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Autore: effewrites    25/08/2011    12 recensioni
[COMPLETA!]
Dopo la disfatta di Crono, al Campo Mezzosangue sembra essere tornata la pace. Scott Walker ha quindici anni ed è un semidio, figlio di Apollo. Passa ogni estate al Campo, insieme ai suoi migliori amici Leighton e Alec. Fin'ora tutto sembra essere andato per il meglio, ma quando strane tenebre e agghiaccianti mostri iniziano ad attaccare, Chirone avverte i semidei che qualcosa di estremamente pericoloso si è risvegliato. E vuole vendetta.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Campo Mezzosangue'
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Firmo la mia condanna a morte.

 

La mattina dopo mi svegliai parecchio intontito. La sera passata mi scivolava davanti agli occhi come un film, e sentivo gli acciacchi della caduta e i muscoli doloranti per la corsa.
Ero fuori allenamento per il combattimento contro i mostri.
«Ehi, eroe, perché non alzi il sedere dal letto e vai a farti vedere un po’ in giro? Chirone ti ha risparmiato la sveglia all’alba solo per quello che è successo ieri sera, ma se te ne approfitti non credo che sarà contento»
Aprii di scatto gli occhi e mi misi a sedere, avendo riconosciuto la voce di chi aveva appena parlato.
«Jen!» esclamai con un sorrisone alla biondissima ragazza riccia appollaiata sul mio letto, con un sorrisetto dipinto sul viso.
«Ben arrivato, fratello!»
Jenny Ray era una delle mie sorelle, figlia di Apollo, la prima che avevo conosciuto quando tre anni prima ero arrivato al Campo Mezzosangue. Era, molto probabilmente, la mia sorella preferita.
«Quanto ho dormito?» le domandai mentre mi massaggiavo una spalla con una smorfia.
«Abbastanza. Sono le undici passate, ma non ce la sentivamo di svegliarti. Chirone ha detto che per oggi potevi dormire quanto volevi»
Sospirai, strofinandomi gli occhi con uno sbadiglio e passandomi poi le mani fra i capelli. «Che ne hanno fatto di quei due giganti?»
Jen si strinse nelle spalle esili, saltando giù dal letto in tutta la sua altezza. «Non ne ho idea. Ieri sera hanno fatto sgomberare la zona, e stamattina quando ci siamo svegliati già non c’erano più»
Annuii tra me e me, ancora mezzo addormentato, mentre Jen mi dava una pacca sulla spalla e usciva dalla cabina raccomandandomi di farmi trovare sveglio a pranzo, per seguire almeno le attività del pomeriggio. Con un sospiro, decisi di darle retta. Mi alzai di malavoglia dall’invitante letto e fui parecchio felice di ritrovare il mio borsone proprio accanto al piccolo comodino a mia disposizione.
Noi della cabina di Apollo siamo i più numerosi, insieme a quelli di Ermes, e questo significa minor spazio personale a disposizione. Certo, da noi non si corre il rischio che qualcuno ti rubi qualcosa proprio sotto il tuo naso, ma è comunque un po’ scocciante ritrovarsi confinati in un angolo di camera, soprattutto per chi come me è abituato ad avere grandi spazi personali.
Ad ogni modo, siccome quella mattina mi ero svegliato così tardi e la cabina era completamente vuota, l’impatto non fu traumatico come lo era stato gli altri anni. Ebbi tutto il tempo di svegliarmi, lavarmi e vestirmi in santa pace. Per mezzogiorno, mi arrischiai ad abbandonare la cabina.
Il sole mi colpì dritto in viso, e per me fu meglio di una boccata d’aria fresca. Chiusi gli occhi e mi stiracchiai, sentendo i muscoli come rinvigoriti dal calore dei raggi di sole. Sorrisi, e mi guardai intorno.
Il campo era esattamente come lo ricordavo: le ventuno case delle divinità maggiori e minori, disposte tutt’intorno a formare una grande ‘omega’; il muro dell’arrampicata, dal quale usciva anche la lava; lo spazio per i falò; la Casa Grande, dove risiedeva lo spirito dell’Oracolo di Delfi nel corpo di quella ragazza, la rossa, quella di cui non ricordavo mai il nome. Non era cambiato nulla.
«Sei un idiota, Alec, un idiota!!»
E quegli strilli inviperiti mi convinsero che anche ‘qualcuno’ non era affatto cambiato.
«Chiudi il becco e torna a sferragliare nell’officina, LeeLee»
«NON CHIAMARMI LEELEE!!»
«Voi due avete bisogno di darvi una calmata. Sul serio, ragazzi. Potrebbe venirmi una crisi di nervi a starvi a sentire mentre litigate per tutta l’estate»
I due semidei si voltarono a guardarmi, e in un attimo mi ritrovai soffocato da un abbraccio stritolante, che poteva essere solo di una persona a questo mondo.
«Sei arrivato! Sei qui! In nome degli dei, sei qui!»
Mi ritrovai a fissare sconcertato un paio di occhi scuri come due chicchi di caffè, grandi e splendenti, che occupavano buona parte di un viso tondo e olivastro, in questo momento attraversato da un orecchio all’altro da un sorriso splendente, e circondato da una cascata di voluminosi capelli neri legati in una coda di cavallo alta.
«Leighton» salutai la ragazza, e poi spostai lo sguardo sul suo compagno. «Alec! Te la prendi per un secondo? Il tempo di respirare di nuovo»
Alec, un ragazzo alto e bello come ogni figlio di Afrodite che si rispetti, scosse la testa castana e mise le mani davanti a sé. «Scordatelo, l’ho già sopportata abbastanza» disse fulminando Leighton con uno sguardo glaciale degli occhi verdi, che lei non mancò di ricambiare.
Leighton e Alec si detestano dal primo giorno in cui si sono incontrati. Ma, ne sono certo, sono anche amici indivisibili. Insieme, noi tre, eravamo un trio. Dal primo giorno che avevo messo piede al Campo Mezzosangue. Era destino, ne sono sicuro.
Alec, come ho detto, era un figlio di Afrodite. Leighton, invece, figlia di Efesto. In teoria sarebbero dovuti essere fratello e sorella, dal momento che i loro genitori divini erano marito e moglie. In teoria, eh.
«È da una vita che non vi vedo» sospirai, felice di essere tornato alla quotidianità dei loro battibecchi estivi.
«Dall’estate scorsa» precisò Alec, mentre Leighton mi liberava dalla sua presa.
«Non è cambiato nulla» sghignazzai dando voce ai miei pensieri precedenti.
Ci avviammo al padiglione della mensa per il pranzo, raccontandoci a vicenda i lunghi nove mesi che avevamo trascorso lontano dal campo.
Leighton stava mettendoci al corrente delle ultime follie di sua madre, la signora Gonzales, quando mi ritrovai ad osservare il grande spazio pieno di panche, una per ogni cabina, dove tutti i semidei mangiavano insieme. Stranamente, mi sembrava più pieno del solito.
«Dì un po’» dissi rivolto ad Alec. «Sbaglio o quest’anno siamo aumentati?»
Lui inarcò un attimo un sopracciglio, osservando il padiglione, e poi fece un «Oh!» di comprensione.
«Non te n’eri accorto? Sono arrivate le Cacciatrici» disse.
«Le che cosa?»
«Cacciatrici di Artemide» intervenne Leighton, indicando con la mano il gruppo di una dozzina di ragazze raggruppate intorno al tavolo della cabina di Artemide, solitamente vuoto dal momento che la dea aveva fatto voto di castità e quindi non poteva mettere al mondo mezzosangue. «Sono qui da qualche giorno. Di passaggio, così ha detto Artemide»
Le ragazze erano tutte giovani – la più piccola potrà aver avuto una decina d’anni, la più grande quindici – avevano i capelli intrecciati e sorridevano e ridevano felici e spensierate. A capo tavola spiccava una giovane dai capelli corti, neri e scompigliati, adornati da un cerchietto d’argento. Anche da dove mi trovavo io si vedevano le iridi di un blu che non avrei potuto definire in nessun’altra maniera se non palpitante d’elettricità, sottolineate da parecchio eyeliner passato sui bordi delle palpebre. A differenza delle altre, che portavano vestiti di colore chiaro, indossava una maglietta scura con su la stampa di un gruppo musicale che conoscevo. Sorrisi.
«Oh, ti prego, non fare gli occhi dolci alla figlia di Zeus» sbottò Leighton con un sorrisetto malevolo. Le lanciai un’occhiataccia.
«Non le stavo facendo gli occhi dolci. Aspetta… figlia di Zeus? Vuoi dire che quella lì è Talia? La Talia dell’albero?»
Conoscevo, come ogni mezzosangue, la storia del pino che delimitava i nostri confini e che tutti chiamavano “l’albero di Talia”. La ragazza, al suo arrivo al Campo Mezzosangue, aveva lottato fino alla morte per proteggere i suoi compagni di viaggio. Zeus aveva poi avuto pietà di sua figlia e l’aveva tramutata in un pino. Era poi tornata una ragazza grazie al Vello d’Oro, ma questa parte della storia non me l’aveva mai spiegata bene nessuno.
Silenziosamente io, Alec e Leighton ce ne andammo alle nostre rispettive panche, andando a bruciare le offerte votive agli dei nel braciere e tornando poi a sedere. Ritrovai tutti i miei fratelli e le mie sorelle, che vollero sapere nei minimi dettagli cosa fosse accaduto la sera precedente con i giganti.
Nonostante mi piacesse stare al centro dell’attenzione, iniziai a innervosirmi quando mi accorsi che non riuscivo neanche a prendere una sorsata d’acqua senza che qualcuno mi domandasse qualcosa.
Verso la fine del pranzo, venimmo richiamati all’ordine dal Signor D, altrimenti conosciuto come Dioniso.
Cosa ci faccia il dio del vino in un campo estivo per semidei, ce lo chiediamo tutti, lui compreso. Odia stare qui quasi quanto noi odiamo averlo in giro. Solo che almeno noi abbiamo la decenza di provare a negarlo.
«Allora, sì, sì, inizia un’altra estate, yuppy! Che allegria. Abbiamo iniziato proprio bene ieri con quelle due discariche ambulanti. Dunque, come avrete notato abbiamo qui presenti le Cacciatrici», e quest’ultima parola gli uscì dalla bocca come fosse stata un sinonimo di “pagliacci”. «e questo significa che a breve avrà luogo la tradizionale partita di Caccia alla Bandiera, che voi mammolette non mancate mai di perdere. Comunque, sono stati affissi alla bacheca qui fuori i turni delle pulizie e gli orari delle attività, quindi vedete di andare a darci una controllata. Detto ciò, sparite dalla mia divina vista»
Guardai Jen, all’altro capo del tavolo che stava facendo uno sforzo immane per trattenere uno scoppio di risa. Proprio mentre stavamo per alzarci, però, due nuove figure fecero ingresso nella sala. Ce ne accorgemmo perché le Cacciatrici scattarono in piedi, con i menti alti e le espressioni fiere, e si accomodarono soltanto quando una ragazzina dai capelli ramati, bella da togliere il respiro, diede loro il permesso.
«Un discorso esemplare come sempre, caro fratello» disse la ragazza.
Il Signor D sbuffò. «Non prenderti gioco di me, Artemide»
Balzai sull’attenti anche io, tra le risatine generali dei miei fratelli, osservando la giovane dea. Quella era Artemide? Be’, avrebbe spiegato il comportamento delle Cacciatrici…
«Su, su, Signor D. Abbiamo di meglio da fare che litigare» disse bonario Chirone, uomo di mezza età dalla testa fino alla vita, e da lì in giù cavallo.
«Prima che ve ne andiate» aggiunse, rivolto a noi. «La divina Artemide e io vorremmo organizzare un incontro tra voi semidei e le Cacciatrici»
«Per incontro intende un combattimento?» domandò una ragazza della cabina di Afrodite, seduta accanto ad Alec.
«Esatto, Jolene. Uno contro uno, un combattimento amichevole. Le Cacciatici hanno tre nuove reclute, e Artemide vorrebbe dar loro una dimostrazione pratica di duello»
«Non bastava la Caccia alla Bandiera?» domandò un ragazzino della casa di Demetra, con un gemito. Molti mormorii precedettero la risposta di Chirone.
«Niente storie, ragazzi. Ora, se Artemide vorrà scegliere la Cacciatrice che si farà avanti nella sfida…»
«Vado io»
Artemide sorrise compiaciuta. Tutti si voltarono ad osservare la ragazza che aveva parlato, alzatasi in piedi, che io riconobbi come la ragazza che la sera prima aveva sconfitto i due giganti, ammaccandomi lo stinco.
Doveva avere la mia età, più o meno. Aveva i capelli castani tirati indietro in una treccia, così che il viso era illuminato dalla luce – anche se sembrava ne irradiasse di propria. I tratti del viso delicati erano induriti in un’espressione fiera; gli occhi erano grigi, spettacolari, come un cielo tempestoso, e mi accorsi che erano assurdamente simili a quella di Talia. Solo il colore differiva. Intorno vi aleggiava la stessa aura elettrica.
«Lena Storm» mormorò la dea, quasi accarezzando il nome con le labbra. «Non ho nulla in contrario»
Lena fece un cenno di ringraziamento con la testa, mentre mi dicevo tra me e me che era buffo che una ragazza con quegli occhi facesse “tempesta” di cognome.
«Bene. Lena Storm per le Cacciatrici. Come rappresentante del campo, chi si offre?» domandò ad alta voce Chirone.
Lessi la voglia di farsi avanti su parecchi volti dei figli di Ares, ma prima che qualcuno di loro potesse proporsi ero già balzato in piedi, con una mano alzata per aria. «Io, Chirone. Mi offro io»
Guardai Lena, che a sua volta mi squadrò da capo a piedi con aria di superiorità, mentre sentivo crescere dentro di me la voglia bruciante di ripagarla per quel calcio della sera prima. Colsi anche le occhiate stupefatte di Leighton e di Alec, così come molti sguardi scettici da parte degli altri semidei.
«Sei sicuro, Scott?» domandò Chirone, a braccia conserte, sorridendo.
Annuii. Senza modestia, sapevo di essere uno dei migliori arcieri e spadaccini del campo. Quella Lena non avrebbe avuto nessuna possibilità contro di me, ne ero sicurissimo.
«Molto bene, allora! Campeggiatori, vi invito ad applaudire il vostro rappresentante, Scott Walker della cabina di Apollo!» disse il centauro.
Dal mio tavolo di levò uno scroscio di grida di gioia e applausi, mentre i miei fratelli mi battevano sulle spalle dicendomi «Falla nera, Scott!» oppure «Fai tornare le Cacciatrici a casa con la coda tra le gambe!»
L’euforia durò per cinque minuti buoni, finché non uscimmo dal padiglione.
Alec e Leighton mi raggiunsero immediatamente, eccitati come gli altri all’idea dello scontro.
Prima però che potessimo gioire o preparare strategie, notai le Cacciatrici che si dirigevano tutte insieme verso la cabina di Artemide, e Lena e Talia che, rimaste indietro, parlottavano fitto fitto tra loro. Ora che erano vicine, la loro somiglianza era ancora più lampante. Avrebbero potuto essere facilmente scambiate per sorelle.
«Ci vediamo in campo, allora» esclamai rivolto verso di loro. Talia fece un sorrisetto, Lena la imitò.
Una delle Cacciatrici aveva notato la scena. Fece un passo verso di me e, con una risata sprezzante, disse: «Hai firmato la tua condanna a morte, pivello».











L'angolo della Malcontenta: *Rullo di tamburi* Voilà. Secondo capitolo. A grande richiesta, e spero non sia deludente D:
Iniziamo con una piiiiiccola panoramica dei nuovi personaggi. Jen. Lei è del tutto dedicata ad un'altra Jenny, un'altra figlia di Apollo, il mio raggio di sole, che mi sopporta sempre :'3 E' tutta per te, dolcezza.
Alec&Leighton. I loro nomi devono SEMPRE essere legati insieme, sappiatelo e.e e teneteli d'occhio. Teneteli molto d'occhio.
Lena. Non odiatela, per favore. E' un personaggio complicato, anche se non sembra, e nei prossimi capitoli si saprà parecchio di lei.
C'è Talia *___* Sì, Talia SENZA la H nel mezzo, perché quello è il nome americano, siamo in italia e allora parliamo italiano D:< Talia è il mio personaggio preferito della serie di PJO e non potevo non farle fare un cameo (piuttosto lungo e importante, come vedrete).
Mi fermo qui, altrimenti annoio :') solo, vi invito a fare un salto sul mio blog (http://malcontenta.blogfree.net/) dove ogni tanto posto qualche traduzione :D
Grazie a tutti quelli che hanno letto e recensito.
xoxo Eff

ps. Il nome della mamma di Scott, Molly, è un tributo alla Mamma con la lettera maiuscola: Molly Weasley :'3 

  
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