Lily Evans odiava Peter Pan, o meglio, aveva iniziato ad odiarlo da quando una certa persona le era entrata nel cuore senza chiederle il permesso.
Caroline, la sua migliore amica, aveva sorriso radiosamente dopo che lei glielo aveva detto. E, da quando lo aveva scoperto, non sfruttava Natale per regalarle una nuova edizione del romanzo e occasione per citare parti del racconto.
Lily mal sopportava anche i Malandrini; quel gruppo di teste montate che avevano preso di mira, da un pezzo, il suo migliore amico Severus. Evitava di iniziare conversazioni con essi, poiché erano incoscienti e toglievano punti alla loro stessa Casa con quelle ridicole malefatte di cui tanto si vantavano.
Lily detestava in maggior misura quel James Potter; svoltava l’angolo in fretta quando incrociava il suo sguardo e poi, una volta nell’ombra, sorrideva a causa delle forti emozioni che albergavano in lei.
In realtà, Lily odiava sia i Malandrini che Peter Pan per merito - se merito può essere considerato - di James Potter, che le aveva rubato il cuore e lo aveva nascosto ben bene nella Foresta Proibita. Se avesse avuto un po’ di coraggio, sarebbe andata a recuperarlo. Continuava a ripeterlo: lei, un giorno, sarebbe entrata in quella maledetta Foresta. Lo reiterava per tentare di credere a quelle sue parole, anche se ormai aveva rinunciato da un pezzo a prestar fede a certe frasi da lei pronunciate quando si trattava di quel ragazzo.
In fondo, il suo cuore poteva benissimo rimanere lì dov’era, anzi, quel dannato Potter poteva tenerselo, tanto lei aveva rubato il suo, e inoltre sapeva che quell’organo che batteva freneticamente nel suo petto era in buone mani.
James lo avrebbe curato e coccolato amorevolmente, poiché teneva a quel prezioso tesoro che aveva conquistato con tanto sudore ed energie.
Lily lo amava, anche se mai lo avrebbe confessato. Lui era il suo Peter Pan e lei la sua Wendy.
Ogni donna, secondo il suo ragionamento, ne aveva uno; c’era però chi non lo trovava e chi, come lei, era stato talmente fortunato da averlo incontrato.

« Per quale motivo al mondo ami talmente quel libro? » chiese dolcemente James un pomeriggio di dicembre in Sala Comune, mentre era intento ad ideare un altro dei suoi scherzi.
Lily chiuse il libro e lo poggiò delicatamente sul tavolino che aveva davanti. « Mi ricorda una certa persona, tutto qui » rispose, evitando accuratamente lo sguardo di lui.
A quelle parole un sorriso malandrino si fece spazio sul volto del Grifone, ma lei non poté notarlo, avendo la testa china. « Saresti in grado di volare senza scopa, Potter? » domandò con un sopracciglio rialzato, trovando la forza di guardarlo.
« Naturale, io sono James Potter, e poi nel momento stesso in cui dubiterei di poter volare, cesserei anche di essere in grado di farlo » dopo quell’affermazione, entrambi non poterono fare a meno di sorridere l’uno all’altra.
Quel ragazzo era incredibile, in modo positivo, e lo amava Lily, seppure tentasse di cancellare quel sentimento.
« Certo, Potter. Credere di farlo è bello quanto farlo davvero, eh? Continua a sognare! » decise che era terminato il tempo di quello scambio di battute, perciò si alzò per dirigersi nel suo dormitorio, prima però nascose un sorriso nell’ascoltare la risposta di James.
« E tu continua a sognarmi, Evans ».

« Harry, l’Isola che non c’è un giorno arriverà nel tuo mondo. Tu non potrai fare a meno di accoglierla, visto che è uno dei luoghi più belli di questo mondo, persino di Hogwarts. Solo l’amore la supera.
Sai, ho conosciuto un uomo che ha rinunciato alle vesti di Peter Pan per divenire grande. Sappi però, che quell’uomo potrebbe rindossarle nuovamente per te e per me. Lui ci amava e noi amiamo lui, in ogni caso non dirglielo. Facciamolo rimanere in attesa » parlava col figlio appena nato Lily, non sapendo che suo marito era dietro la porta che la ascoltava. E sorrideva James, con quel sorriso malandrino che solo lui possedeva e di cui sua moglie si era innamorata.
« Evans-Potter, mi hai fatto rimanere in attesa per troppo tempo. Forse è proprio per questo che ti amo, vi amo » la sua entrata la fece, andando poi a baciare sulle labbra la ragazza a cui aveva donato il proprio cuore.