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Autore: Heven Elphas    03/08/2011    2 recensioni
//GABILLIAM//
Andando a ritroso, poteva benissimo ricordarsi come se la passava in ognuno di quei lassi di tempo infiniti, in cui l’umore cambiava sempre anche se l’origine di tutto rimaneva la stessa. Bill era sempre –sempre cazzo- nella sua testa.
Prima di cominciare ad odiare così tanto l’idea di essere stato con Beckett e non poterci tornare insieme, o il fatto che non riuscisse più nemmeno a capire il perché se ne fosse andato quello stupidissimo 11 Aprile… Prima di detestare a morte Bill che aveva cercato di rovinargli l’esistenza un’altra volta intromettendosi nella sua vita, per settimane aveva provato piacere. Piacere per il fatto di avere di nuovo sue notizie sul web, di vedere ancora una sua risposta su twitter, di sentirlo cantare con il solo suono della chitarra acustica di sottofondo. Perché si sentiva compiaciuto?
Perché quando lo aveva ricontattato si era ricordato l’amore. Che fine aveva fatto? Da quanti anni non provava quel sentimento? Parevano secoli, eppure era questione di due anni e mezzo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cobra Starship, Fall Out Boy, The Academy Is
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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WE’RE THE STUFF THAT DREAMS ARE MADE OF

 

 

We’re the Stuff That Dreams Are Made Of

 

 

 

 

 

 

II CHAPTER

Feeling LIKE THE BOSS OF YOU

 

 

 

Perché non ti vuoi muovere?

Domandatelo ancora mille volte, mentre perdi tempo e lui continuerà a pensare che sei sempre il solito.

Sì, Gabe, il solito dannatissimo codardo che non si sbriga a prender decisioni.

Son passate due settimane ed ancora sei lì.

Afferri la bottiglia di vodka vicino a te e ne prendi un sorso, quel che basta. Non devi più prendere sbornie come quelle passate, dove i ricordi sono distrutti da lunghi buchi neri…

Di tutte quelle sbronze ti ricordi quella in cui hai vomitato proprio sulle sue scarpe a punta, mentre cercava di aiutarti. E sai perché te lo ricordi… Perché quella volta lui ti ha detto quella stupida frase che hai impressa a fuoco nel cervello.

 

La sola cosa peggiore di te, per te, sono io… Ma se solo tu ti amassi quanto ti amo io, Gabe. Se… Se solo ti amassi un po’ anche tu…”

 

Lo ricordi così bene perché lui non aveva mai detto nulla prima. Pensava che fossi tanto ubriaco da non ricordare. Sì, lo eri… Ma quello non te lo toglie nessuno da tutta quella massa ingarbugliata di ricordi che tieni chiusi a chiave dentro te.

Ti ricordi che lui indossava quel maglione a pezze multicolor mentre ti abbracciava.

Ti ricordi il suo profumo.

Oh, lo senti così vicino, Cristo. Ti pare che sia proprio al tuo fianco.

Ah no.

È Erin quella che dorme sotto le tue lenzuola adesso.

Il profumo non è lo stesso. Non lo è nemmeno il calore.

Non senti le stesse cose di un tempo questa mattina, quando apri gli occhi.

Che ci fa lei qui, Gabe?

Ricordati lui…

 

Ricorda:

Prenderò le stelle giù dal Paradiso per riempire i tuoi cieli deserti…

Io sono tuo stanotte.

Sono tuo stanotte.”

 

Di nuovo.

Fammi sentire di nuovo padrone di te stanotte.

Solo per una notte.

 

* * *

 

William si è appena svegliato a Los Angeles, ancora solo in un’altra stanza d’hotel. Il letto vuoto sembra sempre più grande senza Gabe. Eppure aveva cercato di riempirlo tornando a Barrington da Christine e da quella bambina che, sì, amava così tanto.

Non ci era riuscito…

Non aveva potuto stare accanto a loro, arrendendosi in un tempo davvero breve. Eppure avrebbe voluto ricominciare da capo, mettere un nuovo inizio in un libro tutto da scrivere al loro fianco. Purtroppo le pagine erano state tutte riempite da un unico nome, manco se fosse il nuovo Jack Torrance.

“Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. Gabe. [Ecc…]”

Perchè non poteva riprendersi più? Perché senza di lui le cose non andavano? Perché con lui le cose non erano mai andate bene comunque?!

Sbatte i pugni sul cuscino, affondandoci il volto e urlandoci dentro.

Sono mesi che non fa altro che pensare a lui e non gli esce mai dalla testa. Non puo’ farne a meno. Qualsiasi cosa faccia nella sua vita si riconcilia sempre con il ricordo di Saporta. Il ricordo di quelle mani sul suo corpo. Di quelle labbra schiacciate contro le sue.

Allora se lo ricorda, William Eugene Beckett Jr. Se lo ricorda ancora…

Si ricorda quando era ancora completamente suo.

 

Las Vegas, 22 settembre 2007.

Era lì, seduto sull’orlo di una panchina nell’ennesima hall dell’ennesimo hotel visitato nel Sleeping with Giants tour. Fissava il tappeto davanti a sé come se fosse la cosa più interessante del mondo. Erano Cobra quelli disegnati lì sopra o era la sua impressione? Forse semplicemente se li immaginava a forza di sentirne parlare. Gabe arrivò improvvisamente con due bicchieri di plastica in mano e gliene passò uno, sedendosi al suo fianco.

-Stanza 15095. Quindicesimo piano. Tutta per noi… Beh, abbiamo gli altri accanto.-

-Perfetto.-

Sorseggiò quella che capì essere vodka alla fragola redbull, prima di lanciare uno sguardo perplesso al compagno. Fece finta di nulla e lo seguì verso l’ascensore dell’enorme piramide nera. Alla partenza William perse l’equilibrio ed andò a sbattere contro il più alto dei due, che lo strinse a sé lasciandogli un bacio nei capelli.

-Si muove in obliquo…-

Fece il cantante dei TAI, mentre Gabe riacchiava fra i suoi ciuffi castani. Si trovarono uno accanto all’altro  al quindicesimo piano a guardare giù dalla balaustra. La visuale dell’interno era splendida… Tutto il casinò era sotto di loro, circondato da falsi palazzi dell’antico Egitto. Saporta gli afferrò la mano e lo trascinò dietro di sé, correndo subito in camera. Si baciarono immediatamente, mentre la porta si chiudeva alle loro spalle. Bill venne spinto fino al letto sul quale cadde, sovrastato subito dal cantante dei Cobra Starship.

-…sei mio stanotte.-

Mormorò il riccio sulle sue labbra piegate in un sorriso malizioso.

-No, Gabe.- Rispose lui, lasciando il compagno perplesso. -Per tutta la vita…-

Dopo quell’aggiunta Gabe lo baciò con passione travolgente, sfilandogli gli indumenti di dosso di tutta fretta. Lo fece sentire suo su quel letto d’hotel… Una notte che non sarebbe mai dovuta finire, trascinandoli in eterno dentro quel sentimento che credevano ancora intramontabile.

Di sicuro se lo ricordano entrambi, di come si sono sentiti su quelle lenzuola appena lavate. Com’era fare l’amore con l’Excalibur completamente illuminato come sfondo fuori dalla finestra.

William ricorda ancora quelle parole pronunciate con certezza e passione.

-Saresti mio per ogni notte da qui fino all’ultima, eh?-

-…sì, per tutte quante. Anche quando sarai lontano, Gabeybaby… Sarò tuo, persino nei tuoi sogni.-

 

“…per sempre solo, fin quando ti troverò.

Ancora…”

 

Si alza dal letto, William, cercando di togliersi dalla mente il profumo di Gabe. Ma tiene ancora quella stupida boccetta rubata dal suo armadietto del bagno anni prima. Userà ancora lo stesso profumo? Vorrebbe saperlo, ma decide di ignorare questa sua insistente voglia di lui. Allora decide di uscire da quella stanza ed andarsene, cellulare in tasca ed occhiali da sole. Armamentario completo per l’uscita mattutina.

Oh, Bill, sempre il solito mattiniero che non riesce a stare da solo in un letto.

Cammina per un po’, finchè decide di prendere un taxi e farsi portare a Venice Beach. Forse potrebbe trovare calma, laggiù. Sì…

Si rilassa appoggiando la testa indietro e guarda il tettuccio dell’auto, aspettando che il cervello si liberi. Eppure nella sua mente, da due settimane, continunano a ronzare quelle parole “ho girato tutto il mondo per cercarti. Sono noto per prendere quello che son convinto di meritarmi e tu sei in ritardo.” In ritardo. Lui? Non è lui quello in ritardo, cazzo.

Si passa le mani sul volto, cercando di no pensarci più, ma lui è sempre stato bravo ad affondarsi nelle seghe mentali. Non cambia mai.

E continua a ricordare, come se il suo dannato hard disk aprisse volontariamente filmati di momenti passati.

Ricorda ancora…

 

Los Angeles, 19 Dicembre 2007.

Non aveva mai pensato di potersi ritrovare da quelle parti sotto Natale. Era la prima volta che stava con Gabe a decorare un abete in plastica che avevano comprato insieme. Festoni viola ed oro riempivano il pavimento, mentre il padrone di casa cercava di appendere le luci colorate senza inciamparsi. Bill l’osservava seduto sul tappeto, con il sorriso stampato sulle labbra. Non poteva nemmeno crederci che era lì, a casa sua, per tutta la durata del periodo natalizio. All’ennesimo giro per mettere le luci, il cantante dei Cobra Starship si voltò verso il suo ragazzo con le sopracciglia alzate ed il labbro inferiore sporto in avanti. Una stupenda espressione offesa…

-Hai intenzione di stare lì tutto il giorno?! Mi occorre una mano! Se vado avanti così, chico, va a finire che l’albero è pronto per…-

-Voi ebrei fate l’albero per l’Hannukah? Non basta un candelabro?-

La domanda di William rieccheggiò nel salotto e l’altro rimase un attimo sconcertato. Ci fu qualche attimo di silenzio, prima che il riccio si decidesse a rispondere.

-Era un modo per coinvolgerti, Bilvy, ma tu a quanto pare non muovi il culo. E dire che ce l’hai anche ossuto, non è che fai fatica ad alzarlo…-

Bill ridacchiò, prima di alzarsi e stiracchiare le braccia che poi strinse attorno al collo del compagno.

-Non ce n’è bisogno… è casa tua, stiamo alle tue usanze.-

Baciò quella guancia perfetta pungendosi il mento con  la barbetta nera che stava piano crescendo sul viso di Saporta. Quest’ultimo per tutta risposta lo trascinò in un bacio molto più passionale, spingendolo verso il divano.

-…sarà anche casa tua d’ora in poi, Bill. Quindi sta anche a te decidere.-

-Cosa?-

Domandò sbigottito non potendo credere a quelle parole. Lui la sua casa ce l’aveva a Barrington, dove stavano anche sua figlia e Christine. E Gabe non aveva mai parlato di andare a vivere insieme prima di quel momento. D’altronde da quanto durava la loro relazione? Non era passato molto tempo da quando si erano dichiarati finendo inevitabilmente per limonare in un bagno di casa Wentz. Come potevano andare già a vivere insieme se nemmeno erano sicuri di durare?

Eppure William sentiva che era la scelta giusta. Sapeva che era Gabe quello che voleva dalla vita. Tutto sarebbe stato perfetto se solo avesse potuto essere suo.

-Vuoi venire a vivere con me? Vuoi stare al mio fianco ogni notte ed ogni giorno?-

-…non avresti potuto farmi una proposta migliore, Gabe. Ovvio… Ovvio che voglio stare con te.-

Gabe sorrise e lo abbracciò. Dio, si ricorda ancora com’era caldo. E poi quel profumo tanto buono che gli invadeva le narici mentre si affondava nel suo maglione blu.

-Benvenuto a casa, Bill… Il nostro piccolo rifugio segreto. Beh, piccolo mica tanto in effetti. Le case qui a Beverly Hills forse le fanno un po’ troppo grandi, eh? -

-Non importa. Tanto occuperemo sempre la stessa stanza, ci scommetto.-

Ridevano insieme, dondolandosi in quell’abbraccio inscindibile. Bill aveva scommesso che sarebbe durata per sempre, quella loro storia nascosta nelle mura di casa.

La loro nuova casa..

 

“Siamo parte di qualcosa che è nostro e nostro soltanto.

…casa era ovunque.

Ovunque fossi tuo.”

 

Ora Bill si trova davanti all’oceano Pacifico, guarda il cellulare con cui ha chiamato Sisky. Peccato non risponda. Ha un estremo bisogno di parlare con qualcuno proprio in questo momento. Sa che l’unico che potrebbe comprenderlo è il suo migliore amico. L’unico oltre Saporta che potrebbe aiutarlo, ora.

L’oceano riflette i raggi caldi di questo Maggio, mentre lui va a sedersi su una panchina per poterlo osservare in tutta calma. Calma? Quale calma? Non fa altro che mangiarsi le unghie e controllare lo schermo dell’i-phone per sapere quanto il tempo ci mette a passare. O forse vuole solo vedere se gli arriva qualche messaggio.

Non è un bel periodo per Beckett. Per nulla.

Michael e The Butcher se ne vanno dalla band lasciandoli soli proprio adesso. Adesso che lui ha bisogno di tirare fuori altre canzoni. Destino infame… Gabe fa un album con i Cobra Starship e lui rimane senza metà band. Deve ancora dirlo a tutto il mondo e sta cercando il coraggio di farlo. Vorrebbe solo… Oh. Vorrebbe solo tornare da Gabe ed abbracciarlo chiedendogli di rassicurarlo e dargli forza per andare avanti.

Perché… Perché non puo’ tornare come a quel tempo?

Prima che si distruggessero pian piano, come acqua straripata da un fiume che, violentemente, rade al suolo la città.

 

Los Angeles, 11 Febbraio 2008

Era il suo compleanno. Non era molto incline all’idea di passarlo proprio in Venice Beach con il freddo che faceva quel giorno. Che idea stupida, quella di Gabe. Eppure l’aveva seguito, fino a ritrovarsi con le guance punzecchiate dal vento della West Coast. Lontano, il molo di Santa Monica con la sua ruota panoramica e le sue montagne russe faceva loro da sfondo. Gabbiani annoiati svolazzavano ovunque e si posavano sulle palafitte azzurre delle guardie costiere. Il cielo era di un grigio spento, un po’ come il maglione che aveva indosso per coprirsi. Sbuffò per l’ennesima volta, prima di fermarsi in mezzo alla sabbia umida.

-Che sbatti! Si puo’ sapere perché siamo qui?-

Domandò, facendo voltare Saporta verso di lui. Aveva un sorriso furbesco sulle labbra e quelle guance tanto ben disegnate sembravano appena arrossate.

-Per stare soli…-

-Siamo soli anche a casa, Gabe, non c’è nessuno che gira nelle nostre stanze.-

Il cantante dei Cobra scosse la testa ed indietreggiò, avvicinandosi a lui e tendendogli le mani. Gliele strinse tremando appena e poi ne baciò una, facendolo arrossire per l’imbarazzo. Non capiva che stesse accadendo.

-Sei poco romantico, Bilvy, davvero… Scrivi tutte quelle canzoni d’amore e poi fai la cagna qui in mezzo. Non so ancora di preciso perché questa cosa di te mi eccita così tanto.-

Il moro ridacchiò delle sue stesse parole, prima di lasciargli le mani per infilarsene una in tasca. Ne estrasse un piccolo sacchetto viola con un fiocchetto e glielo consegnò. C’era un piccolo biglietto con scritto sopra “Gabilliam is forever” così alzò un sopracciglio e rivolse al suo ragazzo uno sguardo sconcertato.

-Non sei simpatico per nulla.-

Ma sorrise dolcemente, sentendosi fiero di avere Saporta come compagno.

-Ci stava, man! Dai, la nostra storia ha persino un nome ufficiale! Non sei felice? Siamo importanti nel mondo… Siamo Gabriel Eduardo Saporta e William Eugene Beckett Jr e stiamo insieme. Dovresti…-

Gabe non riuscì a finire quella frase trovandosi la lingua di William in bocca a schiantarsi con la sua. Ne seguì un lungo bacio, finchè il moro non si staccò per lanciargli uno sguardo truce.

-Non lo apri il regalo?-

Bill annuì ed aprì il sacchetto per trovarci dentro questa collana con una piastrina quadrata attaccata. La osservò per qualche istante prima di voltarla e leggere “There’s not me without you”. Gli si inumidirono gli occhi e ne conseguì un altro bacio molto più dolce del primo.

-Non ci sarei nemmeno io senza di te… Lo sai, vero, Gabe?

-Oh, qualche volta allora me la dici qualche frase romantica, eh?-

Gabe lo abbracciò, tirandolo stretto a sé ed affondando il volto fra i suoi capelli. Scivolarono seduti a terra, tenendosi stretti l’un con l’altro. Era così bello restare nella sabbia insieme, con la brezza che spettinava loro i capelli.

All’improvviso, tuttavia, il castano alzò lo sguardo verso il compagno e nei suoi occhi vi ritrovò lo stesso sentimento brillante di quando si erano dichiarati. Era come se tutto non dovesse mai finire. Dovevano fermarsi lì, su quella spiaggia deserta.

-Vuoi sentirti dire qualcosa di romantico?- Domandò a quel punto e Saporta annuì curioso. -…Qui, a Los Angeles… Sto vivendo i migliori giorni della mia vita. Anche ora, proprio qui. Solo perché ci sei tu…-

-Che incurabile romantico.-

 

“C’è qualcosa che ho dimenticato?

Dimmi se mi sbaglio ma…

Perché abbiamo davvero cambiato le cose?”

 

Guarda di nuovo il cellulare e non trovando sms decide di andare in internet. Aggiornamenti su aggiornamenti riguardo a You Make Me Feel e lui sorride pensando a quanto sarà felice Gabe. Sorride, sì. Un sorriso mesto e nostalgico. Vorrebbe scrivergli, ma forse è meglio aspettare. Forse sarebbe proprio meglio evitare ed aspettare che ci sia qualche scusa che renda insospettabile la sua voglia di vederlo.

Oh, forse è anche ora di alzarsi da lì ed andare in studio con Mike a scrivere qualche pezzo, d’altronde anche loro hanno un album in arrivo.

Fa retro front sospirando e lanciando un ultimo sguardo all’oceano, prima di andare a fermare un altro taxi. Venice Beach non è poi così bella come si ricordava…

 

“Ti ricordi di me, Gabe? Ti ricordi di quel tempo…

Quando io ero tutto ciò di cui avevi bisogno.

Quando ero solamente tuo.”

 

* * *

 

Guardi il cellulare cercando un messaggio che non arriva.

Speri ancora che ti ripeta quanto gli è piaciuta la canzone, forse.

No, lo sai che cosa ti aspetti.

Vuoi che ti dica quanto gli manchi, così che tu possa corrergli incontro ed abbracciarlo ancora.

Allora controlli twitter, dopo ore che non lo fai.

Eccolo lì.

Un piccolo tweet di ieri sera.

 

Billbeckett: Back in LA again for a spell. I always stay at the same hotel, in the same room, with the same view. Different posters on the wall this time.”

 

Sembra che l’abbia scritto apposta. Sembra che abbia voluto farti sapere dove si trova.

Allora prendi la carta di credito, i vestiti, una valigia…

Vai all’aereoporto.

Che aspetti?

Fallo!

 

“Avviciniamoci ora.

…se vuoi qualcuno che sappia tutto quello di cui hai bisogno, Bill…

Sarò il tuo uomo.

Come un tempo.”

 

….continua.

 

 

 

 

___________________

 

 

Ecco il secondo capitolo –insensatissimoooooo- e pieno di flashback!!!!

La Gabilliam in questi giorni mi sta uccidendo dentro lentamente.

 

Qualcuno ha sentito Chicago cantata da Bill il 7 Luglio???

 

Anyway

Grazie mille a chi mi ha messo tra le seguite <3

 

Fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo, non abbiate paura a recensire!!!

Siete tra i pochi che amano le Gabilliam, fatevi sentire in questo mondo vuoto se non ci fossero loro!! XD

 

Byeeeeee!

Let’s go wasted pure stasera.

 

 

Xoxo

Miky

   
 
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