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Autore: Remedios la Bella    17/08/2011    4 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
 
Dovetti staccarmi dal suo caldo corpo purtroppo ma se fosse stato per me non lo avrei mai più fatto.
Appena staccatici, lei mi guardò negli occhi:" perchè lo fai?"
Io ancora scosso dal suo calore le risposi accarezzandole una guancia:" gli innocenti vanno aiutati, i colpevoli giustiziati. Tu sei una innocente, come il resto del tuo popolo."
Lei si limitò a guardarmi stupita e cercò con il viso il palmo della mia mano, chiudendo gli occhi beata quasi dalla mia carezza.
Io le sorrisi e poi tornai di sopra, mentre lei nel mentre tornò a passare la scopa e a preparare la colazione.
Nell'arco della giornata che passò, io e lei sembrammo complici dello stesso misfatto segreto, ma non lo davamo a vedere. Lei inoltre faceva benissimo il suo lavoro, senza alcune pecche, e mio padre non si lamentò con lei per la lentezza o la mal destrezza. Anzi , alla fine del pranzo, si complimentò, seppur freddamente con lei:" vedo che dopotutto ne esistono alcuni in gamba della vostra razza."
Appena sentii  quella sottospecie di elogio, volli sputare in faccia a mio padre il boccone di tacchino che avevo in bocca, ma mi trattenni dal farlo. Lei invece abbozzò un timido sorriso e riprese a lavare i piatti.
E così passò il mezzogiorno, e venne la sera.
Circa alle cinque, veniva sempre a casa un maestro privato per me e mia sorella. Mia madre ci trattava ancora come bambini ... ma sopportavo. Di certo era meglio studiare in casa che andare in città, sentire le orecchie intasate dagli slogan del Nazismo e tornarsene storditi e allibiti dall'ipocrisia della gente tedesca su quella ebrea.
Potevo venir pure considerato come un anticonformista ribelle, ma non me ne poteva importare un accidenti. Anche se fossi stato l'unico a ritenere gli ebrei gente pari a noi, avrei mantenuto la mia fede testarda fino alla fine.
E poi, Deborah era come un raggio di sole nella mia vita. Innamorato? Forse, ma sicuramente felice di poterla vedere ogni giorno.
Io e mia sorella ci sedemmo come di consueto in sala da pranzo, con il maestro, un signore basso di statura, baffuto e canuto, e con uno strano pastrano scurissimo sempre addosso nonostante il caldo, e aperti i libri, ripassammo la lezione di storia che avevamo interrotto la settimana prima.
" Maxwell, nella nostra lezione precedente abbiamo parlato di ..." mi disse lui, tentando di cavarmi la risposta dalla bocca.
" Rivoluzione Industriale." feci io deciso ricordando seppur vagamente l'argomento della lezione.
" Sapresti riassumermi il tutto?" mi chiese lui con fare circospetto.
Io sbarrai gli occhi sorpreso. In effetti non ricordavo un accidenti nonostante fossi un ragazzo sveglio, ma dopo l'arrivo di Deborah ... tutto mi si era rimosso come niente. Tentennai indeciso, dovevo trovare una scappatoia a quella brutta situazione. Intanto gli occhi del vecchi mi scrutavano perplessi, insieme a quelli di mia sorella.
Così liquidai il tutto con un :" vado a prendermi un bicchiere d'acqua .. ho una sete!" dissi io alzandomi di scatto e dirigendomi in cucina.
Alla fine il maestro lo chiese a mia sorella con un lieve:" Roberta - Eleonora, me lo può dire lei?"
" certamente." sentii la voce calma di mia sorella mentre riassunse l'argomento della lezione.
Intanto io, arrivato in cucina, aprii il rubinetto per sviare i sospetti degli altri che fossi scappato solo perchè non sapevo la risposta.
Lei era lì, accovacciata come sempre sul secchio delle patate, a sbucciare.
Io la guardai mentre mi riempii un bicchiere d'acqua, e lei alzò la testa accorgendosi della mia presenza, e mi sorrise lievemente.
" La tua fuga a cosa è dovuta?" mi chiese ironicamente.
" non lo so .. forse mi sentivo sotto pressione .. o magari avevo solo voglia di vederti." feci io avvicinandomi a lei. lei si ritrasse come sempre:" attento ... lo sai che ..."
" non importa, non stiamo facendo niente di male ..." la zittii io deciso. lei rimase perplessa e riprese a sbucciare, guardandomi di sottecchi.
" Vai ora ..." mi disse piano. Io dovetti lasciarla a malincuore, e appoggiai il bicchiere sul lavello.
Ma feci per varcare la soglia che sentii un rantolo di dolore, quasi un lamento soffocato. Mi girai di scatto spaventato e constatai che Deborah si era tagliata il dito con il coltello per una distrazione nello sbucciare le patata.
Era una ferita profondo ma non grave, il sangue rosso della giovane colava dal dito, mentre lei se lo succhiava in cerca di rimarginare la ferita.
Mi avvicinai a lei:" Ti sei fatta male?"
" No, mi sono solo tagliata, non è niente ... ma non ti avevo detto di andare?"
" Aspetta ..." andai nel ripostiglio, che per mia fortuna era una stanza all'interno della cucina stessa e controllai tra gli scaffali appesi alle pareti dove fosse la scatola del pronto soccorso. La trovai, la trassi fuori e tornai accanto alla ragazza.
Lei mi guardò perplessa mentre estrassi la boccetta di disinfettante e un pezzo di benda.
" Che intenzioni hai?"
" sta ferma .. ci penso io." aprii la boccetta, presi la mano tremante della ragazza e ci misi sopra qualche goccia di disinfettante. Il contatto della medicina con la parte sanguinante causò dolore alla giovane che strizzò gli occhi e cercò di ritrarre la mano. ma gliela strinsi rassicurandola:" Va tutto bene ..."
Presi poi la benda e l'avvolsi non troppo stretta al dito indice, quello tagliato, e alla fine con un nodo tenni salda la presa della garza. Tutto questo sotto gli occhi increduli di lei.
" ma che cavolo ti salta in mente?"
" Inventerò una scusa ..ti fa ancora male??"
" No .. grazie .." mi disse lei toccandosi la parte fasciata con delicatezza.
Ero soddisfatto del risultato ottenuto e contento che lei ora stesse bene. Rimisi a posto ogni cosa e poi le diedi l'arrivederci:" Io torno dagli altri .."
" va bene .. grazie ancora ..." mi disse lei gentilmente. Sembrava tutto perfetto e appena varcai la soglia della cucina mi sentii al settimo cielo.
Qualcuno invece ebbe la macabra idea di suonare la campanello proprio quando uscii dalla cucina. Vidi attraverso il vetro opaco della porta la figura di Xavier. Il sangue mi si raggelò nelle vene.
Avrebbe visto la benda, le avrebbe chiesto ogni cosa .. e forse le avrebbe fatto del male.
Questi pensieri occuparono la mia testa, mentre mia sorella, che mi guardò malissimo, andò ad aprire e si vide davanti il soldato.
" salve .. il numero 15674." disse lui freddamente.
Intuii il peggio e tornai a sedermi in sala tremante. E vidi passare lei, dalla cucina verso l'uscio, e ci scambiammo uno sguardo vuoto, senza significato, ma i suoi occhi rilucevano.
Deglutii e tornai sul libro, ma fu difficile seguire la lezione. 


   
 
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