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Autore: fragolottina    08/08/2011    2 recensioni
'Anche io ho baciato solo una persona ed avrei voluto continuare a farlo…'
Era stata la prima volta che lo aveva sentito parlare ed anche la prima volta che il sapore delle lacrime gli aveva ricordato qualcos’altro.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
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sora buongiorno...
allora, dopo questo capitolo la piantiamo con le scemenze, diciamo che fin qui era tipo introduzione, dal prossimo facciamo sul serio!
se vi va di farmi sapere che ne pensate mi farà piacere!

Capitolo 2

La prima cosa che vide Riku quando aprì gli occhi fu Sora, seduto su una sedia nella sua camera; per un po’ si guardarono e basta, uno sbracato a pancia in giù sul letto, mezzo nudo e con i capelli sparsi un po’ ovunque, l’altro sveglio, pimpante e vestito. Riku lo studiò più attentamente, studiò come giocherellava con le mani nervoso, a guardarlo con sufficiente attenzione di Sora si poteva capire tutto, anche cosa aveva mangiato a colazione, anche per quanto tempo aveva fatto sesso con Kairi. Tutto.
    In quel momento aveva la tipica espressione di chi vuole qualcosa – ma qualcosa di davvero grande – che non è sicuro di ottenere.
    Riku sbuffò e si soffiò via i capelli da davanti al viso. «Che ti serve?» chiese direttamente.
    Sora fece un’espressione stupita. «Come?»
    «Eddai…» lo incoraggiò lui tirandosi su a sedere e stiracchiandosi. «quando piombi a casa mia con quella faccia, i convenevoli sono inutili.»
    «Che faccia?» domandò senza capire.
    Sospirò e recuperò una maglietta che si infilò, poi iniziò a frugare nel letto alla ricerca dell’elastico che evidentemente doveva aver perduto. «La faccia di chi deve chiedermi un favore.» si aspettava che protestasse, in genere protestava sempre, ma quella mattina per qualche strano motivo, abbassò solo gli occhi sulle sue scarpe. Riku si fece guardingo. «Tutto bene?»
    «Hai ragione…» mormorò. «ho bisogno di un favore e, credimi.» alzò gli occhi su di lui per fissarlo. «Sarebbe l’ultima cosa al mondo che ti chiederei se trovassi altro modo.»
    Lui lo osservò incerto, tirando giù i piedi dal letto ed infilando le ciabatte. «Ok, mi hai sufficientemente incuriosito ed agitato, è ora di arrivare al nocciolo della questione.» lo invitò alzandosi e dirigendosi verso la porta.
    Sora lo seguì come un cucciolo al quale è stata promessa una colazione da gourmet. «Devo andare a Radiant Garden, starò pochissimo.»
    Fece un paio di scalini, poi si fermò per lanciargli un’occhiata, Sora preso a trotterellare gli finì addosso, per scusarsi subito dopo.
    «Ti ha chiamato re Topolino? Qualcosa non va?» più di una volta si era sorpreso a scrutare l’oceano con apprensione, spaventato di veder spuntare tra la schiuma delle onde il collo di una bottiglia con dentro un messaggio.
    «No, per Roxas. Vuole un tomba per Axel.»
    Riku riprese a scendere leggermente sollevato.
    In cucina frugò tra i vari bricchi lasciati dai suoi genitori, scovandovi un goccio di caffè anche per lui, cercò il cartone del latte nel frigo e lo mise a scaldare; i primi tempi dopo il suo ritorno continuava a comportarsi come un ricercato o un rifugiato – non come una persona normale, comunque – ma sua madre gli stava piano, piano insegnando ad essere di nuovo umano. E c’era quasi riuscita.
    «Non hai bisogno di chiederlo.» ebbe un’improvvisa intuizione, aveva talmente senso che si chiese come avesse potuto non pensarci prima. «Bado io a Kairi, tranquillo. Lo avrei fatto comunque.»
    Sora sorrise. «Lo so, non è quello.»
    Ci fu un lampo di luce, poi un suono freddo, metallico; Riku si girò di colpo, facendo rovesciare il latte, ma quasi non se ne accorse preso ad osservare Oblivion che faceva bella mostra di sé nella sua mano. Questa volta non era soltanto incuriosito o agitato, il suo cuore batteva sospinto da un brivido che gli correva a fior di pelle.
    «Sora, che ti serve?» sussurrò, che se ne stesse sulla spiaggia a rimirarla perso in riflessioni era una cosa, che la tirasse fuori nella sua cucina, per mostrargliela era un’altra.
    Sora lo fissò, keyblade master fino al midollo. «Sai farlo ancora?» e non era un cucciolo, non era un ragazzino che trotterellando giù per le scale gli finiva addosso. Era il prescelto dal keyblade, era forte e ne era talmente consapevole da ricordargli che se avessero combattuto, se lo avessero fatto sul serio, lui avrebbe vinto. Quello non saresti riuscito a capirlo nemmeno fissandolo per un giorno intero.
    Riku trattenne il fiato e rimase zitto per un lungo momento, arrivando finalmente a quello che il suo migliore amico gli stava candidamente chiedendo. «Stai scherzando.» sperò, pregò.
    Ma lui scrollò le spalle innocente. «Come altro potrei fare?»
    «Sono sicuro, che ci sia un altro modo.» guardò i fornelli tutti impiastricciati di latte. Fantastico, lui era un keyblade master, Riku doveva prendere lo sgrassatore e fare la casalinga.
    Sora si allungò sul tavolo pungolandogli la schiena con la chiave. «Ho promesso a Kairi di non perdermi.» quel gesto tanto naturale lo colpì, lui, anche se nell’ultima lotta aveva impugnato la chiave, non ne sarebbe mai stato capace. Quella che era stata fatta a Riku era stata una concessione, il keyblade aveva scelto Sora, apparteneva a Sora e viceversa. Era come un prolungamento del suo corpo.
    Scosse la testa, tornando al fulcro della questione: Kairi. «E te lo ha permesso?» domandò stupito. «Non ha realizzato che quando tu prometti in genere si scatena l’apocalisse.»
    «Si.» ammise a malincuore. «Va beh, promessa o non promessa, devo stare attento.»
    Riku si girò di botto studiandolo. «Appunto.» disse eloquente. «Farmi aprire un corridoio oscuro, sempre che io ne sia ancora capace, non è una cosa molto prudente.»
    «Io mi fido di te.»
    «Perché non sei mai stato molto sveglio.» questa frase ebbe lo strabiliante potere di zittirlo. Riku sospirò, iniziando ad asciugare l’acciaio tra i fornelli con un panno. «Perché non ti metti in contatto con Cid o con il re Topolino? Perché non Pippo e Paperino? Troverebbero un modo sicuro e sarebbero contenti di accompagnarti.»
    «Sono tutte persone per cui i Nobody erano errori da eliminare!» si lamentò. «Senti, non ti sto chiedendo di tornare a bazzicare The World That Never Was, né di abbandonarti all’oscurità dentro di te. Voglio solo piantare quella diavolo di lapide senza che qualcuno si metta in mezzo a dirmi che non ha senso, che sono pazzo, che sono solo dei poveretti senza emozioni e con la nostalgia di un cuore.»
    «Ma è questo che sono i Nobody.» gli spiegò Riku paziente, come se non avessero avuto abbastanza a che fare con i Nobody da sapere cosa sono, come sono e tutto il resto.
    Sora sorrise e scosse la testa. «Forse sarebbe più comodo pensarla così, ma alcuni Nessuno erano caldi
    A Riku passò per la mente il ricordo di un abbraccio, la sensazione di un abbraccio, non era proprio un ricordo; una ragazza svenuta sull’isola dei bambini e lui che la soccorreva. Calda.
    Si passò una mano sul viso sconsolato. «Mettiamo che io decida di assecondare la tua follia, potrei affogare nelle tenebre, è già successo.» e non aveva intenzione di ripetere l’esperienza.
    Il suo amico si strinse nelle spalle come se fosse un problema già analizzato, affrontato e risolto. «Avrai una luce da seguire.»
    Riku scosse la testa. «Niente è tanto luminoso laggiù.»
    Sora assottigliò lo sguardo per un secondo lasciando che il keyblade scomparisse, poi lo fissò con aria di sfida e sorrise. «Nemmeno il cuore di una delle sette principesse?»

Sospirò fissando la benda ferma a mezz’aria davanti ai suoi occhi.
    «Dimmi tu, quando posso andare.» disse dolcemente Kairi con voce flautata, senza mettergli fretta.
    Riku osservò quel pazzo criminale, attentatore della pace nei mondi, sistemarsi uno zaino sulle spalle. «Come è riuscito a convincerci?» domandò affranto.
    La ragazza lasciò andare un sospiro tormentato. «Sora è Sora.» era incredibile come nonostante fosse naturalmente arrabbiata con lui, riuscisse a far trasparire tanto amore nella sua voce. Quando era stata in pericolo, Kairi aveva capito che il suo cuore sarebbe stato al sicuro solo con Sora. Quella notte aveva scelto molto più di un custode, quella notte Riku aveva scoperto che non sarebbe stata sua. Mai.
    «Ricordami di massacrarlo quando torna.»
    Non disse ‘se’, perché anche se Kairi aveva paura, anche se quella era una delle idee più sbagliate che Sora avesse mai avuto – e si che ne aveva avute di cattive idee – sarebbe tornato. I mondi erano in pace, Hollow Bastion era tornato ad essere Radiant Garden, l’Organizzazione era distrutta e Xemnas sconfitto.
    «Se torna.» sussurrò comunque lei a voce tanto bassa da non essere sicuro di averla sentita davvero.
    «Ok, vai.» chiuse gli occhi e sentì la stoffa posarsi delicata sulle sue palpebre abbassate, il nodo premere sulla nuca, era una sensazione talmente e dolorosamente familiare che gli diede i brividi.
    «Non lasciarlo andare via.» ricordò Sora a Kairi, ma quel rischio in effetti non c’era, perché la sentiva appena dietro di lui, calda. Un viso sfiorò la sua memoria come una carezza, un viso bello e dolce come quello di lei, ma gli sembrava che i capelli fossero più scuri dei suoi, neri, e gli occhi erano assolutamente gli occhi di Sora. Non trovò nessun nome da darle, ma sapeva che un nome ce l’aveva e lui lo aveva conosciuto.
    Kairi gli strinse una mano, ricordandogli dove sarebbe dovuto tornare, allungò un braccio concentrandosi all’interno di sé stesso sulla gelosia, l’invidia, la vergogna...tutte sensazioni che cercava ogni giorno di tenere a bada e che ora si trovava costretto a stuzzicare. Sentì la stretta alla sua mano aumentare, mentre il corridoio oscuro si espandeva in spire fumose, Sora lo osservò curioso. «Sicuro che mi porti a Radiant Garden?»
    Annuì distrattamente, cercando di tenere lontano dal suo cuore l’immagine della prima volte che aveva visto Kairi persa negli occhi di Sora, mentre con le braccia al suo collo lo baciava: in quel periodo la gelosia era l’emozione più difficile da circuire.
    Kairi lasciò la sua mano per andarlo ad abbracciare prima che scomparisse in quel buco nero, lui sorrise tranquillo. «Tornerò presto.» la rassicurò.
    «Verrò a prenderti fra tre giorni.» lo avvisò Riku, mentre stava già entrando nel passaggio.
    Ci fu un momento di quiete, spezzato soltanto da un sospiro di Kairi, prima che si avvicinasse a lui e sciogliesse la sua benda. «Sono ancora io?» le domandò non appena scorse il suo viso davanti al proprio.
    Lei annuì.
    «Tornerà.» la rassicurò ancora, leggendo nella sua espressione incertezza, rassegnazione.
    Kairi abbassò gli occhi sul fazzoletto stringendolo tra le mani. «C’è un motivo per cui dovrebbe restare.» rivelò in un sussurro.
    «Di che si tratta?» chiese precipitoso e confuso, perché l’aveva lasciato andare se c’era effettivamente il rischio che non tornasse.
    La ragazza guardò il punto in cui il suo fidanzato era scomparso, distante da Riku e da tutto il resto, i suoi occhi blu agitati come un mare in tempesta. «Non lo so, ma è forte.»
    Le diede un buffetto sulla guancia, strappandole un sorriso. «Il tuo nome è sempre sulla sua bocca, dubito che trovi qualcos’altro che riempia tanto i suoi pensieri.» nessuna risposta se non un altro sospiro. «Lo senti? Il motivo intendo.»
    «Ne è sicura Naminè.» non ne parlava mai, ma Riku sapeva che la presenza di Naminè nel suo cuore non era meno influente di quella di Roxas in Sora; avevano soltanto un approccio diverso, lei era collaborativa e condividevano sensazioni, presentimenti, conoscenza, ricordi.
    Le passò un braccio intorno alle spalle, stringendosela addosso, avrebbe voluto fare di più, molto di più, ma non poteva, il suo ruolo non lo permetteva. «Ho voglia di un noce di cocco.» le disse per cercare di distrarla. «Mi accompagni all’isola dei bambini?» le propose.
    Kairi rise. «Hai bisogno di me per cogliere una noce di cocco?» lo prese in giro.
    «Sai, di avere un sesto senso nell’individuare quella più matura.»

Radiant Garden era bellissima. Niente Heartless, niente Nobody, niente mostri. Erano sbucati nel giardino vicino al borgo, ma non aveva niente a che vedere con il mondo grigio che ricordava; erano stati ripiantati tutti i fiori e le aiuole sembravano un immenso tappeto colorato, dove giocavano alcuni bambini. Sora ne scorse due che fingevano un eccessivo interesse nel combattere con due spade di legno, ma che in realtà si contendevano le attenzioni di una terza amichetta, gli ricordarono lui, Riku e Kairi.
    All’inizio non la vide, sembrava un fiore anche lei con il suo vestito rosa, ma osservandola con più attenzione riconobbe una treccia castana che poteva appartenere soltanto ad una persona.
    «Aeris?» chiamò piacevolmente sorpreso.
    La ragazza sollevò il viso, scostandosi la frangetta dagli occhi con il dorso della mano, non appena lo riconobbe i suoi occhi verdi brillarono. «Sora!» lo raggiunse e lo abbracciò affettuosa, sporcandolo anche di terra, visto che stava sistemando alcune piante, ma non era importante. «Oh, mi sembra ieri che eri un ragazzino che si portava appresso una chiave più grande di lui!» lo allontanò studiandolo. «Ti trovo bene, che ci fai da queste parti?»
    «C’è una cosa che devo fare.» rispose vago.
    Aeris lo studiò con più attenzione. «Niente di preoccupante, spero. I tuoi amici sono alle isole?»
    Annuì. «Si, questa volta non si è perso nessuno.»
    Sospirò posandosi una mano sul petto. «Meno male.» poi tornò a sorridere afferrandolo per un braccio e tirandolo verso il centro del borgo. «Ma vieni, sono sicura che lei sarà contenta di vederti.»
    Lo trascinò fino a fargli attraversare tutto il giardino, lasciando indietro tutta la sua attrezzatura da giardinaggio; Aeris era buona ed ottimista, pervasa dalla speranza che tutte le persone fossero buone quanto lei. Fiduciosa di ritrovare la paletta, i vasetti e la terra, quando sarebbe tornata a prenderli. Forse era ingenua, ma quando lo pensava rivolto a lei, quell’aggettivo acquistava le doti di un complimento.
    Non lo portò a casa di Merlino, una volta era stato il loro quartier generale, ma con il ritorno progressivo alla normalità e la ricostruzione – quasi del tutto ultimata da quel che poteva vedere – immaginava che tutti fossero tornati alle loro rispettive dimore. Quella di Aeris era dall’altra parte della piazza rispetto all’abitazione del mago, se anche lei non lo avesse guidato, l’avrebbe riconosciuta dai tulipani sui davanzali delle finestre o dalla pianta di gelsomino che si arrampicava sul muro; doveva essere piacevole, quando fioriva in primavera, vivere in una casa tutta profumata, a Kairi avrebbe fatto impazzire.
    «Ehilà!» fece la ragazza entrando in casa. «Ho un ospite.»
    La sua mora coinquilina scese dalle scale stiracchiandosi, ci mise meno di un secondo a riconoscerla; Tifa piegò il viso di lato studiandolo, poi sorrise. «Dai tuoi capelli a punta, ma non abbastanza a punta direi di conoscerti.» lo prese in giro. «A cosa dobbiamo la visita di un keyblade master?» domandò eccessivamente cerimoniosa facendolo arrossire.
    «Oh…» fece Aeris cospiratrice. «il nostro eroe è molto vago al riguardo…»
    La ragazza assottigliò lo sguardo studiandolo attenta. «Ma davvero…non è che stai semplicemente scappando da Kairi dopo averne fatta una troppo grossa?» cercò di provocarlo.
    Sora incrociò le braccia sul petto infastidito. «Non dovreste prendermi in giro, vi ho salvato…» lanciò ad entrambe un’occhiata presuntuosa. «due volte…»
    «Si, si, ti ringraziamo e blablabla…» fece Tifa sventolandogli una mano davanti e superandolo diretta al frigorifero dal quale tirò fuori una mela. «facciamo che ti prepariamo un letto, siamo pari e non se ne parla più.» disse strofinandosi il frutto sulla maglietta per poi addentarlo.
    «Ok…» rise Sora incrociando le braccia dietro alla nuca e guardandosi intorno. «Dove sono Cloud e Leon?»
    «Al ricovero.» rispose Aeris disinvolta chinandosi davanti ad un credenza per estrarne un paio di coperte. «A dare una mano.»
    «Ricovero?» domandò con una smorfia di stupore.
    Sia Aeris che Tifa si bloccarono per studiarlo, fu la seconda a parlare. «Le Isole del Destino sono davvero così lontane?»

Il ricovero era una costruzione alta e massiccia, poco distante dal borgo, immersa in un silenzio sepolcrale; Cloud era fuori, appoggiato al muro con le braccia incrociate sul petto, dovevano essere state le ragazze ad avvertirlo del suo arrivo, perché aveva tutta l’aria di aspettare lui.
    «Che succede qui?» domandò spaventato, anzi, terrorizzato che ci fosse qualcosa in corso, qualcosa che necessitasse dell’intervento del prescelto dal keyblade.
    «Prima dimmi perché sei a Radaint Garden.» ribatté lui serio.
    Lo guardò. «Roxas vuole che costruisca una tomba per Axel, lui…» abbassò lo sguardo non sapendo esattamente come continuare. «erano molto legati.»
    Per un lungo istante Cloud rimase fermo, immerso nei suoi pensieri. «Lo senti, quindi.» non rispose, non servivano risposte. «Quando Xemnas è stato sconfitto molti dei cuori che aveva imprigionato sono tornati al loro posto.» iniziò. «Scavando tra le rovine della fortezza abbiamo trovato dei corpi, né vivi, né morti, sono i corpi di quelli che sono rimasti coinvolti nell’incidente. Alcuni hanno cominciato a svegliarsi…»
    Si fermò ancora dando tempo a Sora di digerire quello che gli stava dicendo, ma lui si sentiva due volte confuso, la prima per sé stesso, la seconda per Roxas.
    «Io e Leon abbiamo costruito questo ricovero e li abbiamo spostati qui, per monitorarli, controllarli, il re ci ha aiutato.»
    «Topolino?» domandò incredulo.
    Cloud ridacchiò. «Chi altri?» si schiarì la voce tornando serio. «Alcuni si sono già svegliati, altri sono definitivamente morti, altri ancora sono rimasti sospesi…»
    Sora smise di ascoltarlo e fece un passo verso la porta, spinto da una forza ed una speranza che non erano le sue, ma Cloud lo trattenne afferrandolo per un braccio. «Il punto è, Sora, che sapere potrebbe incastrarti qui.»
    Non voglio vedere il suo cadavere…
    «Sono venuto a costruire una tomba per lui…»
    Non voglio vederlo sospeso…
    «ma se non è morto…»
    Non voglio credere che sia vivo per poi piangere ancora la sua morte…
    «Cloud, lui…?»
    No!
    Roxas riuscì a bloccarlo prima che desse voce ai suoi desideri.
    «Si chiama Lea, non sono i Nobody a svegliarsi, ma quelli che una volta erano qui.» spiegò Cloud con calma. «Axel è morto, chiunque sia il ragazzo che abbiamo trovato tra le macerie, non è lui come tu non sei Roxas.»
    Sora lo guardò indeciso.
    Voglio solo una tomba, non voglio nient’altro.
    «Ok…» mormorò ad entrambi. «dove posso trovare una lapide?»
    Lui gli diede una pacca sulla spalla. «Saggia decisione, ragazzo.»

ho dovuto prendermi un po' di libertà, lo so, certo che lo so....spero comunque ch emi perdonerete, dai non ho tirato giù baggianate troppo fastidiose, no?
due cose: primo, Riku che è innamorato di Kairi, ma che si è fatto una ragione del suo amore per Sora, mi piace parecchio...i triangoli sono sempre punti di pertenza favolosi per un racconto; secondo, ricordatevi il discorso di Kairi che comunica con Naminè, più in là sarà decisamente importante...
beh...al prossimo aggiornamento!
baci

   
 
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