Sette
giorni di marcia. Sette giorni di vento, di sabbia, di mille e più profumi
scaturiti dall’infiammarsi del giorno e dal sopraggiungere della notte.
Settemila
cavalieri a spronare con cinghie di cuoio il recalcitrante avanzare di
altrettanti destrieri, di altrettanti zoccoli graffiati dal sollevarsi della
polvere. Dal nebuloso diradarsi dell’alito delle tenebre.
Settecentomila
teste di cuoio chine nel riverbero del sole, nel torbido tremolio dell’aria
resa irrespirabile da ancora più fiati, da ancor più ansiti, bocche aride di pioggia e frescura.
Lungo
la linea dell’orizzonte, così lontano da poter quasi tracciare il sottile
confine fra luce e oscurità, l’esercito dei Miyoshi
pareva snodarsi fra le nude curve della terra come le sinuose spire di un
mastodontico serpente, le nere scaglie cornee a brillare al pari di duri topazi
nel mentre del suo costante, irresistibile, muoversi. Passi nella sabbia. Passi
nella polvere. Passi nel brullo mutare della terra.
Sterminato.
Infinito. Bellissimo. La ruvida falange degli archibugieri ad avanzare nel
mezzo. Gli alabardieri in fondo. I fanti in testa. Le pesanti catapulte e
balestre nelle retrovie, niente più che le orme di quella bestia infernale. E
innanzi, proprio laddove la lingua biforcuta dell’immonda fiera sarebbe dovuta
spuntare fuori fiutando la paura del mondo, Inuyasha
e Sesshoumau. Gli scellerati principi assassini.
L’inizio e la fine della vanagloriosa parabola della casata Miyoshi.
Attorno
a loro, tempestare di tinte ciclamino e genziana, i mille e più stendardi di
città oramai cadute in rovina. Di capitali depredate, usurpate, saccheggiate.
Sotto di loro, lo scuro sfrigolio di una terra prossima dal bruciare anch’essa.
“
Pensi che ci stiano aspettando?”
La
voce di Sesshoumaru giunse ovattata, lievemente soffocata
da dietro la stoffa che per intero ricopriva il suo volto.
Inuyasha strinse appena le palpebre per meglio
mettere a fuoco il paesaggio antistante. Sentì gli occhi inumidirsi di un velo
salato mentre le pupille ferine si restringevano nel riverbero accecante.
Grugnì appena, per metà dolorante e per metà seccato dall’intera faccenda “
Penso che sia già tutto abbastanza sgradevole senza che tu ci ti metta pure a
dire ovvietà, fratello”
La
stoffa cinerea del primogenito ebbe un sussulto goliardico, una risatina
strascicata che fece vibrare le fibre involte come un unico, butterato volto di
vecchia. “ Oh andiamo, Inuyasha” pigolò questi “ Era
solo per fare conversazione. La tua ritrosia a rivolgermi qualsiasi tipo di
parola mi lascia sempre il dubbio che tu non odi tanto la conversazione quanto
più il semplice parlare con me” “ Più che un dubbio, io parlerei di certezza”
lo rimbeccò subito l’hanyou, pur mantenendo un tono
neutro.
Incrollabile
fiducia o più semplicemente avvezza accettazione, la risatina dello youkai tinteggiò ancora quegli attimi del suo vago senso
dell’umorismo “ Chiamala come vuoi,fratello, ma talvolta questo tuo pacifico
disdegno nei miei confronti ha il potere di ferirmi “ pausa, di cui Inuyasha non diede il minimo segno di sentire il peso. Dietro
di lui, il corpo molle della Principessa assopita ebbe un sussulto, scivolando
di un poco sulla sua schiena ricurva. Sospirò piano, muovendosi quel poco per
riportare il capo di lei poco sopra la sua scapola destra.
“
Eppure, ti inviterei a pensare, io sono tutto ciò che ti rimane della nostra
famiglia. Morto io, rimarreste solo tu e nostro padre, e non credo che si
tratterebbe per certo di una buona compagnia” con un secco colpo di redini, il
mezzo demone spronò appena il cavallo a tenere il passo, il brusco sussultare
dell’animale che faceva ondeggiare il corpo della giovine dietro di lui. Attorno
a loro, il frastagliato restringersi dei fianchi di una vallata, forse l’antico
letto di un fiume prosciugatosi “ Intendi dire che ti devo sopportare perché
sei l’unica alternativa presente sulla piazza? Mi stai prendendo per fame, Sesshoumaru?” ghignò poco dopo.
“
Ti sto solo dicendo che siamo soli, inuyasha. Ora più
che mai. E l’essere soli comporta che né tu né io potremo aspettarci nulla di
più che la nostra reciproca compagnia, da ora in avanti. Gradevole o sgradevole
che sia.” L’incupirsi del tono del primogenito spinse l’hanyou
a voltare il capo in sua direzione, cercando vagamente di intuire da che punto
della conversazione egli avesse perso il senso dell’umorismo. E da quando la
nuda verità sulla loro situazione fosse stata ben presente nella mente di
entrambi.
Da
quel momento? Da qualche giorno? Dalla loro partenza?
Senza
nemmeno sapere come, Inuyasha era ben certo di sapere
che tutti e due, tutti e loro due bugiardi omertosi avevano capito da molto,
forse troppo tempo come stavano le cose. Cosa stava succedendo proprio sotto il
loro regale naso. E avevano comunemente deciso di far finta di nulla.
Chi
dandosi per idiota patentato. Chi spacciandosi per un rabbioso cane bastonato.
E l’uno con lo sguardo instupidito, l’altro con la coda fra le gambe, si erano
guardati, e insieme avevano voltato la testa dall’altra parte. Quasi che,
semplicemente volendolo, quella cruda verità sarebbe scomparsa come un brutto
sogno all’alba.
Dio mio. Con un sospiro, il
mezzo demone si strinse placidamente nelle spalle. L’abbacinante chiarore del
sole che, infrangendosi sui costoni della vallata tagliava in due metà il
passaggio sottostante. Così che, di fianco l’uno all’altro, Inuyasha
camminasse nell’ombra e Sesshoumaru nella luce. “
Pensavo che mi sarei ucciso, il giorno in cui avessi capito di avere solo te al
mondo. Di essere rimasto con nulla più che uno del mio stesso sangue a spartire
le puzzolenti lenzuola di una branda “ sorrise, pur sapendo che il fratello non avrebbe potuto vederlo “ Anzi. Pensavo che
ti avrei ammazzato prima io con le mie stesse mani, onde evitare il realizzarsi
di tale sconveniente situazione” scosse la testa. Quasi ridendo di se stesso e
della sua fin troppo rosea concezione della vita.
“
E invece?” la voce dello youkai aveva il tono
condiscendente di chi sapesse già dove il discorso sarebbe andato a parare.
Inuyasha sorrise di nuovo, semplicemente troppo
sincero per prendersela.“ E invece siamo qui. E l’unica persona che vorrei
veder morta in questo preciso momento è questa donna che mi sta sbavando sulla
schiena. “ concluse con macabro diletto.
La
grassa risata di Sesshoumaru costrinse alcuni
portabandiera a girarsi verso di loro. Stupiti. Forse chiedendosi da dove tutta
quella complicità fra i fratelli Miyoshi fosse
sbucata fuori. E al contempo domandandosi quanto tempo sarebbe trascorso prima
che entrambi avessero sguainato le proprie armi minacciandosi reciprocamente di
morte certa. Nei migliori casi il tutto si sarebbe verificato nell’arco di
pochi istanti.
Tuttavia,
nel proseguire del riso del primogenito, nel contemporaneo seguitare immobile
del fratello e nel loro tutto sommato stabile sopravvivere, le aspettative di
tutti quanti si ritrovarono ad essere incomprensibilmente deluse.
Sfortunatamente.
Per
un attimo, indeciso se contribuire o meno al delizioso siparietto creatosi fra
di loro, Inuyasha si passò una mano sulla testa,
punzecchiandosi la base della nuca come un ragazzino intimidito dalla
situazione.
E
fu proprio allora, a metà del riso dell’uno e dell’imbarazzarsi dell’altro, che
la freccia colpì in pieno petto Sesshoumaru.
Un
secco lacerio del silenzio e poi, in un nugolo di
vesti e stoffe sgargianti, di capelli argentei e fermacapelli indiamantati, l’impennarsi del suo cavallo, lo sporgersi
indietro della sua figura impertinente, il primogenito si schiantò a terra.
Per
un attimo ad Inuyasha tornò in mente la loro immagine
di poc’anzi, il risplendere del fratello in tutto quel suo bianco e avorio
sotto il riverbero del sole. La sottile linea d’ombra che li separava, lui a
destra e Sesshoumaru a sinistra, lasciando solo a lui
la capacità di alzare lo sguardo al cielo senza rimanere del tutto abbagliato.
E
ancor prima che il corpo del principe ereditario stramazzasse a terra nella
polvere, sollevando ovunque schizzi infranti di pietra essiccata, sentiva già
le sue labbra schiudersi, la gola che, infiammata dall’arsura, pareva come
bruciare nell’intonarsi di poche, semplici, parole.
“
Prepararsi all’attacco! Arcieri, girarsi a Ponente!”
Come
il tam-tam di antiche tribù primitive, Inuyasha avvertì
il proprio comando diffondersi in mille e più voci sempre più distanti, la
mastodontica mole delle truppe che, scivolando a destra come un sinuoso
serpente per portarsi fuori portata dagli archi nemici, mutava la sua pelle per
lasciar sprofondare da una parte la legnosa scorza degli arcieri, e dall’altra risalire
la compatta armeria dei fanti.
Solo
allora, con un balzo, il primogenito si decise a smontare da cavallo per andare
in soccorso del fratello, la guardia personale di entrambi che già si
affrettava a schermarli con i propri corpi corazzati. Con blando interesse, il
terreno che già cominciava a tremare del calpestio di mille passi, registrò il
caracollare veramente poco principesco della principessa dal posteriore del suo
cavallo e subito dopo, come il destarsi di un nugolo di api impazzite, il
sibilo confuso di centinaia e più di frecce scagliate in aria.
Digrignò
appena i denti, le sue dita irsute che già affondavano nelle vesti del fratello
in cerca del suo corpo prostrato, del suo volto contratto dal dolore e
lievemente sudato per via dello sforzo di non impalarsi direttamente sul dardo.
“
Stupido Idiota” ringhiò tanto a se stesso quanto alla faccia ridacchiante che
trovò dopo un attimo. Le Stoffe del turbante
si erano svolte rivelando, tanto bello quanto solo un demone poteva essere, il
volto pacato del primogenito. Non serviva di certo un genio per capire il
perché, fra i due, avessero scelto di colpire proprio Sesshoumaru.
O meglio, solo Sesshoumaru.
Era
il solo a trovarsi in bella mostra alla luce del giorno, il sole che, per metà
nascosto dalla cresta di Ponente, avrebbe impedito a chiunque di scorgere le
figure appostate in attesa del passaggio del loro esercito.
Se
le sue mani non fossero già state impegnate nel tentativo di afferrare la
freccia conficcatasi nella spalla sinistra, l’hanyou
non si sarebbe di certo risparmiato dal dimostrare al suo consanguineo la felicità provata nel saperlo ancora vivo
e vegeto.
“
Come vedi, dovendo proprio scegliere, chiunque non può esimersi dal preferire
me ad un cagnaccio come te, Inuyasha” fu la prima,
ridacchiante, battuta che uscì dalle labbra di quest’ultimo non appena i suoi
occhi si incontrarono. Di tutta risposta, il mezzo demone sradicò con un solo
movimento la freccia dalla sua spalla, le palpebre dell’altro che, più
d’istinto che per reale dolore, si chiudevano un attimo.
“
Dannato modaiolo tutto pizzi e sete” Sputò con voce al vetriolo “L’ho sempre
detto che le checche come te sono destinate a morte prematura” spezzò con un
solo gesto il dardo fra le dita “ Già che c’eri avresti potuto metterti uno
stendardo legato al collo con scritto Colpire
Qui, sono l’ultimo erede di una Casata in estinzione!”
Con
una smorfia placida lo youkai riaprì gli occhi
ambrati, in essi una nota saccente che, improvvisamente, veniva rimpiazzata da
una ben più urgente di pericolo.
“
Che diav…”
Fu
nel serrarsi tutt’ intorno a loro dei pesanti scudi e corazze delle guardie che
la pioggia di frecce nemiche si esaurì fra le loro fila in un lacerarsi
improvviso, imprevisto, immediato.
E
ancora, stupidamente, Inuyasha ricordò che nel sibilo
dei dardi di poc’anzi non aveva avvertito, particolare non irrilevante, lo
schioccare degli archi.
Scoccò
uno sguardo stizzoso a Sesshoumaru, piegato lui
dinnanzi come una donnicciola in preghiera.
Ovviamente
i loro nemici li avevano preceduti. Ovviamente essi si trovavano non solo su
una cresta, dove la distanza forse avrebbe loro impedito di raggiungerli visto
il repentino spostarsi sulla destra delle truppe. Essi si erano appostati su
entrambe i costoni, chiudendoli da ambedue le parti come dei topi in gabbia.
“
Serrate i ranghi! Arcieri posizionarsi! Prepararsi all’assalto!”
Questa
volta fu la voce di Sesshoumaru a vibrare imperiosa
fra le fila dell’esercito. Fu la sua sagoma imbiancata a svettare nel subitaneo
mobilitarsi di asce e stendardi, di baliste e archibugi. Fu il suo tono
saccente ad intonare le prime sorde strofe della carica che poco dopo ne seguì,
roboante calpestio di fiati e piedi pesanti.
Al
suo fianco, Inuyasha non potè
che estrarre Tessaiga, lo scintillante profilo
dell’arma che rabbrividiva sul suo volto improvvisamente esangue,
improvvisamente cinereo nel fluire dell’adrenalina.
Immobile,
l’aria attorno a lui che improvvisamente diveniva satura dell’odore di sudore e
stallame classico dei corpi che si preparino ad
andare al macello, il secondogenito non poté che stringere a sé quella bianca
falce intrecciata dei ricordi di mille e più battaglie, mille e più vittorie.
Anticamente strumento di potere e soggezione. Cupo monito di nefandezza e
crudeltà. Ora, mentre da entrambe le sponde il comparire di mille e più figure
in nero tinteggiava le ombre attorno a loro di un formicolante brulichio in
fermento, l’hanyou non potè
che notare quanto la lama, all’apparenza traslucida e lucente, fosse in realtà
venata di tanti scuri aloni di sangue. Piccole sagome brune i cui contorni,
contorti e distorti, tracciavano i delta di tante vene e venuzze,
capillari infimi di Tessaiga.
Un’ansa per una vita.
Avvertì,
più che vederlo, il braccio di Sesshoumaru
sollevarsi, lo slancio di dare il via alla carica che costringeva il gomito ad
inclinarsi all’indietro in una parentesi di sete e orlature.
Su quella lama vi
erano più curve e svolte di quante Inuyasha avrebbe
mai potuto contarne. Troppe per una vita sola. Troppe per un’unica carneficina.
Ma
già, nel sottile brivido dello slancio, il mezzo demone si era buttato in avanti.
Il corpo ossuto teso allo spasimo e ridotto a saetta guizzante nello
sconvolgersi di visi e corpi. Un rosso turbinio il cui riflesso pareva
gareggiare con lo schiumare tutt’attorno
alla sua figura di nuovo, rossissimo, sangue.
Più
veloce di chiunque altro, più feroce di tutto il suo esercito messo insieme.
E
già volgeva in una mezzaluna con la mancina, il colpo che falciava a metà un
uomo proteso verso di lui. Poi tornava indietro, il perno della destra che
consentiva alla sinistra di vibrare un rapido fendente in quella direzione.
E
poi ancora, con efferata semplicità, il balzare del corpo in alto, sopra tutto
quello sciamare di teste, di dardi. “ Artigli di ferro!”.
E’
solo un sospiro il suo seguente poggiarsi a terra, il fluire rapido del respiro
dai canini scoperti, il ringhio perenne delle labbra solo per un istante
attenuato dalla fiacchezza di un pensiero, di un ripensamento.
La sua ultima
battaglia era stata con Kagome.
Così,
strizzando gli occhi, parve quasi di vedere il mezzo demone mordersi a sangue
le labbra mentre, con più ferocia che maestria, fendeva ancora l’aria con i
propri artigli. Una recluta poco distante che cadeva a terra prima il tronco,
poi le gambe. Senza fermarsi, Inuyasha si
concesse uno scatto all’indietro,
l’avvitamento a mezz’aria che distribuiva attorno a sé il nuovo scattare dei
suoi artigli demoniaci.
“
Inuyasha!”
Atterrò
poco distante, lo sguardo che volava subito a Sesshoumaru
circondato da una combriccola di ribelli decisamente agguerriti. Solo, i bei
vestiti così diversi e così sfarzosi se paragonati alle frugali armature dei
suo assalitori, il primogenito pareva tanto meno adatto a quella situazione
quanto la Principessa poco distante, ancora mezza rintontita e stesa a terra,
le piccole braccia che andavano a fasciare il capo nel vano tentativo di ripararsi
dalla pioggia di frecce.
Buffo. Pensò inuyasha mentre con la stessa frenetica agilità di un
felino piombava al fianco del fratello. Anche
in quelle situazioni i Nobili avevano l’inesplicabile potere di conservare sempre
quella loro aria aristocratica e raffinata. Quasi che – o che caso- proprio a
metà fra il tè delle cinque e la manicure del venerdì pomeriggio avessero avuto
anche il tempo di infilarci una battaglia campale. Senza pensiero, o
almeno, senza darsi il tempo di ridere dei propri pensieri, Tessaiga
falciò uno dopo l’altro gli esosi attentatori.
“
Perché non dai Tokijin alla Principessa, fratello?
Sicuramente lei saprebbe farne un uso migliore.” lo punzecchiò mentre, lesto,
si muoveva di lato per schivare una freccia.
Con
un secco schioccare della lingua sul palato, Sesshoumaru
deviò un’alabarda spezzandola direttamente in due.
“
Penso invece che dovresti essere tu a delegarle l’arduo compito di ideare
battute di spirito. Mi pare che in questo momento tu sia decisamente fuori
forma”
Scattando
all’indietro, Inuyasha si strinse nelle spalle. “ Al
cattivo umore si può rimediare. All’incompetenza…”
E
detto questo, con un vago ghignetto, trasse a sé la
giovane principessa per poi, con un balzo, scartare lontano dal combattimento.
La
sentì scivolosa fra le dita, le belle vesti appiccicose mentre lei, più piccola
e misera che mai nella sua paura, gli si stringeva addosso come un cucciolo
smarrito.
“
Stia calma” le sibilò all’orecchio mentre, con un nuovo slancio, si portava
quanto più poteva distante dal fulcro della battaglia. Le braccia di lei si
cinsero attorno alle spalle, il suo respiro affannato che prendeva a raschiare
il collo contratto dell’Hanyou.
Sospirò
appena, contrariato, e fu proprio in quel momento che, abbastanza riparato
perché nessuno lo notasse, scorse una piccola rientranza nella gola. Una sorta
di concavità naturale visibile solo se ci si trovava a poca distanza dal punto.
Con
un ghigno virò immediatamente in quella direzione, le sue braccia che
rapidamente salivano ai polsi della giovane per invitarla ad una rapida
separazione.
“
Non mi abbandoni qui, la prego”
Se
lei non avesse alzato lo sguardo verso di lui inchiodandolo con i suoi occhi
pervinca, Inuyasha avrebbe certamente mancato di
udirla in quel fracasso di spade e armature.
La
fissò per un attimo, stupito da quell’imprevista nota di fiducia nascosta nella
sua voce, e poi le rivolse un sorriso sghembo.
“
Paura che mi dimentichi di lei, principessa?”
Lei
parve esitare un secondo, i polsi ancora circondati dal mezzo demone che
tremavano un poco, impercettibilmente. Poi abbassò lo sguardo, una vena di
ostilità che le rabbuiava il volto.
“
Paura che fra le molte cose lei voglia
proprio dimenticarsi di me”
Pur
in quel contesto, Inuyasha non poté proprio
trattenersi dallo scoppiare in una lieve risatina contratta, gli angoli delle labbra
che trovavano ancora spazio su quel suo volto ingrigito dalla preoccupazione.
“
Stia tranquilla, madame. Di solito la mia tendenza alla dimenticanza si
ripresenta dopo che una donna mi ha concesso le proprie grazie.” Con uno scatto
il viso di lei fu di nuovo alla portata dell’hanyou.
Non propriamente collaborativo ma nemmeno troppo scandalizzato dal suo senso
dell’umorismo “ E lei, in questo campo, ha ancora tutto da giocarsela” la
rimbeccò infine.
Mentre
scioglieva la presa, Inuyasha la vide rivolgergli un
ultimo sguardo apprensivo, i grandi occhi che si inumidivano tanto che, per un
solo secondo, egli fu in grado di specchiarsi in essi. Non fu sorpreso di
intravedere il sangue sul suo volto. Era cosa oramai tanto usuale che il vero
shock sarebbe stato non notarlo.
Sospirò
piano, gli occhi che si socchiudevano un istante per meglio imprimere nella
mente l’odore di lei casomai, nel furore della battaglia, gli fosse davvero
capitato di perdersela.
“
Stia nascosta.” Soffiò infine.
Il
suo “ La prego….” gli giunse quando ormai si era già
voltato, gli artigli affilati che scattavano verso destra nell’atto di falciare
un ribelle che, forse notando la sua immobilità, aveva pensato bene di colpirlo
alle spalle.
Sentì
strillare tanto lui quanto la principessa alle sue spalle e tuttavia,
digrignando i denti come se gli fosse appena toccato di mandar giù un boccone
estremamente amaro, balzò in avanti, invischiandosi ancora nel vivo del
confronto.
Già
l’aria era satura dell’addensarsi di corpi e armi avvinti nella ferocia
dell’assalto. Il solito pregno, appiccicoso, ferruginoso sentore di paura e
sudore mille e più volte acuito dalla metallica pregnanza delle armature,
gabbie medievali volte più ad ostacolare ogni sorta di movimento che a
migliorare la difesa di un corpo già di per sé condannato alla morte.
Saetta
cremisi e argento, Inuyasha estrasse nuovamente Tessaiga dal fodero, la lama snella dell’arma che, dopo una
sola, breve, parabola a mezz’aria, lacerava il misero petto di un assalitore di
passaggio costringendolo a capitombolare a terra. Senza darsi la pena di
valutare il proprio operato, Inuyasha balzò di lato,
la spada che con un movimento a gomito annegava nel cuore di un umano per poi
calare subito dopo sul capo esposto di un altro. E ancora, senza darsi il tempo
di respirare, le nuove, ferine, lame artigliate a sfondare il duro profilo
dell’aria. “ Artigli di ferro! ”
Quasi
lo stesso Inuyasha non fu in grado di udire la
propria voce. La concavità della gola era tale da amplificare all’inverosimile
qualsiasi suono tanto che, se non centomila, i suoi uomini e i ribelli parevano
essersi moltiplicati oltre ogni modo onde formare una vera e propria nazione di
guerrieri intenti a combattersi fino alla morte.
Guerra civile, avrebbero detto in
molti.
Eppure
non esisteva alcuna civiltà fra demoni e umani così come non ve ne era fra
padroni e schiavi.
Scartò
a destra, la curva delle sue spalle che si infossava come le spire di un
serpente mentre con la manca afferrava per la nuca un malcapitato assaltatore e
con l’altra gli sfondava in un solo fendente lo sterno, Tessaiga
che profanava da parte a parte quel corpo fragile e misero.
Nessuna
pietà, nessuna compassione.
Fu
proprio allora che da un punto impreciso del campo udì il familiare richiamo
alla ritirata. Non la loro, certamente, ma quella dei ribelli.
E
poco dopo, ancora più acuto e riconoscibile, l’urlo disperato della principessa
alle sue spalle.
Spesso
si dice che fra pensiero e azione non intercorrano che pochi istanti. Miseri
attimi in cui il cervello, più veloce di qualsiasi macchina esistente, già
abbia formulato il proprio responso e non debba far altro che ordinare a tutto
il corpo, sferragliante schiavo ai servizio, quanto si debba fare.
Eppure, proprio in quel momento, quando Inuyasha si
vide già sfrecciare in avanti, il corpo proteso nella spasmodica volontà di
annullare i pochi secondi che ancora gli servivano per muoversi e raggiungere
la propria meta, quasi si ritrovò a pensare che nel suo caso non si fosse
trattato né di secondi né di attimi.
Immediato
come il sopraggiungere del dolore e della paura, ecco, indefinibile quanto
tangibile, il presentarsi della consapevolezza.
Seppe
già in quella chi avrebbe trovato accanto alla fanciulla inerme. Avvertiva già
il perché del suo roco strillare, il suo brusco stramazzare a terra nel
tentativo di divincolarsi dal proprio assalitore che già le ha provocato delle
profonde ferite alle ginocchia e ai palmi delle mani.
Così
quando, con la violenza di un ciclone, egli atterrò poco distante a lei, la
mano destra serrata attorno all’elsa di Tessaiga e la
sinistra poco più protesa in avanti, non fu con sorpresa che i suoi occhi
felini incontrarono quelli di una giovane donna dalle iridi verde-grigio, i
lunghi capelli raccolti in una coda di cavallo ondeggianti nel lieve riverbero
del vento.
Le
sorrise con la placida ed incurante benevolenza che si riservi ad una persona
cara o gradita. Quasi che, tutto sommato, non gli dispiacesse affatto
trovarsela ancora li, non per la prima e ultima volta certamente, nel bel mezzo
di una battaglia, intenta in qualche modo a testare la sua resistenza a
trabocchetti ed artifici di sorta.
“
Chi non muore si rivede.” fu il suo, anche questa volta non primo, commento.
Attorno
alla gola della principessa un pugnale dalle sfumature verdognole brillò appena
nel riverbero del sole, i ricchi intarsi su di esso appositamente studiati per
intrappolare la densa sostanza in cui, probabilmente, era stato fino a pochi
istanti prima immerso.
Ella
parve studiarlo un attimo, forse incerta sull’indovinare o constatare qualcosa
nel suo viso, ed infine si risolse per un mezzo sorriso a denti stretti. “ Principe
Miyoshi”.
Poco
di lato al viso della giovane donna, quello della principessa ebbe un sussulto.
La lama posta sulla giugulare si era fatta più serrata.
“
Data la frequenza dei nostri incontri, mi stavo giusto chiedendo quando avrei
avuto ancora il piacere di una vostra visita.” flautò
lui con noncuranza. “ Ero quasi preoccupato, in tutta franchezza. Spesso la
puntualità è garanzia di prevedibilità, che a sua volta è indice di certezza.
Ma quando mancano entrambe…è proprio allora che
bisogna iniziare ad avere un poco di timore del prossimo.” Una pausa, giusto per notare lo sguardo un
poco confuso che gli rivolse la principessa al sentirlo colloquiare amabilmente con la sua
presunta assassina. Non le badò. “ Ma per fortuna voi avete fugato anche questa
preoccupazione. Vedendoci di nuovo tutti qui riuniti, ora mi posso sentire più
tranquillo. Manca solo la vostra amica all’appello, ma temo ritarderà ancora un
po’, ahimè. Impegni urgenti la trattengono a Zaccar”
Attorno
a loro, parve di sentire il brontolio della battaglia spostarsi un poco più
distante, il richiamo delle trombe che costringeva il vorticoso chiasso delle
armature e sferragliare altrove, come latranti cani da inseguimento.
Di
nuovo, egli si vide rifilare un vacuo sorriso. Qualcosa a metà fra lo sprezzo e
il risentimento “Gongolate pure nella vostra presunzione, Principe. Godetevi
questi ultimi attimi.” Serrarsi della mascella “ Ancora per poco queste terre
saranno costrette a sopportare la vostra presenza”
Pur
senza volerlo, Inuyasha potè
quasi avvertire la presa della propria mano su Tessaiga
farsi un poco più serrata.
Ciononostante, dopo un attimo schioccò la lingua sul palato
con fare spiccio.
“
Parole coraggiose, calcolando che colei che le pronuncia sta per trovare la
morte per mia stessa mano.” Lei sorrise ancora, quasi selvatica nel proprio
sfidarlo senza apparente timore. Quasi che lo scontro tutt’attorno, il sangue e
quel suo coltello fra le dita longilinee non avessero altro potere se non
quello di rassicurarla, di renderla più spavalda di quanto mai fosse stata
dinnanzi a lui prima d’allora.
O vi era
qualcos’altro? Qualcosa ancora?
“
Volete dire che questo ostaggio non rappresenta una garanzia sufficiente per la
mia salvezza?” gli sibilò contro andando a sfiorare con la guancia la mascella
della Principessa.
Nella
prima traccia di dubbio, di serio dubbio, il mezzo demone si concesse una
risatina roca, affilata, più lo strisciare di una lama su una mola consunta.
“
Ne avete mai avuto la presunzione?”
Nel
gemito strozzato della giovane sovrana, Inuyasha
seppe che fra le due solo la prima aveva davvero creduto alle sue parole. Alla sua compunta constatazione dell’ovvio.
Una
vita come le altre. Un’anima in più mandata in pasto alle belve infernali e
disposta, un giorno, a reclamare la propria vendetta sul proprio carnefice.
Negli occhi dell’assassina, tuttavia, chiara si poteva leggere una sorta di
noncuranza, di ferina compostezza ben superiore a quella di un mero bluff o di
un’avventata presa di posizione.
Così,
quando ella si esibì in una fredda risata senza gioia, il mezzo demone non poté
che seguirla, guardingo, nel proprio raggrinzirsi di labbra.
“
Certo che no, Principe, certo che no ” sillabò lei a labbra strette “ Ed è
proprio per questo che ho la assoluta certezza che voi mi lascerete andare”
Dal
nudo sorriso dipinto sul suo volto, le labbra del mezzo demone si tesero immediatamente
in un’espressione beffarda, la pelle che sbiancava nell’impallidire del suo
volto improvvisamente aggressivo.
“
Ma non mi dite…”
“
Sono io ad avervi trovato, Principe. Nel bel mezzo di questa guerriglia è cosa
ben più strana pensare che io vi abbia per caso scovato piuttosto che
deliberatamente cercato. “ Un lieve sogghigno “ Avrei potuto trovarmi
dall’altra parte del continente insieme alle truppe che vi attendono. Oppure
rimanere nascosta e fuggire nella ritirata ma, come potete vedere, fra tutte le
alternative possibili io ho scelto proprio quella di ritrovarmi a meno di mezzo
metro da voi, in balia delle vostre ire con solo una sciocca fanciulla a farmi
da scudo” piccola pausa, tessuta nel
sonoro deglutire della Principessa “ Strano, vero? ”
Mentre
la prossimità di quel Qualcos’altro
calava su di lui come la mannaia del boia, Inuyasha
non poté fare a meno di abbassare la spada un poco, lievemente, più una resa
annunciata che effettiva.
“
Vi ascolto “ fu la sua secca replica.
“
Haman Yosei, figlio del
legittimo sovrano ed erede al trono di Zaccar, vi
manda i suoi saluti, ringraziandovi per la solerzia con cui le vostre truppe si
apprestano a raggiungere il valico dello Tsii. Vi
ringrazia perché, mentre tutte le vostre forze
disponibili si stanno dirigendo verso la battaglia, i sovrani dei regni
orientali e delle reggenze occidentali si preparano ad imbracciare le armi nel
riscatto della propria libertà.” Mentre parlava, ella indietreggiò di un passo
trascinando con sé anche la giovane sovrana. Nonostante il lieve gemito di
quest’ultima, il mezzo demone parve non accorgersene, o meglio non reagire a
quel piccolo passo verso la salvezza. Per qualche ragione, i suoi occhi erano
ora più concentrati sul volto della ribelle onde scovarne gli inequivocabili
segni della menzogna.
Stava mentendo.
Piuttosto semplice da
intuire, a dire il vero.
O forse no?
Lievemente,
quasi indovinando i suoi pensieri, la ragazza gli rivolse un lieve sogghigno “Il
nostro sovrano mi ha chiesto di informarvi che, nel caso di una resa senza
condizioni, sia voi che vostro fratello verrete risparmiati”
Fu
il turno del mezzo demone di sorridere. Una risata secca, fredda, fra i canini
scoperti su un volto ora pallido, esangue. Al suo fianco, Tessaiga
parve tralucere di un riverbero sanguigno.
“
La pietà degli esseri umani… ” sputò quindi dopo un
attimo, il disprezzo che latrava pesante dalle sue labbra distorte in una
smorfia cinica “ Piaga infetta mascherata a carezza amorevole.” Si concesse un
attimo per raschiare la ruvida consistenza negli occhi della giovane donna e,
al contempo, riversarvi la propria.” Fiele velenosa che essi hanno anche il
coraggio di chiamare Benevolenza”
“
E’ la sola cosa che il nostro Sovrano sia disposto a concedervi, Principe” fu
la secca replica di lei “ Rifiutate, ed allora non vi saranno altre lusinghe,
altre concessioni”
Per
un attimo fu il silenzio. Il flebile tacere di entrambi nell’attesa della mossa
dell’altro. Un confronto rigido, fisso. Più figurato che effettivo in realtà.
Eppure, pur senza muoversi di un solo millimetro, Inuyasha
capì che sarebbe stata la sua prossima mossa a decretare l’esito tanto della
conversazione quanto della battaglia poco distante.
Una
sua parola, e allora le trombe avrebbero di nuovo squillato, le armi taciuto,
ed infine i ribelli si sarebbero ritirati senza un attimo di esitazione,
incertezza. Scaltra macchina al servizio di poche, sapienti, menti.
Per
quell’inesorabile istante di attesa, Inuyasha si
concesse il beneficio del dubbio, la possibilità di valutare, anche solo per un
inconfessabile attimo, quali avrebbero dovuto essere le sue parole.
Dopo
il regime tirannico. Dopo le interminabili campagne di conquista. E la folle,
vertiginosa, avanzata a macchia d’olio verso ogni dove e ogni punto di Yarda.
Cosa
rispondere?
Come rispondere di
tutto quello?
Solo
ora poteva ben vederla, ben saggiarla con la punta delle dita la profondità del
baratro che, oncia dopo oncia, i ribelli avevano scavato sotto i loro regali
piedi per tutto quel tempo, approfittando della loro cecità, della loro
incuria. Della loro inesauribile sete di potere.
La
terra bruciata, le informazioni contrastanti, la caduta quasi inspiegabile
delle più potenti città di Yarda. L’endemico
soccombere di tutte le fortificazioni ad opera di sparuti, se non miseri
drappelli di uomini.
Sospirò
piano, lievemente, le palpebre che si chiudevano e aprivano una, due volte,
quasi avvertendo solo in quell’istante il chiarore del sole.
Fino a che punto erano
stati odiati, i Miyoshi?
Abbastanza
da sacrificare centinaia di uomini, a quanto pare. Da bruciare le loro case,
depredare i loro averi e costringerli alla fame, alla fuga, alla latitanza.
Abbastanza
per distruggere Misir. Attaccare i nobili e
costringerli all’esilio pur di non palesare la
finzione, la grande verità: che i complotti,
quelli veri, avevano bisogno di complici molto più che di morti vere e
proprie.
Così
ecco inscenata la progressiva perdita di potere e influenza dei Miyoshi. La loro decadenza tanto come casata regnante
quanto come stirpe guerriera. Il venir meno della loro potenza bellica.
L’affievolirsi dell’appoggio degli alleati.
Lo
scostarsi, inesorabile, della loro grande mano su tutta Yarda.
In
un attimo di breve rabbia, inuyasha si chiese quanto
avessero pagato il sovrintendente per lasciar entrare i ribelli entro le mura
di Misir. Che metodi avessero usato per convincere i
reggenti a sacrificare le loro belle case, i loro preziosi mobili.
Sorrise,
vago, il fastidio poco prima provato che sfociava in un’arrendevole amarezza.
Che domande inutili…
Probabilmente
avevano promesso loro altrettanti posti di prestigio, altrettante cariche
autorevoli dopo la disfatta dell’Impero. Qualche bello scranno fresco fresco per rimpiazzare il loro andato miseramente in
fiamme. Poverini.
Chissà se avrebbe
trovato il tempo, giusto un momento prima di essere portato dinnanzi alla corte
marziale, per ringraziarli di persona per la loro fedeltà…
Sogghignò
ancora, amaramente, incapace fino all’ultimo di trattenere quella sua insana propensione
all’autoironia, e solo in quella, forse attirato da un fugace movimento poco
distante, volse lo sguardo in direzione della battaglia.
Nell’immancabile
svolazzo di stoffe e merletti, Sesshoumaru pareva
quasi brillare di luce propria. Splendere, come solo le figure più regali e principesche
avrebbero potuto fare.
Sesshoumaru, creatura senza
pensiero.
Incurante
e ignaro del suo breve colloquio, il primogenito si stava dando corpo e anima
nello sterminio dei ribelli.
“
Nostro padre verrà giustiziato, immagino” riprese quindi il secondogenito,
lentamente.
La
giovane annui piano, evitando di parlare, forse cogliendo l’importanza di
quell’attimo. Ammesso che un umano
potesse cogliere qualsiasi cosa che esulasse i propri bisogni fisiologici.
Di
nuovo, leggero, il sorridere di lui.
E
mentre, per una frazione di secondo, gli occhi del mezzo demone incontravano
quelli del fratello (un puro caso, in realtà), Inuyasha
non poté far altro che, forse per la prima volta, arrendersi.
All’evidenza.
All’inesorabilità.
Alla
stanchezza.
A
tutto, tutto ciò che a cui non si era mai arreso, non aveva mai avuto la forza
di arrendersi.
“
Noi combatteremo fino alla fine” disse quindi. L’angolo destro della bocca che
si torceva appena, mostrando il bianco riflesso di un canino.
Come altro avrebbe
potuto essere una resa, in fondo?
“
Tutti noi sappiamo che non esiste altra possibile soluzione per una casata come
quella dei Miyoshi. Non esiste morte peggiore che
quella che voi ci offrite” continuò rapido. Nel suo volto, nella sua voce, una
traccia commista di orgoglio e arroganza. Troppa per essere l’ultima parola di
un principe che non riconosca ancora la propria fine.
“
Credo che anche mio fratello sarebbe d’accordo. Meglio essere ricordati come
guerrieri che come diplomatici. Del resto i Miyoshi
non hanno mai brillato molto in tutto ciò che non concernesse un’arma e i
variegati metodi di utilizzarla. Sarebbe alquanto sgarbato mentire proprio
all’ultimo”
Di
nuovo, la giovane si concesse di guardarlo per alcuni istanti senza obiettare
alcunché. Semplicemente. Nei suoi occhi, ora, la totale assenza di sorpresa o
avversione nei suoi confronti. Solo una banale, grigia, accettazione. Quasi
che, tutto sommato, ella non si fosse aspettata altro che quello da lui. Altra
reazione se non un ultimo, proverbiale, sfregio molto più maschile che
signorile.
Annuì
ancora, guadagnandosi una smorfia contratta di Inuyasha
mentre, la Principessa appresso, si azzardava a retrocedere di un passo.
“
Immagino che questa sia la parte in cui vi lascio andare entrambe, voi e la
piccola principessa traditrice, senza attentare alla vostra vita” rimbeccò
subito lui, trovando cosa decisamente più gradevole deviare il discorso su
argomenti per così dire “consueti” che dilungarsi oltre sulla prossimità della
loro morte.
Forse
apprezzando la svolta, con nuovo slancio la giovane guerriera serrò
immediatamente il coltello attorno alla gola del proprio ostaggio che di
riflesso si lasciò sfuggire un ben poco “simulato” gridolino di terrore. Nel
lieve intercorrere di quella scarsamente travisabile dimostrazione di panico,
il mezzo demone si trovò a chiedersi se, forse, non proprio tutti gli attacchi
messi a segno dai ribelli fossero stati fasulli. Probabilmente, qualche reale
spargimento di sangue doveva esserci pur stato in ragione di evitare possibili
sospetti. Alla principessa doveva essere andata abbastanza male.
“
Siete già pronto per passare oltre, Inuyasha?” lo
punzecchiò con malcelato stupore la giovane.
“
E’ quello che avete appena fatto tutti voi con la mia famiglia, mi sembra.
Trovo appropriato ripagarvi con il medesimo interesse”
Un’ombra
di sorriso, quasi certamente autentico, fece stranamente capolino sul volto
della ragazza.
“
Voi e i vostri consanguinei non siete affatto stati qualcosa di poco interesse per tutti noi. Il
terrore, il rispetto e il disprezzo vanno spesso a braccetto quando ci si
riferisce alla casata Miyoshi.”
“
Sorprendente che voi umani siate in grado di provare tutte queste emozioni
contemporaneamente” rimbeccò subito il mezzo demone.
Lei
gli rivolse una rapida occhiata.
“
Addio, Principe.” concluse asciutta. Nell’istantaneo serrarsi della mascella
del mezzodemone, ella arretrò di un paio di
passi. “Spero di non doverla incontrare
mai più “ aggiunse freddamente.
Inuyasha non le rispose. Per un attimo si era già
visto balzare in avanti e staccarle la testa con un unico, preciso, fendente di
Tessaiga. Stupida
umana. Ma l’attimo dopo qualcosa, probabilmente quel qualcosa che la giovane aveva poc’anzi tanto decantato, gli
aveva rabbiosamente impedito di farlo.
Si
umettò nervosamente le labbra, in parte sorpreso ed in parte stizzito dalla
cosa, il gesto negato di attaccare che si traduceva inevitabilmente nel suo
portare anche la mano sinistra all’elsa della spada.
La
giovane gli rivolse uno sguardo di avvertimento.
Tu non mi attaccherai,
Inuyasha. Parvero dirgli i suoi occhi. Non nelle condizioni in cui ti trovi ora.
Strinse
maggiormente la presa attorno all’elsa, avvertendo distintamente lo
scricchiolio della stringhe sotto le dita.
Non adesso. Non prima
della Vera fine.
Ed eccoci di
nuovo^___^
Ormai è di prassi
cominciare con le scuse tanto per i tempi di risposta quanto per le molte piccole
imperfezioni “stilistiche” che, pur continuando a guardare e riguardare e
riguardare ( e riguardareç___ç), finiscono sempre per infilarsi qua e la nei
miei scritti. Ho deciso comunque di “voltare” letteralmente pagina e postare,
finalmente. Ecco dunque le prime avvisaglie della fine, gli inconfutabili ( e
non primi) segni di una trama che si muove direttamente sotto i piedi dei
protagonisti. Non l’ho indicato nel
testo poiché Inuyasha ignora il nome, ma la ragazza
non è altri che Sango, ambasciatrice di una cortesia
fra nemici probabilmente mai esistita ma di cui talvolta mi piacerebbe leggere.
Ringrazio moltissimo Timeless e Irina per
i commenti dolcissimiç____ç Ormai da tempo il mio “correttore ufficiale” e la mia “incoraggiatrice ufficiale” mi hanno
abbandonata nella stesura di questa storia ( dicono che ormai manca solo la
fine e che so camminare da sola…mah°__°) quindi la mia storia continua in solitaria….non sapete quanto mi faccia piacere sapere che
apprezzate il mio lavoro*____*
In ogni caso. Un bacio
a tutti coloro che mi seguono e…a Presto! ( ORMAI la
finisco, giuro!)