BUONA LETTURA!
Canzone che ha ispirato questa FlashFic: E penso a te - Lucio Battisti.
E PENSO A TE
Scusa
è tardi, e penso a te.
Ti accompagno, e penso a te.
Non son stato divertente e penso a te.
Sono al buio, e penso a te.
Chiudo gli occhi, e penso a te.
Io non dormo e penso a te.
Un
altro anno stava per giungere al termine. Un altro anno senza la parte
migliore
di me. Un altro anno senza di lei.
Sospiro, guardando l’orologio al mio polso. Un regalo di mio
padre, per Natale.
Come hai passato tu
quel giorno? Mi domandai, sapendo che
non avrei mai avuto una risposta. Il dolore non era svanito neanche per
un
secondo. Sono passati due anni – forse qualche mese in
più – da allora, eppure
il tuo ricordo è ancora vivo dentro di me. Scossi il capo,
cercando di non
pensarci troppo. Almeno non questa sera.
―
Edward, sei pronto? ― domandò Alice, entrando in camera mia.
―
Sì, arrivo subito. ― risposi, afferrando la giacca e uscendo.
Abitavo
in una piccola villetta a schiera nella Fifth
Avenue di Manhattan, New York. Ormai mi ero abituato a quella
città, a quel
ritmo frenetico. Avevo da poco concluso la prima parte di
specializzazione
medica al college, iniziando così il mio primo e vero
tirocinio al Presbyterian
Hospital. Avevo ventiquattro anni e di strada per diventare medico ne
avevo
ancora molta da percorrere, ma quello era ciò che volevo
fare. Fin da quando
avevo sei anni. Molti dei miei compagni di scuola sognavano di fare i
calciatori, i motociclisti… io sognavo di fare il medico. Il
pediatra, per
essere esatti.
―
Dovremmo incontrarci con Rose e gli altri tra un’ora. ― disse
Alice,
risvegliandomi dai miei pensieri ― Sono le dieci, Edward. Ce la
facciamo ad
arrivare al locale per le undici? ― annuii, aprendo la macchina con il
piccolo
telecomando nero.
―
Devo andare a prendere Tanya. ― informai Alice, mettendo in moto e
ingranai la
prima, uscendo dal parcheggio.
―
Tra voi c’è qualcosa? ― chiese mia sorella, con
fare noncurante.
―
Cosa dovrebbe esserci?
―
State insieme?
―
Alice, ma che razza di idee ti vengono?
―
Scusami, ma Edward sono passati quasi due anni. Pensavo che tu ti fossi
rifatto
una vita qui a New York.
―
Beh, ti sei fatta un’idea sbagliata. ― quasi le ringhiai
addosso ― Alice, Tanya
è una carissima amica, ma tra di noi non
c’è niente. Ci abbiamo provato, ma lei
è ancora psicologicamente instabile. Mentre io… ―
lasciai la frase a metà. Non
dovevo aggiungere nient’altro, mia sorella avrebbe capito.
―
Sei ancora innamorato di lei? ―
annuii soltanto ― L’hai più sentita? ― scossi il
capo. Non sapevo più niente di
lei. Più nulla. Ricordo ancora quel periodo, prima della
rottura. Le cose non
era chiare, né erano tutte rose e fiori. Ma credevo
nell’amore, nel suo amore
per me. Se mi avessero chiesto di
buttarmi da un burrone, mettendo in
conto che per salvarmi fossi dovuto essere certo del suo amore per me,
avrei
accettato senza esitazione. Quanto mi sbagliavo… Eravamo
sempre stati noi, da
sempre e per sempre. O almeno, così credevo.
―
Tu? ― domandai ― L’hai più sentita, tu? ― scosse
il capo.
―
Sono due anni che non la sento. ― parlò flebile ― Quando
avete rotto ci
scambiavamo qualche SMS o qualche E-mail, ma nulla di più.
La vedevo strana, lo
sai. Ma non mi ha mai voluto dire nulla. E poi…
―
Poi avete smesso di sentirvi.
Conclusi
la frase, giusto in tempo per vedere Tanya fuori, sul marciapiede. La
sua
famiglia era un caso disperato: sua madre beveva, mentre il padre era
sempre
fuori a farsi qualche prostituta. Capivo perché, fin da
quando aveva
quattordici anni, aveva cominciato a farsi di cocaina. La sua
situazione non
era per niente facile. Anzi, tutto il contrario.
―
Ciao! ― salutò entrando in macchina. Non era affatto male a
livello fisico:
capelli biondo/rossicci, forme al punto giusto, alta
all’incirca un metro e
settanta, occhi azzurri.
―
Tanya, quante volte ti ho detto di non aspettarmi sul marciapiede? Sai
che il
tuo quartiere non è dei migliori. Gira brutta gente.
―
Scusa Edward. Ma se non uscivo subito da quella casa commettevo un
duplice
omicidio.
―
Discutono ancora? ― domandò Alice, riferendosi ai suoi
genitori. Tanya annuì,
ma non aggiunse altro.
Arrivammo
al locale poco prima delle undici. Emmett e Jasper non avrebbero avuto
nulla da
ridire. Parcheggiai non molto distante e notai subito la chioma mossa e
bionda
di Rosalie. Ci dirigemmo verso di loro all’istante. Emmett
era mio fratello
maggiore, aveva ventotto anni. Jasper e Rosalie, invece erano coetanei
miei e
di mia sorella: il primo aveva la mia età, la seconda quella
di Alice.
Prendevamo spesso in giro Emmett, sostenendo che fosse un pedofilo. Tra
lui e
Rose c’erano sette anni di differenza. Ma lui non si
scomponeva mai. Quando la
conobbe erano all’università, ciò
implicava che lei non fosse minorenne e
questo rendeva tutto legale e possibile.
Passammo
la serata a bere, chiacchierare e divertirci. Io, almeno, ci provai. A
mezzanotte precisa alzammo i calici e brindammo al nuovo anno.
L’ennesimo.
Mentre tutti facevano il trenino, ballando e cantando, mi allontanai.
Presi la
giacca e uscii un po’ fuori. Estrassi il mio pacchetto di
sigarette e ne accesi
una. Non fumavo spesso, anzi, questa era proprio una novità.
Avevo cominciato
neanche un anno fa. Era una pessima abitudine, lo sapevo, specialmente
per uno
che voleva fare il pediatra. Ma ne fumavo giusto qualcuna, quando ero
nervoso o
giù di corda.
―
Il fumo fa male, dottore. Non glielo hanno insegnato?
―
Non dovresti stare dentro a festeggiare con gli altri, Tanya?
Si
avvicinò, scrollando le spalle, mentre si stringeva nella
giacca nera.
―
Troppi alcoolici. ― rispose, alzai un sopracciglio.
―
Tu hai problemi di altro tipo, non di alcool.
―
Hai ragione.
―
Allora, qual è la versione ufficiale?
―
Ti ho visto uscire e ho pensato di farti compagnia. ― concluse,
diventando
rossa come un peperone. Mi fece sorride.
Tanya
aveva ventidue anni. Non andava al college e non lavorava. Il primo non
poteva
permetterselo, il secondo… era ancora un rischio.
―
Non sono molto divertente questa sera, mi spiace.
―
Edward, tu non sei mai divertente. ― mi accigliai. Non era
assolutamente vero!
Io ero un tipo divertente, certo prima lo ero di più.
―
Sono un ragazzo molto spiritoso, io.
―
Oh certo, certo. ― rispose, scoppiandomi a ridere in faccia.
―
Visto? ― chiesi ― Ti ho fatta ridere. ― si avvicinò a me,
accarezzandomi il
viso. Afferrò la sigaretta e la buttò a terra,
spegnendo il mozzicone con un
piede. Mi accarezzò il colletto della giacca e si
alzò in punta, posando le sue
labbra sulle mie. Il bacio fu innocente, dolce, disperato. Quasi come
se avesse
bisogno di conferme, di qualcuno su cui poter contare. Risposi a quel
gesto,
posando le mani sui suoi fianchi. Ma a lei si sovrappose un altro
volto:
capelli scuri, occhi nocciola, un viso a cuore. Mi staccai, quasi come
se mi
fossi scottato. E ripensai a quegli anni. Ripensai a quel giorno di
Novembre di
molto tempo fa.
Ero
andato a Los Angeles, il mio aereo
era in ritardo. Le cose tra me e lei
non andavano più troppo bene. I nostri impegni ci rubavano
un sacco di tempo.
Spaventato da tutto ciò decisi di andare da lei e passare
insieme un week end,
senza distanza, senza distrazioni. La sentivo lontana, distante. Volevo
porre
fine a tutto quello. Avevo cercato perfino un college più
vicino a lei e lo
avevo trovato. Peccato che non servì più. Quando
arrivai nel luogo
dell’incontro – Hollenbeck Park – mi
sentii gelare il sangue, e non per il
freddo di quel periodo. Seduta su una panchina c’era la mia ragazza insieme a qualcun altro.
Erano seduti vicini, uno
accanto all’altra. Lui le stava accarezzando una guancia.
―
Vieni con me. ― disse lui, avvicinandosi a lei pericolosamente. La
quale
sorrise, ricambiando il gesto.
―
Sei un caro ragazzo, Jake. ― Jake, Jacob
Black. Quel nome mi rimbombò nelle orecchie. Da
quando quel cane era a Los
Angeles? E perché lei non me ne aveva parlato? Sapevo, fin
dai tempi in cui
abitavamo a Forks, che Jacob Black provava un forte interesse nei suoi
confronti. La cosa mi lasciò perplesso. Ma non volevo dare
nulla per scontato.
Magari era un caso, magari il destino mi metteva alla prova.
―
Quest’anno, qui con te, è stato il migliore della
mia vita. ― disse lui, ed
ogni traccia di speranza svanì, si sciolse come neve al sole.
―
Anche a me è piaciuto molto, Jake.
Non
volli più sentire niente. Facendo attenzione a non
disturbarli indietreggiai,
sperando che nessuno dei due mi vedesse. Non volevo fare sceneggiate,
ma se mi
avessero visto sicuramente avrei preso a pugni quella sua faccia da
ragazzino
immaturo. E lei… non me
lo aspettavo
proprio. Capii tutto, però. Tutte le volte che diceva di
stare in libreria fino
a tardi, le uscite a orari assurdi con i compagni di corso…
quanta fiducia
vana. Quanta fiducia andata persa. Un futuro che, probabilmente, vedevo
e sognavo
solo io, andato a rotoli. Tornai in aeroporti e presi il primo volo per
New York.
Decisi che se era così che stavano le cose, era meglio
finirla lì. Non volevo
diventare cattivo o scontroso nei suoi confronti, ma al momento avevo
solo
rabbia cieca. Ira latente, pulsante. Lei,
così piccola e indifesa, mi aveva distrutto il cuore.
Fu
in quell’occasione che conobbi Tanya. Era completamente
fatta, fuori
dall’aeroporto. Quando mi vide, senza una ragione precisa,
venne da me e mi
chiese aiuto. Mi raccontò la sua storia e cercai di
aiutarla. Per un po’ la
feci stare a casa mia. Era una casa grande per un persona sola, una
stanza non
mi avrebbe privato di chissà quale spazio.
L’aiutai a uscirne, anche se furono
settimane dure, mesi pesanti. Ma alla fine ce la facemmo, insieme. I
momenti
peggiori erano le notti. Turbolente, violente. Veloci corse in ospedale
perché
le venivano attacchi di panico o di epilessia.
―
Grazie mille, Edward. ― disse una
volta ― Grazie per questa notte, ne avevo
proprio bisogno. ― Aveva avuto una crisi
più forte delle altre, eravamo agli
inizi. Così decidi di accompagnarla in una clinica. La
mattina dopo venne a
prendere alcune cose che aveva lasciato da me, insieme
all’assistente sociale,
o come si chiamano in questi casi.
―
Quando vuoi, Tanya. ― risposi ― Per te ci sono sempre.
Ed
era vero. Era troppo fragile perché affrontasse la vita da
sola. Aveva bisogno
di qualcuno, ed io volevo darle una mano.
―
Mi dispiace… ― disse Tanya, risvegliandomi dai miei pensieri
― Non so perché ti
ho baciato.
―
Non fa nulla. È capitato.
―
Edward, io… ― la interruppi, sapevo cosa avrebbe detto. Ma
non potevo spezzarle
il cuore un’altra volta. Non se lo meritava.
―
Tanya, tu sei una ragazza stupenda. Ma non sono pronto per una
relazione.
―
C’entra lei, vero? ―
domandò, con una
nota di tristezza nella voce ― La ragazza dai capelli mossi e castani.
Quella
di cui hai la foto sul comodino.
―
Sì. ― risposi,
soltanto.
―
Se è destino la riavrai, Edward. ―
disse, cercando di sorridere ― E se questo non
accadrà, io sarò qui ad
aspettarti.
Mi
avvicinai a lei e l’abbracciai forte.
―
Ti voglio bene, Tanya.
―
Ti amo, Edward.
Le
posai un delicato bacio sulla fronte e mi avviai verso la macchina.
Sapevo che
Alice e gli altri l’avrebbero riaccompagnata a casa.
Ero
sdraiato supino, fissavo il soffitto completamente al buio. Cosa stava
facendo
adesso? Con chi era in quel preciso momento? Ancora con Jacob? O forse,
ora,
stava con qualcun altro. Un altro, che comunque non ero io.
Chiusi
gli occhi, provando a dormire. Ma fu tutto inutile. L’unica
immagine che riuscivo
a immaginare era la sua. Il suo
viso,
il suo corpo, le sue attenzioni per me, i suoi baci… mi
voltai su un fianco,
provando a pensare ad altro, ma fu tutto inutile.
Passai
la notte così, crogiolandomi nei ricordi. Quando il chiarore
dell’alba mi
sorprese mi misi a sedere, passandomi una mano tra i capelli. Afferrai
la sua
foto dal comodino, ancora incastonata in quella cornice
d’argento che comprai
diversi anni fa. Osservai la fotografia, accarezzando quel dolce viso
coi i
polpastrelli e sorrisi amaramente.
―
Buon anno, Isabella. ― dissi,
riponendo l’oggetto dove l’avevo preso.
Mi alzai, spalancando la
finestra e assaporai l’aria fredda che si infrangeva contro
il mio viso. Un
sorriso tirato comparì sul mio viso. Un nuovo anno era
iniziato, l’ennesimo.
Senza di lei.
Ecco la fine
della storia. Cosa dire? Queste cose, purtroppo, succedono. Entrambi si
amavano, entrambi erano insicuri,
entrambi hanno sbagliato a non cercare un confronto nell'altra persona.
Ha un nome tutto ciò? Sì, la non fiducia. Edward
va da Isabella, ma cosa trovo? Lei seduta con un ragazzo, il quale
moriva dietro Bella fin da quando erano adolescenti. Dal canto suo,
però, Bella non ha mai detto nulla a Edward. Probabilmente
perchè non riteneva che la cosa fosse importante da sapere, perciò non
cercate malizia perchè io non ve ne ho messa.
Isabella crede che Edward non si sia presentato all'appuntamento -
pensiero sbagliato
- così va a New York, ma trova il suo ragazzo con un'altra
donna. Trae conclusioni errate. Edward la vede con Jacob, pensa
così che lei lo stia tradendo - pensiero sbagliato - torna a
New York e incontra Tanya, la aiuta. La ragazza si infatua del giovane,
ma il suo cuore appartiene ancora alla giovane ragazza cresciuta a
Forks. Destino, fato, poca fiducia, fraintendimenti, lontananza, nuova
vita, arroganza di sapere senza chiedere... e molto altro. Questo porta
molto spesso a far finire anche la più grande delle storie
d'amore. Entrambi
sbagliano, entrambi perdono.
Entrambi - nonostante le loro vite vadano avanti - si cercano, si
amano. Ma entrambi sono troppo feriti
per cercare un contatto. Isabella sta con Jacob, Edward tra poco
diventerà pediatra... Due vite unite fino allo stremo che,
per colpa della fatalità, vengono divise. Ho voluto dare a Isabella la
parte di quella che rialza, perchè credo che nel fandom ci
siano moltissime storie dove Edward la lascia e lei, troppo distrutta
dal dolore, respinge tutto e tutti. Edward magari si
metterà con Tanya - che come avrete potuto vedere
è completamente diversa dalla classica Tanya che si trova in
moltissime ff - chi lo sa. Oppure troverà un'altra donna,
oppure ancora, troverà il coraggio di andare a parlare con
Isabella, per chiarire. E dopo chi lo sa... Come la vita che da tante
domande e mai una risposta, la mia piccola flash si conclude qui.
Lasciando a voi l'immaginazione del dopo. Mi è stato chiesto
di pensare ad un altro capitolo, un piccolo extra per dare ai due
protagonisti un lieto fine... Sinceramente non lo so. La storia era
stata pensata così come l'avete letta, perciò non
so se vi sarà il lieto fine, per adesso - sicuramente -
c'è solo questa
fine.
Spero di non avervi delusi, in caso contrario scusatemi tanto!
Un abbraccio :)