Capitolo
10
Nel vicolo
oscuro pioveva a dirotto e l’atmosfera era
piuttosto inquietante. Si avviarono verso casa e Naruto fu costretto a
prendere
l’altro ragazzo per il polso, evitando così che
iniziasse a errare per
la città incontrollato.
Sasuke vide improvvisamente un’ombra nera, una persona, che
si stava
avvicinando lentamente e immediatamente si bloccò,
impuntando i piedi.
“Uzumaki!
Quello è Itachi, adesso mi uccide!” disse
avvicinandosi istintivamente al
corpo di Naruto, che si guardava intorno convulsamente, alla ricerca di
un uomo
con in mano una pistola.
“Ma
chi è Itachi?” Gli chiese poi, vedendo che
l’uomo
camminava tranquillamente, ignorandoli.
“È
mio fratello. Stai attento e non guardarlo,” Sasuke
abbassò lo sguardo e si coprì il volto con le
mani, lasciando
Naruto esterrefatto.
“Ah,
hai un fratello?” Si accorse che Sasuke
non l’aveva mai nominato, ma aveva sempre e solo parlato
degli zii. Che fosse
morto anche lui coi genitori? Naruto
avrebbe voluto
indagare ma
non poté
rifletterci a lungo perché ora Sasuke rideva spensierato
indicando una
vecchietta, insolitamente seduta su di una panchina.
Il pavimento di
casa era segnato da alcune scie
bagnate, che vennero però ignorate: Sasuke si stava dimenando
con
movimenti lenti e goffi,
cercando di togliersi la maglietta bagnata troppo scomoda, che venne in
seguito
abbandonata sul pavimento. Stanco
e assonnato, ogni tanto
biascicava qualche parola quasi incomprensibile e cercava di appoggiare
la
testa mora su di una
qualsiasi superficie solida. Naruto
immediatamente prese un suo
pigiama piuttosto largo e glielo lanciò addosso, poi ne
prese uno per sé
e andò a cambiarsi in
bagno.
Quando
uscì, Sasuke era sdraiato nel suo letto, in
posizione fetale, con i pantaloni del pigiama messi fino al
ginocchio.
“Sei
sveglio?” gli chiese avvicinandosi.
“Nhm…”
rispose girandosi in sua direzione. Naruto,
stanco anch’egli
dalla
serata piuttosto esasperante, gli si sedette di fianco con un sospiro.
La tapparella
della grande
vetrata era aperta e lasciava intravedere le nuvole grigie che andavano
via via
dissipandosi. Guardò poi l’altro ragazzo, che
teneva gli occhi serrati e
le mani unite tra le due
gambe piegate, come se avesse freddo. Osservò il suo viso:
l’ombretto era
sbavato, sparso sulle guance pallide e i capelli bagnati gli cadevano a
ciocche scomposte sulla fronte.
“Mi
piacerebbe restare qui domani mattina, ma sarebbe
troppo sospetto,”
affermò più rivolto
a
se stesso che all’altro, che in quel momento si stava
sfregando gli occhi
energicamente, sporcandosi le mani di trucco.
“Resti
qui?” chiese innocentemente Sasuke. Doveva essere
proprio fuori di sé per chiedere una cosa del genere,
così apertamente. Naruto
sorrise.
“Te
l’ho detto, Uchiha, che non posso,”
rispose rammaricato.
“Mmm
chiamami Sasuke,”
la sua voce risultò piuttosto grave, roca,
modificata dalla stanchezza e dal sonno pesante.
“Sasuke,
allora.”
Sorrise nuovamente in sua direzione, conscio che l’altro non
l’avrebbe visto.
“A
dormire,”
continuò Sasuke con uno sbuffo,
portandosi il palmo della mano sulla fronte
fredda.
“A
dormire cosa?” domandò
a sua volta l’altro, guardandolo
interrogativo.
“Resti
qui a dormire,”
affermò,
girandosi lentamente a pancia in su. Si accorse finalmente che i
pantaloni non
erano messi a dovere e con le mani tentò di afferrare
l’orlo, senza però sollevare il
busto,
cosa che ovviamente non gli riuscì. Naruto fece appello a
tutta la sua buona
volontà per non guardare esattamente in quel punto.
“Non
credo proprio sia il caso,”
rispose,
scuotendo lievemente la testa in dissenso. Il desiderio,
però, di passare la notte con la sua pseudo
cotta, gli fece
battere il cuore, ma decise di resistere:
Sasuke era fuori di
sé e si sarebbe sentito
in colpa per anni se
ne avesse
approfittato.
“Daiii,”
la voce sempre bassa, quasi sensuale, si scontrava con il contenuto
infantile
delle frasi che Sasuke proferiva da
ubriaco. Subito dopo prese la mano di Naruto e se la portò al petto.
“Uff…”
«Cosa faccio?»
Lo
guardò un po’e con l’ennesimo sbuffo gli
si sdraiò
di fianco supino,
alzando però le coperte e infilandosi sotto. Sasuke
seguì i suoi
movimenti e lo
imitò; poi si girò sul
fianco, rivolto verso
l’altro ragazzo. Improvvisamente gli prese il braccio e se
lo strinse al petto, come se fosse un
pupazzo morbido da tenere
accanto durante la notte.
Naruto spense la
luce dall’interruttore vicino al letto
ma non chiuse subito gli occhi, rivolti verso il soffitto, cercando di
cogliere qualche
immagine nell’oscurità della stanza.
Quando li chiuse
gli altri sensi si acuirono, il suono del
vento gli arrivò alle orecchie dolcemente, seguito
dal rombo di un tuono in lontananza; poi sentì il calore
proveniente dalle braccia di Sasuke e dalle dita, che ogni tanto si
muovevano
lente sul suo avambraccio, in una lieve carezza capace di infondergli
un senso
di tranquillità e rilassatezza.
“Anche
mia mamma mi faceva dormire nel suo letto,”
sbiascicò
contro il braccio di
Naruto coperto per metà dalla manica della maglietta. Naruto
sorrise, «Ti capisco.»
Sasuke si
addormentò cullato dalle mani dell’altro che
accarezzavano e districavano i morbidi capelli color pece e Naruto lo
seguì
poco dopo.
Percepì
i sensi ritornare
e lentamente aprì gli occhi. Tentò di mettersi seduto,
ma una fitta alla testa gli impose di
sdraiarsi nuovamente, così si portò una mano alla
fronte, cercando di
massaggiarsi la pelle sudata.
«Che
cosa è successo?» pensò riaprendo gli
occhi, notando una
striscia di polvere messa in evidenza da un raggio di luce che si era
infiltrato clandestinamente attraverso la tapparella.
Con fatica si
spostò, accese la luce e si alzò, sfidando
il suo fisico dolente,
e subito si diresse in bagno. Quando si specchiò,
rimase scioccato dalla vista di un ragazzo dai
capelli unti sparsi in maniera disordinata, con il volto sporco di
polverina
grigia e un’espressione devastata, che tentò di
migliorare con dell’acqua
fredda. Deluso dal risultato si diresse in cucina, alla ricerca di un
qualche
medicinale che l’avrebbe fatto
sentire meglio e che sicuramente l’avrebbe aiutato a pensare lucidamente
a ciò che poteva essergli successo.
Trovò
sul tavolo una tazza di caffè, una scatola di
cartone e una brioche, che giaceva su di un foglio scritto in maniera
disordinata: ‘Bevi e mangia e se non ti passa prendi una
pastiglia. Non
agitarti. Naruto’ e leggendo ciò si ricordo delle
birre che al “River” aveva
voluto bere.
“Uff…”
sbuffò rumorosamente al pensiero di essersi
ubriacato.
Accompagnato
dall’emicrania,
fece colazione con ciò che Naruto gli aveva
lasciato e mentalmente si malediceva
per aver fatto una cosa del genere: il senso d’oblio lo
spaventava ed era sicuro, una volta eliminati i freni inibitori, di
aver fatto
cose che da sobrio non avrebbe mai osato fare.
Optò
per una doccia sperando che gli desse un po' di
sollievo. Si liberò dei pantaloni del pigiama dubitando per
un secondo della
loro provenienza, poi, leggermente infreddolito, avanzò un
piede nel cubicolo,
il cui pavimento era umido e scivoloso. Lo ritrasse istantaneamente ma
poi si
fece coraggio, combattendo il freddo che provava al contatto con la
superficie.
Fece aderire il
palmo della mano al pomello dell’acqua
calda e iniziò
a
ruotarlo
lentamente, per evitare che il getto
improvviso lo infastidisse, facendo aumentare il dolore alle tempie
pulsanti;
ma ciò non bastò a
evitare che la sua condizione peggiorasse. Lo scroscio incessante
dell’acqua vicino alle orecchie e il getto continuo sulla
testa lo stordivano,
impedendogli di rilassarsi e dimenticare i dolori
post-sbornia. Piegò il collo
in avanti, fissando i suoi piedi che si stavano purificando dalle
chiazze nere
lasciate dal cotone dei calzini, poi con le mani si sfregò
rapidamente le palpebre,
cercando di eliminare quello che rimaneva del trucco sbavato;
fissò le mani,
notando che l’ombretto si era
trasferito su di esse, ma al contatto con l’acqua
svanì immediatamente.
«Cazzo,
stasera devo tornare a casa.» Le implacabili fitte alla testa
ebbero il potere
di fargli
pensare cose
altrettanto negative, in quel caso l’imminente incontro con i
tutori, che
sicuramente non avrebbe avuto alcun esito positivo. Alzò il
capo, lasciando che
il getto colpisse i
suoi
occhi serrati e gli spostasse le ciocche di capelli corvini
all’indietro,
liberando la fronte pallida.
«Mi
ammazzeranno.» Scosse il capo e un brivido di freddo lo
investì, facendogli
incrociare le braccia di riflesso. Si distrasse col profumo dello
shampoo di
Naruto, che lo travolse come una ventata di brezza marina al mattino.
Una volta uscito
dalla doccia si buttò sul letto sfatto,
la tapparella
ancora
chiusa, deciso a chiudere la sua testa a qualsiasi pensiero,
e la stanchezza lasciò
presto spazio al sonno.
La porta
venne spalancata con veemenza, chiusa con la stessa forza. Il rumore
dello
zaino scaraventato sul pavimento fece sobbalzare Sasuke, svegliato di
colpo da
un riposo agitato.
“Cos’è tutto
‘sto caos?” domandò con voce roca,
guardando di sbieco davanti a sé. Si
strofinò con forza gli occhi e con uno sbadiglio si
stiracchiò leggermente,
cercando di scomporsi il meno possibile.
“I tuoi zii
del cazzo!!!” Sentì l’urlo provenire dal
salotto e dei passi frenetici di piedi
con indosso ancora le scarpe; poi, una volta alzatosi dal caldo letto,
vide un
lampo
giallo attraversare il piccolo corridoio per due volte, diretto
chissà
dove.
Avanzò
lentamente, grattandosi la guancia, poi, udendo
il chiasso di ante sbattute, si affrettò e si
affacciò sull’entrata del salotto.
Naruto stava trangugiando una merendina, appoggiato contro i mobili
della cucina.
“Cosa
è
successo?” Naruto si girò di colpo in direzione
della voce, con aria da serial
killer. Scrutò il ragazzo a torso nudo, addossato allo
stipite della porta,
palesemente assonnato.
“Guardami,
porca troia!” Si indicò le labbra con un dito e
gli si avvicinò rapidamente,
pestando con i piedi. Sasuke sospirò, portandosi una mano
alla fronte che
ricominciava a dolere, poi notò che l’anellino
argenteo dell’altro era sparito,
lasciando visibile un buchino scuro sotto al labbro roseo.
“Perché?”
Scostò la testa e la spalla dal legno, mettendosi in
posizione eretta, pronto
ad ascoltare con maggiore attenzione.
“Hanno
fatto
qualcosa con il consiglio dei genitori e ora non posso più
portare il piercing
a scuola. Giuro che li ammazzo.” Si girò e prese a
calci la cartella che
giaceva innocente in mezzo al salottino.
“Loro
ciò
che vogliono ottengono,”
commentò semplicemente, serio.
“Uzumaki, dai calmati.
Mi fai
aumentare il mal di testa.” Disse Sasuke portandosi per
l’ennesima volta una
mano alla fronte. L’altro si fermò e fece un
respiro profondo, scrollando le
spalle. Il tono sofferente di Sasuke e l’aria che
sentì attraversargli l’organismo
riuscirono a tranquillizzarlo, si sedette quindi al tavolo, appoggiando
la
testa bionda sulla superficie lignea. Sasuke gli si sedette di fianco,
guardandolo.
“Tu
tutto
okay?” Domandò Naruto, con tono di voce rassegnato.
“Nh…
Mi
piacerebbe tanto sapere cosa ho fatto ieri sera,”
affermò appoggiandosi allo schienale di plastica
nera. L’altro si raddrizzò,
guardandolo sorpreso. Un sorriso gli si stampò sulle labbra,
subito vennero
accantonati rabbia e sconsolatezza. Ridacchiò
sommessamente e si godette l’espressione sostenuta
dell’altro, che tentava di mantenere il suo orgoglio intatto.
“Fin
qua
c’ero arrivato,” rispose Sasuke
secco,
riprendendo l’argomento. “Cosa ho fatto di
sconveniente?”
“Sconveniente?”
Ripeté Naruto, che, ridacchiando, si portò la
mano libera alla bocca,
coprendola.
L’altro
lo
fulminò con lo sguardo, «Se non me lo dici subito, ti
ammazzo».
“Dai,
non è
più divertente se non te lo dico, eh
Sas’ke?”
“Sas’ke?
Scusami?” Il ragazzo si agitò.
Con
l’eccezione dei suoi genitori e del fratello
nessuno mai l’aveva chiamato per nome, era un
privilegio che solo le persone a lui veramente care potevano avere.
Anche i
professori e i compagni di scuola lo avevano sempre chiamato per nome,
ma mai
senza un suffisso onorifico adeguato.
Sentire
le
sillabe del suo nome pronunciate da una persona esterna alla famiglia,
con accento
leggermente imperfetto, gli fece uno strano effetto: malinconia da una
parte,
rabbia dall’altra.
Naruto
scoppiò a ridere improvvisamente, il malumore ormai
dimenticato. Sasuke si
irrigidì ulteriormente.
“Me l’hai
detto tu ieri notte!” La smise di ridere vedendo
l’altro portarsi una mano alla
fronte, trattenendo un sospiro.
“Revochiamo
questa cosa, subito.” Affermò Sasuke facendo un
gesto secco con l’altra mano.
“Tu se vuoi
puoi chiamarmi Naruto però, intanto in America
‘sta cosa non esiste.” Ma l’altro
scosse la testa leggermente, in dissenso.
“Cosa è
successo poi?” Gli chiese Sasuke, guardandolo dritto negli
occhi cerulei. Lo sguardo di Naruto,
alla domanda, iniziò a vagare d’oggetto in
oggetto, incapace di sostenere
l’espressione crucciata dell’interlocutore.
“Passiamo
alle cose, se vuoi, sconvenienti.” Naruto, vedendo la sua
reazione, capì che
per l’altro la questione era piuttosto seria. Era ben conscio
del fatto che
Sasuke ci teneva particolarmente a sembrare freddo, distante e senza
sentimenti,
un po’ per schivare il possibile dolore che le persone
potrebbero provocargli e
un po’ per orgoglio: non voleva che gli altri vedessero le
sue debolezze.
«L’orgoglio,
che cosa stupida.» Gli venne da pensare, «Una sega
mentale in più e
nient’altro».
“Dimmi…” Il
tono era basso, il gomito appoggiato al tavolo e la testa sostenuta
dalla mano.
“Beh… Hai
parlato di tuo fratello Itachi.”
Sasuke
chiuse gli occhi, strinse forte il pugno e le nocche divennero
immediatamente
bianche.
“Chi…” “Non
ne voglio parlare.” L’atmosfera
si fece
pesante, attimi di silenzio passarono e, per smorzare il clima di
tensione,
Naruto si alzò, aprì il frigo ed estrasse degli
onigiri al salmone, comprati il
giorno prima. Ne mise uno davanti al viso pallido del ragazzo, che
parve per un
attimo sorprendersi. Sasuke pensò che se fosse stata una
persona capace di
sorridere, sicuramente avrebbe sorriso in sua direzione, tuttavia si
limitò a
sospirare e fissare nuovamente gli occhi azzurri di Naruto, senza
rabbia, in
muta gratitudine.
“Poi… hai
nominato tua madre una volta e… Ah! Ti sei
spogliato!” Naruto si sciolse in un
risolino.
«Forse non
ho fatto niente di così grave.» Pensò
Sasuke, notando che l’altro non aveva
giudicato e commentato nemmeno una delle sue azioni o frasi.
Naruto,
però, si fece pensieroso.
Doveva dirgli quella
cosa,
non era nel suo carattere mentire, tanto meno tener nascosta una cosa
che era sicuro all’altro avrebbe dato fastidio.
«Mi
uccide,
ne sono certo.»
“Cos’hai?” Indagò subito
l’altro.
“Beh…
Dovrei
dirti un’ultima cosa. Giura di non fuggire, di non bruciare
la mia casa o
picchiarmi mortalmente.” Sasuke grugnò e
sbuffò, sconsolato.
“Giura!”
Naruto obbligò l’altro a prendergli il mignolo,
per poi scuoterlo tre volte,
cosa che Sasuke reputò infantile e inutile.
“Ecco…
abbiamo
dormito insieme.” Per poco all’altro, che stava
masticando compostamente
l’onigiri, non cadde il cibo dalla bocca per lo stupore.
Guardò Naruto, scosse
la testa e poi riguardò Naruto con espressione basita.
“Tu
hai
permesso ciò?” Dicendolo, si avvicinò
pericolosamente all’altro, strisciando la
sedia sul pavimento. Naruto vide il naso pallido dell’altro
quasi a contatto
con il suo, fissò gli occhi scuri e inalò il
profumo dolciastro del suo shampoo
stesso. Per un secondo fu inebriato
dall’essenza dell’altro, che credeva di percepire
grazie alla vicinanza, ma non
ebbe modo di soffermarsi sulle mille sensazioni contrastanti che
provava nel
vedere Sasuke a pochi centimetri dalle proprie labbra, ricordandosi che
l’altro
era irato e poteva colpirlo con un destro in qualsiasi momento.
“Mi
hai
supplicato! Eri in un momento di tristezza e hai insistito molto,
davvero!”
Arretrò leggermente, portando le mani in avanti a
mo’ di scudo.
Sasuke
decretò il suo sguardo sincero e con uno sbuffo si
appoggiò allo schienale
della sedia.
“Mai
più
ubriaco.” Affermò poi, chiudendo gli occhi. Naruto
si concesse una leggera
risata.
“Ti
da così
fastidio aver dormito con un amico?” Chiese
all’altro, guardando il volto teso,
contratto in una smorfia.
“Primo,
nessuno ha detto che siamo amici. Secondo, non mi piace il contatto
fisico.”
Espressione indecifrabile, postura rigida, tono di voce freddo. Naruto,
in
tutta risposta, scoppiò a ridere, una risata fragorosa,
allegra.
“Beh
ieri
non sembrava proprio!” Vide l’altro rabbuiarsi
nuovamente. Si calmò e proseguì.
“E
poi ormai siamo amici, l’ho deciso io”, e
l’aveva deciso in quel preciso
istante. Aveva pensato un milione di volte a quanto desiderasse
mantenere una
certa distanza dalle persone e ne era convinto,
prima che il Naruto spensierato e solare di un tempo,
che credeva essere ormai morto e sepolto, si ripresentasse parlando di
amicizia, sotto forma di zombie tornato dall’aldilà.
Quel
barlume
di sincera spontaneità, però, se ne
andò via com'era arrivato. Era sicuro che
l'altro stava iniziando a fidarsi, nonostante la diffidenza nei
confronti del
prossimo fosse una loro caratteristica comune, ma lui non era ancora
pronto per
esporsi, per parlare di sé.
Sentiva lo stesso disagio nelle parole dell'altro, spesso cariche di
freddezza,
ma Naruto capì di essere la prima persona da cui Sasuke
aveva ricevuto un aiuto
gratuitamente, e lentamente si stava lasciando andare. Prese la seconda
sigaretta
della giornata e iniziò ad aspirarne il contenuto
vigorosamente.
"Amici
eh..." Gli disse allora il moro, appoggiandosi alle sue braccia
incrociate
sul tavolo.
"Dimmi
qualcosa di te, allora." I pensieri di Naruto si
concretizzarono così
in quella domanda legittima. Il fumo iniziò a vorticare
nell'aria, partendo
dalla sua bocca ed esaurendosi poco dopo.
"Cosa
dovrei dirti?" Gli occhi chiari parvero per un attimo scurirsi,
perdendo
la loro lucente purezza. Smise di guardare Sasuke, smise di guardarsi
in giro,
ma iniziò a fissare dritto davanti a sé, con
un'espressione indecifrabile sul volto.
"Beh,
per esempio della fotografia." Naruto si girò sconvolto
verso il
ragazzo.
"Che
fotografia."
"Quella
di te e tuo papà, quale se no?" Sentendo le parole di
Sasuke, finì la
sigaretta in fretta e ne prese subito un'altra, accendendosela con
foga. Sasuke
si limitò a spostare il capo, appoggiando
la guancia sulle braccia
e osservando la reazione dell’altro. Naruto prese
a muovere il piede nervosamente, guardò il ragazzo di fianco
a lui e poi ritornò
a osservare la città attraverso la finestra di
fronte a lui.
“Dove
l’hai
presa?” Sasuke era serafico e nonostante il tono accusatorio
dell’altro non si
scaldò.
“L’ho
trovata
in camera ieri, per caso.” Naruto picchiò la
fronte contro la superficie lignea
e diede qualche colpetto a ripetizione, la sigaretta gli
scivolò di bocca e si
spense sul pavimento freddo.
“Io
sinceramente non vedo il problema. Io ti ho detto cose di me nonostante
ti
conosca appena, tu potresti fare la stessa cosa, io ti
aiuterei.” Ma Naruto
sbatté entrambi i
pugni
sul tavolo, rizzandosi sulla sedia.
“Non
mi
fido. Di nessuno.” Lo guardò negli occhi con una
serietà che non gli si
addiceva affatto. Sasuke rimase fermo, fissandolo.
“Hai
detto
tu che siamo amici.” Ribatté
calmo.
“È
diverso.” Sasuke si mise ritto sulla
sedia a sua volta e iniziò a tamburellare con le dita sul
tavolo.
“In
cosa?
Anche io sono diffidente.”
“Tu
cosa ne
vuoi sapere? Non hai mai avuto amici, non ti sei fidato come uno
stupido per
poi essere tradito, ripetutamente!” Si alzò, il
tono di voce si fece più alto,
lo sguardo irato.
“No,
non lo
sono stato, ma mi sono fidato di te. Erroneamente, a quanto
pare.” Si alzò a
sua volta,
fronteggiando
Naruto, con una calma quasi surreale. I suoi sentimenti erano
particolarmente
controllati, più si irritava più la mente lucida
elaborava mille motivi per cui
Naruto era in torto. Non valeva la pena strillare.
“Erroneamente?
Io sono una persona affidabile, le altre persone no! Perché
tu dovresti essere
un’eccezione?!”
Urlò,
agitando le mani. Naruto aveva perso il controllo, non pensava
più a niente se
non alla rabbia che velocemente cresceva e ai mille insulti che poteva
rivolgere all’altro. L’ira, accumulata in diversi
anni e taciuta per troppo
tempo, si stava scatenando su Sasuke che stava davanti a lui
guardandolo con
indifferenza, definendo una certa distanza tra i due.
“Allora
non
ha senso che io stia qui.” Sasuke scandì bene le
parole, poi si girò e si
diresse in camera con passo sicuro.
“Non
intendevo quello, cazzo lo sai!” Naruto rimase fermo in
quella posizione,
interdetto, poi si riscosse e lo seguì. Lo vide racimolare
poche delle sue cose
e buttarle nello zaino distrattamente; si mise la maglietta e poi,
senza
degnarlo di uno sguardo, si diresse verso la porta.
“Vuoi
ascoltarmi?!” Gli gridò mentre Sasuke apriva la
porta d’ingresso. Quello si
fermò un attimo sulla soglia, gli diede un’ultima
gelida occhiata e poi uscì.
Naruto
andò
in panico. Prese a camminare a destra e sinistra, sia arrabbiato che
con un
senso di colpa che prepotentemente gli si stava insinuando nella mente.
Prese
un’altra sigaretta, nervoso.
«Lo
lascio
andare, la faccia di merda.» In un primo momento era convinto
di essere dalla
parte della ragione: l’altro era stato insolente, non sapeva
niente di lui, non
si meritava la
sua
attenzione. Poi si accorse che tutte le parole che aveva detto erano un
riflesso della rabbia impulsiva. Era arrabbiato, sì, ma con se
stesso e non aveva il diritto di
sfogare quel sentimento su Sasuke, che aveva altri problemi, ben
più urgenti.
Si
decise,
gli sarebbe corso
dietro e magari l’altro era semplicemente sul pianerottolo,
ad aspettarlo,
capendo la situazione. Sigaretta in bocca uscì di casa,
sbattendo la porta. Si
guardò intorno, il pianerottolo non era molto grande ma di
Sasuke non c’era
traccia.
Era
troppo
tardi.
- - - -
Note dell'autrice:
Ciao a tutti! Eccomi con il nuovo capitolo.Come avrete visto, alla fine è ancora passato un mese e più, però in realtà in questo mese sono stata piuttosto impegnata col capitolo.
Diciamo che una specie di amico mi sta dando delle dritte sia dal punto di vista stilistico che narrativo, quindi mi sono ritrovata a modificare sia il capitolo stesso che la trama. Quindi, ecco, in teoria grazie al suo aiuto la fic dovrebbe migliorare un po'. Comunque, per quanto riguarda questo capitolo, l'avevo già steso a mano. Però, rileggendolo, mi sono accorta che era tipo una noia assurda, di una pesantezza tale che avrebbe spinto al suicidio molti di voi lettori ed era anche un po' banale. Così abbiamo trovato una soluzione abbastanza emozionante, anche se la cosa ha penalizzato leggermente la lunghezza del capitolo.
Comunque, siamo quasi giunti alla conclusione della prima parte narrativa. Ci saranno ancora al massimo un paio di capitoli e poi sarà finita. Nella seconda parte (su quattro) le cose inizieranno a farsi più movimentate, uhuh! XD Non vedo l'ora di iniziare a scrivere quei capitoli, fremo! xD
Non ho molto altro da dire su questo capitolo, la storia parla da sè e non ci sono punti da chiarire xD
Però vi lascio con un paio di domande... Cosa ne pensate dei personaggi femminili nelle fanfiction yaoi? Quando e come li avete visti in azione? E in Naruto?
E ditemi,magari, come pensate che vada a finire tra Naruto e Sasuke nel prossimo capitolo, sono curiosa! xD
Bene, ringrazio moltissimo i lettori, coloro che recensiscono, coloro che mettono la fic nei preferiti, James e la mia beta LaGrenouille!
A presto :D