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Autore: lexy90    29/07/2011    8 recensioni
“E le senti le vene, piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai.
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone”
Kei Hiwatari durante il suo percorso ha perso la retta via, ha commesso errori e ha compromesso tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo è cresciuto, è cambiato, ha scoperto nuovi interessi e nuove prospettive. Spetta solo a lui prendere in mano le redini della sua vita e darle un senso, un qualcosa per cui lottare, una ragione per esistere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Perché quello che ti spacca

E ti fa fuori dentro

Forse parte proprio da chi sei

 

 

 

 

 

 

 

Hiding My Heart

 

 

 

 

-Kei aspetta!-

Lo stava rincorrendo da tutta la mattina, ma il russo non gli aveva ancora dato la possibilità di acchiapparlo: lo ignorava semplicemente, tenendolo fuori dalla sua portata. Il continuo tentativo del cinese di parlargli, però, risultava alquanto fastidioso.

-Mi puoi ascoltare un attimo?- chiese per l’ennesima volta, stravolto, ottenendo di fermarlo sulla strada per la scuola.

Kei lo fissò in attesa, sembrava non respirasse nemmeno da quanto immobile risultava.

-Ti voglio chiedere scusa per ieri!-

-Mh- fu l’unica cosa che fuoriuscì dalle labbra dell’altro, che non perse tempo e si girò per riprendere il cammino.

Rei ritentò durante le lezioni, approfittando del fatto che l’altro non potesse scappare, poiché seduto di fianco a lui: ignorò persino il richiamo del professore di storia, laconico e soporifero come al solito, per non perdere l’occasione.

Kei nuovamente si limitò a intimargli con un gesto di stare zitto, continuando a guardare disinteressato fuori dalla finestra, per poi, finita l’ora, chiedere a Max se per un’ora potevano fare cambio di posto, andando di sua spontanea volontà vicino a Takao. Ci furono ulteriori spostamenti, approfittando dell’ora di arte, piuttosto libera, e Rei si ritrovò dalla parte opposta dell’aula vicino a Hilary che aveva insistito per parlargli.

-Si può sapere che gli hai detto?-

-Ho fatto un casino!- rispose il ragazzo reggendosi la testa con le mani.

-Questo l’avevo intuito- disse pratica la brunetta, ma vedendo la disperazione crescente dell’altro continuò –Devi solo lasciarlo sbollire.. vedrai che si risolverà tutto-

-Lo spero- soffiò il cinese sconfortato, prima di guardare attentamente la ragazza –Sei felice che abbiamo litigato?-

-Ma che ti viene in mente?-

-Allora sei felice per qualcos’altro?-

Hilary arrossì improvvisamente e si voltò di tre quarti per non mostrare il sorriso che non la abbandonava e che ovviamente la tradiva.

-Se tu fossi una ragazza sarebbe tutto più semplice- sussurrò lei.

-Per quello non posso farci nulla-

-E’ successo- disse a tono sempre più basso.

-Non ho capito nulla-

-E’ successo- alzò leggermente la voce.

-Di cosa stiamo parlando adesso?-

-Ieri.. con Kei..-

Rei non fece in tempo a organizzare i pensieri e a rispondere che l’altra riprese.

-So che è per qualcosa legato a questo che avete discusso, ma te lo dovevo dire e..-

-Non ti devi giustificare con me- la fermò comprensivo.

-Dovevo dirlo a qualcuno- aggiunse torturandosi le mani.

-E.. è andato tutto bene?-

-Che domande sono?- disse arrossendo ancora di più –No, non sei una ragazza e non riesco a parlartene!-

-Ma è una domanda legittima.. come ti senti?-

Hilary ci pensò su per qualche secondo, prima di rispondere –Bene-

-L’importante è questo- terminò Rei sorridendo dolcemente.

-Pensavo saresti stato contrariato-

-Non è affar mio.. è quello che stavo cercando di dire ieri a Kei, ma le cose mi sono sfuggite decisamente dalle mani e..-

-Ti perdonerà vedrai-

 

-Dovresti perdonarlo- gli disse Hilary cercando di fare da paciere.

-Non ti ci mettere pure tu- sbuffò Kei sedendosi sui gradini di una scala secondaria.

La pioggia impediva di stare all’aperto per la ricreazione e il russo iniziava a risentirne.

-Se mi dicessi che ha fatto di così grave..-

-Voglio solo che mi lasci in pace.. per un po’-

-Capisco- si arrese la ragazza –Senti.. oggi mi spieghi matematica che ha spiegato ieri?-

-Ok.. basta che stiamo lontani da quei casinisti-

-Intendi Takao e Max? E Rei nemmeno a chiedertelo-

Kei annuì sospirando.

-Se vuoi possiamo andare a casa mia- tentò la ragazza.

-Ci sono i tuoi?-

-No, mia madre prima delle sette non arriva, mio padre molto più tardi-

-Ok-

 

Rei fece l’ultimo tentativo all’uscita da scuola, prima che Kei e Hilary si allontanassero da soli, ma il russo gli aveva rivolto parola per la prima volta, rispondendogli prontamente di lasciarlo in pace.

-Domani.. lasciami stare per adesso-

Ormai la strada verso casa della ragazza la conosceva a memoria per avercela accompagnata diverse volte, ma non vi era ancora entrato.

Era un semplice edificio a due piani, con un piccolo cortile poco prima dell’ingresso: varcarono la soglia ed la ragazza lo condusse  verso la sala dove fece gli onori di casa. Bevvero qualcosa prima di salire in camera.

-Carina- commentò il russo non appena entrato.

Era ordinata, punto a suo favore, e rispecchiava la personalità di Hilary. Kei iniziò a guardarsi intorno analizzando quel luogo: una grande libreria, divisa tra volumi di diverse dimensioni e una collezione di videocassette e dvd, ricopriva un’intera parete, mentre il letto con l’armadio a ponte occupava il restante spazio, oltre alla scrivania.

Il ragazzo si stiracchiò e si sedette sul letto, aspettando che l’altra finisse di sistemare le proprie cose e cercare gli appunti di matematica.

-Non ti facevo da queste cose- esclamò ad un tratto Kei, raccogliendo una rivista da terra, l’unica cosa fuori posto.

-Di cosa..- chiese Hilary voltandosi, ma non appena scoperto l’argomento si affrettò a rispondere -..la compra mia madre-

-E tu la leggi- la corresse lui, cercando di capire di che stesse parlando la pagina alla quale era aperta.

-Un po’ di sano gossip non fa mai male- cambiò rotta lei per giustificarsi.

-Lauren? Non era la cantante che dicevi che piaceva a Takao?-

-Sì-

-Mi sembra più il tipo da Max- commentò osservando la chioma bionda della cantante.

-Infatti piace anche a lui-

-Non è che in realtà piace a te?- chiese con un sorrisetto.

-Nah.. semmai a te- cercò di cambiare discorso lei.

-Nemmeno troppo.. perché allora hai tenuto il segno?- insistette.

-Ok, mi piace il suo ragazzo, sei contento?-

Kei rise: immaginava che il motivo fosse l’uomo paparazzato insieme alla bionda, ma si stava divertendo a stuzzicarla.

-Chi è? Canta?-

-No, un attore..- rispose lei, prima di spazientirsi -..dai mettila via!- e gli prese la rivista dalle mani, buttandola in malo modo in un cassetto.

Il russo approfittò dell’improvvisa vicinanza della ragazza per afferrarla e spingerla a sedersi sulle sue gambe.

-Cosa fai?-

Kei rispose iniziando a baciarla e mostrando le sue intenzioni.

-Prima il dovere, poi il piacere- cercò di indirizzarlo lei.

-Con tutte le ore di scuola direi che è già tempo per il piacere-

-Ma..-

-Ormai non hai più scuse per dirmi di no- continuò a stuzzicarla lui, tra un bacio e l’altro, e, come nelle sue previsioni, la fece capitolare con poca difficoltà.

-Hai troppo controllo su di me..- osservò Hilary dopo che i baci si erano trasformati in passione pura e li aveva portati a condividere il letto -..dammi qualche giorno per riprendermi e sei spacciato-

Kei annuì e sistemò la testa sul cuscino, continuando a sfiorarle la pelle nuda.

-Comunque il letto è meglio- continuò la ragazza dandogli un bacio a fior di labbra sul naso lasciandolo perplesso.

-Per me possiamo provare tutti i posti finché non trovi il tuo preferito-

-Sei un pervertito- disse accoccolandosi sul suo petto, ormai dimentica dello scopo che li aveva portati nella sua casa quel pomeriggio.

-Tua madre quando hai detto che arriva?-

-Tra un’ora, un’ora e mezza-

-Allora abbiamo ancora tempo-

-Vuoi fermarti a cena?- aggiunse dopo averci riflettuto per qualche minuto.

Kei fissò il lampadario sorpreso.

-Non credo sia una buona idea-

-Mi farebbe piacere..-

-Che conoscessi i tuoi?-

-Sì-

Il russo sospirò combattuto: intuiva che quella richiesta derivasse da qualcosa di importante per lei, ma l’idea di avere a che fare con i suoi genitori lo preoccupava, soprattutto per il significato che quel gesto portava con sé, rappresentava un legame.

-Non oggi-

-Pensi di non piacergli-

-Non credo di essere il tipo ideale per un genitore, ma comunque preferirei non avere a che fare con ste cose..-

-Ste cose?- rise Hilary per stemperare la situazione –Sei proprio strano-

-Già- disse lui dandole un bacio sulla fronte –Allora questa matematica?-

Si alzarono e rivestirono con calma, per poi mettersi alla scrivania per comprendere la lezione del giorno prima.

-Ce li hai degli appunti?- chiese lei, guardando disperata i propri.

Kei tirò fuori il suo quaderno e lo aprì: matematica era probabilmente l’unica materia a cui prestasse realmente attenzione, probabilmente perché era quella che capiva meglio.

Iniziò a spiegarle i passaggi principali delle varie regole aiutandola a completare gli esercizi e poi la lasciò confrontare i loro due quaderni.

-Che vuol dire?-

Kei si sporse per individuare il punto della pagina indicato dall’indice della ragazza, a margine della pagina.

-Niente di che- si affrettò a spiegare.

-Ma non è russo?- chiese convinta indicando le parole in cirillico, sparse qua e là, su tutto il quaderno –Qui è nel mezzo degli appunti- aggiunse indicando una frase intera.

-Sì.. così le capisco meglio-

-Ma non ti confondi ancora di più?-

Kei scosse la testa, intimandola a concentrarsi nuovamente sugli esercizi.

Trascorsero una ventina di minuti tra distrazioni e tentativi di calcoli, anche se Kei preferiva le prime, i secondi dovevano avere la meglio.

-Non mi hai mai parlato della tua famiglia- sussurrò Hilary prendendola alla sprovvista, guardandolo dritto negli occhi nella speranza di una risposta.

-Perché non c’è niente da dire- rispose indifferente l’altro sperando di far cadere il discorso il prima possibile.

-C’è sempre qualcosa da dire-

-Sono morti tutti.. questo è quanto- disse pratico, senza apparente interesse.

-Però li hai conosciuti..-

-Solo mio nonno- cercò di rispondere aspettando il momento migliore per terminare la conversazione.

-E’ lui quello che ti ha lasciato tutti quei soldi?-

Kei annuì –Ma non li toccherò-

-Perché?-

-E’ morto in prigione.. non c’è finito per caso-

-Ma se..-

-Non voglio averne a che fare.. me li ha lasciati solo perché sapeva mi avrebbe fatto un torto-

-Magari la vita da galeotto lo ha fatto cambiare..-

-Penso che abbia pagato così tanto in carcere che gli sarà sembrato di essere in hotel- commentò con udibile disprezzo.

-Ah.. dei tuoi invece..-

Il cellulare della ragazza improvvisamente iniziò a squillare e fu costretta a rispondere.

-Pronto? Mamma..- guardò Kei e gli chiese se volesse restare sperando le leggesse il labiale.

Il russo scosse la testa e radunò la sua roba: le sussurrò che sarebbe andato, mentre lei era ancora bloccata nella conversazione. Le lasciò un bacio sull’angolo delle labbra e si diresse verso l’uscita con lei.

 

Sbagliato.

C’era qualcosa di assolutamente sbagliato in tutto. In lui, nella situazione, in quella strada, in quel momento.

Era già buio e per la prima volta da quando era in Giappone sentì freddo, un brivido non provocato dalla temperatura, dal vento o qualsiasi altro agente atmosferico, semplicemente un freddo così sbagliato in quel momento, in quella strada, nella situazione, in lui.

Non capiva bene da cosa derivasse quella sensazione, come gli fosse venuta o perché lo avesse colpito; sapeva solo che non era piacevole e lo metteva all’erta.

Si fermò improvvisamente e chiuse gli occhi, respirando lentamente, cercando di comprendere, ma non riuscendoci si appoggiò al muro che costeggiava la strada: si convinse a fare ancora qualche passo, ma non appena arrivò in una via secondaria si sedette per terra, sul gradino del marciapiede, reggendosi la testa con le mani. Proprio non capiva: nessuna immagine, nessun ricordo, niente di niente se non confusione derivata da chissà cosa.

Tornò al dojo mezz’ora dopo. Per fortuna la pioggia per quell’arco di tempo aveva arrestato la sua caduta, mangiò con gli altri lottando contro l’impulso di andare in camera: ciò avrebbe portato solo nuove domande e ancora più problemi.

Si defilò subito dopo cena e si rifugiò nella sua stanza, buttandosi confuso sul letto, fortunatamente ci mise poco a prendere sonno e ad abbandonarsi a una lunga nottata fatta di sogni, immagini che non era riuscito a focalizzare durante quei minuti di smarrimento e che una volta sveglio lo abbandonarono nuovamente senza alcuna spiegazione.

La presenza di Hilary lo tranquillizzò leggermente, nonostante sentisse sempre quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, mentre l’imminente scontro con Rei lasciò che lo sconforto lo attanagliasse.

Forse sarebbe stato meglio lasciarlo parlare il giorno prima, quando ancora stava bene e gli avrebbe urlato contro di tutto tranquillamente, ma non poteva sapere che in ventiquattrore sarebbe cambiata così la situazione. Aveva smesso di mettere in conto una tale possibilità nella speranza che non ce ne fosse stato più bisogno, ma, come al solito, queste genere di credenze infantili si dimostravano sempre affrettate e infondate.

Durante la pausa pranzo si erano rintanati sulle ormai usuali scale laterali del corridoio, sempre a causa del maltempo.

Kei rimase zitto in attesa delle ulteriori scuse che il cinese si apprestava a versargli addosso come un fiume di parole.

Così accadde, infatti.

-Farei qualsiasi cosa pur di avere la possibilità di eliminare quei trenta secondi di completa stupidaggine-

-Lo so- si stupì Kei stesso della propria reazione così pacata: non aveva assolutamente la forza di litigare, dibattere, cercare di far valere la propria posizione, prima di perdonarlo. Niente di tutto ciò.

-Io mi considero un tuo amico.. spero che sia ancora lo stesso per te- disse il cinese abbassando il capo come aveva fatto ripetutamente nell’ultima mezz’ora.

Kei annuì stancamente.

-Ma solo se ritorni a comportanti come tale-

-Farò tutto il possibile per riconquistare la tua fiducia.. partendo con darti la mia-

-Forse non hai così torto ad avere delle riserve-

-Invece sì-

Il russo lo sguardò di sfuggita, ma riprese a concentrarsi sul nulla.

-Hey..- iniziò Rei –Posso iniziare da ora?-

L’altro di nuovo si limitò ad annuire.

-Cosa c’è che non va?-

-Forse..- tentò Kei chiudendo le palpebre -..sto solo covando un’influenza-

-Lo credo, vai sempre in giro senza giacca.. e siamo a metà ottobre-

Il russo si autoconvinse della veridicità della scusa che aveva inventato lui stesso per spiegare la comparsa di quei sintomi e non era nemmeno detto che fosse solo opera della sua fantasia: eppure qualcosa dentro di lui si opponeva e voleva dare la colpa ad altro, ma ignorò tale sensazione.

 

Nessuna influenza si fece sentire, ma in compenso Hilary si prese un raffreddore, probabile conseguenza, ipotizzò lei, della serata in spiaggia.

Novembre arrivò in fretta e Kei non stava meglio: era solo dura avere a che fare con sempre la stessa strana sensazione con la quale aveva imparato a convivere in quelle settimane.

Con Hilary tutto sembrava andare per il meglio: si era opposto con più decisione al possibile incontro con i genitori di lei, ma questo fortunatamente non sembrò guastare il loro rapporto che procedeva calmo ed equilibrato.

-Eccoli- esclamò Hilary fissando un grande scaffale di una libreria e afferrando un piccolo volume.

-Cos’è?-

-Aforismi-

-Non ne hai a miliardi a casa?-

-Ti sei messo a leggere i titoli dei miei libri?-

Kei fece spallucce in risposta, continuando a sbirciare le etichette che indicavano le sezioni davanti alle quali stavano passando; fecero pochi passi lentamente, mentre lei iniziò a scorrere velocemente le pagine del libricino che teneva ancora in mano.

-Non lo voglio comprare.. ho solo una fissa-

Il russo si concentrò su di lei chiedendole tacitamente di spiegarsi.

-Quando vedo un libro come questi devo scegliere un aforisma a caso.. è illuminante sai?-

-Immagino- disse l’altro scettico, guardandola aprire una pagina e leggere ad alta voce la prima frase utile: un’accozzaglia terribile di paroloni eruditi che probabilmente insieme non avevano realmente senso.

-Davvero illuminante- commentò lui sarcastico.

-Dev’essere il libro poco valido- cercò di giustificarsi la brunetta, sfogliando ancora le pagine, questa volta più perplessa.

Kei la superò continuando a scorrere i titoli più per noia che per interesse, finchè la voce squillante di Hilary non attirò nuovamente la sua attenzione.

-Questo è adatto a te.. Il ballo è una manifestazione verticale di un desiderio orizzontale, Woody Allen- e lo guardò divertita –Ecco perché sei un pervertito!-

-E io ti do poche settimane prima di diventare una ninfomane-

Scherzarono e continuarono a vagare per la libreria, prendendo e rimettendo a posto diversi libri.

-Bah, io ho sempre considerato la tua cosa del ballo molto poetica e Woody mi distrugge tutto con poche parole-

-Poetica?- chiese Kei divertito.

-Certo.. tu non immagini nemmeno quanto ti cambia-

-In che senso?-

-Sei diverso.. sei calmo, dolce, sorridi..- si fermò arrossendo, prima di poter aggiungere aggettivi sconvenienti -..in pratica sei tranquillo..-

-E di solito non lo sono?-

-Non proprio.. sei sempre serio, indifferente, fai le cose così per fare-

Kei la ascoltò in silenzio ponderando le sue parole e la verità che sapeva benissimo esservi nascosta.

-Se solo fossi sempre come quando balli saresti.. sì, perfetto-

-Non c’è pericolo-

-Non dire così.. confido in te- gli disse sorridendo e alzandosi sulle punte dei piedi per dargli un bacio sulla guancia.

Rimuginò ancora su quelle parole fissando un punto indefinito, continuando a guardare verso i libri, ma senza vederli davvero fino a quando qualcosa di apparentemente normale non lo stupì per la sua stranezza.

Afferrò un volume dalla copertina rigida, nera e verde smeraldo, e iniziò a sfogliarlo.

-Sto iniziando ad avere un certo rigetto verso il russo- disse Hilary, osservando le pagine scritte in cirillico.

-Invece è una bella lingua-

-Quando la parli tu sì, ma quando la vedo scritta mi fa venire i brividi-

Kei lesse una breve frase e guardò la ragazza in attesa di una reazione.

-Potrei stare ad ascoltarti tutto il giorno-

Il ragazzo scosse la testa divertito in risposta e richiuse il libro fissando la copertina.

-E’ strano-

-Cosa?- chiese perplessa lei.

-Trovare un libro in russo..- sbirciò lo scaffale di fronte a lui -..infatti è l’unico-

-Perché è strano?-

-Russi e giapponesi non sono mai andati troppo d’accordo-

-Quindi noi due siamo una coppia strana-

-Decisamente-

-Bene- esclamò lei compiaciuta, ormai abituata a quell’aggettivo, che prima non sopportava, tanto da averlo iniziato a usare in continuazione –Lo vuoi comprare?-

-No.. che resti qui in bella vista- disse rimettendolo in mezzo agli altri libri –Poi l’ho già letto-

-Non ti facevo un lettore..-

-Come ti ho già detto altre volte.. ho avuto molto tempo libero-

-Di chi era?-

-Bulgakov-

-Oltre che di matematica, andremo anche di letteratura russa da domani-

 

Parlare: comunicare i propri sentimenti e le proprie emozioni. Difficile.

Affrontare: accettare questi sentimenti. Difficilissimo.

Cambiare: modificare se stessi. Impossibile.

Era arrivato a questa conclusione.

Aveva deciso di focalizzarsi su questi punti che dovevano essere la chiave di quel lungo percorso che poteva chiamare di guarigione, di se stesso e del proprio mondo, ma averci realmente a che fare era una cosa ardua.

Il problema era quanto li sentisse vicini a sé: mai come in quel periodo si era ritrovato a parlare di sé e a considerare materialmente la possibilità di cambiare.

Però stava male.

Male perché se da una parte si sentiva sollevato e in pace con se stesso, dall’altra la consapevolezza della falsità di quelle emozioni lo attanagliava. Perché poi le considerava false? Perché per uno come lui erano irraggiungibili, lo sapeva, lo aveva provato. E non aveva intenzione di ricaderci.

Poteva fare il duro quanto voleva, ma doveva ammettere di non esserlo affatto.

-Hilary è un po’ preoccupata-

-Perché?-

-Perché ti trova diverso-

Rei gli si era avvicinato nel cortile del dojo, poco prima di andare a dormire.

Kei rimase in silenzio, nella speranza di non risvegliare nuovamente pensieri, domande, risposte, parole, un fiume di parole che lo avrebbero schiacciato ancora e ancora e di cui non poteva sopportare il peso.

La sua vita era da sempre composta di silenzi, di gesti, di sguardi: non sapeva come si affrontavano le parole.

-E’ tutto a posto?-

Il russo nelle ultime settimane era rimasto sull’attenti nell’approcciarsi a Rei, nonostante lo avesse perdonato con calma e serenità, ma non poteva fare a meno di ricordare che il ragazzo era stato il primo, in quella sua esperienza giapponese, ad approcciarsi a lui, a fare dei passi avanti e tentare di aiutarlo.

Si limitò a scuotere la testa e continuare a torturarsi un braccio come nervoso.

-E me ne vuoi parlare?- tentò il cinese sedendosi accanto a lui.

Di nuovo solo un gesto di diniego.

-Il problema è Hilary?- chiese cauto.

-Io- rispose finalmente in un sussurro.

-Se e quando ne vorrai parlare io ci sarò, sai?-

Annuì silenzioso continuando a guardare davanti a sé.

-Magari senti solo il tempo- scherzò Rei sperando di rasserenarlo, riferendosi all’autunno che sembrava voler lasciare il posto all’inverno con più di un mese di anticipo.

-Sarà che sta arrivando dicembre- sussurrò Kei che, all’espressione perplessa dell’altro, si spiegò –Io odio dicembre-

 

Quello che stava cercando di capire era quanto c’entrasse Hilary: una parta sperava che non derivasse dalla sua relazione con la brunetta, ma come escludere quella possibilità se la sua vita delle ultime settimane aveva girato esclusivamente intorno a lei.

L’aveva osservata, probabilmente era più corretto dire fissata, diverse volte e aveva cercato di carpire informazioni, ma a vuoto.

Aveva provato a confrontare sensazioni conosciute con quella attuale e, purtroppo, gli riuscì, ma non appena il paragone aveva fatto capolino concretamente lo aveva ricacciato indietro come un qualcosa di terribilmente scomodo.

Hilary in tutto ciò sembrava felice, sorrideva come sempre e lo inondava della sua semplicità.

Sempre più problematica semplicità.

-Ho scritto che mi accompagni-

La brunetta era rimasta a cena in casa Kinomiya e si era affrettata a rifugiarsi nella camera di Kei insieme al ragazzo.

-Takao mi ha detto che hanno prenotato tutti i voli per Natale- iniziò lei, parlando dei progetti per il 25 dicembre che prevedevano l’arrivo di nuovi ospiti.

-Chi ci sarà?- chiese Kei sistemando il cuscino tra il muro e le loro schiene.

-Mao e Lai e poi la squadra americana-

-Anche Michael?- chiese il russo accendendosi una sigaretta con espressione indecifrabile.

-Sì.. perché?-

-Non l’ho mai sopportato-

-Ah-

-Che diceva Max su di lui e una soap opera?-

-Come sei curioso.. ma davvero non lo sai?-

Kei mise su un’espressione che chiedeva chiaramente ulteriori elementi che a lui mancavano.

-Gli hanno proposto un ruolo di attore dopo il torneo e ora recita in questa soap opera americana alla Beautiful.. tremenda tra l’altro-

-Ed è bravo?-

-Non saprei.. in America è famoso per questo, ma non saprei dirti se è proprio bravo.. il suo personaggio è piuttosto stupido..-

-Allora gli verrà bene di sicuro-

-Quanta acidità-

Il ragazzo fece spallucce sogghignando, per poi sporgersi verso di lei e darle un bacio.

-Sai di sigaretta- commentò disgustata.

-Allora stasera niente sesso-

-Guarda che sei tu quello che non ne può fare a meno- dibatté lei incrociando le braccia al petto.

-Ah sì?- rispose attaccando il suo collo.

-Ti vorrei ricordare che di sotto ci sono tutti- sussurrò Hilary consapevole che probabilmente avrebbe vinto l’altro.

-Basta fare piano- disse lui posandole l’indice sulle labbra socchiuse.

Il desiderio carnale era abbastanza difficile da trattenere e non servirono a nulla le mezze frasi di Hilary, poiché lei stessa partì all’attacco per ottenere ciò che considerava suo diritto avere, anche solo la visione della perfezione del corpo del suo ragazzo, non lasciandogli il tempo di coricarsi o di prendere il controllo della situazione: per quella volta lo avrebbe fatto lei.

 

Kei fece per alzarsi dal letto, ma la ragazza lo bloccò nuovamente afferrandolo per la vita.

-Sei una bambina capricciosa- scherzò lui arrendendosi e tornando indietro.

La ragazza non lo lasciò nemmeno quando ottenne la sua resa, ma si accoccolò appoggiata alla sua larga schiena.

Il russo restò sdraiato su un fianco, avvertendo la pelle fresca della brunetta sulla propria; sentì le braccia allentare la presa e ritirarsi entrambe verso le sue spalle.

Non riusciva a vederla, ma immaginava i suoi spostamenti, le sue posizioni, grazie a quel contatto.

Le dita sottili di Hilary iniziarono a scorrere sulle sue scapole e sulla spina dorsale, per poi spostarsi verso la parte destra, percorrendo tutta la lunghezza di quella che sapeva essere la sua cicatrice.

Lo aveva già fatto quella volta in spiaggia, quando gli aveva spalmato la crema, ma sembrò concentrarsi nuovamente sulla linea irregolare; la sentì emettere un singulto e spostare le dita apparentemente senza senso su diversi lembi di pelle.

Sperò non fosse l’inizio di altre parole, ma sapeva che la possibilità di scamparla erano poche poiché era perfettamente a conoscenza di quello che aveva attirato l’attenzione della ragazza.

-Che strani.. questi piccoli segni- iniziò come previsto, probabilmente così vicina alla sua schiena da avere la fronte appoggiata a lui –Sono cicatrici anche queste?-

-Mh- si limitò a pronunciare come assenso.

-Non saranno nemmeno di un centimetro..- continuò lei, ma presto si stoppò, non ponendo la domanda che probabilmente invece le invadeva la mente.

Kei avrebbe potuto rispondere a quella questione, ma non se la sentì di parlare di frustate o botte o qualsiasi altra cosa del genere. Prima che fosse troppo tardi si voltò e si sistemò fronte a fronte con lei.

Hilary gli poggiò i palmi sulle gote e in una carezza gli lasciò un bacio sulla fronte, prima di avvolgergli le braccia intorno alla testa e stringerlo al petto.

Lo coccolò e carezzò in un modo strano, diverso: un tocco vellutato che, però, non aveva niente a che fare con la passione o il desiderio, ma solo con la dolcezza e la protezione.  

Gli abbracci di quel tipo erano una cosa nuova per lui: gli era capitato di stringere a sé un’altra persona, ma poche volte era il ricevente di quei gesti. Sentì il battito del cuore di Hilary e si sentì bene almeno quanto sentì il bisogno di staccarsi.

Nuovamente quella terribile sensazione: sbagliato.

Si staccò lentamente, convincendosi a tornare a guardarla negli occhi: forse nelle sue iridi, nel suo riflesso avrebbe trovato il motivo di quel disorientamento, ma ciò che vi lesse lo preoccupò: forse era dolcezza, forse paura, forse venerazione. Tutto quello si tramutò in parole, le vide formarsi e arrivare alle labbra sottili della ragazza.

-Ti..-

-No-

Kei la fermò bruscamente, afferrandole i polsi con le mani, nella speranza che quell’atto fisico la convincesse realmente a stopparsi, a non pronunciare quelle poche sillabe.

-Ma Kei, io..-

-Non farlo-

Si ritrovò diversi centimetri lontano dal suo viso senza accorgersene, tutto sembrava essersi allontanato, ma non poteva assolutamente permettere che accadesse una cosa del genere.

-Non dirlo, per favore, non dirlo-

-Perché?-

-Non è giusto così.. ti avevo detto di.. non puoi farlo-

-Le tue condizioni credo si siano andate  a far benedire un bel po’ di tempo fa..-

-Hilary..-

-Cosa c’è? Non sono parole avvelenate.. possono solo che fare del bene-

-Non è vero assolutamente- soffiò Kei alzandosi dal letto.

-Di cosa hai tanta paura?- lo rimbeccò mettendosi seduta a sua volta.

-Io non ho.. ti accompagno a casa- e iniziò a raccogliere i vestiti.

-No ci vado da sola-

La brunetta lo superò e si rivestì in un batter d’occhio.

-Non fare la stupida..-

-Tu smettila di fare il bastardo allora- gli urlò a un centimetro dal suo viso.

-Ti accompagno a casa- sillabò aprendole la porta e invitandola a uscire.

 

Era quello che voleva evitare. Era ciò di cui aveva paura.

Sapeva del sentimento che covava nei suoi confronti, non ne aveva mai fatto mistero, ma dal supporlo al sentirlo pronunciare c’era tanta differenza.

Lo aveva detto chiaro e tondo che non sarebbe subentrato l’amore, che non avrebbe dovuto tirare in ballo per nulla al mondo l’amore, che lui e quella parola non avrebbero coesistito.

La riaccompagnò a casa nonostante le sue proteste; camminarono per tutto il tragitto lontani, lei qualche passo più avanti, e nemmeno si salutarono quando arrivarono a destinazione.

Stava soffrendo: per causa sua stava soffrendo e ne era consapevole e si sentiva in colpa.

Aveva promesso a tutti che non sarebbe accaduto, ma non era stato attento, non aveva tenuto sotto controllo la situazione e la stessa gli si era rivoltata contro.

Se solo avesse capito cos’era invece che provava lui forse sarebbe stato tutto più semplice da affrontare, ma come classificare tutto il casino della sua testa?

-Si può sapere che è successo?-

Rei lo aspettava sulla soglia di casa con le mani sui fianchi e il cipiglio perplesso.

Kei valutò l’idea di tirargli il pugno che gli doveva da più di un mese, ma si convinse che quella reazione avrebbe solo peggiorato la situazione e che era troppo arrabbiato e frustrato per dibattere.

Si limitò a sospirare e scuotere la testa, più a se stesso che all’altro, per poi sedersi sui gradini d’ingresso. Il cinese gli si accomodò silenziosamente accanto.

-Sono in un casino- confessò infine, disperato per la mancanza totale di certezze.

-Vuoi raccontarmi?-

-Mi ama-

-E non è una bella cosa?- chiese scettico Rei, cercando di non dare troppo enfasi al tono di voce.

Kei scosse la testa sicuro, in segno di diniego.

-Tu cosa provi per lei?-

-E’ questo il casino- rispose guardandolo passare da un’espressione seria e contrita a una risata accennata.

-Beh almeno vuol dire che qualcosa provi..-

-Non è confortante-

-Non è confortante avere la prova di essere umano?- cercò di scherzare, ma non ottenne nessuna risata –Prova a pensare a Hilary.. cosa ti viene in mente?-

-La sua faccia?-

-Davvero molto romantico, complimenti!- non resistette dal fare una battuta, ma subito tornò serio –Voglio dire.. io quando penso a Mao mi viene in mente la sua risata, il suo profumo, e sto bene-

Kei ci pensò su, cercando di non farsi coinvolgere dalla visione mielosa del cinese: non riusciva ad andare nel profondo come aveva fatto l’altro, almeno non nel profondo di se stesso, ma cercò di andare oltre.

Hilary e il suo abbraccio: questo gli sovveniva, ma la sensazione che ne derivava era complicata e paradossale.

-Prova a dare un nome alle immagini, ai tuoi sentimenti- aggiunse Rei dopo diversi secondi di silenzio, osservando il russo perdersi nei suoi pensieri.

Non era amore ne era sicuro, ma era più bisogno di lei, dipendenza in un certo senso, e questo non poteva e non voleva accettarlo.

-Trovato?-

-E’ un appiglio.. alla normalità- riuscì a rispondere in un sussurro –Me ne sto approfittando-

-Non è che lo interpreti nel modo sbagliato?- tentò il cinese.

-Mi è già successo di appoggiarmi a qualcuno.. e non è andata bene- commentò Kei.

-Ma quel qualcuno non era Hilary.. la situazione magari è simile, ma le persone sono diverse-

Solo Hilary era diversa, aveva preso il posto di quel qualcuno, ma lui era sempre lo stesso Kei, che lo accettasse o meno, era sempre lo stesso ragazzo di mesi prima.

-Cosa vorresti fare a caldo adesso?-

Il ragazzo ci pensò a lungo e cercò di ponderare la parole –La lascerei libera di trovare qualcuno che sappia apprezzare quello che ha da offrire-

-Kei pensaci con calma.. dormici su-

-Nessuna ramanzina contro di me?-

-Penso che tu ci tenga più di quanto non credi.. ma devi capirlo da solo-

 

-Ha iniziato a nevicare per bene-

-Qui è già tanto se piove-

Rispose laconico alle domande di Yuri, invidiandolo leggermente nel ripensare alle immagini della sua Mosca ricoperta di un manto bianco.

-Come va con la tua ragazza?-

-E tu che ne sai?-

-Ho i miei informatori.. se aspettassi te non saprei mai nulla-

-E con chi parleresti scusa?-

-Takao!-

-Takao? Perché vi sentite?-

-Non essere così stupito.. ma come va con la sua migliore amica?- ripropose la domanda il rosso facendo capire di quante informazioni fosse al corrente.

-Ultimamente male-

-Come mai?-

-Si è un po’ troppo affezionata a me-

-Troppo quanto?-

-Troppo troppo-

-Che bello parlare con te-

-Dai..-

-Kei, non puoi fare lo sciupafemmine anche con un’amica del gruppo-

-Ma non avevo programmato niente io-

-Ci mancherebbe.. ma aspetta.. tu quanto ti sei affezionato invece?-

-Poco-

-Beh, poco è già meglio di niente-

-La situazione è complicata-

-E perché mai?-

-Perché ci sono tante cose che non vanno bene e.. posso farti una domanda?-

-Ovviamente-

-Secondo te le persone possono cambiare?-

Un lungo silenzio li unì a migliaia di chilometri di distanza, segno che Yuri stava ragionando sulla domanda e probabilmente stava valutando se dirgli la reale opinione o limitarsi a assecondare quella che sarebbe stata la risposta migliore in quel momento per Kei.

-No.. possono migliorare, crescere, maturare, ma credo che cambiare non sia possibile-

 

 

 

 

 

 Siamo arrivati alla fine di luglio e devo dire che è davvero complicato parlare di novembre O_o fatico a trovare il mood giusto per il freddo (per la pioggia ne ho vista fin troppa in questi giorni -.-)

Vabbè non so che scrivere.. quindi per sparare cavolate come al solito lascio la parola a voi u.u

 

Piccolo regalino: questa cosa mi è venuta in mente leggendo la recensione scorsa di Lily e in un pomeriggio di noia totale mi ci sono messa.. vi dirò, mi sono anche impegnata XD Ho usato solo gli ultimi recensori, non me ne abbiano gli altri :O

http://justellet.deviantart.com/art/Leggero-Time-245161086

 

Fatemi sapere come al solito ^^

Noi ci becchiamo a random allora..vedrò quello che riuscirò a fare.. se non vedete il mio aggiornamento non disperate! Non ho abbandonato, semplicemente non ci sono!

Un bacione :)

 

PS: mi sa che ci darò un’altra leggiucchiatina appena avrò tempo u.u

   
 
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