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Autore: aliasNLH    26/08/2011    5 recensioni
«Sei uno stramaledetto egoista» ribatté l’altro «sei uno stupido, incosciente, incapace, imbranato, ignorante, irrecuperabile, pauroso buonista» fece una pausa in cui rimase per un momento a respirare l’odore dei capelli di Tsuna, appena uscito dalla doccia, con addosso i residui dello shampoo che l’Hibari del futuro sembrava prediligere tanto «è ovvio che diventerai un altrettanto schifoso angioletto tutto tremante».
«E tu?» aveva chiesto Tsuna dopo un attimo, stringendosi inconsciamente ancora di più su di lui «anche tu avrai un paio di belle ali bianche?»
«Le schifezze piumose le lascio a quelli come te» rispose immediatamente Hibari «non mi serviranno dove andrò»
«E allora come farai a mordermi a morte?» la voce del giovane era triste.
«Con chi credi di stare parlando? Erbivoro…» Hibari rotolò sul materasso di modo da far adagiare Tsuna di schiena, sotto di lui, e sfiorando la cintura che teneva uniti i lembi del largo accappatoio «credi forse che riusciranno a tenermi fuori?»
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kyoya Hibari, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                I’ll bite you to death, Tsunayoshi Sawada.

 

 

[Target 17#]

«Hai finito?» la voce annoiata era l’unico suono, umano se così lo si può definire, che riempiva il corridoio del sesto piano interrato. Perché i lamenti, i guaiti, le grida di pietà e, per la maggior parte, i deliri del dolore dei corpi che lo circondavano non potevano certo essere definiti suoni umani; più animali si direbbe. E nemmeno le grida di Sasagawa, Mukuro, aveva intenzione di definirle umane. Da bambino capriccioso, piuttosto.

Ed è risaputo che i bambini siano una specie a parte.

«Non è possibile che siano già tutti fuori combattimento!!» stava gridando il Guardiano del Sole, afferrando i primi che gli capitavano a tiro, quelli che sembravano avere ancora la forza di muovere un braccio o anche solo un dito «avanti! Io non mi sono divertito per nulla!!»

Mukuro sospirò mentre, con noncuranza, schiacciava la mano del corpo su cui era comodamente seduto con l’estremità del tridente, godendosi i gemiti di dolore di quell’insulso essere che aveva osato macchiargli la sua amatissima giacca. Una macchia di sangue proprio sull’alamaro d’argento purissimo di sinistra. Un affronto che aveva fatto pagare caro. E meno male che quell’essere decerebrato aveva con sé il portafoglio.

Ultimamente le lavanderie costavano un occhio alla testa.

«Guarda che se continui a malmenarli poi non si alzerà nessuno» commentò con ovvietà rivolto a Ryohei, nel vano tentativo di infilare un po’ di sano sale in zucca all’altro «se magari li lasci riposare un po’ si alzeranno da soli».

«Che stupidaggini» fu la risposta gridata come se fosse dall’altro capo del corridoio quando in realtà era giusto lì di fianco «io mi alzo sempre per combattere, specie se qualcuno mi butta a terra!!»

«Ecco…appunto…» riprovò Mukuro con un po’ di tatto, insolito ma assolutamente necessario per evitare altre catastrofi «ci tengo a farti notare che…»

«EHI!!!» gridò nuovamente, il volume portato a decibel superiori a quelli mai raggiunti, se non altro parlando di quella giornata «ma cosa diavolo sta succedendo là fuori!?»

«E cosa vuoi che ne sappia?» sibilò irritato il Guardiano della Nebbia, profondamente scocciato di essere stato nuovamente interrotto da quel…

Un’improvvisa fonte di potere, proveniente direttamente da sopra le loro teste, costrinse -ancora una volta per la miseria!!!- Mukuro a perdere il filo dei propri pensieri e a concentrarsi su qualcos’altro. Cos’è che aveva detto il maniaco della boxe? Cosa stava succedendo fuori?

Attivò immediatamente la fiamma dell’anello e spinse le proprie percezioni sui piani superiori, fino a raggiungere l’esterno. Era il caos: uomini che fuggivano come impazziti improvvisamente, le porte e ogni singola apertura sprangate da una barriera di origine differente da quella che lui stesso aveva eretto, ore prima, a difesa della casa. Era come una pellicola tiepida e aranciata che, nonostante sembrasse sottile come un foglio di carta, non lasciava entrare nessuno. C’erano due uomini, perfettamente identici l’uno all’altro se non fosse stato per i pochi lividi che deturpavano la parte destra del viso di quello che brandiva le spade e il lungo strappo nella camicia dell’altro.

C’era Hibari, in piedi sul vialetto, in posizione d’attacco e con i capelli arruffati. Sulla guancia scendeva, copioso, un rivolo di sangue rosso brillante proveniente da una ferita alla fronte. L’espressione tra l’irritato a morte, il sorpreso e un non so che di…qualcosa che Mukuro non riuscì ad identificare.

Di fronte a Hibari, dandogli le spalle e tenendo il volto rivolto verso i gemelli stava, Tsunayoshi Sawada. Il mantello, slacciato, sventolava nella brezza fredda, i capelli, già folti e arruffati di loro, venivano sconvolti da una fiamma che sembrava avere origine proprio dalla fonte di quest’ultimo. Le mani calzavano dei guanti metallici sui quali dorsi spiccavano due sottili cupole a protezione di elaborate decorazioni che formavano una X argentata.

Mani dalle quali eruttavano pure fiamme arancioni.

Niente di tutto quello, il Guardiano della Nebbia, aveva lasciato trasparire, costringendo quello del Sole e rincorrerlo al massimo della propria velocità perché, dopo essere impallidito improvvisamente, Mukuro aveva avvolto il proprio corpo da una spessa coltre di nebbia che lo avrebbe condotto direttamente fuori dalla casa, al fianco del Guardiano della Nuvola, ancora immobile.

~×~

Le urla e la confusione che, lo sentiva perfettamente nonostante le pareti spesse e la lontananza dei colpi, facevano rimbombare la casa lo stavano mettendo sempre più in agitazione. Da quando quei pazzi scatenati (letteralmente!! Adesso capiva per quale motivo Reborn li avesse lasciati tutti a casa portandosi dietro solo quelli che era certo di poter controllare) si erano buttati a capofitto in una battaglia assurda. Con a capo un estraneo venuto dal futuro. Che si spacciava per il Decimo.

Poteva esistere forse una situazione peggiore?

Un’altra scossa fece vacillare il Decimo Cavallone e i presenti, portando Lambo, terrorizzato, tra le braccia di Romario mentre un Kusakabe piuttosto in imbarazzo cercava inutilmente di calmare Fuuta.

«Boss» lo chiamò Romario, che fino ad un momento prima aveva legato ed ordinatamente ammucchiato i corpi privi di conoscenza degli uomini che li avevano attaccati «cosa facciamo?»

Dino si morse un’unghia mentre accarezzava distrattamente Enzio, nascosto nella sua tasca.

«Sembra che gli scontri in casa siano finiti» commentò Kusakabe «evidentemente a nostro favore, altrimenti ci saremmo ritrovati con un esercito qui sotto…»

«I Guardiani sanno fare il loro lavoro meglio di quanto sperassi…» rispose a propria volta l’italiano «ma fuori non è ancora finita e…» le sopracciglia del biondo si accartocciarono di preoccupazione «se sento bene si sono unite due forze al combattimento contro Hibari…e mi preoccupa…»

«Hibari-san è il più forte» obiettò Fuuta tremante, sfogliando il libro delle Classifiche «ma ora piove…non lo so più…»

«Ma cosa diavolo stanno facendo tutti quanti!?» esplose Dino portandosi entrambe le mani alla testa «potrebbero morire là fuori da soli! Non sappiamo nemmeno cos-»

«Boss…» Romario aveva improvvisamente portato gli occhi, socchiusi dalla concentrazione, verso il soffitto «non lo sente?»

Dino aggrottò le sopracciglia e lo imitò, tendendo le orecchie.

«Nomi pare ci sia niente di divers-» s’interruppe nuovamente, capendo. Romario non parlava di un rumore. Parlava dell’improvvisa nascita di una Fiamma dalla potenza spropositata, mai avvertita prima. Una Fiamma del Cielo. Una Fiamma incredibilmente nostalgica.

Una Fiamma che, inspiegabilmente, gli faceva venire in mente un paio di occhi miele scuro non ben identificati. Una Fiamma che aveva qualcosa in comune con il Nono. Incurante dei possibili pericoli ancora presenti all’esterno, dei bambini che si aggrapparono a Romario e Kusakabe che, a loro volta, avevano imitato il Boss Cavallone.

Incurante di tutto e soprattutto di andare a sbattere ad ogni parete, Dino Cavallone, si precipitò fuori dalla palestra a rotta di collo, destinazione piano terra, esterno. Fonte della Fiamma.

~×~

«Quanto ci manca ad arrivare?» la voce concitata di Gokudera non aiutava certo i poveri piloti, già minacciati da una improbabile -ma verissima- pistola verde. Per non parlare ovviamente del ragazzo sorridente che faceva dondolare una spada -palesemente vera pure quella- come fosse un giocattolo. E della donna che aveva fatto sciogliere la serratura della porta della cabine di comando con una torta!?

«S-saremo all’aeroporto tra meno di dieci minuti…» ripeté, tremante, il secondo pilota.

«È troppo» sibilò l’italiano facendo tintinnare minacciosamente la catena che teneva attaccata alla cintura.

Reborn gli scoccò un’occhiata prima di tornare a rivolgersi ai piloti, con uno sguardo ben poco rassicurante. Era perfettamente consapevole che l’aereo non poteva andare più veloce di così, così come che presto il carburante sarebbe finito e che a bordo c’erano donne e bambini (anche uomini ma questo non faceva la differenza) innocenti e che non sarebbero dovuti morire. Reborn lo sapeva, ma era anche preoccupato.

Da qualche secondo riusciva a percepire le fiamme che erano raggruppate a Namimori e, oltre alle solite a lui familiari, ne aveva percepite molte altre. Per la maggior parte deboli e che non avrebbero mai causato alcun problema nemmeno ad un Lambo addormentato e frignante…figurarsi ai Guardiani che erano rimasti a protezione della casa. No…Reborn non era preoccupato per quello.

Reborn era -leggermente- in ansia per le altre forze che sembravano essere spuntate dal nulla. Per la precisione due di Fiamma Cielo e una Nuvola. E si trovavano tutte quante addosso ad Hibari.

Yamamoto intercettò gli occhi preoccupati di Reborn e gli rispose con un sorriso tirato. Anche lui le aveva percepite. Erano Fiamme spaventose, se ne era reso conto. E Hibari, per quanto forte, non sarebbe mai stato in grado di sopraffarle tutte e tre. Magari due sì, ma una di quelle…

Anche Gokudera sobbalzò, quando i suoi sensi percepirono delle nuove Fiamme. Bianchi teneva sotto controllo a situazione da ancora prima di lui e, sebbene non avesse lasciato trasparire nulla, cominciava a preoccuparsi seriamente di non riuscire ad arrivare in tempo.

«Possibile che questo trabiccolo non riesca ad andare più in fretta?» ringhiò nuovamente Gokudera sventolando un paio di bombe sotto il naso dell’hostess che si trovava alle sue spalle, terrorizzata più che mai.

«Gokudera…» lo richiamò Reborn, i sensi ancora tesi a cercare di determinare se Hibari sarebbe riuscito a resistere fino al loro arrivo. La forza delle Fiamme cresceva in modo esponenziale e quella di Hibari, invece, era quasi del tutto scomparsa. Cosa diavolo stava succedendo? Perché Hibari non stava più combattendo!? Che fosse così gravemente ferito da non permettergli nemmeno di evocare un po’ di Fiamma in sua difesa?

Che razza di mostri erano quei tre?

«Ci deve pur essere un modo!!» la voce di Gokudera cominciava ad assumere una sfumatura disperata. Capiva anche lui le implicazioni che quelle Fiamme avrebbero avuto per la Famiglia. Cosa diavolo stava facendo Hibari!? Perché non attaccava?

Con il cuore in gola, Reborn prima di tutti, pregarono di arrivare in tempo. Anche se ci sarebbero voluti altri dieci minuti.

Dovevano fare in tempo.

~×~

Tsunayoshi Sawada sapeva quello che poteva e non poteva fare. Dall’alto dei suoi venticinque anni era a conoscenza del fatto che, in quella battaglia del passato, non avrebbe potuto, non avrebbe dovuto mettere mano, non si sarebbe dovuto schierare. Con andatura posata e volutamente lenta, faceva il giro del perimetro della casa per porre una barriera di Fiamme, del Cielo, di modo da bloccare qualunque ulteriore ingresso da parte dei Ferro e per evitare che quelli già presenti, i pochi fortunati ancora non incappati nella furia dei Guardiani ai piani di sotto, uscissero.

Osservò con la dovuta calma Hibari combattere e vincere ogni uomo che gli si parava davanti senza uscire dal perimetro della casa e gettarli con precisione chirurgica dall’altra parte della strada. Hibari Kyoya non sarebbe cambiato con il tempo, si disse con un lieve sorriso, sarebbe sempre stato in grado di cavarsela da solo, proteggere tutti anche senza darlo a vedere, e tornare in tempo per la cena senza aver nemmeno la necessità di una doccia o cambiarsi d’abito.

Molto comodo considerato che Tsunayoshi non aveva mai imparato a far andare una lavatrice senza incappare in qualche disumano errore, come confondere l’ammorbidente con il detersivo per i piatti, che gli era già più familiare.

Quello era e sarebbe stato Hibari. Il suo Kyou-kun, si corresse con una risatina, dispiaciuto dal fatto che il suddetto non potesse sentirlo. La sua reazione era stata veramente comica. Chissà cosa sarebbe successo quando avrebbe ricordato, perché era certo, se lo ricordava bene, tutto era cominciato durante la battaglia del Futuro e, quindi, a quel momento della sua vita del passato, lui e Kyou-kun… Tsunayoshi sorrise nel vedere il suo Guardiano incitare, minacciare di mordere a morte per il mancato coraggio, i nemici che erano rimasti fermi all’esterno del cortile.

Lo aveva visto incitare, vedersi insultare, i suoi avversari e vincere su tutti. A poi aveva visto quei due. I due gemelli. Dal futuro aveva sentito racconti di quei due. Claudio e Mario, i fratelli diabolici, così li chiamavano. Uno della Fiamma del Cielo e l’altro della Nuvola.

Tsunayoshi osservò con ansia sempre più crescente i due uomini avvicinarsi ad Hibari e attaccarlo in un momento in cui era sembrato distratto. Lo vide indietreggiare di un passo e pararsi il viso. Li vide invocare le Fiamme e andare all’attacco.

Quello con le spade e la Fiamma del Cielo, Claudio, si lanciò su Hibari che schivò agilmente i colpi ricambiandoli con un solo tonfa mentre, l’altro, rimaneva a bordo del cortile ad osservare lo scontro. Possibile che volesse lasciar fare tutto al fratello? Hibari tenne sotto controllo il tizio con le pistole (che sempre per comodità chiameremo Marco) cercando contemporaneamente di tenere disimpegnato un tonfa in caso di attacco improvviso da parte di quest’ultimo. Ora sì che si cominciava a ragionare. Quelli erano avversari con cui valeva la pena battersi. Con un sorriso sadico il Presidente del Comitato Disciplinare si fece avanti.

Tutto accadde in pochi secondi.

Nel momento stesso in cui Hibari parò due colpi contemporaneamente, provenienti da due direzioni diverse, il gemello fece la sua mossa. Quattro colpi di pistola, potenziati dalla Fiamma della Nuvola, vennero sparati contro Hibari. Caricati della proprietà di propagazione della nuvola furono almeno un centinaio di proiettili a raggiungere le due figure combattenti al centro del cortile. Claudio, che evidentemente si aspettava quella mossa, si era preventivamente allontanato dopo una finta e i proiettili puntavano solo su Hibari.

Il Guardiano riuscì a schivarne una buona parte con facilità e ne parò altrettanti. Solo uno di essi, nascosto dietro altri, riuscì a penetrare la sua difesa. E a colpirlo di striscio alla tempia sinistra facendogli scendere un rivolo di sangue.

Tutto accadde in pochi secondi.

Una Fiamma esplosiva addensò l’aria costringendo i presenti ad accasciarsi a terra a causa del suo peso. E solo due parole, calme, fredde e furibonde allo stesso tempo.

«X Burner».

Bon, signori e signorine mie. Direi che…siamo arrivati ad un buon punto, no?

Voglio dire…capitolo 17…non ho ancora piantato in asso, ho un po’ di cap già pronti, mi sto divertendo un casino a scrivere e la storia sembra (enfatizzate un po’ il sembra) essere apprezzata. Cosa posso chiedere di più? Non lo so…magari che finalmente quei due idioti dei giovani Hibari e Tsuna si diano una mossa!?!?

Sì, lo so che sto scrivendo io, ma insomma…questo non toglie che non vedo l’ora, quanto voi immagino, che quei due si diano da fare fottendosene di tutto e tutti, no?

Ecco, appunto.

E speriamo succeda presto (me si mette a sgranocchiare qualcosa ignorando volutamente il fatto che, se non si mette a scrivere, tutto quello che desidera non si realizzerà mai)

 

 

Un bacio

NLH

  
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