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Autore: Sneezewort    24/08/2011    1 recensioni
Remus J. Lupin e la sua lettera da Hogwarts.
« Silente ha detto che Remus potrà frequentare Hogwarts. » dichiarò Cardea, senza ammettere ulteriori repliche da parte del marito. « Ed io mi fido della parola di Albus Silente. »
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Disclaimer:  I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali di Jhon e Cardea Lupin, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
 

***


“Cari Signori Lupin,
vorrei innanzi tutto porgere i miei più sentiti auguri al giovane Remus. Undici anni sono una tappa fondamentale nella vita di un mago e temo di peccare di presunzione nel voler fare un piccolo regalo a vostro figlio. Presunzione per il semplice fatto che, in realtà, più che un regalo credo che la mia proposta sia per lui, come per ogni altro mago, un diritto.
Parlo della sua ammissione alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Sono al corrente della delicata situazione in cui versa la vostra famiglia, ma, per quanto alcuni potrebbero giudicarmi folle, è mia convinzione che la Licantropia non sia un buon motivo per negare ad un ragazzo l'istruzione necessaria ad ogni mago che voglia definirsi tale.
Sono certo che con semplici precauzioni sia possibile evitare il peggio.
Desidero poter discutere con voi di questa faccenda, senza ricorrere ad ulteriori Gufi. Trovo che una chiacchierata sia decisamente più utile, in questo caso, che uno scambio di lettere.
Se non vi reca disturbo, vorrei incontravi nel mio ufficio, il prossimo martedì alle quattro.
Albus Silente”


Jhon Lupin alzò lo sguardo dalla lettera, incredulo, per incrociare quello raggiante e commosso della moglie. Era come illuminata e non riusciva a trattenere le lacrime, forse non ci provava nemmeno. Per un folle attimo pensò che la donna potesse esplodere da tanta felicità.
« Vuol dire che... »
« Sì. Non è meraviglioso? » lo interruppe Cardea, senza neanche dargli il tempo di finire la frase. Lo abbracciò con slancio, felice di quella notizia, di quella possibilità che Silente voleva dare al loro bambino. « Il nostro Remus... A Hogwarts! »
Stranamente, Jhon si sentì fuori luogo in quell'abbraccio ed un istante dopo gli si strinse il cuore, colpevole. Trovava terribile non riuscire a condividere l'entusiasmo di Cardea, anche se definirlo tale significava solo sminuire l'emozione che provava la moglie. Non si era mai sentito a disagio in tutta la sua vita, soprattutto con lei.
Però ora... Non era sicuro di poter credere a ciò che aveva appena letto, non era sicuro di volerlo credere. Il suo, il loro Remus a Hogwarts...
« Tesoro, non pensi di correre troppo?» chiese e cercò di essere il più cauto possibile. Ma la sua voce suonava troppo dura già alle sue orecchie.
La donna spalancò gli occhi e si staccò in fretta da lui, come se scottasse:
« Correre troppo! » urlò allibita. « Correre troppo! Come puoi... Per la barba di Merlino, Jhon! »
« Dico solo che non possiamo illuderci per una manciata di righe. Non possiamo illudere Remus, Cardea. » sospirò il mago. Era stanco di tutti gli anni passati a sperare che il loro bambino potesse guarire e di tutte le delusioni, delle porte chiuse in faccia, dell'ottusità della gente. Dover sbattere contro l'ennesimo muro ostile, dopo uno spiraglio in cui buttarsi di fretta, sarebbe stato troppo. Per lui, ma soprattutto per Remus.
« Se forse non te ne sei accorto, in quella manciata di righe c'è scritto che nostro figlio potrà frequentare Hogwarts. » ribatté lei.
« C'è scritto solo quello che pensa Silente! » sbottò Jhon. « Pensi che gli altri genitori non diranno nulla? Che saranno così aperti all'idea che un Lupo Mannaro dorma insieme ai loro figli?! »
« Silente ha detto che si può fare! »
« Ma il Consiglio, Cardea! Pensa a... » tentò ancora l'uomo, ma tutte le sue incertezze gli morirono in gola.
La moglie lo guardò fredda, quasi disgustata da quei suoi patetici tentativi di farla ragionare. Aveva le guance chiazzate di rosso e gli occhi lucidi, ma non piangeva più. La gioia assoluta di poco prima era sparita dal suo volto, senza lasciare alcuna traccia.
« Silente ha detto che Remus potrà frequentare Hogwarts. » dichiarò Cardea, senza ammettere ulteriori repliche da parte del marito. « Ed io mi fido della parola di Albus Silente. »
Jhon chinò il capo, sconfitto. Quando Cardea Lupin prendeva una decisione, in particolare quando questa decisione riguardava il figlio, non c'era nulla che potesse fermarla. La sua tenacia a voler a tutti i costi rendere normale, se non addirittura felice, la vita di Remus era semplicemente straordinaria e lui qualche volta aveva difficoltà a continuare con la stessa forza.
Come quando si era messa a urlare nel bel mezzo dell'atrio del Ministero contro il Direttore dell'Ufficio per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche, il quale al tempo era anche il suo capo, che non era altro che un “grosso idiota pieno di pregiudizi”, dopo che il mago le aveva chiesto le dimissioni a causa della Licantropia di Remus. Oltre ad averlo velatamente insultato. Jhon si era tormentato per giorni, prima che la moglie gli chiedesse gentilmente di farla finita con tutte quelle storie.
Era proprio per quella sua cocciutaggine, come a lui piaceva definirla, che l'amava.
« Come vuoi, » disse Jhon, con un sorriso combattuto sulle labbra. « Vado a spedirgli un Gufo per dirgli che saremo a Hogwarts, martedì. »
Cardea annuì brusca e gli voltò le spalle, diretta in cucina. Era il compleanno del suo bambino, l'undicesimo compleanno!, ed aveva tutta l'intenzione che fosse una serata speciale per lui.
« Bene, » borbottò la donna, un po' più addolcita. Non voleva rovinare tutto a causa di una discussione con il marito. « E per favore sveglia Remus quando hai fatto. La luna piena è passata da tre giorni, dovrebbe sentirsi meglio, ormai. »

***



« Remus! »
La donna si affacciò sul giardino, cercando di scoprire dove, per la barba di Merlino, si era cacciato suo figlio. Ebbe appena il tempo di mettere un piede oltre la soglia che qualcosa di nero, pesante, con un umida e curiosa protuberanza le si avventò contro.
« Ehi! » strillò indispettita, bloccando con un colpo di bacchetta l'assalto della creatura. Si gonfiò d'irritazione nel vedere ruzzolare via, oltre a quella specie di cane, anche il figlio. « Remus! » urlò, con tutta l'intenzione di fargli una lavata di capo coi fiocchi. « Ti avrò ripetuto un centinaio di volte di non fare gli agguati allo Snaso del signor Plume! »
« Scusa mamma, » borbottò Remus, con uno dei suoi disarmanti sorrisi colpevoli. « Volevo solo giocare. A lui non dispiace, vero bello?»
Per tutta risposta lo Snaso si buttò allegro addosso al ragazzo e lo riempì di bava.
« Lo so, tesoro. Ma è vecchio ed è appena guarito da una brutta ferita. » sospirò Cardea, ormai rassegnata a cedere. Proprio non ci riusciva a sgridare il suo bambino quando esagerava con la vitalità. Era così raro, in fondo. « Su, vieni dentro, è arrivata una lettera per te. »
« Per me? » chiese Remus, incuriosito. 
La seguì ubbidiente in casa, con la fronte lievemente aggrottata. Si era rabbuiato, per un istante:
« È ancora l'ufficio per il Registro dei Lupi Mannari? »
« Ma no, tesoro. Sei già registrato da anni, ormai. » lo rassicurò Cardea, con dolcezza. 
Puntò la bacchetta sulla porta, per assicurarsi che fosse chiusa bene. Solo qualche giorno indietro Remus se l'era scordata aperta e lo Snaso ne aveva approfittato per mettere a soqquadro tutta la casa. Erano riusciti a fermarlo appena in tempo, prima che distruggesse la pendola antica in salotto, regalo di nozze dei suoi nonni Babbani. Jhon aveva borbottato per ore contro la creatura e il suo padrone; non capiva come un mago potesse volere in giro per casa uno di quei cosi. 
« Perché pensi di ricevere un'altra convocazione? »
« Oh, non lo so. » rispose Remus. Sembrava tranquillo, mentre parlava, ma la donna riuscì a percepire una sottile frustrazione. « Però sono le uniche lettere che ricevo, no? »
Cardea lo guardò, con gli occhi improvvisamente lucidi:
« Oh, Remus! » mormorò, lottando contro l'impulso di abbracciarlo in lacrime. 
Sapeva quanto l'isolamento in cui si erano ritrovati a vivere era un peso per il figlio, anche se lui si ostinava a non voler darlo a vedere. E quanto gli mancasse la presenza di un compagno di giochi, che non fosse qualche Creatura Magica che la madre portava a casa da curare. 
« Vai ad aprirla, su, » lo spinse piano nella piccola cucina, dove regnava una discreta confusione. « È sul tavolo. »
Remus la guardò incerto – Cardea Lupin aveva la capacità di cambiare umore ad una velocità impressionante, ma poi la curiosità lo vinse. Se non era una lettera del Ministero, chi altro avrebbe potuto scrivergli?
Erano anni che non frequentava qualche altro bambino, quindi non aveva amici che potessero scrivergli. In realtà non conosceva proprio nessuno. Papà non voleva che uscisse da solo dai confini del giardino, fuori dai quali non c'era nulla per parecchie miglia e non è che i suoi genitori uscissero poi molto. Preferivano passare tutto il loro tempo libero con lui, a casa.
Tra l'altro era un giorno qualsiasi; neanche a dire che qualche parente potesse fargli gli auguri per qualcosa. A parte che nessun parente gli aveva mai fatto gli auguri per qualcosa, da quel che ricordava. Beh, forse prima di diventare un Lupo Mannaro sì, ma era troppo piccolo e i suoi ricordi erano confusi.
Scosse la testa, non c'era nessuno che potesse desiderare di scrivergli.
Però...
La prima cosa che gli saltò all'occhio fu lo stemma che ornava la busta.
Il respiro gli si mozzò in gola ed il cuore cominciò a battere molto più veloce del normale – anche se il suo cuore era già più veloce del normale.
Non era possibile...
« Mamma, il gufo deve essersi sbagliato. »
Non poteva esserci altra logica spiegazione alla presenza di quella busta su quel tavolo.
« Il gufo non ha sbagliato, tesoro. Guarda dietro. » lo esortò Cardea, con un sorriso. Si era avvicinata senza far rumore e gli posò una mano sulla spalla, un tocco gentile e delicato per spronarlo.
Remus scosse la testa, confuso. Percepiva il suo cuore fare così tanto baccano che non era sicuro di aver sentito bene le parole della madre. Come poteva essere certa che la lettera fosse proprio per lui?
Era sicuramente per qualcun altro!
“Per il signor Remus Jhon Lupin.”
Quelle cinque parole furono uno straordinario colpo allo stomaco.
Sua madre aveva preso in mano la situazione ed ora teneva il retro della busta proprio sotto il suo naso. Scritto in bella grafia sulla pergamena c'era il suo nome e non quello di qualche altro undicenne scalpitante. Il suo. Remus Jhon Lupin.
Ebbe l'impressione che l'aria avesse deciso, in quell'istante, di diventare molto più densa e pesante. Boccheggiò per qualche minuto, incapace di parlare.
Gli bruciavano gli occhi ed era tanto che non succedeva. Erano passati secoli dall'ultima volta che aveva pianto.
« Vuoi aprirla, tesoro? » chiese Cardea, intenerita.
« Io- » cercò di parlare, ma la voce non gli uscì come doveva.
Era terrorizzato da qualsiasi cosa ci fosse scritta lì dentro. O qualsiasi cosa non ci fosse scritta.
Chiuse gli occhi, inspirò con decisione e... l'aprì.
« Leggila tu. » supplicò, con voce piccola.
« Oh, non essere sciocco, Remus! » disse Cardea, con una risata. Una delle sue, una di quelle gentili e che non ferivano. « Forza, apri gli occhi e leggi ad alta voce. »
Il ragazzo, anche se non era per niente convinto, ubbidì con uno sforzo che a lui parve immane.
« Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, » lesse a fatica, roco. Man mano che le parole scorrevano sotto i suoi occhi, il suo tono si affievoliva. « Caro signor Lupin, siamo lieti di informarla che lei ha diritto a frequentare la-»
La voce gli si spense e sembrava non voler tornare a collaborare tanto in fretta. Era...
Era...
« La Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts! » terminò per lui Cardea e lo abbracciò, ridente. « Oh, Remus! Non è meraviglioso?! Andrai a Hogwarts! »
Remus si lasciò soffocare dalle braccia della madre e dalla sua felicità. Sentiva le guance tutte appiccicose, piangeva, ma non era sicuro del motivo. Forse era felice? Pensò solo che era una sensazione strana, mentre il sapore salato delle lacrime gli impregnava la bocca e il tuonare ritmico del cuore, lo sentiva addirittura nelle orecchie come quando si trasformava, lo stordiva. Sarebbe andato ad Hogwarts. Da settembre e per i sette anni successivi sarebbe stato uno studente della migliore scuola di magia del mondo!
« Tu lo sapevi già, mamma? » chiese soffocato, il viso affondato nell'abbraccio che non aveva poi tanta fretta di spezzare. Non era molto sicuro di quello che provava.
« Sì, caro. Il professor Silente ci ha scritto, mesi fa, » mormorò Cardea. Lo allontanò da sé per poterlo guardare in viso. Remus si accorse che sorrideva e che il sorriso le illuminava tutta la faccia. « Ha voluto incontrare me e papà per definire alcune precauzioni da prendere. »
« Precauzioni? Quali precauzioni? » chiese Remus, allarmato.
« Sì, tesoro, precauzioni. Il professor Silente – e noi siamo d'accordo con lui, ritiene che sia necessario fare il possibile perché tu non possa mordere o ferire qualcuno. »
« Io non voglio fare del male a nessuno! » urlò Remus, ritraendosi di scatto. Era sbiancato di colpo e le cicatrici risaltavano orribili e rosee. « Non potrei mai- »
« Lo so, tesoro, lo so. » Cardea lo bloccò, paziente, con una carezza. « Il mio bambino non potrebbe mai fare del male a nessuno. Proprio per questo il professor Silente ha costruito una casa, apposta per le tue trasformazioni. Lì sarai al sicuro. Senza fare del male a nessuno. » Tranne che a te stesso, pensò cupa. Ogni nuova ferita che spuntava sul corpo del figlio era per lei una sconfitta ed un dolore immenso. Non desiderava altro che impedirgli di distruggersi in quel modo, ma non sapeva ancora come.
« Oh. Oh, va bene. » borbottò Remus, con lo sguardo basso. Era ancora pallido, ma sembrava essere un po' più calmo.
« C'è un'altra parte, non la vuoi leggere? » chiese dolcemente Cardea.
Remus scartò la lista degli oggetti da comprare e prese il foglio che sua madre gli indicava, una terza pagina che era uscita dalla busta e che prima non aveva notato. C'era scritto:
“Caro Remus,
voglio congratularmi con te per la tua ammissione ad Hogwarts.
Temo, però, di doverti chiedere fin da ora di fare attenzione. Molti mi giudicherebbero folle per averti permesso di entrare in questa scuola – qualcuno l'ha già fatto in effetti, ma sono certo di non sbagliarmi.
Potrai diventare un ottimo mago, Remus, ma ad alcune condizioni. È molto importante che nessuno studente scopra che sei un Lupo Mannaro, altrimenti, mi duole ammetterlo, sarò costretto ad allontanarti da Hogwarts. È quindi fondamentale che tu non riveli mai a nessuno la tua natura. Solo il corpo docenti sarà informato della tua situazione.
Con i tuoi genitori abbiamo stabilito delle semplici precauzioni per le notti di plenilunio, così che non accada il peggio. Non ti preoccupare, ti spiegherò tutto con calma, quando arriverai ad Hogwarts.
Albus Silente”


« Avverto papà che ti è arrivata la lettera, » lo informò Cardea, quando il ragazzo sollevò gli occhi dal messaggio di Silente. « È così orgoglioso! »
Uscì dalla stanza, con un sorriso così semplice e sincero che contagiò anche Remus.
Sarebbe andato a Hogwarts. Era vero. Era tutto scritto lì e non era un sogno. Guardò di nuovo la lettera del Preside e la ripiegò con cura.
« Perché mai, poi, dovrei dire a qualcuno che sono un Lupo Mannaro? » chiese turbato ad una pila di pentole sporche.
Remus Jhon Lupin, un Lupo Mannaro, sarebbe andato ad Hogwarts ed aveva una paura folle.
  
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