Someday
We’ll Know
Prologo
- La popolazione terrestre, come tutti
sanno, è composta da persone, animali, e piante. Fin qui, nulla di
nuovo, è
chiaro. Questre tre forme di vita coesistono dall’albore dei tempi su
questo
pianeta, quando ancora Adamo ed Eva giravano coperti da misere
foglioline
verdi, così ingenui da non avere pudore a essere mezzi nudi l’uno di
fronte all’altra
e giocavano beati nel giardino dell’Eden.
- Ma esisteva un’altra forma di vita,
mostruosamente spaventosa, e purtroppo non mi riferisco al dolce ET
l’extra
terrestre che chiama “telefono casa”. La natura, talvolta crudele e
spietata, ha
partorito dalle sue membra esseri davvero crudeli: parlo di esseri
mitologici,
dal corpo d’uomo e la testa di cazzo, creati per il solo scopo di
rendere la
vita di poveri malcapitati un inferno.
- Non è difficile riconoscerli: si
aggirano per i centri abitati con aria strafottente, emettono rudi
versi, il
loro linguaggio barbaro è prevalentemente composto da volgarità, e
hanno una
spiccata capacità di ammaliare le donne nonostante siano dei veri
bastardi,
maleducati e insensibili, incuranti dei sentimenti altrui.
- Questi mostri sono chiamati con un solo,
semplice, chiaro nome: maschi.
- Anche se, fortunatamente, non tutte le
ciambelle escono col buco; alcuni esponenti di quel sesso, grazie al
cielo, non
sono così male.
- Peccato che quelli buoni, dolci e
gentili, stile “principe azzurro delle favole” sono destinati ad essere
considerati amici, o perlopiù come fratelli.
- Invece, sono quelli antipatici e cafoni,
la minaccia per il gentil sesso, che capitombola ai loro piedi come
alberi
colpiti da un fulmine a ciel sereno.
- Non c’è pericolo che la regola sbagli:
il buon ragazzo piace, ma lo stronzo conquista, è questa la verità.
Niente di più,
niente di meno.
- E, siccome ero una ragazza con gli
anticorpi per ogni tipo di sentimento d’affetto, ero destinata a odiare
il
sesso opposto al mio, in un modo quasi disperato. Lo aborrivo ed
evitavo come
la peste, quasi quanto stavo attenta a non invaghirmi di uno di loro.
Così come
io me ne guardavo le spalle, l’amore con annessi e connessi mi stava
alla larga.
- Perciò, a sedici anni compiuti a Marzo,
io ancora non conoscevo l’amore, né intendevo farlo. Vedevo le mie
amiche un
secondo prima sorridenti, e l’attimo dopo nella tristezza più totale, a
causa
di questa folle emozione. Non potevo quindi credere che fosse la cosa
più bella
del mondo, come si ostinavano a dire tutte le persone del mondo. Creava
pure
dipendenza, e odiavo dover contare troppo sugli altri, perché volevo
essere
indipendente, libera da ogni vincolo.
- Era, piuttosto che un sentimento,
un’illusione.
Tipo un sogno: quando poi finiva e ti svegliavi, l’amore era capace
solo di
farti soffrire.
- L’amore era stupido, insensato, persino
pericoloso. Ma di certo, non bello.
- Lo credevo fermamente, finchè il destino
non incrociò la mia strada con quella dell’essere più presuntuoso,
egocentrico
e stupido dell’universo.
- Che per scherzo del destino, mi fece
capire quanto in realtà mi sbagliassi quando pensavo che l’amore fosse
incostante e farfallino, breve quanto un acquazzone estivo ad agosto.
Mi fece
ricredere su quanto, in realtà, fosse bello amare.
- Ed è da lì, che comincia la
storia.