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Autore: Montana    04/09/2011    6 recensioni
Una ragazza scampata alla strage della sua famiglia a soli 5 anni, non parla, si esprime solo con la musica.
Il suo serial killer è tornato a cercarla.
Ma questa volta con lei ci sarà un ragazzo dai capelli castani, e la sua squadra di esperti, pronti a proteggerla.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Veronika Gordon 2007-2012'
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Ci sono cose nel silenzio
 
Guardai JJ: il suo sguardo diceva chiaramente “Tu hai combinato il danno, tu lo vai a riparare. Immediatamente.”
Appoggiai il pennarello sul tavolo e seguii Veronika fuori dalla stanza, su fino in camera sua.
“Posso entrare?” chiesi. Non mi rispose, come avrebbe potuto farlo dopotutto?, così decisi di entrare. Lei era seduta sul suo letto, le ginocchia strette al petto e la testa appoggiata sopra.
Imbarazzato come pochi, mi sedetti lì al suo fianco.
Rimanemmo un po’ fermi in silenzio, poi lei alzò la testa e allungò una mano tremante verso il comodino, cercando qualcosa. Quando capii che cercava il suo solito quadernino che usava per comunicare, glielo passai immediatamente assieme ad una penna.
Quanti anni aveva il bambino?” scrisse.
Non sapevo cosa rispondere, quindi optai per la verità.
“Sette e mezzo.”
La sua mano tremò mentre aggiungeva “L’SI sa di te?
Parlava sempre dell’ FBI nominando solo me.
“Purtroppo sì. Ma non lasceremo che ti faccia del male.”
Cosa potrebbe collegarmi a lui?
Non capii quella domanda. Dopotutto lui sapeva perfettamente che Veronika Gordon, all’epoca appena cinquenne, era sfuggita alla sua furia omicida.
“Beh lui sa chi sei..” le risposi. Lei scosse la testa, fece per scrivere qualcos’altro ma cancellò.
“Veronika, cosa volevi dire?”
Ogni indizio era importante. Ogni piccolo dettaglio che lei potesse anche solo immaginarsi poteva toglierci da quel fango dove c’eravamo infilati.
Niente.” scrisse solo, lapidaria.
Rimanemmo di nuovo in silenzio.
“Ascolta Veronika, non volevamo che scoprissi tutto così. Sono stato un idiota a farti vedere quelle scritte, non volevo soffrissi. Ti chiedo scusa.”
Lei finalmente abbozzò un sorriso, anche se aveva ancora gli occhi lucidi dalle lacrime. “Non ti preoccupare.
Questa volta non lo scrisse, lo sillabò con le labbra. Come una normale persona afona.
 
Era sera. Hotch e gli altri erano tornati con pochissimi risultati, per non dire nessuno.
JJ gli aveva detto che Veronika aveva scoperto tutto, omettendo che era stata la mia stupidità a farglielo scoprire, così Hotch l’aveva interrogata tutto il pomeriggio. Come già detto, ogni indizio, ogni piccolo particolare era utile. Sfortunatamente, come me, Hotch non riuscì a cavare un ragno da un buco.
Verso sera Veronika si rintanò a suonare nello studio, come al solito. Quando mi appostai come al solito dietro la porta, stava suonando con parecchia enfasi un pezzo che non le avevo mai sentito suonare, il Minuetto e Trio di Mozart (http://www.youtube.com/watch?v=bU4ibFvJ_9k non badate al fatto che non suona nemmeno un pianoforte, sono licenze d’autore queste!)
Certo, quel pezzo non le veniva bene come gli altri ma era pur sempre bravissima. Quando smise di suonare fui quasi tentato di applaudirle.
“Guarda che puoi uscire da lì. So che ci sei.”
Una voce roca mi fece sobbalzare, portai la mano alla pistola e mi guardai attorno: che l’SI fosse riuscito ad entrare in casa?
Ma attorno a me non c’era nessuno.
Qualcuno si schiarì la voce “Ho detto che puoi uscire da lì. Non sono arrabbiata, so che sei sempre lì.”
Un momento. L’SI era un uomo. La voce aveva detto arrabbiata.
Tutto ciò era talmente assurdo che nemmeno la mia così abile mente arrivò subito alla soluzione dell’enigma. Ma quando successe, impallidii.
“Veronika?!” chiesi entrando nella stanza.
Lei fece un mezzo giro su se stessa grazie allo sgabello girevole e mi sorrise “Allora, lo conosci questo pezzo?”
La voce era roca, giusto, non parlava da quasi undici anni.
Veronika Gordon stava parlando.
Veronika Gordon stava parlando con me.
Veronika Gordon stava parlando con me e mi stava chiedendo se conoscevo Mozart!
“Certo che lo conosco. Il Minuetto e Trio.” risposi con nonchalance.
Lei fece una faccia stupita “Sì, sono esterrefatto dal fatto che mi hai appena parlato tre volte di fila, ma visto che facevi l’indifferente ho deciso di farlo anch’io.” le risposi io con un sorriso sarcastico.
Lei me ne fece un altro in risposta “Ma sei davvero un genio, allora.”
Stavo per risponderle quando udii la voce di JJ in corridoio “Reid, con chi stai parlando?”
Prima che potessi avvertire JJ del prodigio, Veronika alzò un braccio e disse “Con me!” proprio nell’istante esatto in cui JJ entrava nella stanza.
La mia collega sbiancò quasi più di me, e spostò spaventata lo sguardo da me a Veronika e viceversa.
“Sì JJ, parlo. Non sono nata muta, sai?” continuò Veronika, con un tono talmente banale da farmi sorridere.
Ciò non successe però a JJ, che sembrava ancora reduce da un incontro con un fantasma.
“JJ siediti, tra un po’ svieni..”
Quando JJ si fu sufficientemente calmata mi disse di chiudere la porta e cominciò a tempestare Veronika di domande.
L’unica a cui diede una risposta seria fu “Perché hai deciso di ricominciare proprio oggi?”, “Perché voglio dare una voce a tutte le vittime di quel bastardo.”
Finito l’improbabile interrogatorio, dato che JJ voleva subito correre da Hotch ed avvertirlo, Veronika la pregò di non farlo. Disse che aveva in mente un piano per la cena, e ce lo spiegò.
 
Quella sera la cena fu particolarmente silenziosa.
Veronika appariva persa nel suo mondo di silenzio e dolore, e tutti facevano di tutto per non ferirla ancora di più.
Io e JJ, seduti ai lati di Veronika in attesa che il piano iniziasse, ci guardavamo cercando di non scoppiare a ridere per non mandare all’aria tutto.
D’un tratto Veronika prese la brocca dell’acqua per versarsela, poi la rimise giù perché il bicchiere era già pieno.
Era il segnale.
“Veronika, potresti passarmi il sale?” le chiesi, indicando l’oggetto spostato appositamente vicino a lei pochi minuti prima.
“Ecco, tieni!”
Il silenzio attorno al tavolo si fece tombale. Riuscivo quasi a sentire i granelli di sale colpire le foglie d’insalata.
“Reid, mi passi le patate per favore?” chiese JJ, l’unica a parte me che non stava guardando Veronika con due occhi grandi così.
“Guarda, te le passo io. Tieni!” disse Veronika, allungando la mano per passargliele.
Poi tutti e tre ricominciammo a mangiare come se nulla fosse successo.
“Veronika?” chiese Hotch.
Lei alzò gli occhi dal suo piatto.
“Tu.. hai appena passato il sale a Reid e le patate a JJ, parlando?” lo interruppe Morgan.
Veronika spostò i suoi occhi su di lui “Penso di sì.” rispose, come se non capisse il punto del discorso.
Tutto il tavolo si scambiò occhiate sconvolte, poi il signor Gordon esclamò “Sia ringraziato il cielo! Veronika, tu parli!”
Lei sorrise ai nonni “Beh, non sono mica nata muta, eh!”
Inevitabilmente la cena di Veronika terminò lì, perché Hotch e gli altri la presero di peso e la portarono in sala per farle le stesse identiche domande fattele da JJ nel pomeriggio.
Quando tornò finalmente in camera era tardi, e lei era distrutta.
“Oh santo cielo, sono esausta.”
Era strano avere di nuovo una compagnia di stanza che pronunciasse qualche parola ogni tanto.
“Ti fa male la gola?” le chiesi.
Scosse la testa “Un pochino. JJ e Prentiss dicono che è normale, e mia nonna mi ha preparato del latte col miele. Ne vuoi?” chiese, porgendomi la tazza che aveva in mano.
“No, grazie. Non so perché, ma non ho mai bevuto il latte prima di dormire.”
Veronika appoggiò la tazza sul comodino e si mise sotto le coperte.
“Io sì, quando ero piccola. Mia mamma me la faceva sempre. Tranne quella sera. Non la volevo, ho interrotto una tradizione, e li hanno uccisi. Ho sempre dato la colpa a questa stupida tazza di latte. Non ho più bevuto latte per undici anni.”
“Oggi è la giornata dei nuovi inizi?” “Esatto.”
Silenzio.
“Wow. Non avevo mai detto a nessuno queste cose.”
“Anche perché hai smesso di parlare appena hai potuto farlo..”
Scoppiò a ridere. Almeno la sua risata era familiare.
“Buonanotte, Spencer Reid!”
“Buonanotte, Veronika Gordon.”
  
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