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Autore: hermana    26/08/2011    1 recensioni
è l'amore che vince su tutto? può esso essere superiore alla classe sociale, alla diversità, all'ipocrisia? si può cambiare vita? ecco cosa si chiedono da sempre shin e alex, due giovani di razza, cultura e stato sociale differente..accomunati dal solo dolore, da una vita passata a lottare..posso due anime appesantite dalla vita trovare sostegno l'una nell'altra?
regni fantastici, corti in lotta, intrighi, amori, una corsa contro il tempo per la vita di chi si ama...
se vi ho incuriositi leggete :)
Genere: Commedia, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap 19


La pioggia batteva inesorabile sui vetri dello studio regale, il cielo di quella notte di fine maggio era nuvoloso come fosse pieno inverno. Seduta nell’imponente poltrona Violet riguardava con sguardo annoiato alcuni documenti già controllati dai notai di corte, l’ora di cena era passata da poco, e presumeva che entrambi i figli dormissero…se per il piccolo Liam i dubbi erano ben pochi, il pensiero della sua primogenita l’aveva colta in fallo. Aveva chiesto prima a una delle ancelle della piccola, che le aveva riferito che la principessina non aveva potuto alzarsi dal letto per tutta la giornata. Inutilmente si era ripromessa di andare un po’ da lei, poi però i mille incarichi e impegni mondani l’avevano travolta, e suo malgrado quel piccolo patto con se stessa si era aggiunto alla lunga lista di promesse infrante.
Lasciò andare le carte, tenendosi la testa fra le mani si chiese com’era arrivata a quel punto. Quando aveva iniziato a prendersi cura così poco di quella creatura che all’inizio aveva difeso con unghia e denti…
Ora non aveva più il coraggio di guardarla, in parte per sensi di colpa, in parte perché in quei bei occhi da gatta rivedeva quelli dell’uomo che anni prima l’aveva abbandonata per adempiere a doveri non suoi.
Damon era sempre stato così, altruista, giusto, dannatamente idealista.
Si ricordava ancora tutte le notti passate fra le sue braccia ad ascoltare infiniti progetti da realizzare, sogni che dalle sue labbra sembravano così vivi da poterli toccare.
La mattina in cui si erano salutati con quel triste ultimo bacio, aveva iniziato ad odiare con tutta se stessa l’animo giusto di quel sognatore, che lo portava così lontano da lei…
Ora Damon era un ricordo lontano, uno di quelle morbide memorie da riscoprire con malcelata nostalgia in momenti come quello, nel lusso della solitudine, creando una barriera fra passato e presente. Damon era ormai poco più di un fantasma, per troppo tempo lo aveva spettato invano. Aveva passato troppe notti contro il freddo vetro di una finestra. Ormai aveva imparato ad amare Fabian, decidendo che un affetto sincero e caldo emozionava meno dell’amore con la A maiuscola, ma di certo era più sicuro e meno problematico.
Un lieve bussare la scosse dai suoi pensieri e una cameriera si fece avanti nello studio. Il volto della donna era pallido e spaurito, le spalle le tremavano appena.
-al…altezza- disse con un inchino –vostro fratello vi chiama…av..avete…-deglutì –delle visite- gli occhi sfuggirono da quelli della lady.
Violet inarcò le sopracciglia chiare…visite alle dieci di sera?
Fece cenno alla donna di andare, e poco dopo anche lei si avviò verso il salotto privato di Gavriel.
Percorse i corridoi con la mente confusa, sforzandosi di pensare chi potesse essere arrivato a palazzo. Giunta di fronte la porta scura si rassettò per bene il vestito prima di entrare nella stanza.
Ciò che l’attendeva all’interno, non poteva essere umano. Era qualcosa uscito senza dubbio dai suoi incubi peggiori. La figura altera seduta sul divano blu scuro doveva essere un incubo. Per forza.
Era solo un parto insano della sua fantasia… un immagine che il suo inconscio le donava per tormentarla.
Si sentì mancare e dovette trovare sostegno allo stipite della porta per non scivolare al suolo.
Il viso chiaro
Quegli occhi splendidi, luminosi, allungati, da gatto.
Davanti a lei, immobile e naturale come se tutti quegli’ anni non fossero mai passati, sedeva Damon.
Damon.
Chiuse gli occhi…no, non era possibile.
-ciao lilì-
La voce calda e profonda spezzò il silenzio insano che si era creato. Quella voce…quel nomignolo.
Nessuno aveva mai più ostato darle dei soprannomi. Nessuno.
Damon si alzò lento e aggraziato come un felino, e si avvicinò a lei di qualche passo, la sua espressione era incredibilmente dura.
-dov’è… Asya?-  quasi con titubanza aveva pronunciato il nome della ragazzina.
Quella frase ebbe il potere di far destare la lady dallo strano stato di trance in cui era quasi caduta.
-non è più affare tuo- fu appena un sibilo, che uscì dalla sua bocca come la più tagliente delle lame.
Dalla bocca del suo vecchio amore uscì la risata più fredda e cattiva che avesse mai potuto immaginare.
-ne sei convinta!? Cosa credi che non sappia come vive! Eh?!- non aveva mai immaginato che tanta rabbia potesse condensarsi in una sola persona, eppure Damon in quel momento era circondato da tanta di quella rabbia da addensarsi intorno a lui, quasi a creare una barriera con mondo esterno.
E se amore chiama amore, rabbia chiama altra rabbia. E Violet in quel momento desiderava solo…picchiarlo, fargli più male possibile, vendicarsi per tutto il dolore, sfogare tutta l’angoscia, quasi a voler imprimere sulla sua pelle ogni secondo di tutti quegli anni di silenzio.
-cosa sai!? Tu non sai niente! NIENTE! Tu…tu…sei morto! MORTO!-
Inconsciamente gli si era lanciata contro, colpendolo con tutta la forza di cui era capace. Graffiandolo, punendolo come meritava.
Furono attimi interminabili, Damon subiva con sguardo vuoto ogni colpo e ogni insulto. Mentre le parole di Violet diventavano sempre più confuse, e la voce le si sporcava di lacrime…
Era così cambiata la sua Lilì, si ricordava una piccola lady innamorata della vita e piena di allegria, con quel suo splendido sorriso contagioso che tanto gli aveva scaldato il cuore. Ora invece davanti a lui stava una donna il cui volto portava i segni di un età  non sua. Non era rimasto nulla della ragazzina che l’aveva conquistato con dolcezza e ironia…ed era solo colpa sua. Aveva distrutto tutto. La donna fredda e vuota che era diventata era solo causa sua, ma se per il loro rapporto non c’era più nulla da fare, voleva sua figlia.
Violet si staccò di colpo riprendendo le distanze, poggiandosi contro il vetro della finestra, una mano era posta a copertura del viso. Dopo qualche attimo scostò con un gesto brusco le lacrime dalle guance pallide e pronunciò la fatidica domanda.
-cos’è successo?-
Damon sospirò, sentiva la guancia bruciare e toccandola trovò dei graffi degni in un gatto randagio e a giudicare dal sapore ferroso che sentiva sulla bocca , qualche colpo doveva essere arrivato al labbro.
Alzando gli occhi incontrò quelli implacabili di Violet, che caduta nel silenzio più assoluto attendeva la spiegazione a quel misterioso “miracolo”
Il re iniziò a raccontare di come quella missione di pochi mesi si era trasformata in una lotta per la sopravvivenza. In quelle terre oscure erano caduti intrappola…
Rise amaro, perché sapeva che era stato una stupida pedina in mano ai ribelli delle terre oscure. Sapevano, per la sua fama, che si sarebbe presentato di persona…e poi insieme al fratello aveva passato anni da prigioniero, entrambi utili non tanto per il peso politico, quanto più per il potere della loro aura. Erano stati furbi i vampiri, avevano fatto in modo che il resto del mondo lo credesse morti, e mentre nella corte degl’elfi oscuri si estendeva il caos Damon e il fratello venivano usati.
Poi era arrivata la svolta. Un gruppo di alchimisti incaricato dalla corte di re Xavier stesso, li aveva trovati... e una volta, sistemata la faccenda erano tornati a casa, deboli e provati. Ma vivi.
Avevano passato mesi a sistemare nel silenzio la loro corte, senza che nessuno sapesse del loro fortuito ritorno.
-ho saputo subito tutto quello che ti…tutto quello che è successo, ma solo adesso sono potuto tornare…-
Concluse il triste racconto…puntò gli occhi in quelli violetti della lady, in quei pozzi d’ametista trovo quanto di più straziante potesse immaginare: rabbia, odio, rancore…dolore…rimpianto.
Pensò quasi che stesse per piangere. Intenerito fece per avvicinarsi, ma il cigolio soffocato della porta ruppe l’atmosfera sospesa che si era venuta a creare.
Dalla porta fecero la loro entrata Gavriel e Dark.
Il fratello minore di Damon aveva conservato la sua aria regale, anche se ora era celata dietro piccole rughe che dicevano molto su gli anni trascorsi. Gavriel  stava poco dietro di lui, con l’espressione dura, la tipica da lui assunta ogni vota che, esaminando una situazione, non era ancora riuscito a giudicarla.
Violet dentro di se però sapeva bene che Gavriel avrebbe colto al volo l’occasione di allontanare la nipote dal palazzo…
Dark le fece un cenno del capo che doveva essere un inchino, poi naturale e strafottente come sempre, si sedette indolente su una poltrona lanciando uno sguardo più che eloquente al fratello.
Da bravo impaziente i suoi occhi lanciavano un messaggio ben chiaro a tutti
“muoviti e andiamo via”.
Damon sospirò, guardando Gavriel che si era seduto dietro la pesante scrivania.
-sarò breve altezza- calcò con voluta ironia quell’appellativo –voglio che la principessa Asya venga a vivere nella mia corte, la riconoscerò come figlia e senza dubbio come erede…- lo sguardo mezzo incredulo, mezzo sarcastico di Gavriel non era passato inosservato al giovane re, che come minimo sentiva il dovere di difendere quella bambina che ancora non conosceva, ma il cui solo pensiero della sua esistenza gli scaldava il cuore.
- Si, Gavriel hai capito benissimo, Asya è mia figlia e come tale godrà di ogni singolo privilegio dettato dal suo rango, compreso l’entrare a far parte della linea di successione al trono…e Shin verrà con me- aggiunse dopo gettando uno sguardo a Dark.
Sul viso del re dei demoni si era dipinta un’espressione impagabile, un meraviglioso mix di disgusto e rabbia…se era disposto a buon cuore a liberarsi della nipote, perdere il suo tuttofare era un altro paio di maniche…ma sapeva bene che non poteva impedirlo, Shin era maggiorenne e apparteneva a quella corte, se andava Asya lui l’avrebbe seguita.
Violet invece restava nel suo angolo ad ascoltare la discussione fra i due. Tutti quegli anni vuoti, sprecati, le scorrevano davanti agli occhi. No, non era stata nemmeno l’ombra di una madre per la sua bimba tanto combattuta ma…ora? Il suo istinto egoista e vendicativo lottava per avere la meglio, per far restare la piccola Asya con lei.
Da egoista voleva privarlo della figlia, di quella creatura che per troppo tempo lei aveva reso infelice…ora che qualcuno voleva levargliela desiderava con tutta se stessa un’altra occasione. Inoltre voleva punirlo, punirlo con tutta se stessa.
Era così immersa nei suoi pensieri che sentirsi chiamare le parse come cadere dalle nuvole.
-Violet, tu sei la madre legale oltre che biologica, poi negargli “la patria podestà”…non vuoi che Asya vada via, vero?- dietro la voce di Gavriel c’era il chiaro e implicito ordine di negare a Damon i suoi diritti.
La lady fece per rispondere con un secco “resta qui”. Poi il suo sguardo si scontrò con quello di Damon, erano così simili gli occhi di padre e figlia…
E dietro a quelli del suo antico amore c’era una muta preghiera. Per qualche secondo quello sguardo triste si sovrappose a quello che tante volte aveva visto e ignorato sul volto di Asya…e allora decise.
Le lacrime iniziarono a scendere copiose, le spalle vennero scosse da sussulti.
-portala con te…falla stare bene- le parole le uscirono più supplichevoli di quanto volesse, e entrambi sapevano che l’ultima affermazione andava ben oltre la malattia della piccola.
Damon non le rispose, ma lo sguardo grato che le rivolse conteneva un fantasma dei loro vecchi sentimenti, e questo valse più di ogni parola.
Per quanto riguardava il fratello, Gavriel aveva incassato in silenzio la decisione, forse comprendendo le ragioni della lady.
-voglio vederla…dimmi dov’è la stanza-                                                                                                  -chiedi alla cameriera qua fuori, vi porterà da entrambi-
Damon e Dark uscirono, e seguirono la cameriera in religioso silenzio.
Una volta di fronte alla camera della “principessina” Damon congedò la donna, e rimase a fissare la porta con occhi combattuti. Come se dentro potesse trovarsi il più bello dei miracoli o l’incubo peggiore.
Dark poggiò una mano sulla sua spalla –stai tranquillo, per te sarà facile…io non posso dire lo stesso-  sorrise amaro  –ma ce la faremo, vedrai…entra e fai felice quella piccola, da quanto ho visto ha bisogno di un po’ di coccole- provò quasi a farlo ridere.
-io torno nella mia camera…domani proverò con Shin-
Rimasto solo, Damon provò una voglia immensa di scappare…dicendosi che non era il caso, che era tardi.
Poi però il pensiero di non sapere nemmeno come fosse fatta la propria bambina, gli attanagliava il cuore in una morsa velenosa. Quindi, deciso varcò la soglia della camera.
La stanza venne illuminata solo per qualche secondo dalla luce che arrivava dal corridoi, una volta chiusa la porta, morì nell’oscurità. Solo grazie a degl’occhi che di umano avevano ben poco Damon riuscì ad avanzare con sicurezza verso il baldacchino. Accese qualcuna delle candele lontane dal letto, per evitare che la piccola assopita si svegliasse di colpo.
Asya dormiva un sonno stanco e profondo. Il visino era pallido così come le labbra, c’era qualcosa nella sua espressione che rendeva la sua malattia un elemento quasi caratteristico di lei. La piccola mostrava un età indefinita, il volto poteva essere di un’adolescente, ma il corpo esile rannicchiato sotto le coperte dava l’idea di una bambina…quel sonno profondo le conferiva un aura di vecchiaia.
Damon rimase a guardarla, poi con movimento felpato si piegò sulle ginocchia per portare il viso all’altezza del letto. Scostò qualche ciocca di capelli dal viso della ragazzina, e con una nota di orgoglio notò il colore violaceo.
Rimase minuti interi ad ascoltarla respirare, indeciso.
Asya aveva vissuto nella certezza di essere orfana di padre…dopotutto svegliarla nel cuore della notte come un’apparizione non sembrava più una buona idea, però…abbracciarla e coccolarla era ciò che più desiderava in quel momento, decise quindi di rischiare.
-Asya- pronunciò incerto e delicato.
-Asya…- ripeté passando una carezza sul viso e scuotendola appena.
Dopo qualche tentativo la ragazza aprì appena gli occhi, per poi richiuderli subito dopo. Damon stesso non potè trattenere una risatina.
-non dirmi che sei pigra com’era tua madre- le disse scherzoso senza fermare le carezze. La ragazza impiegò giusto qualche minuto prima di collegare al meglio il cervello con tutto il resto del corpo.
Si scostò di scatto, spaventata da quella presenza vicina e sconosciuta. Lanciò persino un mezzo urletto, spostandosi nell’altro capo del baldacchino.
Damon si rimise in piedi mostrando le mani in segno di resa.
-…Asya, calma…va tutto bene, posso spiegare- disse prendendo le distanze per non spaventarla ulteriormente.
Asya ansimava, non riuscendo a tornare lucida. Il cervello si rifiutava di lavorare, e portava ancora addosso lo stordimento di febbre e sonno.
Poi, la povera scatola cranica trovò la soluzione che meglio ritenne plausibile.
-…deve essere un sogno…- mormorò fra se, il tono era basso ma dovette arrivare comunque alle orecchie dell’elfo che sorrise trattenendo una risatina inopportuna.
-lascia che ti spieghi…siamo svegli entrambi- esordì, avvicinandosi di qualche passo alla sponda dove stava la ragazza.
Gli occhi di Asya si incupirono, e in un gesto di auto-conforto si era portata le braccia alle ginocchia, restando senza coperte.
“Sono morta” pensava.
Alla fine il più grande desiderio di suo zio si avverava…lei così scomoda, così inappropriata…si era tolta dai piedi…
Magari sua madre avrebbe pure versato qualche lacrima sincera, e suo zio si sarebbe vestito di un nero ipocrita…chissà, forse persino Fabian si sarebbe rattristato e Liam pure…
E per quanto riguardava Shin…bhè si, a lui sarebbe mancata, non era difficile supporre che potesse passare qualche giorno a letto chiuso nel suo silenzio…un silenzio di perdita, di sconfitta… Shin però era forte, si sarebbe rimesso in piedi…e senza di lei sarebbe stato in possesso di tutta la libertà negatagli.
Era tanto presa dalle sue congetture che nemmeno si accorse della vicinanza di Damon,  finché l’uomo delicatamente, le poggiò una mano sulla spalla.
Aveva sul volto un’espressione afflitta…si domandava, certamente, il perché di quella reazione.
-…ehi, è tutto ok…ecco…io-
-sono morta, vero? Alla fine mio zio è stato ascoltato- disse la più piccola con voce sottile. Dentro Damon la rabbia toccò i vertici dell’umana comprensione, ma tuttavia si mantenne calmo per la sua bambina.
Piegandosi nuovamente, si avvicino alla mezzosangue che ora teneva il viso nascosto contro le ginocchia.
-Asya- la chiamò, e anche se la ragazza non sollevò il viso, decise comunque di parlare.
Posandole lievi carezze sul capo, le riferì il racconto che già due volte aveva dovuto narrare.
-…ora, anche la mia…la nostra corte ha ritrovato il suo equilibrio, e il resto del mondo può sapere del nostro ritorno…- concluse. Il respiro della ragazza si era fatto più calmo e leggero. Damon sentiva il cuore fragile della figlia battere veloce.
- Asya?- la chiamò bonario…dopo qualche attimo di esitazione la principessina alzò il viso, i lunghi capelli erano in parte attaccati alle guance e alla fronte. Sotto la tenue luce che regnava nella stanza sembrava tanto fragile e delicata da poter spezzarsi da un momento all’altro. Aveva gli occhi liquidi, contenenti lacrime malcelate…quei due specchi erano pieni di incredulità.
Damon azzardò un sorriso lieve che voleva trasmetterle più dolcezza possibile, e azzardò una carezza alla guancia bianca della figlia.
-Asya…- mormorò ancora, pregando per una qualsiasi risposta.
Un urlo, una scenata di rabbia magari…qualsiasi reazione in quel momento gli sarebbe andata bene.
Passarono minuti interminabili. Gli occhi si specchiavano a vicenda, quelli di Asya erano così immersi in quelli del padre, da dare l’impressione che stesse scavando a fondo, fino a trovare una parte d’anima.
Quello che vide dovette piacerle, perché quando ormai Damon aveva perso ogni speranza in una risposta, le braccia esili della figlia gli avvolsero il collo, stringendolo in una presa disperata. Stordito si ritrovò in un abbraccio fatto d’amore represso e sentimenti negati per troppo tempo. Stretto a quella ragazzina, annegò in un mare di sogni, promesse, parole di conforto… Asya pianse all’ungo fra le sue braccia, alternando singhiozzi a frasi sconnesse.
Sciolsero l’abbraccio quando entrambi sapevano che si erano trasmessi tutto il possibile per quella sera. Damon la mise con calma sotto le coperte, posandole un bacio sulla fronte. Fece per scostarsi dal letto ma la voce, ora più sicura, della figlia gli chiese di restare con lei.
Con quella richiesta erano sparite tutte le sue paure.
Levandosi le scarpe si mise accanto al lei in quel letto enorme e se la strinse fra le braccia. Asya si lasciò cullare, incurante di tutto.
Poteva essere una trappola, un sogno o uno scherzo di cattivo gusto…domani ci avrebbe pensato, in quel momento sentiva quel calore reale e solido intorno a lei. E tanto le bastava per dormire sogni tranquilli.
Beandosi di quella che sperava non essere un illusione

  
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