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Autore: fragolottina    24/08/2011    3 recensioni
'Anche io ho baciato solo una persona ed avrei voluto continuare a farlo…'
Era stata la prima volta che lo aveva sentito parlare ed anche la prima volta che il sapore delle lacrime gli aveva ricordato qualcos’altro.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
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sora vi do una buona notizia...da questo capitolo si inizia a capire di cosa intendo parlare...
ve ne do anche una cattiva...esattamente dopo aver finito questo capitolo potreste cedere alla tentazione di linciarmi...
è un bel enigma, no?
signore e signori, mi rimetto al vostro giudizio...accetterò di buon grado i fiori che vorrete regalarmi (perchè fragolottina nonostanto tutto è schifosamente ottimista), ma sarò anche tanto umile da prendermi tutti i pomodori che vorrete lanciarmi!
c'est la vie!
un bacio however...

Capitolo 3


A volte non sapere è molto meglio…
    ‘Se lo dici tu.’
    Cloud li aveva spediti alla cava, era il posto dove portavano le macerie che rallentavano la ricostruzione, gli aveva suggerito di andare lì, perché avevano dovuto togliere anche alcuni dei massi colorati che una volta occupavano la caverna che portava alla fortezza. Da quelle avrebbe potuto intagliare una lapide bellissima.
    L’unica cosa negativa era che la cava si trovava esattamente dall’altra parte della città e nessuno si era offerto di accompagnarlo, quindi si era pazientemente messo in marcia, ignorando il sole che si abbassava sempre di più; ora che era sicura, Radiant Garden era bella anche di notte, non c’era un angolo che non fosse illuminato e molti negozi rimanevano aperti anche dopo il tramonto. Fu proprio passando davanti ad uno di questi che si chiese quanto buio potesse fare in questa misteriosa cava.
    ‘Forse avremo bisogno di una torcia.’
    Fece per entrare dentro un Item Shop, ma si fermò ad osservare la vetrina con alcuni peluche, avrebbe dovuto portare un regalo a Kairi, qualcosa che le dicesse che, anche lontano, tutti i suoi pensieri erano stati per lei. Osservò un cuore peloso con attaccate sul retro delle aluccie di plastica lucida: quella era una buona idea.
    Non seppe mai cosa gli avesse fatto cambiare prospettiva, improvvisamente si trovò a fissare con uno strano groppo pulsante all’altezza del petto il riflesso delle persone che passavano alle sue spalle. Il riflesso di una persona, che disinvolta e con le mani in tasca, attraversava la via. Senza che ne fosse pienamente consapevole, sfiorò il vetro con una mano nella speranza di accarezzare quell’immagine.
    Il riflesso sparì e Sora si chiese se non si fosse trattato solo di un sogno, un moto nostalgico di Roxas. Ma guardò lo stesso verso la via che doveva aver imboccato.
    Non seguirlo. – lo ammonì, ma in realtà lo stava già facendo. Prima di corsa per raggiungerlo, poi più lentamente per studiarlo, per essere sicuro che fosse lui, ma senza farsi vedere. – Non può essere.
    ‘Guardagli i capelli, credi che possano essere di qualcun altro?’ gli domandò sarcastico, ma non erano solo i capelli – una massa ispida e rossa che dava l’idea di pungere solo a guardarla – era la camminata, le braccia e le gambe lunghe, la forma flessuosa. Se avesse avuto la divisa dell’Organizzazione non avrebbe avuto dubbi.
    Perché no? Magari qui è di moda…
    Sora scosse la testa con rimprovero, alzando per un attimo gli occhi al cielo per guardare le stelle. ‘Controllare non costa niente, se è morto sarà morto anche domani, quindi saremo comunque in tempo per costruirgli la tomba.’ tra quelle stelle, lontana eppure vicina, c’era Kairi sonnacchiosa nel letto che avevano condiviso tante volte di nascosto, per poi lasciarsi appena prima dell’alba e ritrovarsi un paio di ore dopo con un segreto che si scambiavano i loro occhi.
    Lui è morto, te lo ha detto anche Cloud, se anche fosse identico, sarebbe quel…quel…Lea. – la sua voce si affievolì triste – Non voglio vederlo guardarmi e chiedersi chi sono.
    ‘Tu ricordi lui ed io ti sento forte e chiaro, magari Lea avrà una specie di de-ja vu.’
    O magari chiamerà Leon per farsi aiutare a liberarsi di uno stalker.
    Sbuffò senza rispondergli e si guardò intorno, erano in una parte dove evidentemente i lavori erano iniziati da poco, le case erano disabitate e le persone che incrociavano sul cammino erano sempre più sporadiche; Sora rallentò e si fermò, rabbrividendo, se non fosse stato sicuro che quello non era più Axel si sarebbe preoccupato, perché aveva tutto l’aria di uno che stava cercando di isolarli il più possibile per poi derubarli, o ucciderli. Anzi, isolarlo, derubarlo, ucciderlo; avere una voce nella testa a volte confondeva, gli dava l’illusione di essere realmente in due, ma la verità era che lui era completamente solo.
    Averlo seguito non gli sembrò più un’idea così intelligente, cosa avrebbe fatto se lo avesse attaccato? Scosse la testa davanti a quella stupida paura, un Lea qualsiasi non poteva avere alcun motivo di volergli male, anzi, se era il corrispettivo di Axel come lui lo era di Roxas, avrebbero dovuto provare una sorta di empatia, o simpatia subitanea. Riprese a camminare più velocemente per non farsi lasciare indietro.
    Roxas valutò tutta la situazione incerto almeno quanto Sora, ma molto meno ottimista, cosa poteva fare lì un Lea qualsiasi? Forse era una specie di criminale, ma gli faceva strano pensare che il posto dove nascevano le principesse dal cuore puro potesse ospitare la criminalità organizzata. Cercò di cambiare punto di vista, si costrinse a prendere in considerazione l’impossibile. Se dentro a quel corpo, dentro a quel cuore ci fosse stata l’anima di Axel, se avesse pensato a lui giorno e notte, se avesse visto Sora e lo avesse riconosciuto…
    Torna indietro! – gridò dentro la sua testa.
    Sora si bloccò ancora. ‘Perché?’
    Vuole ucciderti.
    ‘Cosa?’ guardò l’uomo davanti a lui, sembrava essersi fermato, forse doveva incontrarsi con qualcuno.
    Ha un cuore, potrebbe amarmi, ma non può farlo perché…
    Un suono metallico costrinse Sora a fissarlo, nelle sue mani brillavano, sotto la luce di una luna tonda, due chakram; si voltò con calcolata lentezza e lo fissò, gli occhi sottili, minaccioso come un felino. Sora fece un passo indietro, senza staccare gli occhi da lui: pessima idea venire a Radiant Garden, pessima idea non dare ascolto a Cloud, pessima idea averlo seguito. E mentre il suo cuore batteva all’impazzata per la paura e per l’ansia di non sapere cosa fare – combattere? Non combattere? Scappare? Parlargli? – sentì la parte che apparteneva a Roxas sciogliersi nel calore della speranza.
    «Sora, tu sei Sora.»
    Deglutì chiedendosi se negare avrebbe potuto fare qualche differenza.
    Axel o Lea, o chiunque fosse ghignò. «Certo che sei tu.»
    «N-non farlo.» provò a farlo ragionare Sora, indietreggiando ancora. «Te ne pentiresti.»
    L’uomo fece schioccare la lingua contro il palato, sorridendo. «Pentirmi?» chiese sarcastico. «No…» scosse la testa. «credo proprio di no.»
    Axel sparì davanti ai suoi occhi, stava per attaccare, e Sora allungò una mano con la cieca fiducia nell’unica cosa che sapeva fare, l’unica cosa che era; ma il suo keyblade quel giorno pareva intimidito e lui fece appena in tempo a buttarsi di lato su un cumulo di sassi prima che Axel lo avesse raggiunto e gli avesse tagliato di netto un braccio con uno dei suoi dischi infuocati. Tutto il suo fianco sinistro si lamentò in previsione di un livido per niente piacevole e tanto meno sexy.
    ‘ROXAS!!’ ringhiò nella sua testa, perché aveva il sospetto che avessero idee differenti su come affrontare la crisi; lui gli fu addosso di nuovo, questa volta puntava a staccargli un piede probabilmente, allargò le gambe ed il colpo andò fortunatamente a vuoto, si tirò indietro febbrilmente aiutandosi con gambe e mani, faticosamente su quel mucchio sdrucciolevole di pietre.
    Riprovò ad afferrare il keyblade, davanti all’impossibilità di mettere abbastanza distanza tra lui ed il suo assalitore – che non era mai abbastanza morto per i suoi gusti – ma di nuovo il suo pugno si strinse intorno al niente.
    Non te lo farò uccidere! È il mio keyblade non il tuo!
    Oh, fantastico!
    «Non capisci, lui c’è, è dentro di me, se uccidi me lo perderai per sempre!»
    Si fermò sovrastandolo e nascondendolo in un ombra fitta e buia come le spire dei corridoi oscuri. «A queste cazzate non ci credo più.»
    Hai vinto, diglielo!
    «No, io non mi arrendo!» sbottò Sora fregandosene di chi poteva prenderlo per pazzo, tanto lo avrebbe ucciso comunque, no?
    Non devi arrenderti. – spiegò Roxas impaziente. – Digli ‘hai vinto’ e che quel bastoncino gliel’ho dato perché potessimo dividere il premio.
    Il colpo successivo lo sentì sibilare sopra la sua testa, mentre si lasciava scivolare di nuovo giù tra le sue gambe, passandogli sotto, la maglietta gli si arrotolò sulla schiena ed i sassi provvidero a graffirgliela tutta a dovere, ma era libero e fuori mira, aveva dieci secondi per scappare il più lontano possibile, non era il caso di lamentarsi.
    «Che diavolo stai farneticando?» chiese intanto alla voce suicida nella sua testa.
    Fallo! Lui capirà!
    Ma scappare gli sembrava un’idea molto più saggia, almeno finché Axel non lo raggiunse e lo colpì alla schiena; buttò fuori l’aria tutta insieme, rimanendo per un attimo completamente e spaventosamente senza fiato. Inciampò nei suoi stessi piedi e cadde a terra rotolando per un paio di metri. Quando si fermò era sdraiato a pancia in giù sulle macerie, prese aria deglutendo anche polvere e terra, fissando le scarpe ed i pantaloni dell’uomo avvicinarsi sinistramente; immerso nel panico e spaventato da morire, pensò, comunque, a quanto sembrasse strano Axel con i jeans e le scarpe da ginnastica.
    Lo rigirò sulla schiena con un calcio e Sora fu quasi sul punto di ringraziarlo perché in quel modo respirava meglio, respirava bene, aria pulita e senza polvere.
    Diglielo…
    Il viso gli pizzicava, doveva essersi graffiato anche quello.
    Diglielo, Sora!
    «Hai…» lo vide tirare indietro il chakram pronto per finirlo, strizzo gli occhi e si parò il viso con le mani, istintivamente. «hai vinto!» urlò con quanto fiato era riuscito a recuperare.
    Il colpo non arrivò, aprì gli occhi e lo vide immobile sopra di sé, combattuto, ma immobile, almeno per il momento.
    Continua!
    Prese fiato rincuorato, non ci capiva niente, ma evidentemente funzionava, frugò nella sua mente, com’è che era? Ah, si. «Il bastoncino, te l’ha dato perché condivideste il premio.» si fermò incerto. «Ma che significa?»
    Axel tirò ancora indietro il braccio pronto a farlo fuori e Sora recuperò la sua posizione accartocciata, ma il chakram si abbatté appena sopra di lui tintinnando; aprì gli occhi e si trovò davanti il proprio keyblade splendente, si sporse a baciarlo riconoscente, poi spinse aiutandosi con i piedi e riuscendo a respingerlo. Si sollevò sulle braccia e guardò Axel barcollare all’indietro confuso, grazie al cielo non si fece sotto di nuovo.
    Sora piantò la chiave a terra e la usò per sollevarsi in piedi, si sentiva sballottato e strapazzato – non era più abituato a lotte improvvisate – scrollandosi un po’ di terra di dosso fece una stima dei danni: tutto il fianco sinistro gli doleva, con due picchi alla spalla ed all’osso del bacino; la maglietta era appiccicata alla schiena e visto che non stava sudando, c’era solo un’altra alternativa; si toccò il viso per poi studiarsi le punte delle dita sporche di rosso e nero: sangue e terra. «Sono da buttare.»
    Fu il suo ultimo commento prima che Axel lo assalisse di nuovo, ma stavolta senza chakram; pensò di proteggersi con il suo keyblade ritrovato, ma Roxas non glielo permise, guidato da un’intuizione più allettante della propria sopravvivenza, e prima che realizzasse davvero cosa stesse succedendo si trovò le sue mani sulla schiena e la sua bocca premuta sulla propria. Pensò di lamentarsi, pensò di spingerlo via, pensò a Kairi ed alle sue labbra, le uniche che avesse mai baciato fino a quel momento; ma non fece niente, il desiderio di Roxas nella testa era talmente totalizzante che Sora non seppe più a chi appartenesse quel corpo. E nel dubbio lo lasciò alla sua controparte che sembrava decisamente meno confusa.
    Roxas gli afferrò il collo della maglia con le sue mani, se lo tirò addosso, andando incontro alla sua bocca dischiusa; la schiena gli doleva, dove Axel lo stringeva, premendo su tutta una serie di ferite, ma fermarsi e dirgli di lasciarlo gli sembrava assolutamente un’idea impraticabile.
    Axel distolse le labbra senza allontanarlo, studiandolo con i suoi occhi sottili e verdi esattamente come Roxas li ricordava. «Allora è vero.»
    Sora riprese coscienza di sé tutta insieme, anche se forse in quel momento avrebbe preferito che continuasse a vedersela quell’altro; si toccò le labbra e lo lasciò facendo un passo indietro colpevole, cosa avrebbe pensato Kairi? Come avrebbe fatto a dirlo a Riku? Non poteva nasconderglielo, aveva l’impressione che avesse una lettera scarlatta marchiata a fuoco sulla fronte. La ‘A’ di Axel.
    «Tu non dovresti essere Lea?» gli domandò indispettito, ottenendo una risata come una reazione.
    «Io sono Lea.»
    «Ma…»
    Non gli diede il tempo di finire. «Sei ridotto uno schifo.» osservò, poi gli indico una stradina dietro di lui con un cenno del capo. «Ti porto a casa e ti do una sistemata.»
    Si incamminò di nuovo davanti a lui.
    Sora si nascose il viso nelle mani, aveva baciato un uomo! Ed a lui non piacevano gli uomini, piacevano alla vocina nella sua testa. Mugugnò scuotendo la testa ancora immerso nei suoi palmi, sarebbe potuto essere a casa di Kairi in quel momento, lui avrebbe finto di dormire e lei gli avrebbe fatto le coccole, finché sarebbero diventate più languide e lui non avesse capito che c’era un ottimo motivo per fingere di risvegliarsi.
    Scusa…
    Forse lo avrebbe consolato se lui non fosse stato così sfacciatamente su di giri e felice, incredibile che Roxas contento fosse più detestabile di Roxas depresso.
    Lanciò un’occhiata alla figura dell’uomo che senza guardarsi indietro, camminava tranquilla in direzione di casa sua.
    ‘Ti fidi di lui?’
    Certo. – lo tranquillizzò.
    Sora deglutì. ‘Non mi violenterà, vero?’ domandò con apprensione.
    La sentì, dolce e densa, la tenerezza nei pensieri di Roxas per quella schiena, di secondo in secondo più lontana, era quasi palpabile. – Nah…non te.
    Sospirò, facendo alcuni passi nella stessa direzione; piano, piano scopriva nuovi acciacchi, la caviglia nella quale era inciampato che cedeva un po’ se ci caricava troppo peso, le ginocchia che pizzicavano a contatto con la stoffa dei jeans, ma ognuno dei quei piccoli doloretti non riusciva a bilanciare il benessere intenso che veniva dall’ombra del suo cuore.
    ‘Rassicurante, se non fosse che tu sei me.’

AAAHH!! non linciatemi, vi prego!

   
 
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