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Autore: elrohir    29/04/2006    2 recensioni
Elladan Peredhel è lo splendido elfo che tutti conosciamo, e passa le giornate nel castello di Imladris con il suo biondo amante, Legolas Trandhuilion. Eppure, non c'è qualcosa di strano? Qualcosa che manca? E perchè Gandalf pensa che lui sia l'unico in grado di compiere quella pericolosa missione che li porterà in un mondo sconosciuto, nel nostro mondo? Cosa hanno nascosto gli elfi sulla terra, cosa volevano proteggere? E chi è quel ragazzo straordinario che gioca a basket e suona e legge e canta eppure non riesce a estirpare dall'anima quel vuoto, quel dolore? Quella sofferenza che gli mozza il fiato ogni volta che gli occhi grigi del suo riflesso dallo specchio gli sorridono?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elladan, Elrohir, Legolas
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andrea

Andrea

 

(è passato un po’ di tempo, quindi non so quanti si ricorderanno di questo personaggio comparso solo negli ultimi due capitoli. Per tutti quelli che si stanno chiedendo ‘è sto andrea da dove è saltato fuori?’, in breve si tratta del giocatore di basket che ha sfidato elrohir e che deve incontrarsi con lui la sera. L’incontro è visto appunto dai suoi occhi.)

 

Sorrido, mentre qualcuno si siede al mio fianco. Non ho bisogno di guardare, per sapere che è lui.

Il buio è trasparente, sfuma le distanze. Non pensavo che sarebbe venuto.

Non pensavo che sarebbe successo.

E adesso siamo qui, nella notte in silenzio, e non so cosa dire per spezzare l’incantesimo.

Ma non avrei dovuto preoccuparmi troppo. Occhi grigi ha sempre la soluzione per ogni mia esitazione.

-Beh neanche mi saluti?- chiede ironico.

Volto lentamente la testa. È bellissimo. La luce della luna investe il suo viso, bagna gli zigomi alti, carezza le labbra ben disegnate.  Si scioglie dentro quegli occhi incredibili, dal taglio mandorlato, quegli occhi di nebbia mischiata a fumo e pioggia. Quegli occhi che mi hanno ucciso ferito distrutto.

Quegli occhi che mi hanno derubato.

-Non dici niente?- continua, e avverto un sottofondo provocante nel suo sussurro velato.

-Che vuoi che ti dica occhi grigi?– chiedo e allungo la mano per scostargli i capelli dal viso. Lui si tira indietro di scatto –Non mi toccare!- sibila e lo guardo stupito.

-Beh che c’è siamo nervosi?-

-Fanculo stronzo.

Decido che è meglio gettare la maschera del buffone. La cosa sembra seria.

-Elia si può sapere che succede?

-Tu che dici? Ci vuole tanto a capirlo? Sono incazzato coglione, che ti è saltato in mente oggi? Ti ha dato completamente di volta il cervello?

Non fosse così preoccupato risponderei con una battuta ma credo che il mio cuore non reggerebbe un altro insulto. Mi sono sempre divertito a provocare Elia, ma oggi il micino sembra essersi trasformato in una pantera. Ho paura di aver fatto qualcosa di incredibilmente stupido. Mi sforzo di ricordare tutto quello che ho detto stamattina. Non è facile calcolando che la metà delle cose che mi passavano per la testa me le sono tenute per me… o almeno spero! A Elia non sarebbe piaciuto immagino, sapere con esattezza cosa pensavo mentre lo guardavo stare in piedi in mezzo al campo, a petto nudo, con quel suo delizioso fratellino di fianco….

No, decisamente non sono ancora così idiota da lasciarmi sfuggire certe cose.

Quindi, rimane solo la scommessa.

La scommessa.

Che è anche la ragione per cui Elia si trova qui adesso. La scommessa.

Occazzo…! alzo le mani in segno di resa. Si morde le labbra, oh no Andrea avanti per una volta ragiona con la testa, non lasciarti distrarre… ma come diavolo fa a essere così sensuale? Ho il cervello in palla. Deglutisco a vuoto, poi finalmente mi scuoto. –Elia aspetta un attimo non avrai preso la sfida sul serio… stavo solo scherzando, te lo giuro!

-Simpatico… bel modo di divertirsi, vero, ci godi così tanto a mettermi in imbarazzo?

Lo fisso sconvolto. –Ma che cazzo dici?

-Davanti a tutti… Andrea davanti a tutti… Comunque adesso basta, sono qui come promesso, quindi fai quel che devi e diamoci un taglio.

È in piedi, si dondola nervoso. Non posso credere che mi conosca talmente poco da dire certe cose. –Allora, ti muovi? Non è quello che volevi? Sono ai tuoi completi comandi, che devo fare? Cominciare a spogliarmi? Vuoi baciarmi prima? O ti interessa solo una scopata, e…

-Adesso fermati un attimo, e smettila di sparare stronzate come se avessi davanti l’ultimo pirla della scuola. Pensavo che in questi due anni avessi capito come sono fatto, ma evidentemente sono rimaste un paio di cose da chiarire. Non ho nessuna intenzione di… scoparti… o roba simile, mi sono spiegato? Dio, mi fa schifo solo l’idea che tu abbia pensato…

I suoi occhi sono improvvisamente immensi. –Ma… pensavo di piacerti…

-Ma tu mi piaci, Elia. Mi piaci da impazzire. Nessuno è mai riuscito a farmi perdere la testa in questo modo, e ti assicuro che prima di conoscerti non avrei mai pensato che avrei fatto un giorno un discorso simile a un maschio. Né pensavo che mi sarei sentito morire al solo pensiero di sfiorare le labbra di un ragazzo. Ma se succederà mai qualcosa tra di noi, sarà perché lo vogliamo entrambi, e non perché tu hai perso una stupida scommessa.

La sua voce è un sussurro. –Oggi però non dicevi così…

Merda Elia, oggi era oggi. Te non ti sei visto, in mezzo a quel campo, con il sole tra i capelli, e quegli occhi che mi ridevano in faccia… avrei venduto l’anima per poterti baciare. In mancanza di un diavolo disposto a stipulare un contratto, mi sono risolto a sfidarti a basket…

Mai avrei pensato che tu perdessi, però. E mai avrei pensato che avresti preso così sul serio quella cazzata… mi hai creduto davvero così insensibile da approfittare così di te?

Lo ammetto, quando ti sei tolto la maglietta ho pensato che non avrei resistito e ti avrei preso lì, davanti a tutti… ma è stato solo un impulso momentaneo, e questo non toglie che non ti avrei mai potuto forzare, davvero, mai, e…. e che diavolo ci fai a tre centimetri da me? No ti prego stammi lontano, merda occhi grigi non sono fatto di pietra…

-Fallo.

-C-co-cosa?- balbetto, mentre ti chini sempre di più. Indietreggio, e non fossi troppo occupato a fuggire riderei di questa scena, le parti non dovrebbero essere invertite?

Improvvisamente, sento il muro alle mie spalle. Ops… e ora che faccio.

Tu avanzi ancora, posso sentire il tuo respiro sulle mie labbra… dio sto morendo… alzo il viso, trovo il coraggio e ti guardo negli occhi.

Ti guardo negli occhi.

Guardo te.

Te.

 

Lo vidi per la prima volta due anni fa. Era seduto in questo campetto, le gambe incrociate sopra una panchina. Mi dava le spalle, lo vedevo chino su un qualche libro.

Poesie, mi pare. Non ricordo l’autore. Forse Garcìa Lorca… sì, probabile.

Comunque, i suoi capelli brillavano sotto la luce di riflessi azzurrini. Era una giornata limpida, serena, e sembrava che il cielo si riflettesse su di lui.

A quel tempo fumavo, e avevo un dannato bisogno di un accendino. Stavo seduto sulle gradinate con un gruppo di amici, e chiaramente quei cazzoni non mi erano di nessuna utilità… così sbuffando mi alzai e decisi di chiedere alla figura seduta in fondo.

Lo raggiunsi, e senza pensare lo apostrofai. –Ehi tu…

Si voltò. Gli occhi più splendidi che avessi mai visto mi fissarono da un viso tanto perfetto che per un attimo rimasi senza parole. –E te che cazzo saresti?- balbettai, completamente tramortito.

Lui fece una smorfia ironica, che col tempo avrei imparato a conoscere ma che in quel momento mi parve solo strafottente, e replicò. –Non male come tecnica di abbordo, dimmi funziona di solito? Vedrò di servirmene…

Questa risposta sferzante mi riportò più o meno alla realtà. Da macho idiota che ero, non potevo permettere che un ragazzino mi trattasse in quel modo. Per quanto grazioso fosse…

-Ehi moccioso, guarda che non ci penso minimamente ad abbordare proprio te. Non sono un frocio, io…

-Mi fa piacere, un problema di meno. Non sei esattamente il mio tipo, sai..

-Senti, io sono qua solo perché mi serve un accendino. Ce l’hai?

Scrollò le spalle. –Non fumo.- e abbassò la testa, considerando chiusa la conversazione.

Ora, ero pronto ad andarmene. Davvero. Non so cosa mi spinse a restare. Forse, la sua mano che mentre ancora lo guardavo salì distratta a scostare una ciocca di capelli corvini, denudando l’orecchio perfetto. Un gesto talmente sensuale che mandò una scarica di adrenalina dritta al mio inguine… e così invece di scappare via, terrorizzato di mettere in gioco la mia identità sessuale, mi sedetti al suo fianco. –Che leggi?

-Ma non volevi solo un accendino?- domandò lui stancamente, alzando lo sguardo con un sospiro. Sogghignai, sfiorandogli lo zigomo. –Vietato cambiare idea, occhi grigi?

Lui si tirò indietro, scocciato. –Mi chiamo Elia, chiaro?, e se permetti…

-Andrea.- dissi porgendogli la mano. Lui non la strinse. –Tanto piacere, ora vorresti gentilmente togliere il disturbo.

Era così bello incazzato… decisi di provocarlo un po’. Feci scorrere lo sguardo sul suo corpo, con un sorrisetto. –Direi di no…

Lui si alzò in piedi. –Ma vaffanculo!

-Ehi! Dove te ne stai andando?- gli urlai dietro, lui neanche si voltò. –Non sono cazzi tuoi.- mi gridò di risposta, e io rimasi seduto, a guardare la sua schiena che si allontanava.

Non lo rividi più per tre mesi. Non di persona almeno.

Perché, nei miei sogni, passammo insieme ogni notte.

Quando per la prima volta mi svegliai e scoprii di essere venuto sognando di lui, diedi la colpa al troppo sole, e ai suoi maledetti occhi grigi. La seconda volta rabbrividii incerto, e la terza mi spaventai. Non potevo parlarne con nessuno, perché tutti mi avrebbero preso per il culo a non finire… tutti tranne Luca. Il mio migliore amico, che per un simpatico scherzo del destino era anche gay dichiarato, fu felice di accogliermi nel suo club. –Non sono gay, continuavo a chiarire, e lui sorrideva –D’accordo, bisex allora…

Mi incazzavo, e Luca se la rideva delle mie proteste. Ma io davvero non sapevo cosa pensare. Non è che improvvisamente mi piacessero i ragazzi. A me piaceva solo Elia.

La situazione cambiò in maniera inaspettata, durante una partita di basket. Dovevamo affrontare una squadra che non conoscevo, e stavo ciondolando ai bordi del campo, quando improvvisamente lo sguardo mi cadde sugli avversari.

Lui era là.

Sogghignai, mentre Luca mi si avvicinava. –Andre, vedi di fare attenzione, dicono che tra loro ci sia un mago… vogliono che gli stai dietro tu…

-Spiacente ma ho altri piani. Credo che la partita sarà molto divertente…

-Perché?

Gli indicai Elia, e lo vidi spalancare gli occhi mentre capiva. Ricambiò il sogghigno. –Direi che te lo sei scelto bene, capisco ora come sia riuscito a farti perdere il controllo… delizioso davvero…

-Ehi giù le mani, vedi di non provarci Lu.

-Ok ok… ma che vuoi fare?

-Niente… solo giocare un po’.- risposi malizioso.

E dicevo sul serio. Ero convinto che fosse un novellino, qualcuno che mi sarei mangiato in due bocconi… meditavo di divertirmi un po’ con lui, e poi occuparmi del cosiddetto dio del pallone. Mi parai davanti ad Elia, sogghignando. –Ehi occhi grigi, ci si rivede…

-Che gioia…- mormorò lui sarcastico. Senza lasciarmi il tempo di aggiungere altro si spostò, raggiungendo i suoi compagni. Fabrizio mi mise una mano sulla spalla. –Vedo che hai già fatto conoscenza… bene, ti consiglio di marcarlo stretto perché tra quelli è il più pericoloso.- vedendo il mio sguardo stupito, specificò. –Oh Andre, ti senti bene? Mi hai sentito? Possiamo lasciare Elia a te, ci pensi tu?

-Elia? Elia è…

-Strano vero, sembra un ragazzino, ma è pazzesco quando gioca. Quindi, ci stai?

Gli occhi mi brillavano. –E me lo chiedi?

Pensavo ci sarebbe voluto poco per farlo capitolare. Sembrava così emotivo… ma dovetti ricredermi, come ogni volta che facevo previsioni. Quando mi piantai davanti a lui, aveva uno sguardo distante che per un attimo mi sconcertò. Poi –Allora, ti sono mancato?

-Da morire…- sibilò, guardandosi intorno pronto a scattare, aspettando il pallone.

–Bene, perché anche io ti ho pensato spesso. Molto spesso. Specialmente di notte, ti ho anche sognato… vuoi sapere cosa facevamo?

-Ti prego, risparmiami- mormorò lui, annoiato. Intanto la partita andava avanti. Dovevo distrarlo, e ci stavo riuscendo. O almeno, così pensavo.

Mentre, marcandolo stretto, mi impegnavo a descrivere nei particolari la scena, le sue gote si coloravano leggermente, e un paio di volte, correndo, mi lanciò uno sguardo esasperato. Ero certo di averlo in pugno… quando improvvisamente, senza che io neanche me ne accorgessi, la palla gli finì tra le mani, e tutto cambiò.

Lo vidi saettare nella direzione opposta, con movimenti così veloci…

Non riuscii a ribeccarlo per tutta la partita.

Solo alla fine me lo trovai davanti, ansimante. Aveva i capelli spettinati, era sudato, e sorrideva compiaciuto. –Bella partita…- disse, strafottente. –Mi spiace che tu non abbia potuto concludere il tuo interessantissimo racconto… sarà per un'altra volta, voglio sperare. Ciao ciao…

Rimasi a bocca aperta, gli occhi piantati sulla sua figuretta esile che spariva negli spogliatoi.

Cazzo, Elia non era solo un corpo divino abbinato a un viso perfetto e a una lingua lunga e veloce… Elia era come il vento di notte, le stelle sul mare, la sabbia bagnata e odorosa di sale. Elia era un sogno, sfuggente e misterioso.

Caldo come il fuoco o un ferro rovente, capace di fare a botte alla minima provocazione. Non mi sono mai davvero spiegato perché a me non abbia mai tirato nemmeno una sberla, con tutto quel che gli dicevo ogni volta che mi capitava davanti. Freddo e assente se voleva, eppure nei suoi occhi, quando mi guardava, compariva quasi una scintilla di dolcezza.

Diventammo amici, con il tempo. Imparai a conoscerlo e a rispettarlo, imparai a preoccuparmi per lui e a capirlo. Imparai a leggerlo, a decifrarlo.

E lui pian piano si lasciò afferrare.

 

Lo guardo negli occhi. Non mi è mai sembrato una creatura del tutto umana, ma questa volta è davvero… etereo. Sovrannaturale. Letale.

-Fallo.- sussurra di nuovo, e io scuoto la testa. Non sopporto l’idea di forzarlo.

-Andrea, ti prego… io ho solo paura.

-E di che?- mormoro, pensando che paura non descrive il mio attuale stato d’animo. Forse sarebbe più esatto parlare di terrore.

Quelle iridi grigie paiono sul punto di esplodere, e distruggere tutto quel che sta loro intorno. me compreso. Cos’è quell’emozione che le turba?

-Di tutto e di niente. Di te e di me. Di noi. Di… di questo…. Questo qualcosa che sento pulsare quando mi sei vicino. E ho paura di…

Smette di parlare e mi bacia. Adesso muoio davvero. Non posso resistere a questo, alle sue labbra sulle mie, ai suoi denti alla sua lingua, la sua lingua, la sua saliva, la sua bocca, la sua lingua, la sua lingua… si scosta e posa la testa sulla mia spalla, fiato caldo su pelle tesa. Muoio.

-Scusa per prima non volevo volevo solo provocarti vendicarmi vedere come reagivi scusami non so cosa mi è preso ma oggi mi hai messo davvero in imbarazzo, per mio fratello più che altro, cazzo ti è saltato in testa di parlare così davanti a lui, Andrea non sai che fatica ho fatto a continuare a giocare con te che mi guardavi in quel modo, non mi sono mai dovuto trattenere tanto e dio Andrea quante volte ho sognato di…

Mi bacia di nuovo, e come in trance io lascio che le mie mani salgano a cingergli la schiena, carezzandola, lo sento gemere. Ma… non doveva essere il contrario? Le posizioni non andavano invertite? Non dovrei essere io quello che lo sbatte al muro e lo obbliga a confrontarsi con i suoi sentimenti, quello che geme e sogna e assapora ogni centimetro di carne concessa? Cazzo, perché, Elia sempre così timido, scostante, delicato, mi scombussola tutto vederlo sotto questa luce…

Ma del resto, mi importa poi davvero tanto? Voglio dire, ho davvero intenzione di lamentarmi se mi morde il labbro e mi accarezza il collo, con quei movimenti languidi che minacciano di farmi impazzire?

Decisamente no, decido, mentre la mia mano scende sul suo sedere e lo attira più vicino a me, il suo inguine sfiora il mio ed è come se una scarica elettrica mi avesse accecato.

Ricado all’indietro contro il muro, gli occhi chiusi e le sue labbra sul collo.

Improvvisamente lo sento allontanarsi. Rialzo la testa a incontrare il suo sguardo.

-Andrea? Tutto bene?

Gli bacio il naso, e lui sorride. –Benissimo, occhi grigi. Finchè mi starai vicino, tutto andrà benissimo.

Vedo il suo sorriso sbiadire, ma è solo un attimo, poi le sue labbra cercando di nuovo le mie.

Non posso trattenere un brivido, in cui piacere e dolore si intrecciano uguali.

Perché lo conosco bene, oramai, so leggere il suo sguardo. E poco fa…

Non ho molte certezze, nella vita e in questo momento.

Ma di due cose sono sicuro. La prima è che amo Elia, l’Elia che mi sta tra le braccia.

La seconda, è che Elia non ci sarà sempre. 

 

Elladan

 

Le strade sono piene di ombre, lunghe e fumose, ritagliate nella luce fredda e aliena dei lampioni. Io cammino e ho la testa bassa, sento gli occhi stanchi… non vedo l’ora di rientrare in casa, infilarmi nel letto di Lass (e chi cazzo se ne sbatte se lui è riuscito a portarcisi Ru, ci sarà comunque spazio per me) e dormire tutta la notte tra i due corpi solidi e caldi dei miei migliori amici.

Merda, sto così male…

Non so cosa è stato peggio. Vedere mio fratello avvinghiato a quel ragazzo, o rendermi conto che bastava un ritardo di pochi istanti, e lo stesso ragazzo si sarebbe trovato afflosciato in un angolo, un coltello in gola. Il mio coltello.

Dio, devo vomitare…

C’è un odore strano nell’aria. Odore di miele, di fiori, di sottobosco dorato, odore di foresta e di fieno, di alberi alti e vivi, di selvaggio. Odore di madre e di infanzia, odore di acqua argentea e specchio proibito. Odore di Lothlorien.

Ma è diverso, più penetrante e leggero, più dolcemente acre, odore di pioggia. Odore di Lupo.

Mi guardo intorno, non vedo niente. Nessuno.

E poi, improvvisamente…

È Irmo, quello che avanza nell’abito nero, il viso perfetto una maschera assente? Diverso da solito, più fisso e cupo, serio, concentrato. Manca la tenera giocosità del mio dio di sogno. Non è Irmo…

Capisco.

Cado in ginocchio, la fronte sull’artificiale terreno bruno che chiamano asfalto.

-Namo…- sussurro, e la sua mano è gelida mentre mi sfiora i capelli.

Non ho mai saputo che il tocco della Morte fosse così dolce. Mai saputo che gli occhi grigi del Dio del Fato potessero brillare come quelli del suo gemello.

Vorrei aver salutato Elrohir, prima di dover lasciare questo mondo.

Le dita fredde come marmo scendono lungo il mio viso, mi afferrano gentilmente il mento costringendomi ad alzare la testa.

Non ho mai saputo di nessuno sopravvissuto alla carezza del Dio.

Eppure io sono ancora qui. E so che qui resterò.

-Non ti crucciare, figlio mio. Non è ancora venuto il momento di bagnare il tuo pugnale. Il mithril ha bisogno di rubare luce alle stelle, prima di quel giorno.

Lo guardo stupito. Poi piango.

Namo non mi stringe, non parla. Solo quando smetto di singhiozzare sorride. –Hai molta strada da compiere, mio coraggioso. Verrà un tempo in cui la vita di tuo fratello dipenderà dalla tua spada. Ma ora Elrohir ha bisogno solo d’amore. Sarai disposto a dargliene?

-Ha già chi gli offre l’amore.- rispondo amaro prima di potermi trattenere. Ma Namo non pare offeso, e sorride. –Sciocco. Voi due siete legati, lo siete nella mente- mi tocca la fronte –nel cuore- mi posa la mano sul petto –nell’anima- mi tocca le labbra- e nel corpo- intreccia la mano alla mia. La porta al suo viso, e la bacia. La sua bocca è più vellutata di una pesca, di un frutto succoso di Imladris. E di nuovo, non dovrei fare simili pensieri su un Valar.

Lui ride, e fa un passo indietro. –Sei audace, Elladan Elrondion. Credo che mio fratello avesse avuto ragione fin da subito, su di te.

-Cosa vuoi dire?

-Lo scoprirai a suo tempo, narmomelindo.- sussurra, ma già sta svanendo.

Il profumo di Lothlorien se ne va, e la strada torna vuota.

Ma la solitudine adesso sembra pesarmi di meno.

 

Note

Ehila! Come state? Speravate di esservi liberati di me, vero? E invece no… eccomi qui come sempre, per il mio solito monologo…

Cominciamo con le spiegazioni post-capitolo.

Non chiedetemi perché improvvisamente Andrea sia così importante, né come farò a sistemare tutto quando i gemelli partiranno per Arda. Non ne ho la più vaga idea. Anzi, vi dirò che sono moooolto perplessa e sto meditando di farlo fuori in qualche modo (scherzavo, scherzavo andrea, tranquillo, ti voglio troppo bene per buttarti giù da un ponte!). Comunque volevo far risaltare la particolarità di Elrohir, anche quando era solo Elia il ragazzo umano.

Poi mi devo scusare, perché mi ostino a mettere il basket in mezzo quando non ne so assolutamente niente. Ma tra tutti gli sport è quello che mi piace di più vedere… non che l’abbia visto molto, però… e comunque il questo periodo mi sono trovata un infinità di ff yaoi su Slam Dunk e temo che presto ve ne troverete davanti una scritta da me… anche se non ho letto neanche un manga o visto una puntata, quei personaggi sono straordinari…

Vabbè, a parte queste divagazioni torniamo nella Terra di Mezzo.

Premetto che sto capitolo l’avevo scritto prima del casino con il sito, indi per cui sono passati quanto? Tre settimane? In ogni caso, non ricordo niente dei possibili proseguimenti, e le frasi che Namo dice a Elladan sono oscure per me quanto per voi. Non so cosa intendesse con quei sibillini riferimenti, mi inventerò qualcosa al momento giusto. Voi non vi preoccupate, tutto si risolverà (perché ho l’impressione che questo non vi rassicuri per niente?)

Comunque sia… credo di aver finito di rompervi con le note a fine capitolo, per sta volta.

Quindi…. Vi saluto miei cari, mi siete mancati in queste settimane! Anche perché ho scoperto che non riesco più a continuare sta storia se non la legge qualcuno…

See you soon, boys! Love, Roh

 

   
 
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