Cap.15 I due Vegeta III° parte
Per poi allontanarsi e
andarsi a sedere in una collinetta poco più in là. Pareva dovesse solo fissare
il cielo. Il ragazzo, decisamente, ignorò l'ordine. Rimase lì. Non per spiarlo,
ma osservandolo soltanto, come se stesse cercando di risolvere il mistero della
creazione dell'Universo. Una goccia cadde in terra silenziosa. Una, dopo
l'altra, si trasformo in pochissimo tempo in uno scrosciare continuo. Cadeva
come se il cielo stesso stesse dando il suo meglio. Un leggero sorriso increspò
il volto del ragazzo. Si allontanò dalla finestra, come a dichiarare a chi li
guardava che lo spettacolo era finito. Appena abbastanza lontano, sollevò il
capo, lasciando che la pioggia lo bagnasse, scorrendo come quelle lacrime che
il suo orgoglio non avrebbe mai versato. Non lo sapeva, ma anche il padre anni
addietro aveva compiuto quel gesto. Il principe dei saiyan sorrise.
"Lo sai perché piove? Sonnambulo".
Lo prese in giro.
"Piove quando qualcuno
che non può piangere desidera uno sfogo"fu la risposta, serissima, del
ragazzo. Ovviamente conosceva i fenomeni che scatenavano la pioggia, ma quella
versione la preferiva di gran lunga. Vegeta ghignò appena e il ragazzo
proseguì.
"Da sollievo a
molti"rispose.
"Forse non quanto un
pianto vero, anche se non posso saperlo, ma comunque sollievo". Che
strano, non avrebbe mai pensato di fare certi discorsi.
"Non tutte le lacrime
ti liberano"commentò Vegeta senior.
"Invece questa pioggia
mi illude ci possa essere redenzione per chi non la merita. Dopo uno scontro,
la pioggia lava sempre il sangue". Aggiunse, il più grande, respirando
piano.
"Non lo leva dalle
mani di chi ha ucciso". Sussurrò il minore.
Il padre fece una smorfia.
Parlando ebbe la voce roca: “Uccidere è come lanciare un sasso in un lago. Apparentemente
l'acqua poi si cheta e i cerchi in essa svaniscono, ma ormai quel sasso rimane
lì. Non lo toglierai, ma parlandone forse, lo vedrai per quello che è
realmente"commentò il principe dei saiyan.
“Tu non me ne hai mai
parlato papà”sussurrò il figlio chinando il capo.
“Nemmeno tu”commentò il
genitore, dimostrandogli che sapeva delle perdite di controllo del figlio,
anche se la cosa gli doleva paradossalmente. Il ragazzo lo guardò intensamente,
era un argomento delicato che non aveva mai trattato e sinceramente non era
sicuro di riuscire e sapeva che anche il genitore non sapeva se negarsi per la
propria salvaguardia o esporsi per il bene del giovane. Alla fine il senior si
decise a paròare-
"Ufficialmente la
prima volta fu un animale. Mi lasciarono da solo, nel deserto di Vegeta-sei. La
conosci la procedura per i primogeniti della casata reale. Era un lupo e,
guarda la fortuna, un lupo sacro. Portai la zanna a mio padre, ma in realtà
nonostante quello che dicevano, non fu quella la prima volta”sussurrò con aria
cupa.
Il principe dei saiyan
riprese fiato, era complicato.
"La prima volta che ho
ucciso avevo circa due anni"lo disse con calma, quasi per cercare di
alleggerire l'atmosfera. Aveva capito che per il padre era difficile. L'uomo adulto
sorrise amaramente. Aveva la stessa età, ma per motivi diversi. Si chiese se
continuare, facendo passo passo con il giovane, non sapeva. In fondo si era
sempre tenuto tutto dentro.
"La prima volta era
una giornata uggiosa, erano rare su Vegeta-sei, avevamo ben due soli. Mio padre
entrò nella mia gabbia dorata e mi portò con sé. Chissà che mi
aspettavo"sputò amaramente.
"Mi condusse alla
prigioni e mi mostrò una giovane donna dai tratti stupendi". Respirò,
cercando di trovare il coraggio.
“Ti chiese di
ucciderlo”sussurrò il giovane, sua madre gli aveva detto spesso che suo nonno
era un tipo spregevole di nascosto al padre. Non che Vegeta senior ne parlasse
persino con l’azzurra, ma la donna si era fatta un’idea dalle poche che erano
sfuggite al marito.
Il più grande annuì lentamente.
“Ed io obbedii, per ammirazione,
per affetto, perché non avevo altra scelta, o per orgoglio. Fatto sta che mi
chiesi: "La colpa è uguale se obbedisci a un ordine?”. Rimasi lì, seduto
accanto al corpo non so per quante ore.
Non era ancora la mia prima
battaglia, fu facile, un colpo e via. Ebbi modo di riflettere…"commentò. Soppesando
o meno se concludere.
Il ragazzo era in silenzio
e aspettava paziente, ascoltando ogni parola. Non pretendeva certo che il padre
andasse avanti se non voleva, ma restava comunque in silenzio, per fargli
capire che lui non l'avrebbe di certo giudicato. Vegeta gliene fu grato.
"Non ho idea di cosa
stessi aspettando, ricordo solo che allora indossavo una battle-suit bianca e
più il tempo passava, più diventava rossa, assumendo il colore di quel sangue.
Fino a che arrivò mia madre. Non ricordo bene come ci finimmo, mi ricordo solo
che mi fece il bagno. Ne mio ultimo ricordo ero in silenzio e lei che
inutilmente tentava di consolarmi, non a parole, solo con la presenza,
pettinandomi i capelli. Ricordo solo l'acqua intorno a me, ma non erano le mie
lacrime, nemmeno era pioggia, solo l’acqua nella vasca"concluse
strofinando la punta di un dito con un altro. Era ufficiale, si sentiva un
emerito idiota.
“Io e Trunks ci eravamo
nascosti nella navicella. La facemmo partire, mio fratello scese per avvertire
Mirai, senza sapere che quella si sarebbe alzata lasciandolo a terra. Il
fratellone non giunse in tempo, mi sono sentito abbandonato sul pianeta in cui
sono finito. Mi sono sentito come se tutti si fossero scordati di me"
disse all'improvviso Veg. Aveva promesso anni prima che non lo avrebbe mai
detto al genitore, ma sarebbe rimasto un segreto con suo padre. Vegeta non lo
guardò direttamente, ma si fece attento. Sospese ogni giudizio, ogni pensiero,
ascoltando semplicemente.
"Puoi tranquillamente
commentare"lo invitò invece il figlio.
Vegeta si schiarì la gola.
Quando era diventata così secca non lo ricordava, forse semplicemente non se
n'era accorto.
"Non ti dirò buono,
cattivo, giusto, sbagliato. Persino Kakaroth, che tutti definiscono il bene, ha
ucciso la persona che più amava al mondo e a tutt'oggi lo sento gridare la ,
nei sogni. Il bene e il male dipendono dagli occhi di chi le rende tali…".
Iniziò Vegeta. Lui sapeva invece che l’amico dell’altro saiyan era come il suo,
solo che lo celava meglio, ma erano più identici di quanto la gente potesse
anche solo capire.
"Ti dirò solo di non
diventare mai uno stupido, come me. Uccidere non porta a niente, né
soddisfazione, né appagamento. Il sangue non spezza le tue catene, ma ti
soffoca. Ti chiedo solo una cosa…”. Era difficile fare una richiesta, non era
un ordine, ma nemmeno una supplica, ma non faceva parte nemmeno dei consigli.
"Dimmi"lo invitò,
pacatamente il figlio. Cercava di renderla più facile, anche se per lui era
complicato.
"Pensa sempre che al
suo posto potresti esserci tu"concluse. Non poteva chiedergli di non
uccidere o di raggirare il suo orgoglio con codardia. Anche se gli doleva dire
quelle parole, in fondo Goku si divertiva semplicemente a massacrare il nemico
umiliandolo invece di rompergli l’osso del collo, forse si poteva arrivare a un
compromesso come quello. Il ragazzo ci pensò un po' su, poi annuì.
"Non lo faccio spesso,
infatti"ammise Jr.
"Mi è capitato
raramente, solo quando raggiungo il limite. Aggiunse, sua madre non avrebbe
gradito scoprirlo.
"Bene, ora fai quello
che vuoi. Io ci vado veramente a letto"concluse Vegeta, smettendo di
fissare con intensità un pezzetto di cielo. Più che altro quelle frasi, gli
erano costate più di una di allenamenti.
"Buona notte"lo
salutò il figlio. Lui avrebbe continuato ad allenarsi, gli si leggeva in
faccia.
"Gioventù"commentò
Vegeta sorridendo.
Il figlio fece una smorfia.
“Non mi hai mai fatto
vedere dove tu e Goku vi siete sfidati la prima volta”. Si impuntò il minore e
da bravo figlio curioso, continuò finché il padre non si fu convinto.
“Però dopo andiamo a
letto”. Lo ammonì per poi condurcelo in volo, Jr. aveva un ghigno soddisfatto
lungo venti metri.
Il deserto di notte era sicuramente
più suggestivo.
“Tua madre mi ucciderà per
colpa tua una di queste volte”si lamentò l’uomo atterrando seguito a ruoto da
Jr. che si guardava intorno interessato.
“Mi dici come ti hanno
battuto? Che imbroglio hanno usato?”fu la domanda del giovane. Fu ben strano
che Veget non gli urlasse come minimo addosso o attaccasse solo per averlo
detto. Dal canto suo il figlio si aspettava anche di peggio.
"Tu combatti e io te
lo dico"lo sfidò invece il senior mettendosi in posizione di
combattimento.
"Volentieri". Veg
sorrise, sapeva che il sangue saiyan del padre non avrebbe potuto rifiutarsi
dal combattere proprio in quel luogo.
Lo scontro si rivelò
interessante. Il genitore gli mostrò una serie di trucchi e di astuzie da usare
in combattimento. Niente di sleale, ma di quelle regole che solo con
l'esperienza si potevano acquisire. Con un po’ di furbizia riusciva a mettere
in confusione l'avversario, evitando o attaccando in modi insoliti. Quando Veg
cominciò a seguire quel medesimo ritmo, inventandosi nuove combinazioni, lo
scontro cambiò. Vegeta iniziò ad ammantarsi della notte stessa, come se fosse
la sua dimora naturale. Divenne
invisibile e silenzioso. Un assassino perfetto e imprevedibile, un mercenario
cresciuto nello spazio tanto da rendere l'ombra la sua realtà.
Ci vollero due ore piene
prima che Veg potesse iniziare a muoversi veramente in quel nuovo elemento,
come un pesce che impara a camminare, ma ci riesce diventando anfibio. Il
principe dei saiyan lo guidava come si guiderebbe un cieco, coprendolo con il
suo stesso manto di tenebra. Alla fine, fu l'adulto a interrompere.
"Per questa basta"disse semplicemente, riapparendo.
"Va bene". Veg
annuì, mentre i suoi occhi danzavano eccitati da tutte quelle nuove scoperte. Se fosse stato per lui, non avrebbe mai
smesso.
L'alba quasi li scoprì colpevoli, ma rientrarono prima che Bulma li scoprisse fuori.
To be continued...