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Autore: Remedios la Bella    01/09/2011    2 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bene, ho un annuncio da fare: il 3 di settembre partirò per circa una settimana al mare quindi la storia verrà temporaneamente lasciata in sospeso ....
Ma ... visto che io scrivo le cose prima, potrò pubblicare oltre a questo capitlo altri 2, il 21 e il 22, che segnano la fine della prima parte del racconto, dal 23 in poi si racconta della vita di Max in guerra e di quella di Deborah latitante, ma prima, leggete il 20! e in successione pubblicherò anche il 21 e 22! eE con questo ... ci becchiamo il 9! A presto!
Remedios

Capitolo 20

 
Non percepii nemmeno l’arrivo della sera. Le guardie mi avevano messa nella catapecchia dei condannati, una capanna poco distante dal forno crematorio, dove venivano stipate le future vittime del fuoco. Io restai chiusa lì tutto il giorno, stesa su una tavola di letto appesa precariamente alla parete rosa dalle tarme e piena di muffa.
Quell’odore, misto a quello che provocavano le mie nausee continue, mi dava il mal di testa, e mi faceva tenere la testa coperta con le braccia, come se cercassi di riposare.
Ma di riposo la mia mente non ne voleva sentire parlare. Come fare? La maggior parte dei prigionieri rinchiusi con me tossiva in modo anomalo e spasmodico, segno di una terribile tosse, e io di beccarmi un’ulteriore malattia non avevo voglia. Molti di loro giacevano come in stato vegetativo sulle loro brande, alcuni deliravano come presi da crisi varie, forse lì dentro ero l’unica con un pizzico di sanità mentale. Ma sentivo che più stavo lì, più quella lucidità sarebbe sparita prima o poi.
Non parlai con nessuno di loro per tutto il giorno, ero ancora sorpresa per quella mattina. Come mai avevano rinviato in modo così improvviso la mia condanna? Che Xavier avesse qualche altra intenzione? No … impossibile, ormai lui mi aveva completamente rifiutata. Meglio per me, almeno non avrei dovuto più rivedere quella faccia da schiaffi in vita mia. Ma ormai l’ora giungeva veloce, e in cuore mio sentivo che se in qualche modo non avessi di nuovo rivisto la faccia di Max, non me ne sarei potuta andare per sempre con la pace nel cuore.
Solo l’istante dalla finestra, quel “ Ti amo” sussurrato a distanza di dieci metri dai nostri volti, niente di più. Solo un bacio la notte prima, un bacio lieve, casto e senza malizia. Il primo della mia vita, e da quel che mi era sembrato anche il primo della sua vita. Mi cadevano le lacrime dagli occhi solo a pensarci.
Dalla piccola finestrella sentivo le cicale cantare nella notte ormai prossima a venire. L’aria iniziò a raffreddarsi bruscamente e io mi rannicchiai per non morire di freddo. Non avevo coperte, ma una veste leggerissima e che calda non mi teneva di certo.
Mi vennero i brividi così messa e cercai di chiudere gli occhi, prima di dover essere chiamata per il trasporto dei prigionieri al forno.
“ Sarà l’ultima dormita della mia vita …” pensai, mentre lentamente chiusi gli occhi e caddi tra le braccia di Morfeo, forse per la troppa stanchezza, forse per la rassegnazione. Fatto sta che respirai sempre più lentamente, fino a non percepire più il canto delle cicale nel soffio lieve e freddo di quell’ultima notte d’estate.
 
Le lancette dell’orologio segnavano il loro ticchettio lentamente. Le ore che mi separavano dalla mia partenza verso il campo d’addestramento passavano lente e scandite da un misero suono fastidioso e penetrante.
Sedevo sul divano quella sera e leggevo senza attenzione un giornale, mentre notai che Elly guardava insistente l’orologio come se aspettasse qualcosa.
Risuonarono le 20 e 30. Lei si alzò di scatto, e andò via dal salotto, seguita a ruota da mia madre, che in quel momento lasciò il ricamo che stava cucendo e seguì Elly.
Rimasi solo lì dentro, visto che mio padre era già a letto nonostante l’ora per la stanchezza.
Rimasi inquietante da quella situazione surreale, mentre il ticchettio mi penetrava le orecchie insistente.
“ Forse sarà meglio che le segua …” pensai, mentre appoggiai il giornale sul tavolino basso del salotto e mi diressi alla cieca verso la direzione che Elly aveva preso poco prima.
Vidi la sua ombra sbucare dall’angolo dell’ingresso e mi diressi lì senza esitare.
“ Elly?” la chiamai per vedere se lei si fosse accorta di me. Avanzai di pochi passi e riuscii a sorprenderla mentre apriva furtiva la porta principale di casa, con mia madre alle costole.
Ai suoi piedi teneva una borsa da viaggio, e indossava una specie di giubbotto impermeabile, stessa cosa per mia madre, tranne che lei non aveva la borsa da viaggio.
“ Max!” mia madre mi chiamò a sé, e io le arrivai accanto veloce.
“ State andando a ….” Chiesi io frettoloso. Ma Elly mi interruppe:” Si, genio. Ma ti prego, non svegliare papà … ci vorrà la massima cautela in tutto.”
“ Posso venire? Voglio rivederla un’ultima volta.” Chiesi speranzoso. Avevo davvero voglia di rivederla un’ultima volta prima di dovermi separare da lei per un po’ di tempo, sempre se fosse sopravvissuta. Cosa che speravo con tutto il cuore che potesse succedere.
Elly guardò mia madre in segno di consenso o in cerca di una qualche risposta. La donna per tutto responso annuì lentamente:” Si, ma stai attento. Mark ci aspetta.”
Mi trattenni dal saltare dalla gioia per quel permesso che comportava certo i suoi rischi. Aprii lentamente la porta di casa, fuori c’era una macchina ad aspettarci, insieme a un uomo dall’aspetto astuto ma benevolo.
“ Possiamo andare …” fece avvicinandosi. Appena mi vide inarcò il sopracciglio:” Viene anche lui?”
“ Devo rivederla, le dispiace?” gli risposi io titubante.
Lui si limitò ad alzare le spalle:” Beh, gli animi nobili sono sempre ben ripagati. Ora saliamo, dobbiamo fare in fretta. Ah! Sono Mark, piacere.”
“ piacere mio, Max.” gli strinsi la mano un po’ insicuro.
Salii in macchina, Elly sul sedile posteriore insieme a me, la mamma davanti con l’autista.
“ Ragazzi, mettetevi le divise da prigionieri … sono nel bagagliaio.” Ci indicò l’uomo.
Noi ci voltammo verso il bagaglio e ci trovammo le tipiche divise da prigionieri a strisce nere e bianche. Erano più di una, segno di una scorta.
Ne presi una che fosse circa della mia misura e me la infilai non senza fatica, mentre la macchina continuava ad andare per la strada del bosco. La misi sopra la mia camicia, in modo da essere pronto a toglierla appena necessario.
Mentre eseguivo ciò, mia sorella che eseguiva il mio stesso compito mi disse:” Sei disposto a tutto fratellino!”
Io la guardai e sorrisi:” A tutto per lei.” Anche lei sorrise, e poi si mise a guardare fuori dal finestrino.
La luna iniziava a sorgere da dietro le montagne. Una luna sorridente e piena.
Notte propizia per un salvataggio. 

   
 
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