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Autore: DearDiary    21/08/2011    4 recensioni
Damon ha perduto la parte migliore di lui.
Elena si limita ad esistere.
Katherine per la prima volta non ha un piano.
Stefan lascia impronte insanguinate dietro di sé.
[ambientata nella terza stagione]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Katherine Pierce, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO

“Faceless”
(Damon)




Un lontano vociare. Risate canzonatorie. Una nuvola di polvere che si alza dal terreno.
Un bambino è accovacciato su sé stesso. Intorno a lui un gruppo di ragazzini più grandi.
Lui piange. Loro ridono.
E' ricoperto di terra e fango. Il suo viso è bagnato dalle lacrime.
Nei suoi occhi verdi non c'è paura, solo disperazione.
Non è per quei ragazzini che lo stanno deridendo che piange.
Loro sono convinti di si però, e continuano ad avventarsi su di lui senza il minimo pentimento.
Qualcuno gli sferra un calcio sul fianco. Lui si raggomitola a terra senza emettere un solo gemito.
Chiude gli occhi e spera che tutti loro si stanchino in fretta.
Non tenta di difendersi.
Loro non sanno che la sua mamma è morta da pochi giorni.
Non sanno che è per questo motivo che piangeva di nascosto.
Non è colpa loro se lui si è mostrato così debole.
Qualcuno arriva di corsa.
I suoi occhi sono tanto azzurri quanto furenti.
Non è più grande di loro, eppure li affronta tutti senza alcun indugio.
Si para davanti al più piccolo e fissa gli altri minaccioso, stringendo i pugni per la rabbia.
 Il naso gli sanguina abbondantemente, ma non gli importa.
Non ha comunque perso un solo briciolo di determinazione.

“State lontani da mio fratello!”




Un lieve sussulto mi strappò alle braccia di Morfeo.
Fissai il soffitto qualche istante, lottando contro i postumi del brusco risveglio. Alzai un braccio fino a poggiarlo sugli occhi e mi lasciai andare ad un sospiro irritato.
“Fanculo … “mormorai, sfogandomi con un pugno sul materasso.
Perchè quel sogno? Perchè quel ricordo?... Perchè ora?
Un frammento del mio passato che ritornava di colpo, senza alcun prevviso. Non serviva nemmeno che mi concentrassi per riprovare la stessa identica rabbia di quel giorno. Ricordavo ogni dettaglio. Gli sguardi esaltati di quei ragazzini, le lacrime di Stefan che come sempre non reagiva. Ricordavo anche i rimproveri di nostro padre quando eravamo tornati a casa. Ovviamente se il suo figlio preferito si era fatto male, era colpa mia che non l'avevo tenuto d'occhio abbastanza. Nemmeno si era sprecato di chiedere cosa fosse successo. Ma Stefan aveva tentato di far ricadere la colpa su di sé. Pareva si divertisse ad incolparsi per ogni cosa brutta che gli accadeva intorno. Nostro padre nemmeno aveva badato alle sue parole, si era limitato a chiamare la bambinaia e ad affidarci a lei. Oh che uomo meraviglioso era ...
Non ci provai nemmeno a riprendere sonno. Era inutile anche solo provarci.
Ogni notte era come una roulette russa ormai. Rivivevo qualche avvenimento del mio passato, della mia vita da umano. E Stefan era sempre presente. Mi tormentava di giorno e di notte.
Ne avevo fatto anche un divertente gioco con me stesso. Cosa sognerai stanotte, Damon?
Non che riuscissi a vederci qualcosa d'ironico comunque. Sognare il proprio fratello scomparso era tutt'altro che divertente.
Che dovevo fare per avere un sonno privo di sogni?
Mi alzai con uno sbuffo dal letto, mi vestii in fretta e uscii dalla mia camera, diretto da colei che in tutto questo tempo non mi aveva mai abbandonato. Avevo affrontato ogni cosa con lei, ogni periodo, ogni momento bello o brutto che fosse. Lei c'era sempre stata per me, senza mai tradirmi in alcun modo.
Scesi velocemente le scale, entrai nel salone ed eccola là: la vetrinetta degli alcolici.
La raggiunsi e la aprii. Presi la prima bottiglia che mi capitò fra le mani, senza preoccuparmi del contenuto. Afferrai un bicchiere e lo riempii. Il semplice suono del liquido che scendeva e sbatteva contro le pareti del bicchiere, mi rasserenò.
Feci per bere, ma voltandomi verso il divano mi accorsi di non essere solo. Sospirai con rassegnazione e poggiai il bicchiere sul tavolino.
Elena era lì, profondamente addormentata. Mi aveva detto che sarebbe tornata a casa per la notte e invece era crollata. Lanciai uno sguardo all'orologio a pendolo. Segnava le quattro del mattino, troppo tardi per svegliarla e riportarla a casa sua. O troppo presto...
Sembrava comunque a suo agio su quel divano, così decisi di lasciarcela. Sapevo che sarebbe stato meglio voltarsi, tornarmene in camera mia e non badarle troppo.
Ma ovviamente agire con razionalità non faceva parte della mia indole. Perciò rimasi immobile con lo sguardo fisso su di lei.
Osservai il suo viso, ascoltai il suo respiro lento e regolare, m'incantai nel guardare il suo petto alzarsi e abbassarsi lentamente, sentii il battito del suo cuore e chiusi gli occhi, inebriandomi di quel suono. La sua borsa di scuola era abbandonata a terra. Sul pavimento erano sparsi quaderni, libri e penne... aveva trascorso l'ennesima giornata tentando di distrarsi, gettandosi a capofitto nello studio.
Portai il bicchiere alle labbra e lo svuotai in un solo sorso, facendo una piccola smorfia.
Mi avvicinai a lei, inginocchiandomi accanto al divano. Le sfiorai una guancia con il dorso della mano, così lievemente che con molta probabilità nemmeno da sveglia se ne sarebbe accorta.
Notai residui di lacrime sulla sua pelle. Elena passava molto tempo a piangere ultimamente. Lo faceva di nascosto, quando rimaneva da sola ed era convinta che nessuno potesse vederla o sentirla. Proprio come faceva Stefan da bambino...
Ma io la sentivo ogni volta. Per quanto provasse a soffocare i gemiti contro il cuscino o a trattenere i singhiozzi, ogni volta che piangeva, una parte di me piangeva con lei. Per lei.
Ma al contrario suo, io non permettevo al dolore di abbandonare il mio corpo. Lo trattenevo con tutte le mie forze e lasciavo che mi consumasse lentamente.

“Un vero uomo non piange mai, Damon.”

La voce di mio padre tornava sempre a farsi sentire ogni volta che ero sul punto di lasciarmi andare. Era quello l'unico suo insegnamento che avevo recepito. Se così si poteva definire...
Elena aveva smarrito così tanto di lei in quegli ultimi mesi... chissà se se ne rendeva conto?
Non c'era più quella luce ad animarle lo sguardo, non ricordavo da quanto non sorridesse, si era trasformata in un guscio vuoto... Respirava, mangiava, dormiva e si svegliava. Nulla più di questo. E la cosa che più non sopportavo era che non avevo idea di cosa fare per farla stare meglio. Non capivo nemmeno cosa venisse a fare ogni giorno da me. Forse aveva solo bisogno di compagnia... o stare lì le faceva sentire meglio la presenza di Stefan. Si sedeva su quel divano, a volte studiava, altre volte leggeva, oppure parlavamo di Stefan.
Mai di me, mai di noi due... sempre di Stefan.
Non era raro che mi sorgesse il dubbio che quel bacio di quella notte in cui ero quasi morto, me lo fossi solo immaginato... Morivo dalla voglia di chiederle se me lo avesse dato per davvero, se per lei avesse significato almeno la metà di quello che aveva significato per me, ma sapevo che non era il momento adatto. Non lo sarebbe stato mai!
“Oh ma che scenetta tenera!”
Quell'improvvisa voce così dannatamente famigliare, mi fece scattare in piedi provocandomi ondate di pura rabbia.
Katherine mi sorrideva sorniona, serenamente appoggiata allo stipite della porta, teneva le braccia incrociate sul petto e aveva quello sguardo sicuro e sfrontato che solo qualcuno che conosce a fondo ogni tuo punto debole può concedersi.
“Non mi saluti nemmeno?” domandò con innocenza, assumendo un'espressione falsamente dispiaciuta.
Lanciai uno sguardo veloce ad Elena, preoccupato che si fosse svegliata. Con uno scatto raggiunsi Katherine, l'afferrai malamente per un braccio e la condussi fuori di casa, sul porticato.
“Si può sapere che fai qui?” sbottai non troppo gentilmente, fissandola con risentimento.
“Sei in gran forma a quanto vedo!” un sorriso colmo di malizia le increspò le labbra e un sopraciglio le si inarcò mentre i suoi occhi vagavano sul mio corpo
La fissai con fastidio, avvicinandomi.
“Lo vedi quel pulsante accanto dalla porta?” feci con sarcasmo, indicandoglielo. “Si chiama campanello. E' buona educazione premerlo prima di infilarsi in casa della gente in piena notte!”
Lei ridacchiò visibilmente divertita dalla mia ritrosia nei suoi confronti e io, come un perfetto idiota, permisi a quel suono cristallino di entrarmi dentro, mettendo radici nel mio cervello.
Iniziai a pentirmi di essere uscito di casa. Avevo un disperato bisogno di bere di nuovo qualcosa. Parlare con Katherine era indiscutibilmente più semplice se si aveva dell'alcol in corpo.
”Mi dispiace. Non volevo disturbare il sonno della tua preziosa Elena.” disse, imbronciandosi leggermente.
Il modo in cui pronunciò il suo nome, così piena d'irritazione e con quel fare canzonatorio, mi fece venire voglia di piantarle un paletto da qualche parte, ma come al solito non lo feci. La fissai con astio e mi limitai a stringere i pugni, trattenendo la rabbia.
“Sparisci, Katherine! Non sei la benvenuta qui, non c'è bisogno che te lo dica.”
Lei non si lasciò minimamente intimidire, ma anzi, mi riservò uno sguardo quasi angelico che avrebbe fatto crollare i buoni propositi di chiunque.
“Io non sono mai la benvenuta, Damon. In nessun posto.”
“Domandati il perchè!”
Iniziò ad avvicinarsi a me in maniera decisamente pericolosa, con quella sua camminata ipnotizzante e incatenandomi al suo sguardo ammaliatore. Si fermò a pochi centimentri dal mio viso. Riuscivo a sentire il suo respiro sulle mie labbra che, istintivamente, dischiusi. Sospirai appena, quando percepì vagamente il suo sapore sulla lingua.
“Spiegamelo tu...” mormorò suadente, lasciandosi poi andare ad un sorriso compiaciuto, mentre con un dito sfiorava il mio petto.
Sperai davvero che non sentisse i fremiti del mio corpo, ma il suo sguardo si assotigliò leggermente, segno che aveva capito quanto non mi fosse indifferente. Con un gesto brusco la spinsi lontano da me e cambiai discorso.
“Che cosa vuoi comunque?” la superai e mi appoggiai al muro “Sai, a quest'ora pensavo tu fossi già in Nuova Guinea o chissà dove, al riparo dalle grinfie di Klaus.” mi concessi un sorrisetto compiaciuto.
La sentii soffocare una risata sarcastica e con la coda dell'occhio la osservai mentre si aggirava con nonchalance per il portico. Si lasciò andare poi ad un sospiro arrendevole.
“Voglio aiutarti a trovare Stefan!” ammise, senza particolari inflessioni “Conosco Klaus, scappare da lui per tutti questi secoli mi ha permesso d'imparare a prevedere le sue mosse. Potrei esserti molto utile.”
Alzai gli occhi su di lei, scuotendo il capo con rassegnazione. Ma a chi voleva darla a bere?
“No, tu non vuoi aiutare me. Vuoi solamente trovare Stefan. E' diverso!”
Inutile negarlo, la solita ondata di gelosia mi pervase. Perchè comunque andassero le cose, per quanti sforzi facessi, per quanto m'impegnassi, era sempre Stefan il favorito. Era sempre stato così...
Dovevo averlo imparato oramai.
“Abbiamo lo stesso obiettivo, Damon. Non fare tanto il difficile!” sbuffò lei, riavvicinandosi. “Io sono l'ultima persona che l'ha visto... e ho visto cosa Klaus gli ha fatto.”
La sua espressione si spogliò di ogni traccia di strafottenza e malizia. Era seria e forse, anche preoccupata. Ovviamente lo era... il suo adorato Stefan era in pericolo. Non avrebbe mai avuto quell'espressione parlando di me...
Aggrottai la fronte, concedendole tutta la mia attenzione. “Che vuoi dire? Che gli ha fatto?”
Di nuovo quel sorrisetto odioso le increspò le labbra.
“Uniamo le forze e te lo dirò.”
Bastarda!
“Non ho doppi fini questa volta, Damon. Voglio davvero ritrovare tuo fratello!” Calcò in maniera plateale sulle ultime due parole. Stava forse tentando di farmi venire i sensi di colpa? Lo sapevo che era mio fratello, non serviva che me lo ricordasse!
Mi diede le spalle, mettendosi a guardare distrattamente la boscaglia attorno alla pensione. “Oh... può partecipare anche la dolce Elena alla ricerca. Non ho alcuna intenzione di tenervi separati!”
Ci provai ad ignorarla, ma fu un tentativo pressochè inutile. Fui di fronte a Katherine in un lampo. La sbattei con molta poca delicatezza contro la parete. Lei sorrise compiaciuta, come se in qualche modo si aspettasse quella reazione da parte mia. La mia rabbia nei suoi confronti s'intensificò e la presa su di lei si fece più forte. Se fosse stata umana si sarebbe ritrovata qualche osso rotto. Ma fu a quel punto che la sua espressione mutò radicalmente. I suoi occhi si fecero confusi, tristi … feriti persino. Le sue labbra si dischiusero leggermente e la sentì tremare sotto le mie mani.
“Damon... che stai facendo?”  mormorò impaurita.
Mi resi subito conto di quello che stava tentando di fare... e la odiai. La odiai come non l'avevo mai odiata prima. In quel momento, lei era Elena. E io caddi come un perfetto idiota nella sua trappola. Dio... era lei!
“Mi fai male, lasciami!” persino la sua voce era diversa. Non era più quella falsa, doppiogiochista, maliziosa tipica di Katherine... era quella dolce, sincera, ingenua di Elena. Immediatamente la lasciai andare e indietreggiai di qualche passo, dimenticando per qualche istante chi avessi davvero di fronte.
Ma Katherine non tardò a tornare. Non appena la lasciai, ecco la sua solita espressione beffarda tornare a fare sfoggio di sé.
“Che succede?” mi chiese innocentemente, avvicinandosi con studiata lentezza. “Ti ricordo qualcuno?”
Chiusi gli occhi, mentre un moto di rabbia mi fece rabbrividire da capo a piedi. Strinsi i pugni, costringendomi a non metterle le mani addosso.
“Vattene!” sibilai.
Lei sorrise e ubbidì. “Tornerò, sappilo!”
Potevo anche considerarla una minaccia. Dopo un ultimo sorrisetto dei suoi, si voltò e cominciò ad allontanarsi, ma dopo pochi passi si fermò un momento, per poi voltarsi di nuovo
“Prego per la cura, comunque...”.
Qualcosa in quelle sue ultime parole, mi fece vacillare. Mi ero solo immaginato il leggero velo di tristezza ad incrinarle vagamente la voce....?
Che sciocchezza! Si aspettava forse un ringraziamento? Ero vivo grazie a Stefan, non a lei. Anzi, ero vivo perchè ero il bastardo più fortunato del mondo, ecco tutto! Non dovevo ringraziare proprio nessuno.
Rientrai in casa e sbattei con forza la porta. Mi resi conto troppo tardi della stupidità di quel gesto.
Percepii distintamente i battiti del cuore di Elena accelerare. Rimasi fermo appoggiato alla porta, sentendo i suoi passi frettolosi avvicinarsi. Quando uscì dal salone aveva un enorme sorriso colmo di speranza ad illuminarle il volto e per un attimo ne fui felice. Mi ero scordato quanto fosse bella quando sorrideva. Tuttavia, quando si rese conto che a sbattere la porta non ero stato altri che io, quel sorriso si dissolse nel nulla. Una porta che sbatteva in piena notte poteva darle molte false speranze.
Non ero chi si aspettava.

Non lo sarò mai...

Le rivolsi uno sguardo di scuse."Sono solo io... "
Ero conscio del fatto che forse lei avrebbe preferito me con Klaus e Stefan sano e salvo a casa. Se solo avessi potuto invertire i ruoli l'avrei fatto.

Guarda cos'hai combinato, Stefan! Sempre a fare l'eroe...

Elena abbassò lo sguardo a terra, un tentativo inutile di nascondere le lacrime che minacciavano di uscire. Si mise nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Scusa... credevo che... “ mormorò flebimente, prima di sospirare rassegnata. “...Niente.”
Se ne tornò in sala e la sentii sdraiarsi di nuovo sul divano. La seguii ma rimasi fermo sulla soglia e la osservai impotente mentre abbracciava un cuscino e vi nascondeva contro il viso, lottando con quel grido di dolore che oramai accompagnava le sue giornate.
Sospirai e mi voltai dall'altra parte, incapace di assistere a quello strazio. Mi ritrovai disperatamente a pensare alla proposta di Katherine.
Per quanto non volessi darle ascolto, aveva ragione nel dire che solo lei avrebbe potuto sapere dove fosse Klaus. Forse avrei dovuto accettare. Dovevo farlo per Elena!
Aveva bisogno di Stefan... dovevo riportarlo da lei. Non volevo vederla lasciarsi andare così. L'avrei persa, ma non importava. Non sarebbe comunque mai stata mia! Mi bastava saperla felice.
Volevo rivedere la vecchia Elena girare per casa. Volevo di nuovo bisticciare con lei. Ero stanco di vedere solo il suo corpo inanimato su quel divano, nient'altro che il suo fantasma aggirarsi per casa.
Non mi vide prendere il cellulare dai pantaloni e digitare un messaggio. Ci pensai qualche istante prima di inviarlo. Sperai solo che Katherine non mi stesse trascinando in un altro dei suoi soliti giochetti da psicopatica. Stavolta l'avrei fatta fuori senza pietà!

“Giurami che non mi darai motivo di pentirmene e ti aiuterò!"

La risposta arrivò pochi istanti dopo.

"Non te ne pentirai."

Rimisi il cellulare al suo posto e feci un respiro profondo, immaginandomi il volto di mio fratello che mi fissava confuso. Lo stesso che avevo sognato quella notte. La stessa espressione che mi aveva rivolto quel pomeriggio di quasi due secoli prima, quando avevo messo in fuga quegli stupidi ragazzini che si erano avventati su di lui, quasi non capisse perchè mi ostinassi tanto ad aiutarlo... "Sono tuo fratello!" gli avevo detto "Solo io posso prenderti a botte!"
Quel principio era ancora valido!

Vengo a salvarti il culo, fratellino! E sia chiaro, sarei più interessato a quello della tua ragazza!


***

Non speravo davvero che qualcuno apprezzasse quello straccio di prologo scritto in 5 minuti  ascoltando una canzone particolarmente depressa. Ma sono felice dei complimenti ricevuti. E data la mia autostima inesistente, ammetto che mi hanno anche messo in difficoltà. "Riuscirò a fare un primo capitolo degno delle loro aspettative?" ... L'ho fatto? Ho qualche dubbio. Ci ho provato!  Il risultato non so quanto possa essere davvero soddisfacente... Il Missing Moment all'inizio, l'ho scritto pensando ad un particolare ricordo di Stefan, descritto in uno dei volumi de "I diari di Stefan" (mi pare fosse il secondo, ora non ricordo bene ...). Pare sia un fatto accaduto sul serio e personalmente ho sempre sperato che lo inserissero sulla serie, come flashback. Ancora ci spero. Sarebbe meraviglioso vedere Damon e Stefan da bambini...

V'informo già ora che Katherine è la mia "bestia nera". Nel senso che, l'adoro sia chiaro, ma entrare nella sua testa è complicato. Ho il terrore di andare nell'OOC con lei. Spero almeno con Damon di non esserci andata. Lui non è complicato. Capisco come pensa, perchè agisce come agisce  e comprendo il suo nascondersi dietro quell'aria perennemente sarcastica. Non giustifico alcuni suoi comportamenti, ma li comprendo. Ragion per cui, non lo giudico.

Il titolo del capitolo è quello di una canzone che mi fa pensare a Damon. Dei RED. Ve la consiglio u.u  

Grazie mille a La_Corvina_Giullaressa , alister_ , AriaSolis  ed a tutorgirloth . I vostri commenti hanno davvero significato molto, dato che non pensavo nemmeno di riceverne =)

Il prossimo capitolo sarà su Elena. E visto come se la sta passando la piccola Gilbert, sarà molto depresso... Torno a ricordare che in questa storia toccherò tutti i team. Ci sarà Delena, ma anche Stelena. E dall'altra parte ci saranno sia Kathemon che Kathefan. Chiedo quindi un po' di sopportazione a chi legge e non apprezza un team in particolare ^^.  Anche perchè non so voi, ma le storie che trattano solo un team dopo un po' a me annoiano XD . Vi rivelerò uno dei miei team.... STEMON (o DEFAN, comunque lo si voglia chiamare)! u.u E ce ne sarà molto qui!  Il rapporto fra Stefan e Damon è impareggiabile. E' la parte migliore di The Vampire Diaries a mio avviso .

A presto. (vi prego, un commentino lasciatelo. Non costa nulla :'D )

DearDiary
   
 
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