Il loro destino
A
chi le
diceva che Lucius Malfoy la stava guardando dal fondo del lungo tavolo
dove
abitualmente sedeva con i suoi amici, rispondeva scuotendo la testa e
sorrideva
con leggerezza, come quando si asseconda
un’osservazione già sentita,
senza prestarci troppa attenzione.
“Vedeste
come la guarda Malfoy” Aveva detto Bellatrix compiaciuta,
durante una cena in
cui i loro genitori si erano rivelati particolarmente avidi di
confidenze.
“La smetti!”
Narcissa era stizzita. Aveva gettato lo sguardo di fronte a
sé come faceva
sempre per cercare sostegno, o un semplice sorriso incoraggiante, ma il
vedere
quel posto vuoto l’aveva rattristata ancora di
più.
Aveva poi incontrato gli occhi di sua madre che la stava
osservando
attentamente per decidere se l’affermazione precedente avesse
delle fondamenta
o fosse soltanto frutto dell’usuale malignità
della figlia maggiore.
Al suo abbassare la testa, lei era rimasta pensosa tutta la sera.
Più di una volta però Narcissa aveva incrociato
quello sguardo gelido e forte,
rivolto nella sua direzione, ma si voltava subito, nella speranza che
le sue
guance non tradissero lo strano brivido che aveva provato. In queste
occasioni
si sentiva una sciocca oltre misura perché sapeva di non
essere la sola ad
arrossire sotto il giogo di quegli occhi di ghiaccio.
Intelligente, affascinante e di modi garbati, oltre che di buona
famiglia,
Lucius Malfoy era costantemente circondato da attenzioni,
principalmente
femminili e il fatto che ne fosse consapevole dipingeva, sul suo nobile
volto,
una sicurezza che a Narcissa pareva quasi sfacciata.
Anche lei, dal canto suo, era piuttosto popolare. Avvenente, bene
educata e
riservata nella giusta misura in cui si suscita interesse e mai
disagio,
Narcissa era cresciuta tra le lodi del padre e gli sguardi
d’intesa della madre,
abituata a essere desiderata piuttosto che a desiderare.
Non
avrebbe
mai e poi mai permesso che il suo sguardo cadesse nuovamente verso il
fondo del
tavolo, dove sedeva Lucius Malfoy.
Ma sembrava che il destino si fosse risentito per questo suo audace e
azzardato
proposito e la sua tronfia vendetta aveva preso forma durante un
pomeriggio di
Aprile quando lui le si era avvicinato per dirle che con quel manico di
scopa
stava sbagliando tutto.
“Black, è una scopa, non un troll”
Le aveva allungato la mano per aiutarla ad alzarsi da terra. La tenuta
da
Quidditch, impeccabile, era baciata dai raggi del sole.
“Menomale che ci sei tu a ricordarmelo, Malfoy”
Gli aveva risposto lei, distrattamente, mettendosi in piedi e
riprendendo la
scopa.
Allora lui, divertito, aveva appoggiato una mano
sull’impugnatura perché non
oscillasse in modo che Narcissa non cadesse di nuovo.
Un grido improvviso gli fece allontanare il braccio; dal campo di
Quidditch
qualcuno lo stava chiamando.
"Ci vediamo domani, allora?”"
"Per cosa?"
Aveva
chiesto lei, irrigidendosi.
"Per delle lezioni di volo, che altro!”
E se n’era
andato via sorridendo.
Da allora ogni volta che la incrociava ad Hogwarts le sorrideva,
abbozzando un
saluto con un cenno rivolto verso di lei, anche quando era impegnato a
parlare
con i suoi amici. Lei rispondeva muovendo impercettibilmente la testa.
Se all’inizio accelerava, quasi correva, lungo il corridoio,
perché le sembrava
che il suo cuore facesse troppo rumore; successivamente la
malizia di
giovane donna le insegnò a dosare i passi sul lucido
pavimento, consapevole del
fatto che lui si sarebbe voltato a guardarla finché non
fosse sparita dietro
l’angolo.
Con
la fine
della scuola si erano persi di vista, lui in giro per il mondo a
imparare a
vivere, lei in Francia da una zia, continuava a studiare serena,
lontana dai
venti che annunciavano tempesta. Nella mente le labbra di lui e quel
bacio che
non erano riusciti a darsi.
Soltanto
quando vide che il suo fiore più bello era sbocciato, Cygnus
Black la fece
tornare in Inghilterra.
Come in lui l’ammirazione per questa sua figlia serviva a
colmare un vuoto
profondo che il tempo non aveva curato, il suo ritorno aveva acquietato
le
vecchie chiacchiere sul conto dei Black, tanto che, per strada,
Narcissa
sentiva pronunciare il suo nome, non con maligna pietà o
avide risate, ma con
una punta di invidia che conferiva al suo incedere fiero una superbia
quasi
regale.
Era
stato proprio pochi giorni dopo il suo ritorno che l’aveva
incontrato mentre
camminava per Diagon Alley. In quell’attimo aveva riscoperto
tutto insieme cosa
volesse dire avere le gambe che tremano, ma ormai aveva imparato la
naturalezza
del non darlo a vedere. Un cappotto che si stringeva
all’altezza della vita,
lungo fino al ginocchio, dei guanti scuri di pelle, i capelli raccolti
da un
prezioso fermaglio e un sottile strato rosso sulle labbra come a dire
sono una
donna; parlava più lentamente, soppesando ogni parola, con
un’espressività
nuova e seducente.
La sicurezza aveva preso il posto di quella goffa timidezza che lui
ricordava
teneramente.
Ne fu spiazzato.
Ne fu spiazzato e non riuscì a parlare.
Soltanto quando si era allontanata di qualche passo, a testa bassa per
nascondere il volto bagnato, lo sentì pronunciare
il suo nome.
“Narcissa”
Una voce familiare, accompagnata da una virilità autentica,
non più
ostentazione nel tono sforzato di un ragazzo impaziente, aveva trafitto
il suo
orgoglio.
L’aveva pietrificata senza nemmeno pronunciare una sillaba
magica.
Lei sapeva che doveva voltarsi, le regole erano chiare al riguardo. Con
la mano
spazzò via velocemente qualche lacrima e si girò
“Sei l’unica persona che avrei voluto
incontrare”
Ed era rimasta la sola nel suo cuore, per più di venti anni.
Con il tempo
avevano imparato ad interpretare i reciproci silenzi, mitigare i loro
difetti.
La superba freddezza di lui le appariva come un tratto divino concesso
al mondo
terreno; mentre la tempra ribelle di lei, non del tutto assopita, che
caratterizzava i Black da generazioni, gli scaldava il sangue
nelle vene
più di una scossa elettrica.
A
volte
capitava che queste estremità collidessero, e, in questi
casi, l’esplosione che
ne seguiva sembrava spazzare via l’intero universo, come due
forze, uguali e
contrarie, che distruggono tutto quello che si trova in mezzo e si
avvicinano e
si allontanano, nell’affannata ricerca del loro equilibrio.
La reticenza nel manifestare i loro sentimenti non era sintomo di una
riprovevole mancanza di amore, ostentata fino alla rassegnazione, ma
dell’intimità del loro legame, puro e elementare,
racchiuso dalle mura più
preziose d’Inghilterra.
Il
destino, però,
ancora una volta, li aveva trovati, ansioso di metterli alla prova. E
lei non
era stata abbastanza forte da opporsi all’ambizione di lui
che li aveva
trascinati nell’ombra, su una giostra che non sembrava
intenzionata a fermarsi.
Unica luce concessagli nella sua esistenza che diventava sempre
più buia, da
lei ritornava ogni volta e, solo guardandola, riusciva a liberare i
suoi occhi
dal male che avevano visto. Piangendo.
Tornava da lei che gli ricordava come amare, nel modo in cui lui,
da
maestro paziente, le aveva insegnato.
Nel suo amore incondizionato Narcissa era stata capace di dividerlo con
la
dannazione, rimanendogli accanto anche quando tutto era perduto,
sottomessa non
a lui, ma con lui, come il più leale dei compagni dopo una
clamorosa disfatta,
e aveva sopportato di vederselo portare via a poco a poco, non dalle
mani di
altre donne, ma dalla follia di quel suo stesso ideale che
l’aveva già ferita
una volta.
Fianco a fianco, avevano condiviso la paura della morte e il dolore di
una
punizione, quando nemmeno Azkaban sembrava troppo lontana.
Anche
tra le
macerie della loro vita Lucius andava cercando lei, lei e suo figlio.
Quel figlio disperatamente atteso che era il simbolo del loro ripetuto
amarsi.
Quell’unico figlio per cui lei aveva sopportato tutto, nel
suo assoluto amore
di madre e a cui lui, invece, avrebbe adesso voluto dare un abbraccio
per la
prima volta.
Cercava loro perché erano l’unica cosa che
contasse davvero.
Più del suo sangue. Più di se stesso.
Senza
pace
aveva iniziato a vagare per il castello fino a quando non li aveva
visti, in
fondo al corridoio, vivi entrambi.
Sentiva i singhiozzi di Narcissa mentre abbracciava teneramente Draco,
stando
in ginocchio per terra, accarezzandogli il volto. Rimase immobile come
un
pittore che ha paura di rovinare un quadro perfetto anche con un solo
respiro.
Furono loro a voltarsi verso di lui e Lucius vide quello che ormai non
vedeva
da tempo: la sua famiglia.
Note
dell'autrice: oddio, qui ci posso mettere anche la lista
della
spesa, vero? xD
Vabè, un grazie speciale a chi passa a dare un'occhiata,
spero che non se ne
penta!