Perché quello che ti spacca
E ti fa fuori dentro
Forse parte proprio da chi sei
I
Miss You
Kei chiuse la
chiamata, osservando l’ora sul display del cellulare.
Aprì un
messaggio non letto nella cartella ricevuti, scoprendo un ‘ciao..come va?’ di Mizuki, che ignorò senza
pensarci troppo.
Parlare con Yuri
gli faceva sempre venire nostalgia di Mosca, di casa sua, di alcune piccole
abitudini che col periodo in Giappone aveva immancabilmente perso. Anche se non
lo avrebbe ammesso apertamente, poi, gli mancavano lo stesso Yuri e gli altri:
aveva sperato che sarebbero potuti venire per Natale, invece avrebbe dovuto
sopportare l’affollamento dettato dalla squadra cinese e quella americana e
tutti i festeggiamenti per quella festa in cui non credeva tutto da solo.
Loro lavoravano
e non potevano assentarsi e nessuno aveva portato avanti la possibilità che
fosse Kei ad andare a trovarli in Russia, probabilmente poiché tutti temevano
che non avrebbe avuto il coraggio di lasciarla per una seconda volta.
Entrambe le
persone con cui aveva parlato erano arrivate alla conclusione che lui provava
qualcosa per Hilary e su questo poteva anche dargli ragione: non le era del
tutto indifferente altrimenti l’avrebbe lasciata dopo neanche una settimana. Il
problema era capire cosa.
Sicuramente Rei
pensava che fosse amore e probabilmente anche Hilary se ne stava convincendo:
Yuri, da persona più razionale e meno sentimentale, si limitava a parlare di
affezione e Kei propendeva più per questa ipotesi.
In ogni caso
cercò di fare chiarezza in questa confusione di sentimenti nella settimana
successiva.
Tentò di
avvicinarsi a Hilary dopo il loro scontro, ma lei sembrava essere davvero
ferita: non sapeva se era riuscito a farsi perdonare interamente e da una parte
sperava che non fosse così. La ragazza era visivamente più diffidente nei suoi
confronti, anche se il peso dei sentimenti che aveva, quasi, ammesso di provare
per lui potevano sempre farsi sentire.
Si sforzò lui e
si sforzò lei, ma tutti si erano accorti che qualcosa non andava, come la
giornata in gita, e ignorare quella crisi risultava più stupido che altro.
-Andiamo a fare
un giro- sussurrò Kei impassibile a Hilary alla fine delle lezioni.
Si incamminarono
silenziosi per le strade del quartiere, avvertendo nell’aria stessa il sentore
di uno scontro, perché era l’unica cosa possibile per sbloccare la situazione:
unica incertezza era l’esito di questo scontro.
Arrivarono al
belvedere, luogo dove si fermarono automaticamente: si sedettero su una
panchina, poiché l’erba era ancora umida per le piogge dei giorni precedenti.
Hilary si
strinse nella giacca, infreddolita non solo dal vento che soffiava come per
portarsi via novembre, in quelle ultime ore di quel mese grigio.
-Ho pensato a
quello che è successo la settimana scorsa- iniziò Kei guardandola dritta negli
occhi.
-Anche io- cercò
di sillabare lei.
-Tutti i giorni
sono arrivato alla stessa identica conclusione che credo sia la soluzione
migliore per tutti..-
-Non farlo..- lo
interruppe Hilary improvvisamente -..non prendere decisioni anche per me!-
-E’ una mia
decisione-
-Non dirlo-
disse lei scuotendo la testa.
-Ti sto
lasciando- ribattè Kei calmo, osservandola trattenere
il respiro e distogliere lo sguardo.
-Sai.. in una
coppia si è in due.. prima di prendere decisioni si presume che questa coppia
ne discuta insieme- affermò non senza tradire agitazione.
-I fatti mi sembrano
chiari: tu provi qualcosa per me che se alimentato non può far altro che
peggiorare.. non ho intenzione di dare adito a delle illusioni-
-Illusioni?
Peggiorare? La smetti di parlarne come se fosse una cosa negativa?-
-Ma lo è-
-Solo perché ne
sei completamente spaventato? Che ne sai che non lo provi già?-
-Non lo è per
me.. dovresti riversarlo verso qualcuno che lo può davvero apprezzare-
-Non è a
comando..- dibattè lei con un sorrisetto tutt’altro
che divertito.
-Io non posso
farlo.. non posso continuare-
-Tu non vuoi,
che è diverso-
-Ci tengo a
te..-
-E allora non
farmi questo-
-..e non posso
continuare a illuderti così-
-Che ne sai che
in futuro non si sviluppino anche i tuoi sentimenti per me?-
-Perché non
succederà-
-Sei
impossibile..-
-Davvero io non
capisco cosa ci trovi in me, cosa vedete tutti di così bello- esclamò Kei
improvvisamente, perdendo un briciolo della sua impassibilità –non c’è nulla di
tutto ciò, mettiti il cuore in pace-
-Non capisci che
è troppo tardi?- alzò la voce lei.
-Lo sarebbe
ancora di più dopo, è per questo che..-
-Kei, io ti amo
e..-
-Io no-
Le due piccole
parole gli suonarono cattive non appena le pronunciò, ma fu come togliersi un
peso, si sentì liberato dall’obbligo di fingere, di tentare di essere qualcuno
così diverso da se stesso.
Sospirò. I suoi
occhi probabilmente non tradivano alcuna incertezza, poiché Hilary, nel
fissarli, si zittì immediatamente. Quelle due sillabe le avevano procurato più
dolore di tutte le altre frasi pronunciate fino a quel momento.
La ragazza si
alzò dalla panchina lentamente, senza più guardarlo e se ne andò.
Era almeno
riuscita a non piangere davanti a lui:
non gli avrebbe dato quella soddisfazione. L’improvviso pensiero che il pianto
sarebbe stato, al contrario, un motivo di rammarico in più per il ragazzo le
balenò nella mente, ma cercò di scacciarlo via. Non voleva pensare a lui in
nessun modo.
Peccato che
fosse impossibile: avrebbe potuto associargli qualsiasi cosa.
Era passata
qualche ora da quelle parole che, se ci ripensava, ed eccome se ci ripensava,
le rimbombavano in testa fredde come il ghiaccio: eppure il tono del ragazzo
era uguale a quello di ogni altro giorno, ma non sapeva dargli altra
connotazione.
Sentimenti
contrastanti si susseguivano incessanti e sembrava impossibile gestirli tutti:
nonostante avesse tentato in ogni modo, non era riuscita a nascondere alla
madre il suo stato d’animo, avrebbe voluto nasconderlo, ma non ci riusciva e
non poteva.
-Tesoro?- la
signora Tachibana si affacciò cauta alla porta della
sua camera –C’è Takao-
Hilary si
asciugò velocemente le lacrime, ma era consapevole che l’effetto non sarebbe
comunque stato dei migliori. Se Takao era andato a trovarla voleva dire solo
una cosa: già sapeva, quindi perché disturbarsi a nascondere una cosa tanto
palese. L’unico fattore che la disturbava era che, probabilmente, ne era venuto
a conoscenza da Kei poiché lei non aveva ancora avuto il coraggio di parlare
con nessuno, e si vergognò del proprio stato.
-Permesso?-
Il giapponese
entrò lentamente nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
Aveva un largo
sorriso sul viso, ma stranamente non pieno della gioia che lo
contraddistingueva: lo guardò per qualche secondo mentre si avvicinava
cautamente al letto, ma non resistette a lungo, infatti Hilary si alzò
velocemente e si buttò tra le sue braccia.
Takao la
strinse: un abbraccio strano se paragonato a quello di Kei. Il giapponese era
molto più basso e più goffo dell’altro, ma non per questo la sua stretta era
meno rassicurante.
Scoppiò di nuovo
a piangere rivolgendogli le sue scuse per lo stato in cui la vedeva, ma l’amico
la tranquillizzò facendola sedere nuovamente sul letto di fronte a lui.
-Forza e
coraggio- le sussurrò porgendole un pacchetto di fazzoletti trovato sulla
scrivania.
Hilary si soffiò
il naso, ma rimase zitta.
-Allora mi vuoi
raccontare che è successo?-
-Non lo sai?-
-So solo che vi
siete lasciati-
-Lui mi ha
lasciato- sottolineò la ragazza.
-Ecco già mi
mancava questo elemento-
Gli raccontò a
grandi linee quello che le aveva detto Kei, ma non si sbilanciò troppo, ancora
ferita, e si limitò a qualche commento colorito verso il ragazzo in questione.
-Non c’è
possibilità che vi rimettiate insieme?-
-Se fosse per
quel deficiente no- disse lei infervorata per poi rabbuiarsi nuovamente –mi aveva
avvertita, me l’aveva detto, ma io stupida ci sono cascata comunque-
-Non sei
stupida..-
-Pensavo non
fosse possibile, che fosse lui ad esagerare con questa storia del non amare, ma
che ne potevo sapere che per quello è realmente impossibile..-
-Ma è davvero
impossibile che non ci riesca..-
-Lo pensavo
anche io prima di conoscere lui-
-E’ solo
diffidente-
-No, se la fa
sotto-
-Per te prova
qualcosa secondo me..-
-Non mi ama, me
l’ha proprio detto-
-Potrebbe
cambiare..-
-C’ho provato,
ma è stato inutile.. come fa uno che non ama se stesso ad amare qualcun altro?-
-Che intendi
dire?-
-Lui si odia-
-Non credo..-
-Si è fatto male
in molti modi.. non lo considererei proprio la reincarnazione dell’amor
proprio-
Hilary aveva
lottato per diverso tempo con questa consapevolezza, ci aveva pensato diverse
volte, ma non lo aveva mai confessato a nessuno: da una parte cercava di dare
un perché a quei comportamenti, ma dall’altra aveva avuto la speranza di
riuscire a cambiare lo stato delle cose, di essere la persona che lo avrebbe
tirato fuori da quel circolo vizioso di dolore in cui si era intrappolato. Ma
era stata sconfitta.
Si accoccolò
ancora di più vicino a Takao.
Rei stranamente
non aveva commentato: aveva ascoltato, aveva annuito e se ne era andato. Niente
di più.
Che quello
sarebbe stato l’inizio del suo allontanamento da tutti? Sapeva che prendendo
quella decisione avrebbe dato vita a dissapori: in fondo Hilary era l’amica
fidata e parte integrante del gruppo, probabilmente anche più di lui.
Una presenza
alla sua destra lo fece voltare per vedere chi era uscito in giardino: Takao lo
fissava, coprendo la luce cha arrivava dall’interno del dojo.
Si rivoltò
aspirando il fumo dalla sigaretta.
-Non mi chiedi
niente?- sapeva che era stato a casa di Hilary e quindi intuì quale doveva
essere la domanda a cui si riferiva.
-Sarebbe un po’
ipocrita non trovi?-
-Forse, ma io lo
considererei un gesto carino.. non per lei, ma per me..-
Kei rimase
zitto, decidendo di non accontentarlo: in fondo chiedere come stesse la ragazza
lo considerava davvero un gesto ipocrita.
-Non sta tanto
bene.. i suoi sentimenti sono davvero reali..-
-Lo so- rispose
laconico Kei sospirando.
-Secondo me stai
sbagliando..- disse il giapponese piuttosto calmo, avanzando -..non dovresti
lasciartela scappare-
-Meglio ora che
dopo-
Takao lo guardò
scettico per poi girarsi e dirigersi verso la porta.
-Dov’è tutto
quello che mi avevi promesso nel caso io l’avessi fatta soffrire?- chiese con
noncuranza Kei –Ora sta soffrendo no?-
Takao si fermò e
lo guardò incerto.
-Sto sperando
che tu cambi idea e comunque.. credo che tu ti stia già facendo del male da
solo rifiutandola-
-Ragionevole-
sussurrò l’altro con un sorrisetto, sentendo i passi dell’altro sparire
all’interno del dojo.
Aveva davvero fatto
la cosa sbagliata? Per la prima volta dopo giorni riusciva a rispondersi
chiaramente di no. Quella era stata una decisione ponderata: Hilary avrebbe
sofferto molto di più se l’avesse lasciata nei mesi successivi e se avesse
continuato a fomentare le sue speranze, mentre lui era di nuovo da solo,
condannato da se stesso. E quasi respirava.
Kei guardò
l’ora: mezzanotte e tre minuti.
Dicembre era
arrivato e si preannunciava come il solito, incasinato, odioso dicembre.
Nel week end
Hilary non si fece vedere al dojo, come era comprensibile, ma comunque
risultarono due giorni parecchio strani. Rei voleva andare a trovarla, ma Takao
gli aveva riferito che lei non voleva vedere nessuno per un po’.
-Ma te l’ha
detto proprio lei?- si informò il cinese mentre Takao metteva a posto la sua
camera dopo le mille lamentele di Nonno J.
-Sì-
-Verrà a scuola
domani?-
-Non lo so,
stare chiusa in casa non la farà stare meglio, ma credo voglia evitare di
vedere Kei-
-Capisco- Rei
fece per andarsene, ma l’altro lo fermò.
-Senti Rei.. tu
pensi che.. che Kei si odi?-
-Se Kei odia se
stesso?-
-Sì-
-Non lo so.. ma
come ti vengono in mente queste cose?-
-Me l’ha detto
Hilary e mi ha fatto strano-
Il cinese rimase
a rimuginare qualche secondo su quelle parole, ripensando alle varie occasioni
in cui aveva parlato con il russo, ma non seppe comunque dare una risposta a
quell’inaspettata domanda.
-Davvero non lo
so, ma spero di no-
-Anche io..
altrimenti vorrebbe dire che non lo abbiamo aiutato in nessun modo-
-Lo sai che la
scuola è da quella parte vero?- chiese retoricamente Rei all’amico, vedendolo
imboccare una strada diversa.
-Oggi non vengo-
rispose tranquillamente Kei.
-Perché?-
-Non ne ho
voglia-
-Ma non puoi-
-Per un giorno..
cosa vuoi che succeda?-
Prima di
riuscire a dibattere il ragazzo riprese a camminare e non si fermò ai suoi
richiami: ponderò la possibilità di seguirlo, ma poi pensò che finalmente
quella mattina avrebbe potuto vedere Hilary e, in quel momento, era lei la sua
priorità.
Fortunatamente
la trovò già seduta al suo banco: non li aveva aspettati come al solito
all’incrocio tra le loro vie, un’altra abitudine modificata da quando lei e Kei
si erano lasciati.
La salutò con un
abbraccio e la scrutò attentamente: sembrava essere completamente normale, ma
era ovvia la sua agitazione, soprattutto nel guardarsi intorno per capire se il
russo sarebbe entrato da un momento all’altro. Solo quando le lezioni
iniziarono tirò un sospiro di sollievo.
Rei valutò la
possibilità che Kei avesse marinato scuola per lo
stesso motivo, non vederla, ma questo poteva significare che lui ci soffrisse,
oppure che sapeva quanto per lei sarebbe stato difficile. Erano probabili
entrambe le opzioni.
-Non ti farai
più vedere?- chiese Max a pranzo, più come supplica perché avvenisse il
contrario, che per farla sentire in colpa.
-Ho solo bisogno
di un po’ di tempo- rispose piano la ragazza con un mezzo sorriso –Ma parliamo
di altro.. che avete fatto in questi due giorni?-
Per fortuna
Takao accolse prontamente il cambio di discorso e la tenne occupata per un bel
po’ con le sue chiacchiere e le sue solite frecciatine.
Vagò per qualche
ora tra le vie di Tokio senza una reale meta, in attesa di qualcosa, qualsiasi
cosa. Era dicembre e sarebbe presto arrivata: era sempre così, non era
superstizioso, o almeno non troppo, ma ormai ci aveva fatto il callo. A
dicembre qualcosa di brutto accadeva sempre.
Si rendeva conto
dell’assurdità dei suoi pensieri, ma in qualche modo quella disgrazia
incombente di cui non sapeva nulla era una specie di ancora alla quale si stava
aggrappando. Ciò che stava cercando era capire chi fosse lui veramente e quella
sua sfiga decembrina era una specie di legame con il Kei del passato.
Tutta la
relazione con Hilary era stata una ricerca di un modo nuovo di vivere le
giornate, di approcciarsi alle persone, di pensare, ma non aveva resistito:
forse era scappato, forse aveva paura, forse aveva semplicemente seguito il
corso degli eventi. Non importava come la pensassero gli altri, come la pensasse
lui stesso, l’unico fatto realmente certo era quanto lui fosse rimasto uguale.
Uguale a se
stesso, non tanto a quello che era stato negli ultimi anni: sia nel sue periodo
della droga, sia in quei mesi in Giappone, era stato qualcosa di sbagliato per il
suo reale modo di essere.
Tornò presto al
dojo: senza inventare alcuna scusa disse semplicemente a Nonno J del fatto che
non fosse andato a scuola e, come si aspettava, l’uomo si limitò a invitarlo a
non prenderci l’abitudine.
Entrò in
palestra e fissò lo stereo di Hilary: glielo avrebbe restituito, anche se lei,
se aveva capito anche solo un briciolo di come la pensava, l’avrebbe lasciato
lì.
Lo accese,
ascoltò le note diffondersi nella stanza e lo rispense: staccò l’mp3 e lo
collegò alle cuffie, poggiandole sulle proprie orecchie.
Lui, una
palestra e la sua musica. Respirava.
-Puoi dire a
Hilary che se non viene qui a causa mia, basta che me lo dite e mi vado a fare
un giro?-
-Diglielo tu,
scusa- rispose Rei alla frase di Kei.
-Non credo mi
voglia nemmeno vedere-
-Prima o poi
dovrete affrontarvi-
-Vabbè..- disse
il russo facendo per girarsi.
-Mi avevi detto
che eri alla ricerca di qualcosa che ti facesse sentire bene.. perché non
potrebbe essere Hilary-
-Non posso
forzarmi a stare bene-
-Ma tu stavi
bene con lei, me l’hai detto-
-Nel modo
sbagliato-
Il primo giorno
che si rividero si ignorarono completamente: si scambiarono solo uno sguardo a
inizio mattinata. Il secondo fu essenzialmente uguale, poi il terzo finalmente
accennarono un saluto.
In realtà furono
praticamente costretti dal professore di giapponese con la sua malsana
abitudine di far lavorare le persone in gruppo.
Quel pomeriggio,
poi, Hilary fu costretta a passare dal dojo per recuperare dei suoi quaderni,
rimasti lì la settimana prima: fu così che ebbero il loro vero primo incontro.
-Come va?-
chiese Kei, fermo nel vialetto a fumare, mentre lei usciva da casa Kinomiya.
-Cosa vuoi?-
rispose astiosa.
-Vuoi
riprenderti lo stereo?- disse il ragazzo piuttosto che rimanere senza battute.
-Tienilo pure..
te l’ho dato indipendentemente dal fatto che stessimo insieme-
-Senti..-
aggiunse fermandola dopo che lo aveva superato -..non voglio che tu stia alla
larga da qui solo per me, quindi se sono un problema dimmelo-
-Sei un
problema, ma dovrò farci l’abitudine.. non ho intenzione di farti scenate, né
di pregarti di tornare insieme, stai tranquillo..-
-Non è per
questo-
-Senti.. non
posso cambiare da un giorno all’altro quello che provo per te.. e prima o poi
ti accorgerai del vuoto che ti stai creando attorno-
-Nel caso me lo
sarò meritato-
-Cerca di
superare il problema che hai con te stesso, poi inizia a pensare alle altre
persone-
Lo guardò in
tralice prima di voltarsi ed andarsene in modo da non permettergli di fermarla
più.
Spense le luci.
Era notte fonda
e tutti dormivano da diverse ore: era sceso al piano inferiore arrendendosi al
fatto che non si sarebbe addormentato, sia perché non riusciva, sia perché non
voleva.
Aveva azionato
l’illuminazione solo per non andare a sbattere contro qualcosa e non fare
rumore, ma una volta raggiunto il giardino fece in modo che l’oscurità
avvolgesse nuovamente il tutto.
Guardò verso il
cielo: le stelle e la mezza luna sembravano più vicine, che fosse così o se
fosse la sua immaginazione non lo sapeva dire con certezza. Probabilmente
entrambe.
Si sedette come
sua abitudine sul legno, beandosi di quella pace irreale.
Pensò. A tutto e
a niente, ma un pensiero in particolare lo attanagliava da diverse ore, una
consapevolezza strana si faceva largo dentro di lui e gli mostrava quanto in
realtà fosse fragile e solo. Sorrise spiazzato dell’effetto che quella notte
gli stava procurando.
Eppure si era
preparato.
Il display del
cellulare si illuminò risvegliandolo: un messaggio in arrivo.
Sei sveglio?
Rispose
affermativamente senza pensarci, attendendo.
Non dovette
aspettare più di due minuti: il cellulare iniziò a vibrare annunciando questa
volta una chiamata.
-Pronto-
-Ciao Kei-
La voce di Dana
era probabilmente l’unica che avrebbe voluto ascoltare in quei minuti e la
distorsione dettata dal microfono del telefono e dalla distanza non le rendeva
giustizia.
-Notte strana
eh?- chiese la ragazza in un sospiro.
-Bella in
verità-
-Pensavo stessi
dormendo.. è tardi lì-
-Invece lo
sapevi che non dormivo-
-Ci speravo-
-Luna?-
-Non ce n’è-
-E’ qui-
-Ti fa
compagnia-
-Come sei
poetica-
-Sei da solo
no?-
-Sì-
-Avresti bisogno
di qualcuno con te ora-
-La luna basta-
Kei sentì
dall’altro capo un singhiozzo nascosto malamente.
-Mi mancate-
Il ragazzo non
rispose, ma tenne il cellulare attaccato all’orecchio, riprendendo a guardare
verso il cielo, la schiena appoggiata a una colonnina.
Non parlarono:
Kei sentì il pianto della ragazza consumarsi, per lasciare il posto al respiro
pesante e controllato. Chiuse gli occhi immaginandola al suo fianco invece che
dall’altra parte del mondo.
Era meno solo
così.
Fossero stati
insieme, l’avrebbe abbracciata per consolarla e poi baciato la fronte.
-Quando sarò triste potrò chiamarti?-
-A qualunque ora-
Ondeggiavano in mezzo alla pista, cercando
di non scontrare le altre coppie e i bambini che correvano da una parte
all’altra senza badare a niente e nessuno.
-Di quante ore è avanti il Giappone?-
-Sei-
Dana lo guardò negli occhi, per poi
appoggiarsi al petto del ragazzo, una mano in quella dell’altro e l’altra sulla
sua spalla, l’abito lungo e stretto che aveva appena cambiato dopo quello da
sposa.
-Però non sarà la stessa cosa-
-Allora vai di immaginazione- disse lui con un
sorrisetto.
-Mi rubi le battute?-
-Certo.. qualcuno mi dice sempre di chiudere
gli occhi e immaginare una scena..- e le diede un bacio sulla fronte, mentre
Anton gli passava accanto volteggiando con la nipote di sette anni tra le
braccia, con un sorriso raggiante tutto rivolto alla sua neo moglie.
-Allora voglio immaginare questa-
-Con questa canzone?-
-Assolutamente.. canzone, atmosfera,
vestiti- rise Dana facendo finta di sistemare la giacca elegante di Kei.
-Allora memorizziamo-
-Fatto-
-Fatto-
Iniziò a
canticchiare la melodia della canzone che avevano danzato mesi prima,
strappandole un sorriso.
Rivisse ancora
per qualche minuto quella scena nella sua mente, prima di aprire nuovamente le
palpebre, ancora rivolto verso il cielo, e vedere focalizzarsi davanti a sé
nitidi due occhi azzurri privi di vita.
Scacciò l’immagine
scuotendo la testa e portando la mano libera sul volto.
-Tutto bene?-
domandò Dana, probabilmente avvertendo l’improvviso rumore dopo quei momenti di
silenzio assoluto.
-Sì, solo..-
-Solo?-
-Fa male-
-Lo so..-
ricadde il silenzio per qualche secondo -..danza ancora con me-
-Lo farei
sempre-
-Fallo.. guai a
te se smetti anche solo un secondo- lo ammonì dolcemente –Mio piccolo Kei forse
è meglio se vai a dormire-
-Solo se non mi
chiami mai più così-
-Ovviamente-
-Grazie che ci
sei-
-Grazie che ci
sei tu, grazie davvero-
Chiusero la
chiamata.
Kei sapeva cosa
significassero quei ringraziamenti: non per quella sera, per il conforto che si
erano dati a vicenda, ma proprio per il fatto di esserci, essere presenti,
essere vivi, essere ascoltati e essere aiutati.
Perché se lui
non si fosse fatto aiutare, se non l’avesse ascoltata, probabilmente non
sarebbe sopravvissuto, e nessuno come lei in quella notte particolare poteva
essergli di conforto, non avrebbe permesso a nessun altro di condividere quelle
ore.
Si diresse verso
il piano di sopra, illuminando la strada con il cellulare: mancava un’ora o
poco più all’alba e sperò vivamente che, una volta chiusi gli occhi, i fantasmi
di quella stessa notte dell’anno prima non tornassero a perseguitarlo. Perché
così li aveva visti quella notte quegli occhi, azzurri e privi di luce, ma non
li voleva ricordare in nessun altro modo se non come tutte le altre notti
dell’anno, se non come quella mattina, in quella scuola, su quelle scale
antincendio. Sempre azzurri, ma vivi.
Peccato che non
ci riuscisse.
Yuri gli aveva
mandato un messaggio strano.
Questo non è un bel periodo per Kei. Stagli
accanto, per favore.
Ovviamente aveva
acconsentito, ma non per questo aveva compreso. Quella situazione se l’era
creata da solo, prendendo delle decisioni di sua spontanea volontà, le quali
sapeva a cosa avrebbero portato.
Si era persino
stupito di quanto il rosso sapesse, considerando quanto poco Kei parlava di sé,
persino a lui.
In ogni caso in
quei giorni cercò di notare ogni sentore che potesse destare qualche allarme,
ma l’unica stranezza era la sua stanchezza. Sembrava non aver chiuso occhio e
quasi si addormentò sul banco: ovviamente era anche tornato scorbutico.
In tutto quel
tempo sia Rei che gli altri erano rimasti vicini a Hilary e non avevano pensato
altro che a lei come la parte lesa: nessuno aveva calcolato le reazioni di Kei,
anche perché ostentava sicurezza e determinazione riguardo a quella scelta.
Conoscendolo,
però, che altro si doveva aspettare? Una richiesta di aiuto, di un consiglio?
No, non era nella sua indole.
Attese paziente
un qualsiasi sintomo, ma non accadde nulla. Tentò un approccio, ma l’altro lo
respinse, quindi non insistette.
La schiena
aderiva con il parquet, la testa era piena di pensieri e dalle dita, per le
mani, fino alle braccia, partivano disegni, movimenti, puri impulsi nati da
note, immagini, suoni.
Il tatto,
probabilmente il senso che preferiva.
La differente
intensità tra lo sferzare l’aria e l’aderire alla terra, il calore dei muscoli
e del corpo, la fatica e il sudore, tutto fuso.
Rimase ad
assaporare l’immobilità in confronto al movimento di pochi secondi prima,
quando sentì un movimento poco lontano da lui.
Aprì gli occhi e
scorse Rei che lo scrutava dall’alto dicendo qualcosa.
Sfilò le cuffie
per sentirlo.
-Cosa fai?-
-Nulla-
Il cinese lo
guardò perplesso e si sedette a gambe incrociate, visto che il russo non
sembrava intenzionato a muoversi dalla sua posizione supina.
-Hey..- iniziò Rei cercando di fare chiarezza -..non è che
hai ripensamenti sulla storia di Hilary?-
Kei chiuse gli
occhi e sospirò –Quante volte vi devo dire di no-
Sinceramente
negli ultimi giorni non era riuscito a pensarci troppo, altri pensieri gli
affollavano la testa portando in secondo piano la giapponese.
-Ah e Max ha
comprato il regalo per Takao-
-Che regalo?-
chiese il russo come cadendo dalle nuvole.
-Il suo compleanno..
tra qualche giorno!-
-Me l’ero
dimenticato- ragionò Kei stupito, considerando quanto gli avevano rotto con
tutti i preparativi per quella festa.
-Mi devo
preoccupare?- chiese Rei ridendo.
-Ho solo altre
cose per la testa- disse portando il pugno chiuso alla fronte.
-Riguardo?-
-E’..- iniziò
pensando a che parole usare -..è un periodo particolare-
-Perché?- chiese
Rei iniziando ad associare le parole dei due russi.
Kei rimase zitto
qualche secondo prima di decidersi a parlare.
-L’anno scorso
in questi giorni sono successe diverse cose- affermò mettendosi finalmente
seduto.
-Che genere di
cose?- indagò il cinese mentre la consapevolezza di aver interpretato male il
messaggio di Yuri si faceva largo in lui.
-Oggi è il 13
dicembre.. un anno esatto fa mi sono fatto il mio ultimo buco-
-Non.. non lo
sapevo-
-Non è una cosa
che vado a sbandierare tipo compleanno-
-Beh ma si
potrebbe anche festeggiare- disse il cinese.
-Non me la
sentirei di festeggiare-
-Perché? E’ un
traguardo e..-
-E sai perché ho
smesso no? Cosa è successo-
Rei ragionò
velocemente e un ricordo sfocato di un collage di fotografie in camera di Kei
fece capolino nella sua testa.
-Me l’ero
scordato.. mi dispiace-
Kei scosse la
testa facendo spallucce.
-Quindi è anche
un anno che è morta-
-Quattro giorni
fa- ammise, mentre Rei lo guardava stupito.
-E tu stai
bene?-
-Pensavo sarebbe
stato meno.. meno..-
-Doloroso?-
-Forse-
-Smettila di
affrontare queste cose da solo- esclamò il cinese con un tono dolce e
comprensivo.
-Ho parlato con
Dana-
-In ogni caso
avere qualcuno vicino non fa male-
Kei nuovamente
non rispose, iniziando a torturarsi le dita.
Rei spostò lo
sguardo dopo tanto tempo sui segni negli incavi delle braccia dell’altro ai
quali non aveva prestato più attenzione, ormai abituato alla loro vista. Era
passato esattamente un anno, ma il nero si era sbiadito di poco.
-E’ per questo
che odi dicembre?-
Kei annuì
abbozzando un sorriso –E dicembre odia me.. sono sempre successe cose brutte in
questo mese.. poi un anno dicembre me l’ha portata e un altro se l’è ripresa..
ammazzerà anche me-
-Non dire queste
cose-
-Ci ho pensato
tanto a questo.. forse le ho portato sfiga- disse fingendo un divertimento che
evidentemente non provava.
-Tu ti senti in
colpa- affermò Rei convinto: gli aveva posto la domanda mesi prima, se l’era
dimenticato, ma non gli era stata data risposta, e se ora abbinava quel sentore
che aveva provato alle parole del russo e a quelle di Takao di qualche giorno
prima, poteva arrivare tranquillamente a quella conclusione.
Il russo guardò
dritto davanti a sé senza proferir parola come in un muto consenso.
-Kei..-
-Hai mai visto
morire qualcuno?-
-No, ma certe
cose non si possono controllare-
-Ma io l’ho
lasciata morire-
-Non devi..- Rei
non sapeva più cosa dirgli per rassicurarlo, la sua convinzione sembrava
radicata nel suo dolore, e non conosceva abbastanza elementi per dibattere
efficacemente a quella follia.
-L’ho lasciata
morire per due anni.. l’ho vista morire per due anni giorno per giorno-
-Ma non l’hai
uccisa te-
-C’è
differenza?-
-Credo proprio
di sì- dibatté in panico -Quanti anni avevi? Eri piccolo.. sei, siamo piccoli..
non possiamo controllare tutte le vicende del mondo-
-Lo so.. so
tutto quello che mi potresti dire per farmi capire quanto mi sbaglio, ma.. è
più difficile metterlo in pratica-
-Provarci ne
vale la pena-
-Me ne ero quasi
convinto..- sospirò -è solo colpa del periodo-
-Allora riprova
e non farti abbattere da una manciata di giornate no.. sei più forte di così..
devi solo ricordartelo-
Sperò davvero
che quelle parole potessero bastare per tirarlo su.
Alla fine non
aveva capito nulla delle parole di Yuri, le aveva fraintese, e il russo, anche
a miglia e miglia di distanza aveva intuito che Kei non sarebbe stato bene
emotivamente: pensò che l’unico modo per convincerlo ad affrontare questa serie
di sensi di colpa fosse proprio la presenza del rosso, ma non era possibile. A
Natale non poteva nemmeno venire da loro.
Lui da solo,
però, poteva essere d’aiuto? Magari Hilary, che negli ultimi due mesi aveva
avuto un’influenza positiva su Kei, poteva aiutarlo. Lei lo amava, ma non era
ricambiata.
Fosse proprio
questo il ragionamento dell’amico? Hilary lo avrebbe aiutato, ma si sarebbe
così affezionata ancora di più e il distacco col tempo sarebbe stato sempre più
doloroso. E sulla possibilità del russo di provare amore, iniziò a convincersi
che, ora come ora, davvero non sarebbe accaduto; era troppo preso da se stesso,
dai suoi problemi, dalla sua confusione per potersi dedicare a un’altra
persona, per prendersi cura di lei, per amarla.
Per il
compleanno di Takao andarono a mangiare fuori: erano una ventina, poiché il
giapponese aveva invitato in pratica tutti quelli che conosceva.
Hilary stette
alla larga da Kei portandosi sempre dalla parte opposta rispetto a lui, mentre
il ragazzo cercava di starsene in disparte il più possibile.
Quei giorni si
stavano rivelando sempre più strani: mai in tutto quell’anno di astinenza si
era ritrovato a pensare al semplice gesto di preparare una siringa come in quel
periodo, eppure erano tutte azioni così lontane, ma così vere. Sorrise e si
schernì della sua stessa deficienza, seduto al tavolo intento ad armeggiare col
cellulare per far passare il tempo.
Fece scorrere la
lista dei messaggi rispondendo a uno di Dana di poche ore prima, fino a quando
l’occhio non gli cadde su uno di settimane prima che aveva ignorato fino a quel
momento: rispose con un ‘Bene, tu?’ e
attese la risposta, per poi iniziare una lunga, muta conversazione.
Sorpresaaaaaaa!!!
Che
poi tanto sorpresa non è perché l’avevo preannunciato su facebook,
ma tralasciamo e facciamo che siete felici e contenti per questo nuovo
aggiornamento in mezzo al nulla xD
Vabbè
ho la connessione solo fuori di casa e intorno a me ci sono rumori sinistri che
mi inquietano quindi vi lascio u.u
Risponderò
alle vostre recensioni prometto! Intanto lasciatene pure di nuove! XD
Un
bacione :)
ps: prossimo aggiornamento l'uno di settembre e da lì si tornerà all'aappuntamento settimanale :3 sempre che qualcuno ne abbia ancora voglia ^^