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Autore: FairyCleo    05/08/2011    12 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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New Dawn


L' alba di un nuovo giorno stava per affacciarsi su quel mondo che in pochi riconoscevano come tale.
Gli eventi dell' ultimo periodo avevano portato cambiamenti radicali nelle vite delle persone resesi conto di ciò che era realmente accaduto e che continuava a ripetersi incessantemente, quasi fosse una nenia stonata impossibile da dimenticare.
Migliaia di creature infernali erano in giro per il mondo libere di esercitare quello che sembrava un loro diritto.
Centinaia di persone erano state vittime dei loro soprusi.
Decine di cacciatori erano morti nel tentativo di porre fine alle loro scorrerie.
Molti altri sfoggiavano profonde cicatrici che deturpavano i corpi esausti, segnati dalla fatica e dal dolore.
Altri ancora, invece, non avevano avuto la stessa fortuna.
Le cicatrici che portavano erano impresse nella loro anima, come se fossero state marchiate a fuoco.
Segni indelebili del peso che li opprimeva e che mai li avrebbe abbandonati, continuando a farsi strada in quei cuori straziati, in quegli animi dilaniati, senza permettere loro di ritrovare nuovamente il sorriso.

Ma l' alba non avrebbe arrestato la sua corsa.
Il sole sarebbe sorto di nuovo sulla terra, provando almeno in parte a lenire le ferite che l' avvento di un nuovo Dio aveva portato in un mondo ormai troppo stanco e provato.

Dean Winchester non aveva dormito quella notte, come gli era capitato nelle notti precedenti, dopotutto.
Da quando aveva sentito parole di morte pronunciate da colui che gli aveva donato di nuovo la vita, niente era stato più come prima.

Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo.
 
Eppure, quando tutto sembrava perduto, aveva avuto la forza di aggrapparsi a qualcosa di talmente solido e apparentemente incorruttibile che, in un modo o nell' altro, era riuscito a ritrovare la forza di rimettersi in sesto.
Qualcosa che aveva sempre i capelli scompigliati e che faticava a comprendere il sarcasmo.
Gli si aggrappava talmente forte da farsi quasi male, ed era forse questo il motivo per cui adesso non riusciva più a raccogliere i cocci del suo essere, nel disperato tentativo di rimetterli insieme per l' ennesima volta.
Sta volta, qualcosa in lui si era rotto definitivamente.
I cocci erano divenuti ormai polvere trasportata lontano dal vento, e neanche tra le sue morbide carezze riuscivano a trovare una parvenza di sollievo.

Dean Winchester, capelli d' oro, efelidi rosee, occhi verdi stanchi e affaticati, non aveva dormito quella notte, come, del resto, le notti precedenti.
Aspettava pazientemente l' alba di un nuovo giorno, sperando che essa potesse rappresentare insieme la fine e il principio, augurandosi che il cielo non stillasse più sangue, ma solo raggi di luce immacolata che avrebbero permesso al mondo di sperare ancora una volta in quello che era stato predetto un giorno lontano: la redenzione.

                                                                                                         *


Non aveva un' idea precisa di come fossero andate realmente le cose.
Del momento preciso in cui avessero cominciato a perdere la speranza e a lasciare che tutto scorresse come meglio credeva.

Forse, da quando il loro angelo custode li aveva traditi alleandosi con un demone.
Forse, da quando aveva continuato a mentire spurdoratamente.
Forse, da quando aveva rotto il muro nella mente stravolta di Sam.
O forse, da quando li aveva minacciati di morte.

Ma è veramente così importante sapere quando tutto aveva avuto inizio?
Quando la scintilla aveva dato il via all' incendio?
Per Dean sembrava essere fondamentale.

Continuava a chiedersi perché.
Dove avesse sbagliato.
A cosa avrebbe potuto fare se avesse avuto la possibilità di tornare indietro.

E ci aveva pensato veramente a tornare indietro nel tempo, per poter afferrare il suo amico piumato per il bavero, e prenderlo a pugni fino a ridursi le ossa in polvere.
Sorrideva al pensiero di un Castiel confuso che si domandava il perché di quel suo comportamento violento e autolesionista.
Ma non riusciva a sorridere nel vedere il Castiel che giaceva addormentato sul divano a casa di Bobby.
I polsi incatenati sopra la sua testa, gli abiti sporchi di polvere e sangue ridotti a bandelli, il volto cereo, segnato da profonde occhiaie.
Le labbra più bianche del normale, secche, screpolate, contratte in una sorta di piega dolorosa.
Era quello Castiel?
O era solo il fantasma dell' angelo che era stato un tempo?

Dean continuava a tormentarsi...
Si poteva essere ancora se stessi dopo essersi persi?
Ci si poteva davvero ritrovare?

Solo il tempo avrebbe potuto rispondere a quei quesiti.
Ma quanto tempo avrebbe dovuto attendere?

Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata.

Il suo fedele angelo sulla spalla lo aveva tradito, umiliato, pugnalato senza pietà.
La serpe era in seno, e non ne aveva avuto coscienza fino a che non aveva attaccato, infettandolo col veleno del risentimento.

Bobby era dovuto uscire di corsa, costretto ad allontanarsi dal nido per colpa di un attacco di uno dei figli del Purgatorio.
Quelle creature orribili non davano un attimo di pace a nessun cacciatore, divertendosi a terrorizzare e uccidere chiunque gli capitasse sotto tiro.

Dean non era solo in casa, ma nè quella di Sam che dormiva al piano di sopra in preda ai suoi incubi, nè quella di Castiel potevano definirsi "compagnia".
Chiamereste mai compagno un prigioniero?
Chiamereste mai prigioniero un compagno?
 
Alle otto di mattina, Dean aveva bevuto già sei birre.
Le buttava giù come se fossero acqua fresca, accartocciando le lattine per poi gettarle sul pavimento.
Poco gli importava se Bobby lo avesse preso a calci in culo.
Voleva solo che i fumi dell' alcol annebbiassero la sua mente, impedendogli anche per un solo istante di pensare, di rivedere sempre, costantemente, la stessa scena, fino a farla sembrare tanto reale da riviverla.

Sempre più spesso, non distingueva la realtà dal ricordo, ritrovandosi ad urlare ad occhi aperti, senza nessuno con cui potersi confidare.
Quella che stava vivendo era la vita, o solo un surrogato di essa?

Dopo aver bevuto la settima birra e aver riservato alla lattina lo stesso trattamento delle precedenti, si era passato energicamente una mano sul viso.
Un' amara risata aveva preso forma nella sua gola, fino a riecheggiare in quella casa troppo vecchia e vuota.

Tutto gli si ritorceva contro.
Tutti lo abbandonavano.
Qualunque cosa toccasse veniva distrutta.
Forse era lui la causa di tutto quel male, di tutto quel dolore!

Attraverso le lacrime che prepotenti velavano i suoi occhi, aveva potuto scorgere a stenti l' essere che un tempo era stato il suo angelo custode.
"Perché Cass... perché mi hai abbandonato?".
Lo sconforto si era impossessato di lui.

Un gemito sommesso aveva attirato la sua attenzione, distogliendolo per un istante dall' autocommiserazione.
Quel gemito appena udibile proveniva dalla gola di Castiel.
Era un suono goffo, quasi un ronzio breve e fastidioso, ma capace di far sobbalzare il cuore dell' unica persona che lo aveva udito.
L' alba ormai trascorsa, era forse stata presagio di rinascita?

Lentamente, il prigioniero aveva sollevato le palpebre pesanti, scoprendo quegli occhi che tanto avevano saputo incantare e far sognare.
Dean aveva faticato a trattenersi dal gettarsi ai suoi piedi, pronto ad accogliere l' amico di sempre al suo risveglio.
Ma quello non era ciò che la testa gli ordinava di fare.
Il suo compito era quello di rimanere immobile e limitarsi ad osservare.
Nessun gesto di affetto sarebbe stato opportuno per quell' essere che si trovava di fronte.
Anche se quell' essere era Castiel.

Lo stanco prigioniero aveva finalmente preso visione di quello che lo circondava, renendosi conto di trovarsi in un luogo familiare.
La gola secca, il corpo intorpidito, le braccia e le spalle che gli dolevano.
Aveva bisogno di muoverle per poter permettere al sangue di circolare, ma grande era stata la sua sopresa nello scoprire che questo non era possibile.
Preso dal panico, più volte aveva tentato di portarle sul petto, strattonandole con la poca forza che ancora albergava nel suo corpo, ma tutto era vano: macigni per lui invisibili gli impedivano di farlo.
La paura della prigionia aveva iniziato a dilagarsi in lui.

"Risparmia le energie".
Una voce vicina lo aveva distolto da quella sua momentanea occupazione.
Era una voce fin troppo familiare per non riuscire a distinguerla al primo tentativo.
Era la voce che tante volte aveva udito, spaventata o fiera, altera o bisognosa d' aiuto.

La voce dell' unico amico che aveva avuto, del fratello che gli aveva mostrato pregi ed errori, che gli aveva aperto le porte della vita, regalandogli un mondo che per millenni aveva osservato solo dall' alto.

Ma, quella voce, aveva un qualcosa di diverso.
Una nota stonata che rovinava la gioia del sentirla, facendogli battere il cuore talmente forte da credere che sarebbe uscito fuori dal petto glabro e diafano.

Aveva provato a sollevarsi per poter incontrare quel viso familiare e trovare finalmente una spiegazione ai suoi timori, ma gli era stato impossibile.
Il collo gli doleva troppo, e la testa, pesante, vorticava facendogli venire qualcosa di simile al mal di mare.

"D- Dean..." - aveva provato a chiamare, allora, con voce bassa e rauca.
Ma il ragazzo non aveva risposto al suo appello.

Era lì.
Poteva sentire la sua presenza.
Era certo di percepirne quasi l' odore, misto a quello della birra che probabilmente aveva bevuto a litri.
Perché, allora, si ostinava a non rispondere?

"Dean?".
"Ti ho detto di stare fermo".
Il ragazzo era comparso all' improvviso davanti a lui, sovrastandolo con il suo metro e ottanta di statura.
Il viso stanco ma duro, le spalle tese, gli occhi ridotti a due sottili fessure.
Castiel non capiva perché suo fratello lo stesse guardando con tanta ostilità.

"D...".
"Smettila di ripetere il mio nome" - aveva sibilato, stringendo i pugni talmente forte da farsi penetrare le unghie nella carne.

Cass lo guardava sconvolto.
Era Dean a tenerlo prigioniero.
Ma perché?
Cosa era capitato al suo protetto?

D' improvviso, una spiacevole sensazione di colpa aveva cominciato ad attanagliargli il petto.
Ma era troppo stanco e provato per poter capire.

"Che cosa è successo?".
Aveva trovato la forza di chiederlo, nonostante le sue corde vocali protestassero per lo sforzo improvviso.
Dean si era chinato su di lui quanto bastava per guardarlo dritto negli occhi, prima di afferrarlo all' improvviso per il colletto consunto della camicia potendo così avvicinare i loro volti maggiormente.

Cass aveva a stenti trattenuto un urlo: il torpore alle braccia e alle spalle non accennava a diminuire, e quel brusco movimento aveva contribuito solo ad accentuarlo.
Ora era a pochi centimetri dal viso di Dean: gli occhi verde prato erano rovinati da un rossore insolito e da occhiaie scure e profonde.
Il suo alito caldo sapeva di alcol, e le sue nocche callose sfioravano prepotenti la mandibola serrata di Castiel che, spaventato e incredulo, non riusciva a distogliere lo sguardo da quello del suo amico, sperando di poter comprendere finalmente ciò che era accaduto.

Ma Dean non l' aveva fatto.
Dean non gli aveva permesso di capire.
Non era lecito, evidentemente.

Per questo, solo dopo un periodo di tempo interminabile si era deciso a parlare, avvicinandosi al suo orecchio e sputando veleno come un' aspide infuriata.
"Chiudi gli occhi e cerca di ricordare... hai tutto il tempo che vuoi" - e lo aveva lasciato andare, facendolo ricadere pesantemente sul vecchio divano.
Non lo aveva degnato di un ulteriore sguardo prima di lasciare la stanza, dirigendosi lentamente al piano di sopra.

Avrebbe tanto voluto urlargli di fermarsi, di aspettare solo un attimo e spiegargli il perché di quel comportamento incomprensibile!
Lui lo avrebbe ascoltato e confortato come aveva sempre fatto, perché era quello che un angelo del Signore faceva!
Ma proprio quest' ultimo appellativo aveva smosso in lui qualcosa di così ovvio che non era riuscito a notare all' inizio.

Perché un angelo non riusciva a liberarsi da semplici catene di ferro?
Perché sentiva il dolore, la sete, la paura?
La testa aveva preso a girare in maniera ancora più vorticosa, e un forte senso di nausea aveva preso a contorcergli lo stomaco.
Immagini confuse di un passato dimenticato avevano cominicato il loro lento riaffiorare, ma era troppo stanco e provato per potervi dare un senso.

Serrando forte le palpebre, si era abbandonato a quel turbinio informe, lasciando che le membra pesanti trovassero conforto sul divano.
Perdere i sensi, alcune volte, poteva essere di grande sollievo.

                                                                                                            *

Il nuovo risveglio era stato più traumatico del precedente.
La sensazione di arsura era aumentata, e il dolore alle spalle era cresciuto in maniera spropositata.
Era certo che avrebbe dato di stomaco se non avesse potuto muoverle anche per solo qualche secondo.
Sapeva che muoversi sarebbe stato impossibile, ma doveva almeno provarci.
O sarebbe impazzito.
Non capiva perché lo avessero imprigionato, continuando a nn avere coscienza di quello che prima aveva cercato di affacciarsi alla sua mente.

"Credevo di averti detto di stare fermo".
La voce imperiosa di Dean lo aveva fatto sobbalzare.
Era talmente concentrato sul da farsi che non si era accorto di non essere solo in quella stanza divenuta la sua personale prigione.
Aveva girato la testa quanto bastava per potersi rivolgere verso il proprio interlocutore, nonostante le proteste vivaci dei suoi muscoli.

Gli occhi severi di Dean lo scrutavano senza possibilità di replica.

Cosa avrebbe potuto chiedergli, dopotutto?
Se si trovava lì doveva esserci un motivo, o forse Dean doveva essere impazzito.

D' improvviso, si era accorto che la presenza di Dean non era la sola in quella stanza.
Bobby Singer, il vecchio ed esperto cacciatore di Sioux Fall lo osservava in silenzio, con un misto tra compassione e rancore.
La barba era più lunga del solito, e il suo aspetto trasandato era simbolo evidente che le giornate di caccia erano state intense e spossanti.

Solo un membro di quella bizzarra famiglia mancava all' appello.
Ma gli era bastato girare maggiormente il capo per poterlo scorgere: Sam Winchester, due metri di altezza, sedeva, anzi, sprofondava letteralmente nella poltrona accanto al divano.
La sua postura scomposta, i suoi occhi perduti e la fronte sudata avevano causato una stretta al cuore di Castiel.
Sam stava male.
Era palese.
Perché, allora, nessuno stava facendo qualcosa per aiutarlo?

"Sam... Sam... che cos' hai? Dean... sta male! Aiutalo!".
C' era il panico nella sua voce.

Lui e Sammy non erano mai andati particolarmente d' accordo, ma era il piccolino di casa, quello di cui ci si doveva prendere cura.
Perché Dean non lo stava facendo, lasciando che si abbandonasse a se stesso?

"Aiutarlo, Castiel?" - aveva pronunciato Dean nel più sarcastico e amaro dei toni.
Continuava a fissarlo come se cercasse di fulminarlo con lo sguardo, mentre aveva percorso in circolo la stanza fino a raggiungere Sam.
Il loro piccolo gigante aveva appena sollevato il capo, sussultando nell' istante in cui Dean aveva posato la mano sulla sua spalla.

"Sai, non ci sarebbe stato neanche bisogno di aiutarlo...se solo QUALCUNO non avesse giocato a fare Dio!".

Castiel aveva visto Dean aumentare la stretta sulla spalla del fratello mentre urlava quell' ultima frase apparentemente senza senso.
Cosa intendeva?
Chi aveva giocato a fare Dio?

"Io... io..." - stava per dirgli che non era stato capace di comprendere, quando un' immagine agghiacciante aveva fatto capolino nella sua mente annebbiata, portando un breve ma intenso spiraglio di luce.

Aveva visto Sam, e il Sam che aveva visto era in perfetta salute.
Dopodichè, aveva visto se stesso sfiorarlo, e l' aveva sentito: aveva sentito qualcosa rompersi, crollare.
E Sam si era piegato, cadendo inevitabilmente in un turbinio di ricordi dolorosi che lo stavano divorando dall' interno, rendendolo simile ad una marionetta dai fili spezzati.

Tutto questo per causa sua.
Tutto questo perché lui aveva buttato giù il muro che qualcuno aveva edificato nella mente di Sam per arginare il male che aveva subito.
Ma perché l' aveva fatto?

Senza rendersene conto aveva serrato gli occhi, smettendo per un istante lunghissimo di respirare.
Boccheggiava, contorcendosi sullo stretto giaciglio come se fosse posseduto da un essere infernale, incapace di rendersi conto di ciò che lo circondava.

Due mani forti avevano afferrato le sue stanche spalle percorse da fremiti incontrollabili, ancorandolo selvaggiamente al divano.
Un istante dopo, tutto era finito.
La stanza aveva ripreso i suoi contorni netti e definiti, così come le persone che lo circondavano.
Sudato e stravolto, aveva visto Bobby chinato su di sè, mentre allentava la presa sulle spalle ancora tremanti.

"B- Bobby..."- aveva cercato di parlare, di chiedere una spiegazione, ma la sete era troppa, e le forze lo avevano abbandonato.
Avrebbe tanto voluto piangere.
E lo avrebbe fatto, se la morsa che gli cingeva i polsi non fosse stata finalmente tolta, permettendogli di muovere di nuovo le braccia, lasciando che il sangue riprendesse a circolare liberamente.
Era libero.
O no?

Anche se a fatica, era riuscito a mettersi seduto, facendo molta attenzione a non cadere per colpa delle persistenti vertigini.
Si sentiva osservato come un animale in gabbia, come un oggetto esposto in una vetrina, su cui però nessuno sembrava formulare pensieri positivi.

Aveva fatto del male a Sam.
Era chiaro.
E gli si stringeva il cuore al pensiero.

Si sentiva colpevole e vittima allo stesso tempo, e tutte quelle sensazioni lo stavano confondendo e spaventando ancora di più.
Lui non era un uomo.
Non fino a quel momento, almeno, e non c' era abituato.
E per ora, la prospettiva di potersi anche solo lontanamente abituare, non era plausibile.

Istintivamente, aveva posato la mano sulla nuda gola, umettendosi le labbra secche e screpolate.
Voleva bere. Doveva bere. O sarebbe impazzito.

Un istante dopo, come se gli avesse letto nel pensiero, Bobby gli aveva allungato un bicchiere d' acqua, che Cass aveva buttato giù d' un fiato, allungando il bicchiere verso il cacciatore per chiederne silenziosamente ancora.
Il bicchiere era stato nuovamente riempito.

"Nel bagno troverai dei vestiti. Erano di Dean... Probabilmente ti staranno un po' larghi, ma vedi di adattarti. Datti una ripulita e torna qui immediatamente".
Il tono di Bobby non ammetteva repliche.

Con qualche difficoltà, sotto gli sguardi attenti dei presenti, compreso quello stanco di Sam, il ragazzo si era avviato verso il bagno, bloccato solo un attimo dalla ferrea presa di Dean.

Il cacciatore lo guardava dritto negli occhi.
Ma non era uno di quegli sguardi che erano solito scambiarsi.
Dean sembrava aver alzato un muro tra loro, mentre, nello stesso tempo, lo ammoniva severamente.

"Se provi a scappare o a fare qualche scherzo, giuro che non sarò così magnanimo come lo sono stato fin ora".
Cass aveva deglutito rumorosamente mentre Dean pronunciava la sua terribile minaccia.
"Hai capito??" - aveva sussurrato con ira, stringendo più forte la presa sul suo braccio.
Cass credeva che se avesse stretto ancora gli avrebbe fratturato l' omero.
Impotente, aveva annuito, mentre le lacrime cominciavano a fargli bruciare gli occhi.

Dean aveva finalmente lasciato andare la presa, e lui, con non poca fatica aveva potuto intraprendere il percorso che lo avrebbe portato in bagno.
Voleva solo che tutto quello finisse, e che finalmente riuscisse a ricordare ciò che era accaduto.
Ma, in quel frangente, sembrava solo uno splendido e confortevole sogno.

Continua...


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Salve!
Eccomi qui, dopo un periodo di tempo più o meno lungo, con una nuova fanfic.
Era da tempo che questa idea continuava a fare capolino nella mia mente bacata, ma faticava a venire fuori.
Non sono un tipo che si autocommisera, non quando scrive, almeno, ma ammetto di non essere del tutto soddisfatta di questo capitolo.
(Ed è il primo. Andiamo bene!).
Lascio giudicare a voi però!
Che posso dire?
(Mi sento tanto il Chuck scrittore alla con di Super in questo momento).
Dean è incazzatissimo (perdonate il francesismo) con Cass per il casino megagalattico che ha combinato con le anime.
Voi come l' avreste presa se vostro fratello vi avesse pugnalato alle spalle?
Non bene, immagino.
Io ho sempre difeso Cass, e continuerò a difenderlo, ma mi serve un Dean molto arrabbiato per fini narrativi!
L' evoluzione di questa vicenda per molti potrà essere scontata, per altri potrà esserlo molto meno, per altri ancora potrà essere oscura, come lo è per me adesso!
Ho due scene in mente: questa, ed una che vedremo più avanti.
Spero di tirarne fuori qualcosa di buono!
Ringrazio tutti per l' attenzione!
Al prossimo capitolo, sperando che questo vi sia piaciuto!
Un bacione!

Ps: se a qualcuno piace Merlin, se vi va, date un' occhiata alla fic che sto scrivendo su questo tf.
Si intitola "Blackheart" ,e la trovate nella sezione dedicata al telefilm!
Ancora baci!
Cleo


 

   
 
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