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Autore: SunlitDays    21/08/2011    3 recensioni
Finita la guerra, mentre gli altri sono fuori a cercare di ricostruire ciò che è stato distrutto, Ginny lotta contro la noia e la rabbia repressa.
Prima classificata al contest "Maschi contro Femmine" indetto da Wynne_Sabia
Genere: Comico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Molly Weasley | Coppie: Harry/Ginny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Autore: SunlitDays
Titolo: The Way I Get By
Personaggio femminile scelto: Ginny Weasley
Prompt: Lilla
Genere: angst, comico, fluff
Avvertimento: una paio di parolacce, alcuni periodi un po' lunghi a causa di un monologo interiore
Rating: giallo
Introduzione: finita la guerra, mentre gli altri sono fuori a cercare di ricostruire ciò che è stato distrutto, Ginny lotta contro la noia e la rabbia repressa.
NdA: Prima classificata al contest "Maschi contro Femmine" indetto da Winne_Sabia, giudizio in calce. Questa fic non voleva proprio saperne di avere un tono univoco, balzava dall'angst al comico al fluff constantemente, probabilmente a causa dei cambi d'umore repentini di Ginny.

EDIT: la cara e brava francici ha scritto un sequel della mia storia. Andate a darci un'occhiata, merita davvero^^ Never Gonna Leave This Bed
 
Tap, tap, tap, tata-tap-tap
 
Gli utensili da cucina tintinnavano cozzando tra loro, accompagnati dal flebile ronzio di una decina di incantesimi di pulizia.
Ginny tamburellava le dita sul tavolo, distratta, lo sguardo perso da qualche parte tra la credenza e un'ingiallita porzione di muro, seguendo il ritmo della musica che solo la sua mente riusciva a percepire. Da bambina, nell'inusuale silenzio di una Tana priva dei suoi rumorosi abitanti partiti per Hogwarts, riusciva a sentire una melodia nella cacofonia di suoni della cucina. Suo padre una volta la definì La Musica della Magia, Ginny preferiva chiamarla Quello che la Mente Riesce a Partorire Quando è Mortalmente Annoiata.
 
Tap, tap, tap, tata-tap-tap
 
« Puoi smetterla con questo rumore, Ginny? » le disse Molly Weasley irritata, la bacchetta nella mano sinistra e un mestolo nella destra. Le dita di Ginny si fermarono all'istante. La mamma si voltò di nuovo verso il pentolone ribollente con cui stava armeggiando precedentemente, ricominciando a mescolare gli ingredienti e agitando la bacchetta per tagliuzzare carote e patate, mentre un'enorme padella volava verso il fornello e un bip segnalava l'avvenuta cottura della torta. Il tutto per un'abbondante cena che, Ginny non ne aveva alcun dubbio, serviva a sfamare soltanto le due persone al momento presenti in cucina.
« Perché non vai a cambiare le lenzuola di Ron, cara? E dato che ci sei, apri la finestra. Riesco ancora a sentire la puzza del demone in quella stanza. »
Ginny soppresse l'istinto di sospirare e rispondere che era assolutamente inutile cambiare quelle lenzuola, e, con un flebile « va bene, mamma. » Si alzò e uscì dalla cucina, lontana dallo sguardo acuto e i gesti frenetici di sua madre. Ma non si diresse all'ultimo piano, bensì si recò direttamente nella sua camera, avendo attenzione nel chiudere la porta con calma prima di gettarsi sul letto di pancia e lanciare un urlo soffocato nel cuscino, le unghie che lo artigliavano con tutta l'energia repressa che sentiva dentro.
 
Se Ginny non l'avesse visto con i suoi occhi, avrebbe creduto che la guerra fosse ancora in corso per quanto poco sembrava cambiata la sua vita. Anzi, a dirla tutta, sembrava esser peggiorata. Non avrebbe mai creduto che un giorno si sarebbe ritrovata a rimpiangere i mesi passati da zia Muriel. Rinchiusa in una casa sfarzosa e fredda, col sottofondo delle critiche della sua zia meno preferita, l'alone di paura e ansia presente negli occhi di tutti, i dubbi, le domande, le mani tremanti per la voglia di fare. No, in effetti, a parte esser rinchiusa in una casa diversa in cui gli unici abitanti erano lei e sua madre, e un nuovo senso di vuoto allo stomaco, non era cambiato granché.
 
Ginny rilassò i muscoli e si voltò di schiena. Doveva resistere. Per sua madre.
Annoiata e drenata di tutte le energie, vagò con lo sguardo nella stanza, guardando senza davvero vedere tutti gli angoli a lei così familiari. Anch'essa non era cambiata, con lo stesso rosa pallido alle pareti ormai sbiadito, che sua madre, euforica all'idea di avere una bambina, aveva scelto quasi diciassette anni prima, la vecchia mobilia di legno scricchiolante. Con gli anni, Ginny si era limitata ad aggiungere un poster delle Sorelle Stravagarie qui, uno di Gwenog Jones là. Ma lì, sulla parete sotto la finestra, messi in ombra dalla scrivania, Ginny sapeva che avrebbe trovato ancora i disegni che aveva fatto da bambina; e lì, nell'angolo in alto, quella bruciatura era il risultato di uno scherzo dei gemelli, quando Fred... Ginny guardò da un'altra parte. Lì, proprio al centro della camera, dove i riflessi del sole formavano forme geometriche perfette, lei e Harry si erano baciati per l'ultima volta…
 
Ginny si alzò di scatto e cominciò a misurare la stanza a grandi falcate, le energie soppresse che ricominciarono a scorrerle nelle vene.
 
Era ingiusto, era stupido non poter usare la magia, quando mancavano solo poche settimana al suo diciassettesimo compleanno, non poter uscire dai confini della Tana e dare una mano a ricostruire tutto ciò che era stato distrutto da Voldemort, perché ancora minorenne, dover sopportare gli sbalzi d'umore della mamma, perché tutti gli altri erano troppo occupati a divertirsi lì fuori…
 
Si fermò al centro della stanza e respirò profondamente. No, questo non era vero. Non si stavano divertendo, lo sapeva, il suo era stato solo un pensiero immaturo, qualcosa che, se espresso ad alta voce, avrebbe solo giustificato l'insistenza di sua madre nel tenerla sotto la sua ala protettiva. Ma Ginny non aveva bisogno di protezione, la guerra era finita e lei sapeva difendersi perfettamente da sola e...
Prese un altro respiro profondo, chiudendo gli occhi come per bloccare il flusso sconnesso dei suoi pensieri e, camminando a ritroso, si sedette sul letto.
 
Quanto tempo era passato dalla battaglia? Due mesi, più o meno, almeno secondo il calendario. Ginny non era d'accordo: sembrava esser passato un anno. I giorni si trascinavano lenti tra una Degnomizzazione e una spolverata, tra una crisi di pianto di sua madre, soffocata tra i vestiti di Fred, e uno scoppio di rabbia repressa di Ginny. E le notti, le notti lunghe, buie e silenziose, la testa nascosta sotto il cuscino, il sudore che le appiccicava le lenzuola sulla pelle, e la speranza, la speranza che domani, forse, domani…
 
Senza rendersene davvero conto, Ginny si ritrovò di nuovo in piedi. Odiava la sua camera, così sciatta, così impersonale, quella non era la camera della Ginny che era sopravvissuta alla guerra, ma di una Ginny stupida e ingenua, che svelava i suoi sogni e apriva il suo cuore ad un diario malefico, che si arrampicava di nascosto dalla finestra per esercitarsi a cavalcare una scopa, che credeva nell'amore, che pensava che un giorno, quando tutto sarebbe finito, avrebbe potuto avere il lieto fine che tanto aveva atteso. Ma l'attesa era infinita e Fred era morto e Harry era troppo impegnato ad essere Harry, e Ginny allungò la mano con uno scatto e strappò il poster di Gwenog Jones. Con minuziosa cura, lo fece in mille pezzi, così che nessun incantesimo avrebbe mai potuto ripararlo. Poi fu il turno delle Sorelle Stravagarie. Dopodiché, si infilò sotto la scrivania e, con un taglierino arrugginito che le aveva portato suo padre anni prima, cominciò a grattare i disegni di fiori colorati e saette dal muro. Insoddisfatta, portò la sedia all'angolo e ci salì sopra, riservando lo stesso trattamento anche alla bruciatura lasciata da Fred e George.
 

 
Un'ora dopo, sudata e piena di graffi sulle mani, Ginny si lasciò cadere a terra, la schiena poggiata ai piedi del letto. Per quanto fosse frustrante non poter usare la magia, il lavoro manuale si rivelava esser sempre molto utile.
La porta si aprì di scatto.
 
« Ginny cara, dovresti- Che è successo qui dentro? » chiese la mamma, un'espressione sgomenta sul volto.
 
« Credo sia il caso che metta in ordine mamma » rispose Ginny, alzandosi e superandola per uscire.
 
Scese le scale due alla volta, spinta da una determinazione che non provava da mesi. Attraversò la cucina e uscì in giardino, diretta verso il capanno di suo padre. Le ci vollero un paio di secondi per abituarsi alla penombra, la polvere che le entrava nei polmoni con ogni respiro. Camminò con circospezione tra gli arcani aggeggi Babbani, guardandosi intorno nella speranza di scovare ciò che stava cercando. Superò la moto distrutta di Sirius che suo padre non aveva ancora riparato e una strana scatola bianca che, ricordò, Harry aveva detto si chiamasse microqualcosa, e poi li vide, tra un cassa piena di spine e un aggeggio che somigliava a una ruota: un barattolo di pittura ancora intatto e un pennello.
Con un'euforia che non provata da tempo, Ginny prese i due oggetti e uscì di corsa dal capanno, sentendo che finalmente le sue gambe non si muovevano più per inerzia, ma con uno scopo.
 
Giunta in cucina si fermò, c'era una voce in più in casa. « … mai a casa! » Stava urlando la mamma, con quel tono di voce che faceva venir voglia a Ginny di spaccare qualcosa.
 
« C'è molto lavoro da fare, Molly, cerca di capire. Il Ministero è nel caos, ci sono molte leggi che devono essere abrogate e- » la voce di Arthur Weasley fu interrotta da quella di sua moglie.
 
« Smettila con queste scuse! » sbottò. « La verità è che non vuoi accettare la realtà. Non vuoi accettare che nostro figlio è morto. Fred è morto! » strillò isterica. « È morto! » ripeté, come se, urlando con tutto il fiato che aveva in corpo, avrebbe potuto scacciare via il dolore che covava nel petto. « E tu ti stai nascondendo dietro il tuo lavoro per non affrontare... per non... Mi hai lasciata sola, Arthur! »
 
Più silenziosamente possibile, Ginny uscì di nuovo dalla cucina. Poteva affrontare l'ossessione di sua madre nel tenerla in casa, la sua mania nelle pulizia, ma sentire i suoi genitori litigare, la sua famiglia distruggersi…
 
Si arrampicò sull'albero i cui rami raggiungevano la finestra della sua camera e, in pochi minuti, si ritrovò di nuovo nel caos da lei stessa creato.
 

 
Pittare alla Babbana, scoprì presto Ginny, era più difficile di quanto sembrasse. Era faticoso e, se non facevi attenzione, potevi ritrovarti con una parete piena di striature con lo stesso colore, ma di sfumature diverse. Quindi, con il braccio che bruciava dallo sforzo di compiere sempre le stesse azioni e il sudore che le inumidiva la t-shirt, dopo vari tentativi, Ginny scoprì che il modo giusto per ridipingere era alternarsi tra pennellate dall'alto in basso a pennellate da sinistra verso destra.
 
Spinta dall'eccitazione, non aveva fatto caso al colore della vernice ed era rimasta un po' delusa quando, aperto il coperchio del barattolo, aveva trovato del denso liquido lilla. Davvero, lilla? Cozzava terribilmente con i suoi capelli rossi. "Chi se ne frega" aveva pensato dopo un paio di secondi. Il lilla era perfetto, rilassante e delicato, esattamente l'opposto della sua personalità ribelle ed estroversa.
 
Ben presto il suo corpo imparò quei movimenti ripetitivi e la sua mente cominciò a vagare. Ricordò Hogwarts e la sua pietra fredda e umida, l’odore di antico, di pozioni andate a male, il lontano vociare degli studenti come una grotta piena di uccelli, il calore del camino della Sala Comune, la sensazione del legno scheggiato sotto le dita, il vento sferzante tra i capelli, il tiepido sole di primavera sul viso, pomeriggi rubati, passati sotto l’ombra di una quercia…
 
« … che poi è assolutamente inutile. Diventerai una star del Quidditch, a che ti serve studiare per i G.U.F.O.? » La sua voce era pigra e rilassata come raramente Ginny l’aveva ascoltata. Una foglia cadde dolcemente sulla sua spalla.
 
« Non c’è alcuna sicurezza a riguardo, Harry » gli rispose con un sorriso accondiscendente. « Potrei non riuscire mai a passare i tryout e a quel punto dei buoni M.A.G.O. mi saranno utili. » Spazzolò via la foglia con il dorso della mano e si rannicchiò più comodamente tra le braccia di Harry.
 
« Stai scherzando? Sarebbero folli a non prenderti. »
 
« Lo dici solo perché non ti va che debba passare tanto tempo a studiare » ribatté lei, dandogli un pizzicotto sui fianchi.
 
Harry si dimenò per un attimo e Ginny registrò il fatto che lui soffrisse il solletico, sarebbe potuta tornarle utile questa informazione in futuro.
 
« Sì, beh, ammetto che a parlare è una parte egoistica di me che ti vorrebbe costantemente in questa posizione, ma dico sul serio, Ginny, sono sicuro che ce la farai e io sarà il tuo primo fan. »
 
« Grazie » disse, la voce soffocata nel suo collo.
 
La Piovra Gigante sollevò un tentacolo lentamente, come se li stesse salutando, e poi si nascose di nuovo nelle profondità del Lago Nero. Alcuni ragazzini del primo anno ridacchiarono alla vista e cominciarono a chiamarla e gettarle pezzi di cibo, nella speranza che la Piovra tornasse a galla. Ginny chiuse gli occhi, il sole le riscaldava i piedi nudi e un dito di Harry si intrufolò qualche centimetro dentro la sua camicetta dell’uniforme scolastica, formando cerchi concentrici. I G.U.F.O. erano gli ultimi dei suoi pensieri.
 
« Non durerà per molto, vero? » chiese improvvisamente e nascose la sua espressione nel petto di Harry; si era ripromessa di non esprimere i suoi pensieri ad alta voce. Harry non si irrigidì e non si mosse, ma Ginny avvertì il cambiamento del suo umore.
 
« Cosa? » le domandò, fingendo ignoranza.
 
Lei alzò la testa quel tanto che le serviva per guardarlo in volto. Non parlò. Harry sospirò e il suo viso assunse quella espressione blanda che voleva dire “ho un mucchio di problemi, ma sono sereno, non c’è nulla di cui preoccuparsi”.
 
« Durerà quanto deve durare » disse e non era una vera risposta. Poi sorrise a labbra chiuse e Ginny sapeva che quel sorriso diceva “adesso non ne parliamo più” e lasciò che la sua testa si abbassasse lentamente tornando al suo posto sul petto del suo ragazzo.
 
« Ammetto che a parlare è una parte egoistica di me che ti vorrebbe costantemente in questa posizione, ma sono sicura che ce la farai e io sarà la tua prima fan. » Ginny ripeté le sue parole, sperando che lui avvertisse quanto lei credeva a ciò che stava dicendo. Harry la strinse di più tra le braccia e quella stretta voleva dire “ce la farò per te”.
 
Quando finalmente finì si era fatto buio. La camera era completamente dipinta di lilla e un odore di pittura permeava l’ambiente. Si lasciò cadere a terra esausta e soddisfatta. La porta si aprì. Ginny non si mosse dalla sua posizione supina sul pavimento.
 
« Ehm » Ginny avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
 
« Scusa, » disse Harry, in evidente disagio. « Non sapevo... che stai facendo? Stai bene? Ouch! »
 
Con la coda degli occhi, Ginny lo vide massaggiarsi la fronte dolorante, dove un pennello lo aveva appena colpito. Una striscia di pittura lilla partiva dalla sua guancia fino ai capelli. Ginny avrebbe riso, se non fosse stata terribilmente incazzata.
 
« Perché l'hai fatto? »
 
« Bentornato » disse Ginny senza alzarsi, ignorando la domanda alla quale, pensò, lui avrebbe dovuto conoscere la risposta.
 
« Sì. Beh, grazie » borbottò Harry frastornato. « Che hai fatto alla tua camera? »
 
« Un cambiamento. »
 
« Ah. È carino. » Si grattò la cicatrice cospargendosi ulteriormente di pittura. Un gesto nervoso che stava a significare Non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo.
 
« È orrendo. Il lilla cozza terribilmente con i miei capelli. »
 
« Sì, cioè, non devi mica indossare i muri, no? » e rise la sua risata da Credo di essermi cacciato in un guaio, adesso comincerò a sparare cazzate a mille. Ginny era contenta che almeno di questo lui ne fosse consapevole.
 
« Come va lì fuori? Il cielo è sempre blu? Il sole non è ancora imploso? » chiese Ginny, guardandosi le mani chiazzate di lilla.
 
« Ah! » fu l'unica cosa che disse Harry, con un tono del tipo Ho appena risolto un mistero. Sono pronto per salvare il mondo. Le si avvicinò e si stese al suo fianco.
« Il cielo è ancora blu, il sole non è ancora imploso e, beh, è molto più bello qui dentro, con questo lilla e tutto il resto. » Ondeggiò la mano verso di lei come per dimostrare il resto.
 
« E la puzza di pittura. »
 
« Anche la puzza di pittura, sì. »
« E tutta questa polvere. La mamma potrà tenermi impegnata per un'altra settimana. »
 
« Posso aiutarti. Non ho nulla da fare per i prossimi giorni. Niente giornalisti, niente Ministero, niente processi, niente Maghi Oscuri. Niente di niente. »
 
« Dovrai sentirti molto annoiato. »
 
« Credo che la parola giusta sia “sollevato”. »
 
« Le tue fans saranno molto deluse nel saperti a oziare tra quattro mura lilla. »
 
« Non sia mai che le mie fans si sentano deluse, ma, francamente, ho scoperto che non me ne frega molto. »
 
« Oh, immagino che anche “L’Impavido Eroe del Mondo Magico” abbia il diritto di riposarsi ogni tanto. »
 
« Riesco quasi a percepire l’uso delle maiuscole. »
 
Risero entrambi, come se si trovassero al caldo della Sala Comune a giocare una partita di Spara Schiocco e non in un camera maleodorante dipinta fino agli angoli più remoti di lilla.
 
Calò il silenzio. Harry le teneva la mano. Ginny non sapeva quando era successo. Il suo naso prudeva e gli occhi le pizzicavano. Tutta colpa dell'odore della pittura.
 
« Perché non sei venuto prima? » gli chiese.
 
« C'erano molte cose da fare al Mi- », cominciò, poi prese un respiro profondo, come preparandosi a dire la verità. « Avevo paura, » ammise. « E ce l'ho tutt'ora. Finita la guerra era un tale caos, una continua corsa. È stato facile lasciarmi trascinare dalla corrente. Ho pensato... ho pensato che tu avessi bisogno di tempo… che avrei fatto bene ad aspettare- »
 
« Aspettare?! » lo interruppe Ginny, oltraggiata, come se Harry l’avesse appena chiamata “donna scarlatta”. « Aspettare! Harry, se c'è una cosa che non voglio è aspettare. Ho già aspettato abbastanza, credo. »
 
« Hai ragione. Basta aspettare ». Strinse la presa sulla sua mano. « Abbiamo tutto il tempo del mondo davanti ». Lo disse con un tono di voce meravigliato, di chi ha trovato qualcosa di estremamente prezioso, scoprendo di averlo sempre avuto davanti agli occhi. Quelli di Ginny bruciarono più forte. Dannata pittura!
 
« Sì, un sacco di tempo » ripeté, sollevandosi su un gomito per poterlo finalmente guardare da vicino. Sembrava che anche i suoi occhi avessero problemi con l'odore di pittura. Ginny gli passò le mani tra i capelli, colorandogli una ciocca di lilla.
 
« Hermione dice che il lilla rappresenta un amore sincero e privo di interessi » disse Harry, la voce rauca.
 
« Astuta, quell’Hermione ».
 

 
Giudizio della giudice
- Grammatica: 9,8/10
- Stile: 10/10
- Originalità: 10/10
- Caratterizzazione personaggi: 10/10
- Squadra vincente: 3/3
- Utilizzo del prompt: 2/2
- Gradimento personale: 10/10
Totale: 54,8/55
Ciao.
Come potrai capire tu stessa dal punteggio, non è che su questa storia io abbia molto da dire. La grammatica è praticamente immacolata, non fosse per un piccolo errore (quasi diciassette anni fa – essendo il racconto al passato avresti dovuto usare quasi diciassette anni prima) che ti è costato 0,2 punti.
Lo stile è perfetto, fluido, scorrevole e dotato di un lessico completo e mai ripetitivo, davvero notevole, direi, e lo stesso posso affermare dell'originalità, che mi ha sorpresa. La Ginny che hai dipinto è diversa dal solito, non è affatto la solita ragazzina innamorata che passa la vita ad aspettare Harry, e la cosa mi piace molto, trovo inoltre che l'assenza di un bacio finale renda il tutto meno banale.
La caratterizzazione di Ginny è favolosa, davvero, ed Harry, con le sue espressioni in cui si legge tutto il suo pensiero, lo trovo a dir poco geniale! Anche la signora Weasley mi è sembrata perfetta, insomma... hai fatto un buon lavoro anche qui!
Il prompt è utilizzato molto bene, non è una parola solo nominata ma acquisisce una reale importanza nella storia e serve la conclusione, perciò non ho alcun appunto da farti nemmeno qui. Infine il gradimento non poteva che essere tanto alto!
In genere non apprezzo molto l'uso delle parolacce, ma non sei stata affatto volgare, e dopo un finale come il tuo sono stata praticamente costretta a darti il massimo, perché lo trovo geniale!
I miei più vivi complimenti :D
 
 
 
   
 
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