muro e le loro schiene.
-Mao
e Lai e poi la squadra americana-
-Anche
Michael?- chiese il russo accendendosi una sigaretta con espressione
indecifrabile.
-Sì..
perché?-
-Non
l’ho mai sopportato-
-Ah-
-Che
diceva Max su di lui e una soap opera?-
-Come
sei curioso.. ma davvero non lo sai?-
Kei
mise su un’espressione che chiedeva chiaramente ulteriori elementi che a lui
mancavano.
-Gli
hanno proposto un ruolo di attore dopo il torneo e ora recita in questa soap
opera americana alla Beautiful.. tremenda tra l’altro-
-Ed
è bravo?-
-Non
saprei.. in America è famoso per questo, ma non saprei dirti se è proprio
bravo.. il suo personaggio è piuttosto stupido..-
-Allora
gli verrà bene di sicuro-
-Quanta
acidità-
Il
ragazzo fece spallucce sogghignando, per poi sporgersi verso di lei e darle un
bacio.
-Sai
di sigaretta- commentò disgustata.
-Allora
stasera niente sesso-
-Guarda
che sei tu quello che non ne può fare a meno- dibatté lei incrociando le
braccia al petto.
-Ah
sì?- rispose attaccando il suo collo.
-Ti
vorrei ricordare che di sotto ci sono tutti- sussurrò Hilary consapevole che
probabilmente avrebbe vinto l’altro.
-Basta
fare piano- disse lui posandole l’indice sulle labbra socchiuse.
Il
desiderio carnale era abbastanza difficile da trattenere e non servirono a
nulla le mezze frasi di Hilary, poiché lei stessa partì all’attacco per
ottenere ciò che considerava suo diritto avere, anche solo la visione della
perfezione del corpo del suo ragazzo, non lasciandogli il tempo di coricarsi o
di prendere il controllo della situazione: per quella volta lo avrebbe fatto
lei.
Kei
fece per alzarsi dal letto, ma la ragazza lo bloccò nuovamente afferrandolo per
la vita.
-Sei
una bambina capricciosa- scherzò lui arrendendosi e tornando indietro.
La
ragazza non lo lasciò nemmeno quando ottenne la sua resa, ma si accoccolò
appoggiata alla sua larga schiena.
Il
russo restò sdraiato su un fianco, avvertendo la pelle fresca della brunetta
sulla propria; sentì le braccia allentare la presa e ritirarsi entrambe verso
le sue spalle.
Non
riusciva a vederla, ma immaginava i suoi spostamenti, le sue posizioni, grazie
a quel contatto.
Le
dita sottili di Hilary iniziarono a scorrere sulle sue scapole e sulla spina
dorsale, per poi spostarsi verso la parte destra, percorrendo tutta la lunghezza
di quella che sapeva essere la sua cicatrice.
Lo
aveva già fatto quella volta in spiaggia, quando gli aveva spalmato la crema,
ma sembrò concentrarsi nuovamente sulla linea irregolare; la sentì emettere un
singulto e spostare le dita apparentemente senza senso su diversi lembi di
pelle.
Sperò
non fosse l’inizio di altre parole, ma sapeva che la possibilità di scamparla
erano poche poiché era perfettamente a conoscenza di quello che aveva attirato
l’attenzione della ragazza.
-Che
strani.. questi piccoli segni- iniziò come previsto, probabilmente così vicina
alla sua schiena da avere la fronte appoggiata a lui –Sono cicatrici anche
queste?-
-Mh- si limitò a pronunciare come assenso.
-Non
saranno nemmeno di un centimetro..- continuò lei, ma presto si stoppò, non
ponendo la domanda che probabilmente invece le invadeva la mente.
Kei
avrebbe potuto rispondere a quella questione, ma non se la sentì di parlare di
frustate o botte o qualsiasi altra cosa del genere. Prima che fosse troppo
tardi si voltò e si sistemò fronte a fronte con lei.
Hilary
gli poggiò i palmi sulle gote e in una carezza gli lasciò un bacio sulla
fronte, prima di avvolgergli le braccia intorno alla testa e stringerlo al
petto.
Lo
coccolò e carezzò in un modo strano, diverso: un tocco vellutato che, però, non
aveva niente a che fare con la passione o il desiderio, ma solo con la dolcezza
e la protezione.
Gli
abbracci di quel tipo erano una cosa nuova per lui: gli era capitato di
stringere a sé un’altra persona, ma poche volte era il ricevente di quei gesti.
Sentì il battito del cuore di Hilary e si sentì bene almeno quanto sentì il
bisogno di staccarsi.
Nuovamente
quella terribile sensazione: sbagliato.
Si
staccò lentamente, convincendosi a tornare a guardarla negli occhi: forse nelle
sue iridi, nel suo riflesso avrebbe trovato il motivo di quel disorientamento,
ma ciò che vi lesse lo preoccupò: forse era dolcezza, forse paura, forse venerazione.
Tutto quello si tramutò in parole, le vide formarsi e arrivare alle labbra
sottili della ragazza.
-Ti..-
-No-
Kei
la fermò bruscamente, afferrandole i polsi con le mani, nella speranza che
quell’atto fisico la convincesse realmente a stopparsi, a non pronunciare
quelle poche sillabe.
-Ma
Kei, io..-
-Non
farlo-
Si
ritrovò diversi centimetri lontano dal suo viso senza accorgersene, tutto
sembrava essersi allontanato, ma non poteva assolutamente permettere che
accadesse una cosa del genere.
-Non
dirlo, per favore, non dirlo-
-Perché?-
-Non
è giusto così.. ti avevo detto di.. non puoi farlo-
-Le
tue condizioni credo si siano andate a
far benedire un bel po’ di tempo fa..-
-Hilary..-
-Cosa
c’è? Non sono parole avvelenate.. possono solo che fare del bene-
-Non
è vero assolutamente- soffiò Kei alzandosi dal letto.
-Di
cosa hai tanta paura?- lo rimbeccò mettendosi seduta a sua volta.
-Io
non ho.. ti accompagno a casa- e iniziò a raccogliere i vestiti.
-No
ci vado da sola-
La
brunetta lo superò e si rivestì in un batter d’occhio.
-Non
fare la stupida..-
-Tu
smettila di fare il bastardo allora- gli urlò a un centimetro dal suo viso.
-Ti
accompagno a casa- sillabò aprendole la porta e invitandola a uscire.
Era
quello che voleva evitare. Era ciò di cui aveva paura.
Sapeva
del sentimento che covava nei suoi confronti, non ne aveva mai fatto mistero,
ma dal supporlo al sentirlo pronunciare c’era tanta differenza.
Lo
aveva detto chiaro e tondo che non sarebbe subentrato l’amore, che non avrebbe
dovuto tirare in ballo per nulla al mondo l’amore, che lui e quella parola non
avrebbero coesistito.
La
riaccompagnò a casa nonostante le sue proteste; camminarono per tutto il
tragitto lontani, lei qualche passo più avanti, e nemmeno si salutarono quando
arrivarono a destinazione.
Stava
soffrendo: per causa sua stava soffrendo e ne era consapevole e si sentiva in
colpa.
Aveva
promesso a tutti che non sarebbe accaduto, ma non era stato attento, non aveva
tenuto sotto controllo la situazione e la stessa gli si era rivoltata contro.
Se
solo avesse capito cos’era invece che provava lui forse sarebbe stato tutto più
semplice da affrontare, ma come classificare tutto il casino della sua testa?
-Si
può sapere che è successo?-
Rei
lo aspettava sulla soglia di casa con le mani sui fianchi e il cipiglio
perplesso.
Kei
valutò l’idea di tirargli il pugno che gli doveva da più di un mese, ma si
convinse che quella reazione avrebbe solo peggiorato la situazione e che era
troppo arrabbiato e frustrato per dibattere.
Si
limitò a sospirare e scuotere la testa, più a se stesso che all’altro, per poi
sedersi sui gradini d’ingresso. Il cinese gli si accomodò silenziosamente
accanto.
-Sono
in un casino- confessò infine, disperato per la mancanza totale di certezze.
-Vuoi
raccontarmi?-
-Mi
ama-
-E
non è una bella cosa?- chiese scettico Rei, cercando di non dare troppo enfasi
al tono di voce.
Kei
scosse la testa sicuro, in segno di diniego.
-Tu
cosa provi per lei?-
-E’
questo il casino- rispose guardandolo passare da un’espressione seria e
contrita a una risata accennata.
-Beh
almeno vuol dire che qualcosa provi..-
-Non
è confortante-
-Non
è confortante avere la prova di essere umano?- cercò di scherzare, ma non
ottenne nessuna risata –Prova a pensare a Hilary.. cosa ti viene in mente?-
-La
sua faccia?-
-Davvero
molto romantico, complimenti!- non resistette dal fare una battuta, ma subito
tornò serio –Voglio dire.. io quando penso a Mao mi viene in mente la sua
risata, il suo profumo, e sto bene-
Kei
ci pensò su, cercando di non farsi coinvolgere dalla visione mielosa del
cinese: non riusciva ad andare nel profondo come aveva fatto l’altro, almeno
non nel profondo di se stesso, ma cercò di andare oltre.
Hilary
e il suo abbraccio: questo gli sovveniva, ma la sensazione che ne derivava era
complicata e paradossale.
-Prova
a dare un nome alle immagini, ai tuoi sentimenti- aggiunse Rei dopo diversi
secondi di silenzio, osservando il russo perdersi nei suoi pensieri.
Non
era amore ne era sicuro, ma era più bisogno di lei, dipendenza in un certo
senso, e questo non poteva e non voleva accettarlo.
-Trovato?-
-E’
un appiglio.. alla normalità- riuscì a rispondere in un sussurro –Me ne sto
approfittando-
-Non
è che lo interpreti nel modo sbagliato?- tentò il cinese.
-Mi
è già successo di appoggiarmi a qualcuno.. e non è andata bene- commentò Kei.
-Ma
quel qualcuno non era Hilary.. la situazione magari è simile, ma le persone
sono diverse-
Solo
Hilary era diversa, aveva preso il posto di quel qualcuno, ma lui era sempre lo stesso Kei, che lo accettasse o
meno, era sempre lo stesso ragazzo di mesi prima.
-Cosa
vorresti fare a caldo adesso?-
Il
ragazzo ci pensò a lungo e cercò di ponderare la parole –La lascerei libera di
trovare qualcuno che sappia apprezzare quello che ha da offrire-
-Kei
pensaci con calma.. dormici su-
-Nessuna
ramanzina contro di me?-
-Penso
che tu ci tenga più di quanto non credi.. ma devi capirlo da solo-
-Ha
iniziato a nevicare per bene-
-Qui
è già tanto se piove-
Rispose
laconico alle domande di Yuri, invidiandolo leggermente nel ripensare alle
immagini della sua Mosca ricoperta di un manto bianco.
-Come
va con la tua ragazza?-
-E
tu che ne sai?-
-Ho
i miei informatori.. se aspettassi te non saprei mai nulla-
-E
con chi parleresti scusa?-
-Takao!-
-Takao?
Perché vi sentite?-
-Non
essere così stupito.. ma come va con la sua migliore amica?- ripropose la
domanda il rosso facendo capire di quante informazioni fosse al corrente.
-Ultimamente
male-
-Come
mai?-
-Si
è un po’ troppo affezionata a me-
-Troppo
quanto?-
-Troppo
troppo-
-Che
bello parlare con te-
-Dai..-
-Kei,
non puoi fare lo sciupafemmine anche con un’amica del gruppo-
-Ma
non avevo programmato niente io-
-Ci
mancherebbe.. ma aspetta.. tu quanto ti sei affezionato invece?-
-Poco-
-Beh,
poco è già meglio di niente-
-La
situazione è complicata-
-E
perché mai?-
-Perché
ci sono tante cose che non vanno bene e.. posso farti una domanda?-
-Ovviamente-
-Secondo
te le persone possono cambiare?-
Un
lungo silenzio li unì a migliaia di chilometri di distanza, segno che Yuri
stava ragionando sulla domanda e probabilmente stava valutando se dirgli la
reale opinione o limitarsi a assecondare quella che sarebbe stata la risposta
migliore in quel momento per Kei.
-No..
possono migliorare, crescere, maturare, ma credo che cambiare non sia
possibile-
Siamo
arrivati alla fine di luglio e devo dire che è davvero complicato parlare di
novembre O_o fatico a trovare il mood giusto per il
freddo (per la pioggia ne ho vista fin troppa in questi giorni -.-)
Vabbè non so che
scrivere.. quindi per sparare cavolate come al solito lascio la parola a voi u.u
Piccolo
regalino: questa cosa mi è venuta in mente leggendo la recensione scorsa di
Lily e in un pomeriggio di noia totale mi ci sono messa.. vi dirò, mi sono
anche impegnata XD Ho usato solo gli ultimi recensori, non me ne abbiano gli altri :O
http://justellet.deviantart.com/art/Leggero-Time-245161086
Fatemi sapere
come al solito ^^
Noi ci becchiamo
a random allora..vedrò quello che riuscirò a fare..
se non vedete il mio aggiornamento non disperate! Non ho abbandonato,
semplicemente non ci sono!
Un bacione :)
PS: mi sa che ci
darò un’altra leggiucchiatina appena avrò tempo u.u