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Autore: Yellow_Falling_Leaves    08/08/2011    2 recensioni
Dal prologo: La popolazione terrestre, come tutti sanno, è composta da persone, animali, e piante. Fin qui, nulla di nuovo, è chiaro. Questre tre forme di vita coesistono dall’albore dei tempi su questo pianeta, quando ancora Adamo ed Eva giravano coperti da misere foglioline verdi, così ingenui da non avere pudore a essere mezzi nudi l’uno di fronte all’altra e giocavano beati nel giardino dell’Eden.
Ma esisteva un’altra forma di vita, mostruosamente spaventosa, e purtroppo non mi riferisco al dolce ET l’extra terrestre che chiama “telefono casa”. La natura, talvolta crudele e spietata, ha partorito dalle sue membra esseri davvero crudeli: parlo di esseri mitologici, dal corpo d’uomo e la testa di cazzo, creati per il solo scopo di rendere la vita di poveri malcapitati un inferno.
Non è difficile riconoscerli: si aggirano per i centri abitati con aria strafottente, emettono rudi versi, il loro linguaggio barbaro è prevalentemente composto da volgarità, e hanno una spiccata capacità di ammaliare le donne nonostante siano dei veri bastardi, maleducati e insensibili, incuranti dei sentimenti altrui.
Questi mostri sono chiamati con un solo, semplice, chiaro nome: maschi

-Cristina non è la classica sedicenne: è disillusa, piuttosto nevrotica ed irritabile, innegabilmente isterica, e soprattutto odia l'Amore quanto detesta il genere maschile. Non si è mai innamorata, e spera che quel momento non arrivi mai. Finchè non incontra lui: Mattia, scontroso e perennemente seccato, più suscettibile ancora di lei, con quell'aura da figo incompreso in lotta con l'universo che, involontariamente, la porta a provare una certa attrazione per lui, pur non volendo.
Saranno scintille? Beh, decisamente;)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Someday We’ll Know

Prologo

La popolazione terrestre, come tutti sanno, è composta da persone, animali, e piante. Fin qui, nulla di nuovo, è chiaro. Questre tre forme di vita coesistono dall’albore dei tempi su questo pianeta, quando ancora Adamo ed Eva giravano coperti da misere foglioline verdi, così ingenui da non avere pudore a essere mezzi nudi l’uno di fronte all’altra e giocavano beati nel giardino dell’Eden.
Ma esisteva un’altra forma di vita, mostruosamente spaventosa, e purtroppo non mi riferisco al dolce ET l’extra terrestre che chiama “telefono casa”. La natura, talvolta crudele e spietata, ha partorito dalle sue membra esseri davvero crudeli: parlo di esseri mitologici, dal corpo d’uomo e la testa di cazzo, creati per il solo scopo di rendere la vita di poveri malcapitati un inferno.
Non è difficile riconoscerli: si aggirano per i centri abitati con aria strafottente, emettono rudi versi, il loro linguaggio barbaro è prevalentemente composto da volgarità, e hanno una spiccata capacità di ammaliare le donne nonostante siano dei veri bastardi, maleducati e insensibili, incuranti dei sentimenti altrui.
Questi mostri sono chiamati con un solo, semplice, chiaro nome: maschi.
Anche se, fortunatamente, non tutte le ciambelle escono col buco; alcuni esponenti di quel sesso, grazie al cielo, non sono così male.
Peccato che quelli buoni, dolci e gentili, stile “principe azzurro delle favole” sono destinati ad essere considerati amici, o perlopiù come fratelli.
Invece, sono quelli antipatici e cafoni, la minaccia per il gentil sesso, che capitombola ai loro piedi come alberi colpiti da un fulmine a ciel sereno.
Non c’è pericolo che la regola sbagli: il buon ragazzo piace, ma lo stronzo conquista, è questa la verità. Niente di più, niente di meno.
E, siccome ero una ragazza con gli anticorpi per ogni tipo di sentimento d’affetto, ero destinata a odiare il sesso opposto al mio, in un modo quasi disperato. Lo aborrivo ed evitavo come la peste, quasi quanto stavo attenta a non invaghirmi di uno di loro. Così come io me ne guardavo le spalle, l’amore con annessi e connessi mi stava alla larga.
Perciò, a sedici anni compiuti a Marzo, io ancora non conoscevo l’amore, né intendevo farlo. Vedevo le mie amiche un secondo prima sorridenti, e l’attimo dopo nella tristezza più totale, a causa di questa folle emozione. Non potevo quindi credere che fosse la cosa più bella del mondo, come si ostinavano a dire tutte le persone del mondo. Creava pure dipendenza, e odiavo dover contare troppo sugli altri, perché volevo essere indipendente, libera da ogni vincolo.
Era, piuttosto che un sentimento, un’illusione. Tipo un sogno: quando poi finiva e ti svegliavi, l’amore era capace solo di farti soffrire.
L’amore era stupido, insensato, persino pericoloso. Ma di certo, non bello.
Lo credevo fermamente, finchè il destino non incrociò la mia strada con quella dell’essere più presuntuoso, egocentrico e stupido dell’universo.
Che per scherzo del destino, mi fece capire quanto in realtà mi sbagliassi quando pensavo che l’amore fosse incostante e farfallino, breve quanto un acquazzone estivo ad agosto. Mi fece ricredere su quanto, in realtà, fosse bello amare.
Ed è da lì, che comincia la storia.
  
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