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Autore: L_Fy    05/09/2011    1 recensioni
Cosa riserva il futuro all'umanità? La Terra sta lentamente scivolando verso l’autodistruzione e prima o poi le risorse primarie si esauriranno. Per tali motivi, in un futuro non troppo lontano, l'umanità si è vista costretta a partire verso le volte dell'universo, alla ricerca di un altro pianeta abitabile. E’ quindi questo il compito delle 4 enorme navi spaziali chiamate Orion che dopo essere uscite dal sistema solare hanno perso contatto con il loro pianeta madre.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piattaforma Dream Rewind 1328 Feudo di Chateauneuf – missione collaudo attrezzature FRG675G/5
Benson, Elijah            digi-alias        Leon Chateauneuf       Cavaliere
Cardinale, Jude           digi-alias        Cedric LeBoeuf          Cavaliere
Morales, Eric             digi-alias        Edouard Cedex           Cavaliere
O’Brian, Garrie          digi-alias        Jaques Perreires         Cavaliere
Patterson, Matt            digi-alias        Jean de la Roque        Cavaliere
 
Leon e Jean grondavano di sudore dentro le pesanti armature di ferro. Erano ormai talmente stanchi che faticavano a tenere in mano le enormi spade con cui stavano duellando sotto il cielo plumbeo che minacciava pioggia.
“Ancora due minuti e mi si liquefanno i testicoli” ansimò Jean nell’interfono “Non potremmo dichiarare idonee le armature e chi s’è visto s’è visto?”
Leon aspettò di riprendere fiato prima di rispondere.
“Siamo già sotto accusa: non complichiamoci la vita e finiamo quello che siamo venuti a fare”
Dalla stretta feritoia del grosso elmo argentato vide Cedric e Jaques che, nel recinto a fianco al loro, si scambiavano gli ultimi deboli colpi di spada prima di crollarsi addosso l’un l’altro in un gran clangore di ferraglia.
“Non ce la faranno mai a tirarsi su da soli” sentenziò speranzoso Jean appoggiando tutto il considerevole peso alla spada che sprofondò nel terreno molle. Anche Jean cadde lungo disteso con un –Umf!- di sollievo. Edouard arrivò in quel momento in sella ad un possente cavallo bardato da un pesante copricapo piumato.
“Capo, ho finito coi cavalli” disse con voce frizzante scivolando agilmente a terra e attirandosi l’odio del resto della squadra “Che devo fare adesso?”
Leon si tolse il pesante elmo e l’aria fredda gli gelò la barba madida di sudore.
“Prova a tirare su quei tre ammassi di letame, se ci riesci. Hai dato una occhiata al terreno dove vogliono fare il torneo?”
 Edouard annuì mentre cercava senza riuscirci di sollevare un braccio di Jean steso a terra e intenzionato a  starci.
“Il terreno è buono, l’erba realistica, ho perfino intravisto qualche digi-insetto intento a fornicare. Ti dirò che li ho invidiati” concluse pensieroso.
“Prova a menare botte con una spada di duecento chili per tre ore per poi vedere un tuo collega che ha passato quelle ore a spiare la fornicazione degli insetti; dopo mi dici che cos’è l’invidia” brontolò Jean dalla sua posizione faccia a terra.
Il lavoro di collaudo sulla piattaforma medievale aveva tutta l’aria di essere una punizione fisica e per quanto fosse immeritata i ragazzi la svolgevano con una ammirevole dedizione. Leon però friggeva dalla voglia di comunicare con loro al riparo da orecchie indiscrete, cosa infattibile in quanto il CDI non li aveva dotati di computer da polso poiché “irrilevante per il buon esito della missione”. Non sapeva quindi se Garrie era riuscito a scoprire qualcosa di nuovo. Cercò di sondare con lo sguardo Jaques per l’ennesima volta e per l’ennesima volta il giovane cavaliere annuì, gonfiando le guance in segno di insofferenza subito dopo.
“Toglietevi le armature!” ordinò Leon ad un certo punto, stufo e frustrato dall’attesa.
I tre cavalieri non se lo fecero ripetere due volte e, aiutati da uno sghignazzante Edouard, riposero le armature nell’armeria del castello, ben oliate e lucidate dopo il collaudo. Dopo di che, si aggirarono per il castello controllando le stanze : dovevano verificare la consistenza dei muri e delle pareti, la veridicità degli oggetti, la presenza di rumori o odori estranei all’epoca. A parte un orologio da polso dimenticato da chissà chi, non trovarono niente di strano. Il castello era enorme, freddo, ma per lo meno c’era un gran via vai di gente: stavano riarredando le stanze e provando gli strumenti musicali, per cui tutt’intorno c’era una cacofonia di suoni e chiacchiericci confortante. La squadra si mise di buona lena a provare la funzionalità degli archi e delle frecce per ancora un'ora ed alla fine erano tutti stremati dalla fatica .
“Capo, il castello è più che a posto, le armi sono collaudate, tutto è stato controllato al meglio: ci siamo cosparsi abbastanza il capo di cenere o dobbiamo tirare fuori il cilicio chiodato e usarlo finché il CDI non ci concederà la grazia del suo perdono?” esordì Cedric ad un certo punto piantandosi davanti a Leon con le mani sui fianchi.
Leon sospirò: in effetti, avevano già lavorato anche troppo, una pausa era più che meritata.
“Aspettavo che si digitalizzasse un barile di birra inglese non fermentata” disse con aria di sufficienza “Ma se vi accontentate di quella sciacquatura francese…”
Lasciarono l’armeria mentre il cielo di un bell’azzurro terso si trasformava improvvisamente in plumbeo.
“Prova temporale prevista fra 1 minuto“ gracchiò l’interfono e Jaques cominciò a brontolare, avvolgendosi nel lungo mantello di lana.
“E’ tutto il maledetto giorno che provano con i temporali: secondo me lo fanno apposta per farci prendere un’infreddatura”
“Povero, piccolo Jaquino” lo canzonò Jean velenoso “Tutti che cospirano contro di lui…Ah, io non vedo l’ora di bermi una bella birra ghiacciata…”
“Squadra Tau Centauri” vibrò l’interfono in quel momento.
“Sì” rispose Leon dopo aver scambiato uno sguardo esasperato con la squadra.
“E’ stata attivata una nuova arma da collaudare nel campo AS1” ordinò la voce incolore dell’interfono.
Leon sentì montare dentro un gran senso di rabbia alimentato dalla stanchezza per la giornata massacrante.
“Comando, sono dieci ore che la mia squadra sputa sangue su questa piattaforma” disse cercando di controllare il tremito della voce.
“E’ stata attivata una nuova arma da collaudare nel campo AS1” ripeté la voce atona e metallica dell’interfono.
Leon chiuse la comunicazione e gettò a terra i pesanti guanti di cuoio in un moto di stizza. Jean batté la mano sulla spalla di Leon, comprensivo.
“Andiamo, capo, magari si tratta di un Panzer tedesco della 2° guerra mondiale: buttiamo giù il castello e chi s’è visto s’è visto”
Leon non rispose e si avviò di malumore per raggiungere il campo in forte discesa dietro al castello. Mentre erano sul ponte levatoio si scatenò un furioso temporale, dove la pioggia gelida sferzava di sbieco penetrando nei grezzi tessuti dei mantelli
“Che splendida giornata, eh?” fece Cedric con un sorriso serafico, completamente zuppo. Arrivati al campo arrancando in mezzo alla melma, videro che l’arma da collaudare era una enorme catapulta completa di grosse pietre da caricare come munizioni. I cinque rimasero a bocca aperta, le braccia impotenti lungo i fianchi
“Cos’è, uno scherzo?” chiese Jaques speranzoso.
Leon alzò il viso verso il cielo, gli occhi luccicanti di ira.
“Maledizione!!” ululò con quanta voce aveva in corpo.
Dopo un attimo di silenzio, Cedric gli si avvicinò, calmo e sorridente come se si trovasse su un assolato campo da golf.
“Capo, questa simulazione è assolutamente inutile. Non stai diventando pazzo, lo sei già da anni e anni e anni. Adesso le tue crisi isteriche non ci fanno né caldo né freddo”
“Magari ha le sue cose” ghignò Jean.
Leon scrollò le spalle, rinfrancato suo malgrado: per quanto le cose andassero male, il senso dell’umorismo della squadra non veniva mai meno, e questo lo consolava.
“Visto che riuscite ad essere ancora così spiritosi, voi vi occuperete delle munizioni” rispose, velenoso.
Insultandosi piacevolmente l’uno l’altro, i cinque si misero al lavoro mentre il cielo diventava sempre più cupo e le raffiche di pioggia sempre più potenti. Riuscirono a caricare una pietra nel cucchiaio della catapulta e a tenderlo faticosamente verso il basso con la ruota mossa da leve, che venne poi bloccata da un perno.
“Caricate!!” ululò Leon quando fu tutto pronto.
Edouard posizionò la spada dietro al perno, pronto a farlo scattare per rilasciare il cucchiaio.
“Puntate!!!”
 Cedric, Jaques e Jean spinsero le enormi ruote in modo tale da direzionare il colpo verso il castello.
 “….e ciao ciao a tutti quanti” digrignò Jean tra i denti.
 “Fuoco!!”
Edouard calò la spada con un colpo secco e la pietra partì sibilando. Sfidò il tempo infame ed arrivò al castello, tranciando di netto una torretta con un gran rumore di massi rotolanti.
“Wow!” esclamò Jean con gli occhi brillanti “Non c’è niente di meglio di un buon, vecchio sasso per divertirsi un po’!”
“Avevo sottovalutato la potenza  di queste armi troglodite!” confermò Jaques sorridendo.
Ma qualcosa andò storto. L’interfono cominciò ad emettere strani suoni intermittenti mentre la sirena dell’allarme generale strillava dentro il castello.
“Attacco alla piattaforma in corso! Ripetiamo, attacco alla piattaforma in corso!” pigolarono le nanocomunicazioni.
La squadra si scambiò uno sguardo smarrito.
“Di nuovo!?!” mormorò Jaques, abbattuto.
Leon non perse tempo.
“Tutti verso i de-digitalizzatori, ragazzi, questa volta non voglio avere niente a che fare con ribelli o Runners scomparsi!”
Iniziarono a correre, arrancando verso il castello mentre il temporale non accennava minimamente a diminuire. Arrivarono all'armeria con il fiatone. Un turbinio caotico di persone correva schiamazzando verso i portali di de-digitalizzazione mentre l’interfono continuava a starnazzare.
“Attacco alla piattaforma!! Nemici in arrivo!! Attacco alla piattaforma!! Nemici dentro al perimetro!”
“Dentro al perimetro?” trasecolò Jaques guardandosi intorno smarrito e guardingo.
“Al diavolo!” grugnì Leon, prendendo una spada dall’armeria subito imitato dai suoi compagni “In posizione di difesa, presto! Se è vero che i nemici sono dentro al perimetro cercheremo di respingerli!!”
“Scott questa volta ci fa lo scalpo” sghignazzò Cedric, irrazionalmente ilare.
I cinque si allinearono davanti all’ingresso, all’erta, le armi spianate.
“Dove sono?” brontolò Edouard scostandosi i lunghi capelli dal viso con uno scatto della testa.
Un gruppo nutrito di soldati con la cotta di maglia e gli elmi luccicanti arrivò di corsa da dentro il castello.
“Eccoli!!” gridò il primo di loro, vedendo la squadra Tau Centauri schierata in posizione di difesa davanti al portone.
I cinque rimasero immobili e interdetti mentre i soldati si avvicinavano di gran carriera, pronti ad attaccarli.
“Che succede?” chiese Cedric, confuso.
Un soldato alzò la spada verso di lui con un gran urlo e Cedric lo parò di riflesso. Da un momento all’altro la squadra fu travolta dai soldati urlanti ed evidentemente intenzionati a farli fuori
“Che diavolo succede??” urlò Jean cercando di parare i colpi che gli venivano inferti , senza danneggiare i digi-alias dei soldati. Leon non rispose, troppo occupato a difendersi e a pensare alacremente.
“Capo!” lo chiamò Cedric che era saltato su un carro e che dalla sua posizione sopraelevata riusciva a difendersi meglio “Dopo un rapido esame della situazione, deduco che i nemici in questo frangente siamo noi!!”
Leon, interdetto, si blocco rischiando di essere affettato da un soldato che fu spintonato via da Jaques all’ultimo momento.
“Ci deve essere un errore…” mormorò, turbato “Comando, c’è un errore! Stanno attaccando la squadra Tau Centauri! Comando!”
Dal comando nessuno rispose: continuava a belare la litania “Attacco alla piattaforma!” senza prenderlo minimamente in considerazione. I cinque della squadra si strinsero in un gruppo compatto, difendendosi come forsennati dall’attacco dei soldati sempre più numerosi.
“Capo, qui rischiamo di far male a qualcuno!” gridò Jean e Leon si guardò intono febbrilmente per cercare una via di fuga.
“Tutti alla porta di sinistra, al mio tre!” urlò per superare il clangore della lotta “Pronti? Tre!”
In perfetta sincronia la squadra scattò verso una porticina sgangherata che dava su uno stanzino cieco che fungeva da ripostiglio per i finimenti dei cavalli. Riuscirono miracolosamente a chiudere la porta e ci si ammassarono tutti e cinque contro, trattenendo a malapena la furia dei soldati.
“CDI, rispondete!” gridò Leon nell’interfono “C’è stato un errore! Ci stanno attaccando senza motivo! Qui squadra Tau Centauri, rispondete!”
“La squadra Tau Centauri si è ammutinata ed ha attaccato la piattaforma DR” disse la voce metallica dell’interfono gelandogli il sangue nelle vene “Squadre di soccorso inviate sulla piattaforma per debellare squadra ribelle”
“Che accidente stanno dicendo?” ansimò Jean, stravolto. Leon scambiò uno sguardo pieno di panico con i suoi compagni.
“Stanno venendo a farci la pelle, genio” sibilò alla fine Jaques.
“Ma…ma…si stanno sbagliando!” balbettò Edouard, sconvolto.
“Allora vai tu fuori a dirglielo?” lo invitò Jaques, abbattuto. Edouard chiuse la bocca assimilando bruscamente il concetto di “essere nel letame fino al collo”.
“Considerando che non abbiamo più di tre secondi per indire una riunione sull’accaduto, che pensi di fare, capo?” chiese infine Cedric con urgenza.
Leon li fissò uno per uno: Jaques aveva una vistosa ferita sulla tempia, Cedric aveva il vestito lacero e intriso di sangue lungo tutto il braccio, lui stesso era pieno di ammaccature che ancora non sentiva per l’adrenalina in corpo: erano tutti allo stremo e se non avesse pensato ad una soluzione alla svelta rischiavano di essere massacrati.
“Che ne dici di una delle creazioni del guerrafondaio?” propose Edouard ansimando mentre una spada nemica faceva breccia nel legno marcio della porta.
“Tanto, più nei guai di così…”
“Io voto per un sì!” approvò Cedric.
“Anch’io!” ribadì Jaques.
Leon non aveva tempo di pensare: la situazione si stava facendo sempre più surreale e caotica e sapeva che ben presto ci sarebbe scappato qualche morto. E non voleva uccidere quelli che, nonostante tutto, considerava suoi colleghi.
“Staccatevi l’interfono, ormai può essere più dannoso che utile” propose stancamente e tutti obbedirono, grugnendo di dolore quando il chip inserito sottopelle dentro all’orecchio venne strappato via provocando una piccola ferita sanguinante.
“Ok, adesso che siamo fuorilegge a tutti gli effetti, vada per uno dei tuoi gioielli, Pat, ma niente bombe nucleari! Non vogliamo ammazzare nessuno!” disse Leon stremato.
Jean quasi si fece accoltellare rimanendo immobile dalla sorpresa
“Davvero mi autorizzi a usare una delle mie creazioni…?” chiese elettrizzato come un bambino che sta per scartare un regalo di Natale: le sue “creazioni artistiche” erano assolutamente illegali, ma pregava sempre Leon di poterle usare, ricevendo invariabilmente una risposta negativa, anche perché di solito si trattava di armi letali.
“Se non è il momento questo, capo, non lo sarà mai più!” insistette Jaques, spalla a spalla con i compagni.
“Allora che aspetti, vai!!” urlò di nuovo Leon e Jean non se lo fece ripetere due volte: da sotto l’ampio mantello estrasse una specie di cubo di plastica con un piccolo display digitale.
“Ragazzi, da quando attivo questo gioiello abbiamo trenta secondi per darcela a gambe” informò Jean prima di pigiare deciso il tasto di accensione.
“Diamine, potevi almeno  aspettare che decidessimo da che parte andare!” sbraitò Jaques.
All’unisono, si staccarono dalla porta che vomitò all’interno della stanzetta una decina di soldati. I cinque li scavalcarono e cominciarono a correre a più non posso verso l’uscita, tallonati dalla marea di soldati che si accalcava verso di loro. Si incunearono in uno stretto corridoio e, correndo fino a farsi strizzare il respiro fuori dai polmoni, uscirono sl ponte levatoio. La pioggia batteva ancora furiosa avvolgendo tutto in un manto grigio e indistinto. Cedric, da ultimo, tagliò in corsa la cima che reggeva il contrappeso del ponte levatoio che iniziò immediatamente a richiudersi. Leon, Jaques e Jean saltarono senza difficoltà. Edouard attese Cedric sull’orlo del ponte che si alzava sempre più velocemente.
“Muoviti, femmina!” ruggì prendendolo per un braccio.
In quel momento un potente boato scrollò l’intero castello seguito da un’alta colonna di fumo che filtrò immediatamente dalle fessure del ponte levatoio.
“Spaccatimpani fumoso attivato, capo!” grugnì Jean disteso supino in mezzo al fango a guardare con occhi brillanti la sua opera.
Edouard e Cedric saltarono insieme a ponte quasi chiuso mancando la riva per due metri buoni e finendo nel fossato con un gran spruzzo di acqua paludosa.
“Tiriamoli fuori!” gridò Leon sporgendosi verso l’argine scivoloso del fossato.
Cedric ed Edouard arrancarono verso la riva sputacchiando e furono prontamente fatti uscire dall’acqua da Jean e Jaques.
“Ah, cavolo, avevo proprio bisogno di un bel bagno” gorgogliò Cedric.
I soldati dentro al castello stavano già calando di nuovo il ponte levatoio e Leon strattonò Edouard per tirarlo in piedi.
“Ragazzi, filiamo in mezzo al bosco!” disse mentre era già in corsa.
Il cielo ormai era quasi completamente buio e nemmeno i riflettori di emergenza attivati dal CDI spezzavano l’oscurità confusa dalla pioggia. Leon arrivò per primo sull’altura fitta di alberi abbastanza lontana dal castello per poterlo vedere avvolto dal fumo della bomba di Jean. Uno ad uno arrivarono anche gli altri, buttandosi per terra ansimanti e doloranti. Appena riuscì a riprendere fiato, Leon si alzò in piedi cautamente.
“Qualsiasi cosa sia successa, siamo ricercati. Non abbiamo un’arma se non i mostri artistici di Jean. Non abbiamo l’interfono quindi non sappiamo cosa sta succedendo. Tra pochi minuti ci intercetteranno e ci faranno a fettine. Qualcuno ha qualche idea meravigliosa da condividere con gli altri?”
“Dimentichi che siamo anche senza computer da polso, quindi non c’è assolutamente niente che possiamo fare” ribatté acido Edouard.
“Parla per te, gringo” lo apostrofò Cedric ancora senza fiato, ed estrasse dal mantello un computer da polso piuttosto scalcagnato.
“Dove l’hai preso?” chiese Jaques piacevolmente meravigliato.
“L’ho rubato ad uno dei soldati durante la lotta” ammise candidamente Cedric legandosi al polso il computer “Perché, vuoi farmi rapporto?”
“Adesso che abbiamo un computer quante sono le possibilità di cavare i piedi da questa situazione? Una su un milione?” chiese Jaques, piccato.
Cedric aveva già cominciato a pigiare sui tasti del computer come un forsennato.
“Abbi fede, fratello” mormorò concentrato.
Una fila di luci accompagnata dai rumori di una folla era in avvicinamento.
“Non vorrei metterti fretta, mastro programmatore, ma stiamo per avere visite, e non è la prozia Marigold” disse piano Jaques, appiattito ed ansimante sull’erba bagnata.
Cedric lo incenerì con lo sguardo.
“Hai fatto bene a dirmelo, contavo di prendere un thè prima di finire questo cavolo di lavoretto”
“Fai andare di più le dita e di meno la lingua, è un ordine” ribatté Leon, sempre più preoccupato.
Cedric pigiò l’ultimo tasto con un sospiro sollevato.
“Ok, per il momento può andare” sospirò “Con questo dovremmo riuscire a passare ad un’altra piattaforma senza che il CDI riesca a sapere dove. Prendetevi tutti per mano, chiudete gli occhi e, se qualcuno segue una qualsiasi fede religiosa, preghi”
Leon afferrò la mano di Cedric mentre Jaques prendeva la sua e quella di Edouard. Per ultimo Jean, piuttosto riluttante.
“Pat, non è una maledetta dichiarazione d’amore” esclamò Edouard esasperato.
“Se lo fosse, avresti già il collo spezzato” brontolò Jean.
“Dove si va ?” chiese Leon a Cedric, che sorrise candidamente
“Non ne ho la più pallida idea, capo. Pronti?”
Non attese risposta: pigiò un tasto del computer da polso e, in uno sfrigolio elettronico, i cinque digi-alias sparirono nella notte umida e cupa.
*          *          *         
Nessuna luce illuminava l’ampia e buia stanza dalle cui enormi vetrate si vedeva una impressionante distesa di stelle ricamate nel nero dello spazio.
“ Rapporto” sibilò ad un tratto la voce neutra dell’interfono ed una figura seduta dietro ad una imponente scrivania si girò verso il video che si era silenziosamente attivato.
“Allora?” chiese con voce secca verso il nervoso impiegato della polizia della Corp. che era comparso sullo schermo.
“La squadra Tau Centauri ha superato il primo livello” disse questi parlando velocemente e a scatti “Come previsto, hanno lasciato la piattaforma DR senza uccidere nessuno. Le comunicazioni tra la squadra e il CDI si sono interrotte senza sospetti da nessuna delle due parti, come programmato”
“Qualcuno di loro è ferito?” domandò la voce, indifferente.
“Non lo sappiamo. La loro destinazione è ignota anche a noi. Sono stati…piuttosto abili a sfuggirci. Dobbiamo intercettare la loro posizione, adesso?”
“Non ancora” disse la voce dell’uomo dietro la scrivania: si sentiva la soddisfazione trapelare da quelle poche parole “Diamogli un po’ di tempo per organizzarsi. Tenetemi informato”
Chiuse la comunicazione senza aspettare risposta. L’uomo pensò fuggevolmente che aveva rischiato molto a mettere in gioco un’intera squadra, ma lui si fidava del suo istinto e questi gli diceva che la squadra Tau Centauri gli avrebbe dato molte soddisfazioni. L’uomo sorrise nel buio, in silenzio. Il sorriso di uno squalo che sente nell’oceano l’odore della preda.
  
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