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Autore: L_Fy    05/09/2011    2 recensioni
Cosa riserva il futuro all'umanità? La Terra sta lentamente scivolando verso l’autodistruzione e prima o poi le risorse primarie si esauriranno. Per tali motivi, in un futuro non troppo lontano, l'umanità si è vista costretta a partire verso le volte dell'universo, alla ricerca di un altro pianeta abitabile. E’ quindi questo il compito delle 4 enorme navi spaziali chiamate Orion che dopo essere uscite dal sistema solare hanno perso contatto con il loro pianeta madre.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il generale Scott leggeva un lungo elenco di nominativi: era seduto davanti al computer nella sua casa-prigione con un Runner della Corp. a sorvegliarne l’ingresso 24 ore su 24. Scott però non aveva nessuna intenzione di scappare. Anzi, trovava piuttosto confortante la presenza delle forze dell’ordine. Sapeva, dopo l’ultimo incontro con il presidente della Corp., di essere balzato in testa al libro nero del signor Masterson. Sapeva che la sua vita era in pericolo. Ma nemmeno Masterson poteva far sparire il generale a capo del CDI insabbiando tutto agli occhi del consiglio. Non dopo il putiferio che aveva scatenato Scott. Il suo colpo di testa era diventato il suo stesso scudo, incredibilmente. Ora occorreva informare i membri del consiglio su quanto era successo, prima che si sorbissero la versione riveduta e corretta di Masterson. Certo, una buona parte dei membri del consiglio erano burattini di Masterson, ma non tutti. Forse lo sperava soltanto, ma affidava la sua stessa vita a questa convinzione. Si apprestò a scaricare sul computer un piccolo olo-filmato. Poi lo allegò al comunicato di Benedict insieme a poche, concise frasi di presentazione. Infine impostò l’elenco dei destinatari, ricontrollando che ci fossero tutti i componenti del consiglio almeno due volte.
Alla fine sospirò, chiuse gli occhi, pregò con sorprendente fervore e pigiò deciso il tasto di invio.
*          *          *
“E adesso che abbiamo la password come ci muoviamo?” chiese Alicia esternando l’inconfessato dubbio di tutti i presenti. Elijah e Morales avevano ingaggiato una strana danza propiziatoria per festeggiare la scoperta della password di Masterson ma adesso si erano seduti, ancora ansanti e isterici, farneticando su armi ed esplosivo da portare nelle segrete, come subito furono battezzate le DDW della Corp. Damon sembrava l’unico ancora immune al sacro fuoco dell’agitazione: se ne stava in un angolo, il bel viso pensieroso e preoccupato a scrutare Elijah e Morales che ridacchiavano ancora come due adolescenti.
“Alicia ha ragione” intervenne a quel punto quando la domanda di Alicia aveva finalmente zittito i due Runners superstiti “Abbiamo la password, ok, ma non sappiamo come arrivare nelle segrete. Non possiamo digitalizzarci e spararci nell’etere: deve esserci un de-digitalizzatore pronto ad accoglierci. Poi, credete che il passaggio di Masterson passerà inosservato agli occhi della sicurezza della Corp.? Ho idea che ci beccheranno appena tentiamo di mettere piede su una DDW”
“Certo che sprizzi ottimismo da tutti i pori” si lamentò Morales, imbronciato.
“Damon non ha tutti i torti” azzardò Alicia attirandosi due sguardi accusatori.
“Cardinale aveva già buttato giù un programma di ricerca delle DDW” annunciò Morales, ottimista “Per fortuna l’ho spiata mentre lo scriveva e con un’oretta di tempo riesco a recuperarlo per farci le modifiche che fanno al caso nostro. Non sarò un genio di programmatore come lei, ma insomma….” Il pensiero di Jude lo fece rattristare immediatamente.
Elijah gli batté fraternamente la mano sulla spalla ma in cuor suo avrebbe voluto urlare dalla frustrazione.
“Sono certo che Jude avrebbe da imparare anche da te, hijo” disse cercando di dominare la commozione “Fai quello che puoi. Damon, a che distanza siamo dal Mattatoio?”
Damon tornò in cabina di pilotaggio e trafficò pensieroso sugli strumenti di bordo.
“Vicini. Molto vicini. Cioè, abbastanza vicini. Cavoli” sibilò infine scoraggiato.
Elijah si avvicinò a lui apprensivo seguito da Alicia
“Che c’è?” chiese intuendo già quello che Damon avrebbe detto e pregando assurdamente perché non lo dicesse.
Damon girò su di lui uno sguardo angosciato mascherato da una calma apparente.
“Il Mattatoio è appena approdato su Orion 4W”
*          *          *
Ad accogliere Garrie O’Brian sul ponte del Mattatoio c’erano due medici e ben quattro Runners armati fino ai denti. L’inserviente che manovrava il piccolo robot che trasportava la capsula contenente il prigioniero, fu piuttosto sorpreso dalla cosa. Non aveva mai visto un simile dispiegamento di forze dell’ordine per un semplice prigioniero. Che, oltretutto, sembrava un fanciullo per niente pericoloso, addormentato com’era con quella pelle chiara e i capelli d’oro. L’inserviente pensò blandamente che era un ragazzo eccezionalmente bello e che era un peccato che fosse schiattato. Poi la capsula fu presa in consegna dal personale del Mattatoio e lui se ne tornò indietro fischiettando, dimenticandosi del prigioniero biondo.
Il Mattatoio ripartì dal ponte di Orion 4W e fece lentamente inversione, allontanandosi senza fretta dalla enorme stazione spaziale verso destinazione ignota.
Intanto, il nuovo prigioniero era stato censito e registrato nella lista delle presenze del Mattatoio. La dottoressa Brown e il dottor Jones si apprestavano a visitare il paziente, intimiditi dai quattro soldati con le armi spianate che li circondavano minacciosi.
“E’ proprio necessario tutto questo?” chiese Jones scocciato mentre la Brown sollevava la capsula di plexiglas e tratteneva il fiato di fronte al prigioniero addormentato: Dio, quant’era bello…sembrava un angelo, delicato e indifeso.
“Dottoressa, cosa sta aspettando?” chiese brusco Jones notando la sua momentanea immobilità “Visiti il paziente e riporti i dati sulla cartella”
Brown si riscosse e armeggiò frettolosa con lo stetoscopio elettronico e con lo scanner ecografico. Al tocco gentile della sua mano, il paziente si lamentò debolmente e scosse il capo intontito: poi le lunghe ciglia chiare vibrarono aprendosi leggermente su due grandi e limpidi occhi azzurri che si fissarono subito sulla dottoressa, la quale continuava a fissarlo a bocca aperta.
“Ciao” mormorò Garrie con un sorriso sognante.
“Ciao” rispose meccanicamente la dottoressa, attirandosi lo sguardo stupefatto del dottor Jones.
“Dove sono?” chiese di nuovo il paziente senza distogliere gli occhi dalla dottoressa che era visibilmente arrossita e respirava a singhiozzo.
“Dottoressa, parlare con i pazienti è assolutamente contrario alla procedura!” tuonò il dottor Jones inviperito, ma la dottoressa lo ignorò completamente.
“Lei si trova sulla navetta satellite H1WJ9” rispose con voce dolce.
“Ummm…Cardinale e Pat sono qui?”
“Dottoressa! La smetta subito!” strepitò Jones, furibondo.
“Credo di sì” rispose Brown, incantata dagli occhi di Garrie.
“Oh. Quando usciamo di qui vieni fuori a cena con me?”
“Dottoressa!”
“Sì…Oh, sì!”
Il paziente richiuse gli occhi, sempre sorridendo, mentre Jones preparava una siringa di sedativo con gesti rapidi e nervosi.
“Ma cosa le salta in mente!” salmodiò il dottore lanciando uno sguardo di puro disprezzo alla dottoressa “Si rende conto di aver appena passato informazioni top secret ad un prigioniero? Un prigioniero così pericoloso da richiedere l’intervento del doppio di soldati di scorta?! Lei sarà immediatamente messa sotto inquisizione, dottoressa Brown!”
La dottoressa lo ascoltava appena, ancora incantata a guardare il viso di Garrie che dormiva beato: sentiva il cuore che le batteva forte e l’ultimo dei suoi pensieri in quel momento era lo sproloquio di quello gnomo calvo e petulante.
“A cena” sospirò a fior di labbra, e sorrise.
*          *          *
Il presidente della Ars Space Corp. aveva davanti a sé i rapporti olografici del responsabile della sicurezza sulla navetta H1WJ9, accuratamente ordinati per cronologia. Leggendoli, provava un misto di disappunto e ammirazione perché i tre Runners della Tau Centauri erano riusciti a combinare più guai da soli che centinaia di altri Runners messi insieme. Un morto, tre feriti e una dottoressa sospesa dal servizio, senza contare il rifiuto da parte degli inservienti del piano di massima sicurezza di portare i pasti nelle loro celle. Davvero notevole. Masterson sorrise: un ghigno agghiacciante che avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene a chiunque lo vedesse. Il sorriso di un sadico che ha trovato un grazioso giocattolo su cui sfogare le proprie aberrazioni. In realtà, era davvero elettrizzato all’idea di avere per le mani tre Runners del calibro di Cardinale, O’Brian e Patterson. Fino ad allora, i Runners catturati e usati per gli esperimenti erano risultati delle mezze delusioni, chi più chi meno. Dopo le prime volte, dove era ancora vivo l’interesse per la novità, le esecuzioni erano state quasi noiose, banali. Ebbene sì, aveva assistito personalmente a tutte quante le esecuzioni. D’altra parte, l’idea di prendere due piccioni con una fava era stata sicuramente la più brillante della sua lunga e controversa carriera. Primo piccione: la Corp. doveva sperimentare la morte da digi-alias per risolvere un bug che avrebbe portato nelle loro tasche migliaia e migliaia di crediti. Secondo piccione: la morte attirava sempre la morbosa curiosità di gente ricca e annoiata, che era disposta anche a pagare per assistere a un omicidio. Gente che possedeva tutto, tranne che una morale volutamente smarrita per strada, alla ricerca del Gioco per eccellenza che scatenasse quella agognata eccitazione, quel fiotto di adrenalina che ormai più niente riusciva a suscitare. Una volta c’era l’Arena con i leoni, poi ci furono gli snuff movies…ed ora, il Mattatoio. Trasformato per l’occasione in un circo a tre piste dove, chi poteva permetterselo, assisteva al massacro di un prigioniero mentre, contemporaneamente, gli scienziati della Corp. studiavano la sua morte digitale.
Così pulito, così geniale.
Masterson aveva persino fatto creare una piattaforma apposita dove assistere agli omicidi: l’Arena, per l’appunto, in ricordo dell’origine di quel macabro, immortale divertimento.
Masterson librò pigramente il dito sopra alle immagini olografiche dei tre detenuti, indeciso: chi scegliere per primo? Il gigante dai muscoli d’acciaio? Il rubacuori ? La bella hacker ? Un fiotto di adrenalina gli gonfiò le vene, esaltandolo. Erano anni che aspettava l’occasione buona per assistere a un vero spettacolo come quello che si prospettava. Tutto doveva essere pronto e perfetto. Attivò l’interfono mentre il suo dito continuava a dondolare sulle immagini dei tre Runners.
“Sono Masterson” disse semplicemente quando il direttore del Mattatoio rispose alla sua chiamata “Preparate l’Arena per domani sera. Il pubblico sarà al completo”
“Quale dei prigionieri devo far preparare per l’esperimento?” chiese la voce impersonale del direttore.
Masterson ci pensò su, seriamente: studiò le facce dei tre Runners; poi, un’idea meravigliosa gli balenò nella mente, un’illuminazione. Perché non dare un assaggino di ciò che li aspettava ai giocatori? Chiamò il Mattatoio ed espose il suo progetto al suo direttore, che fece un po’ di resistenza, ma poi cedette, servile, agli ordini del padrone.
Masterson disattivò le comunicazioni e sorrise di nuovo tra sé e sé, soddisfatto: aveva finalmente trovato il suo Gioco.
*          *          *
Doveva essere sera, ma non troppo tardi: avevano appena portato via il vassoio della cena, utilizzando un braccio meccanico che aveva scatenato l’irrefrenabile ilarità di Cardinale.
“Che razza di fifoni” aveva commentato, altezzosa consumando il pasto insapore a gambe incrociate sul suo lettino. Era passata forse un’ora dal pasto, quando la ragazza avvertì il ronzio sommesso che di solito segnalava l’apertura della parete di pietra. Si alzò di scatto in piedi, col cuore in gola, afferrando la sua unica, patetica arma: il pitale slabbrato. L’apertura fuori programma della parete poteva essere solo una cattiva notizia, e al Mattatoio le cattive notizie erano portatrici di morte. Cardinale inspirò profondamente, mettendosi in posizione d’attacco: non aveva intenzione di lasciarsi prendere dal panico. Avrebbe venduto cara la sua pelle!
Sorprendentemente, la parete scivolò completamente e non solo per un quarto come succedeva per i pasti, mostrandole attraverso le sbarre una visione completa delle prigioni del Mattatoio. Quattro celle occupavano il piano, divise da un piccolo corridoio spoglio. Al centro, una scrivania con uno schermo olografico, evidentemente la postazione di guardia. Sulla destra il corridoio terminava su una massiccia porta metallica che era evidentemente l’ascensore. Accanto alla scrivania, il custode stava in piedi, nervosamente, con accanto due guardie armate il cui volto era coperto dal casco di ordinanza dei Runners della Corp. Cardinale fotografò tutto lo scenario, comprese le postazioni delle telecamere (praticamente dappertutto), dei sensori di movimento e di calore e delle tastiere a muro per digitare i codici di apertura delle celle. Poi, la sua attenzione fu attirata dall’occupante della cella di fronte alla sua. Sgranò gli occhi e corse ad aggrapparsi alle sbarre, facendo un gran baccano con il suo inseparabile pitale.
“Garrie!” urlò, ma la gola era talmente stretta dall’emozione che ne uscì solo un roco mormorio.
Garrie era in piedi, appoggiato alle sbarre, ma sembrava molto sofferente: i capelli biondi ricadevano molli sul viso e la postura generale era di forte debolezza. Al suono della voce di Cardinale, comunque, Garrie sollevò leggermente il capo appoggiando la fronte alle sbarre, e sbatté le ciglia cercando di mettere a fuoco le immagini. Quando finalmente ci riuscì e vide la sua compagna, un fiacco sorriso incredibilmente luminoso gli stiracchiò le labbra.
“Ma tu guarda che mi tocca fare pur di avere un incontro tète-à-tète con te” disse tentando di dare un tono ironico alla voce tremante.
“Come stai, vecchia spugna” azzardò Cardinale, ancora commossa e col cuore che le batteva come un tamburo.
“Ti dirò, ho passato momenti migliori nella mia vita. Anche se sto molto meglio adesso che ti ho vista”
“Il solito galantuomo…mi fai quasi arrossire”
“Questo non è niente…arrossirai di più quando sarò abbastanza in forma da riuscire ad infilarmi nella tua cella…” rispose Garrie ammiccando faticosamente “Hanno fatto bene a richiuderti: così non mi scappi più”
“Hei, Casanova…ma quanto ti dona quel grembiulino?” tuonò la voce di Patterson, comparso all’improvviso nella cella di fianco alla sua. Anche lui era premuto contro le sbarre e Cardinale lo vide parecchio più in forma del giorno prima. Stringeva il pitale nella manona e, a giudicare dalla polvere che aveva addosso, doveva essersi dato da fare anche lui, come lei, attorno alle telecamere a muro.
“Pat, che Dio ti fulmini, ci sei anche tu!” sospirò Garrie, sinceramente contento “Hei, sei orrendo con quell’affare addosso, una violazione al comune senso del pudore. Mi toccherà fare un giro anche da te per renderti presentabile”
“La volete piantare di fare salotto?” strillò offeso il carceriere avvicinandosi a loro seguito dalle sue due compassate guardie armate. Garrie, Patterson e Cardinale girarono su di lui tre identici sguardi a metà tra l’altezzoso e il sorpreso, guardandolo per la prima volta da quando si erano aperte le pareti.
“E questo gnomo quando è spuntato?” chiese Garrie blandamente interessato.
“Forse è il parrucchiere che ho chiesto due giorni fa” disse speranzosa Cardinale, facendogli un gran sorriso da schiaffi.
“Io ho fame” sentenziò Patterson, ignorandolo bellamente.
Assurdamente, i tre si sorrisero: quel tipo di dialogo era il loro modo criptico per ricreare il cerchio, per sentirsi di nuovo una squadra. Sapevano che agli occhi degli altri potevano sembrare completamente fuori di cotenna, ma questo non faceva che rinsaldare il loro legame, come se si parlassero tramite una specie di assurdo, surreale codice segreto.
“Prigionieri!” strillò il carceriere di nuovo, palesemente irritato: gli avevano detto che quei tre insieme erano pericolosi e potenzialmente mortali, ma a lui sembravano solo un branco di grotteschi pagliacci malati di mente. Si rilassò un poco al pensiero di quello che stava per succedere.
“Volevo informarvi del fatto che, ufficialmente, siete morti” disse soddisfatto facendo un passo avanti per essere certo di stare al centro dell’attenzione.
“Noi, invece, volevamo informare te che sei ufficiosamente imbecille” rispose piacevolmente Patterson, scatenando una risatina ironica da parte di Garrie.
“E anche piuttosto basso” rincarò la dose Cardinale “Almeno come digi-alias, potevi migliorare un po’ la tua persona”
Il carceriere arrossì e strinse i pugni in un moto di rabbia: poi inspirò e sorrise maligno.
“Sì, sì, godetevela pure, finché siete in tempo” disse a voce bassa e minacciosa “Anche altri, prima di voi, facevano gli spiritosi. Ma, alla fine, sono stato io a pulire il loro sangue dal pavimento”
“Immagino che sia piuttosto frustrante essere declassato a uomo delle pulizie” ribatté Cardinale, per niente smontata “Pardon, ometto delle pulizie, vista la stazza”
Il carceriere le dedicò un lungo sguardo pieno di odio, senza smettere di sorridere.
“Povera, piccola Runner” cantilenò infine “Che peccato che quel grazioso musetto verrà ridotto a brandelli. Posso assicurarti che mi prenderò cura personalmente di te, a cose fatte. Sai, George era un mio amico”
“Ci avrei giurato, stupidone” gli confidò Cardinale in tono leggero “Avete la stessa, identica puzza di topo morto”
“Chi è George?” chiese Garrie incuriosito.
“Un tizio che è riuscito a contarsi le corde vocali, prima di schiattare” rispose Cardinale “Mi aveva fatto arrabbiare”
“Cardinale, Cardinale” la rimproverò Garrie con un sorriso tenero “Devi imparare a contenere un pochino al tua aggressività. Hai almeno chiesto scusa, dopo averlo ucciso?”
“Davvero, perdonatela” sospirò Patterson rivolto al carceriere “La piccola ancora non sa controllare la propria aggressività. Ma ti abbiamo interrotto: ti prego, continua pure il tuo…cos’era? Un comizio? Bè, vai pure avanti, anche se devo ammettere che sei piuttosto penoso”
“Le vostre fesserie non mi toccano” ruggì la guardia evidentemente inferocita, nonostante le sue parole dicessero il contrario “Tempo domani sera e butterò i vostri cadaveri nello spazio. E vi saluterò con la manina, ciao ciao, spiritosi piccoli Runners!”
“E ci hai scomodato per dirci queste quattro corbellerie?” domandò annoiato Garrie “Avrei preferito farmi un pisolino”
“Non è tutto” continuò il carceriere inviperito “Le alte sfere hanno pensato di farvi un regalino, in previsione della vostra esecuzione”
“Se posso scegliere, come regalino io vorrei incontrare la dottoressa che mi ha visitato all’ingresso del Paradiso del cadavere, questa mattina” disse Garrie con voce sognante.
“Cos’è, sei riuscito a trovare una femmina da deflorare anche in questa topaia?” chiese Patterson, allusivo e Cardinale scoppiò a ridere.
“La volete piantare!?!” strepitò il carceriere, al sommo della frustrazione “Soldato! Attivi l’olovisore!”
Uno dei due soldati scattò sull’attenti e cominciò ad armeggiare alacremente attorno ad un apparecchio sul tavolo al centro della stanza.
“Ci fanno vedere un filmino?” domandò elettrizzato Garrie “Oh, che emozione!”
“Io voglio i pop corn!” esclamò Patterson, estasiato.
“Vi consiglio di guardare con attenzione”  mormorò il carceriere, velenoso.
L’olo-proiezione cominciò ed i Runners si zittirono, mentre un lento, sadico sorriso si dipingeva sulla faccia del carceriere: aveva scelto appositamente quel filmato perché sapeva che la squadra Tau Centauri conosceva la vittima, anche se superficialmente. In mezzo al corridoio, apparve una figura umana al centro di una specie di arena di terra battuta. L’uomo indossava un corto camice ospedaliero, identico a quello indossato dai tre della Tau Centauri, e si guardava intorno leggermente spaesato e spaventato, ma ben piazzato in posizione di difesa. Il bordo dell’arena aveva contorni sfumati e bui, tuttavia si poteva distinguere chiaramente un palco dove sedevano una decina di ombre di spettatori, assolutamente immobili. Ad un tratto, dal buio uscì una figura umana alta almeno due metri e quasi altrettanto larga. Camminava con movimenti non proprio rigidi, ma sottilmente innaturali: era vestito con una armatura color bronzo, un elmo che copriva totalmente la faccia e in mano brandiva una spada dalla lama ricurva grossa quanto l’ancora di una nave.
“Vorrei presentarvi Cerberus” disse il carceriere ghignando piacevolmente “Il nostro boia digitale”
Mentre parlava, l’enorme figura si era messa a saltellare attorno al Runner indifeso nel mezzo dell’arena e lo punzecchiava con la punta della spada. Ad un cenno di una delle figure sul palco, iniziò il combattimento. La lotta era assolutamente impari, con il gigante muscoloso e armato contro un uomo a mani nude e indebolito. Il Runner cercò di difendersi come poteva, schivando i colpi della pesante spada che, fortunatamente, erano piuttosto lenti. Lunghi, estenuanti minuti passarono su questo scenario. Man mano che passava il tempo, il Runner prese a sudare copiosamente e a rallentare i movimenti, mentre Cerberus sembrava immune a qualsiasi fatica. Menava fendenti con bovina determinazione, incurante dei patetici tentativi del Runner di colpirlo con i pugni. Sempre più stanco e accecato dal proprio sudore, il Runner inciampò sui propri piedi e l’ennesimo fendente di Cerberus gli tranciò di netto il braccio poco sotto il gomito. Immediatamente il sangue zampillò mentre il Runner tentava di schivare i colpi successivi rotolando nella terra con una orribile smorfia di dolore dipinta sul volto. Incredibilmente riuscì addirittura a rialzarsi in piedi, tenendo il moncherino premuto contro lo stomaco; il sangue gli aveva imbrattato tutto il davanti del camice e scorreva lento lungo le cosce, gocciolando rosse monete sul pavimento di terra rossa. Riuscì a sfuggire a qualche altro colpo, poi la spada lo centrò in pieno sul fianco, conficcandosi nell’osso dell’anca. L’uomo urlò di dolore, e cadde su un ginocchio. Cerberus si puntellò con il piede contro di lui e fece leva per sbloccare la spada, rimasta incastrata nell’osso. Ci riuscì scatenando un altro grido straziante, e immediatamente vibrò un altro colpo, troncando la gamba dell’uomo subito sotto il ginocchio. Il sangue schizzò sulle cosce di Cerberus mentre il Runner cadeva carponi, reggendosi sulla mano incolume. Il poveretto ansimava a singhiozzo ormai immerso in un lago di sangue, lo sguardo vacuo di chi sta per perdere conoscenza. Dopo una rapida occhiata verso il palco degli spettatori, come per chiedere il permesso, Cerberus spinse a terra il Runner con un piede, sollevò la spada alta sopra la testa e calò l’ultimo, mortale colpo. La testa dell’uomo ai suoi piedi rotolò via, schizzando sangue mentre il povero corpo straziato veniva scosso dalle ultime, patetiche convulsioni prima di rimanere immobile in una posizione innaturale. L’olo-proiezione terminò di colpo mentre il carceriere iniziava a ridacchiare istericamente. I tre Runners nelle celle non batterono ciglio: se erano sconvolti, niente trapelò dalle loro immobili facce da sfinge.
“Il vostro metodo di ricerca scientifica è davvero interessante” iniziò a dire Garrie con voce misurata “Come dire, un vero monumento alla umana civiltà”
“Oh, sì, e presto ne diventerete parte integrante” esclamò garrulo il carceriere, vendicativo.
“Senti, nano, chi hai detto che è quel gentiluomo con la spada?” chiese Cardinale quando fu certa di poter parlare senza tremare “Non è un digi-alias, vero?”
Il carceriere fissò di sottecchi la ragazza con uno sguardo astuto.
“Spiacente, non posso dirvi niente, bella signora. Sappiate solo che può essere programmato per essere più o meno spietato con le proprie vittime. Indovinate a che livello sarà quando incontrerà voi
Rise di nuovo, sguaiatamente, mentre si dirigeva verso la scrivania.
“E’ stato un piacere conversare con voi, squadra Tau Centauri” annunciò mentre spingeva un pulsante e le delle celle iniziavano lentamente a richiudersi. I tre Runners si guardarono negli occhi l’un l’altro. Si videro spaventati, per non dire terrorizzati, ma ancora indomiti. Ancora dignitosamente sé stessi, per quanto potesse valere dopo quello che avevano visto.
“Non mollate, ragazzi” disse Garrie alzando fiaccamente una mano “E pensate a qualcosa di furbo per quando incontreremo l’incomparabile Cerberus”
“Mazzo di carte?” propose Cardinale con una risatina tremula.
Patterson rise, salutandola con la mano
“Finché ci sono io, non aver paura, piccoletta”
“Scordatelo, nonna Pat. Sono io che ti difenderò. Garrie, cerca di rimett…”
Le pareti si chiusero con un tonfo sordo riportando la pace e il silenzio nel locale.
“Potete andare, ora” ordinò il carceriere ai due soldati e questi si allontanarono verso gli ascensori, silenziosi e imperturbabili. Il carceriere si sedette dietro la scrivania, imbronciato: doveva fare rapporto su quanto era accaduto e avrebbe voluto togliersi la soddisfazione di scrivere che i Runners avevano iniziato a piangere e a supplicare. Niente di più diverso da quello che era realmente successo. Quei tre deficienti sembravano aver assistito alla proiezione di una favoletta per bambini invece che all’efferato omicidio di un loro compagno. Il carceriere non capiva se erano completamente pazzi o se avevano davvero così tanto pelo sullo stomaco. Certo era che il suo rapporto non sarebbe stato entusiasmante come prevedeva. Anzi: di tutti loro, era lui stesso ad essere più spaventato di quanto volesse in realtà ammettere.
*          *          *
Cardinale rimase a lungo con le mani appoggiate alla parete di pietra, immobile. Vedere Patterson e Garrie nella sua stessa situazione l’aveva consolata e nello stesso tempo agitata un po’ troppo. Patterson, la sua guardia del corpo monolitica…E Garrie, Garrie dagli occhi splendenti che con un solo sorriso faceva sembrare tutto facile e possibile. Lottava alacremente contro la disperazione che voleva a tutti i costi appesantirle le membra, ma lei non lo avrebbe permesso. Lei era Jude Cardinale, e avrebbe trovato una maledetta soluzione a quel porco problema. Si staccò dal muro e andò a sedersi sul lettino, a testa alta. Era ora di cercare una soluzione, seriamente. Mettere in moto la mente da programmatore e trovare una soluzione. Al più presto. Sotto al suo viso, apparentemente calmo, si agitavano ridde di pensieri confusi, soluzioni prese e poi scartate, immagini flash senza nessun significato. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo: lentamente, i pensieri presero a fluire più coerentemente, legati da un filo logico. Cardinale decise di seguirli, pregando che portassero a una soluzione. Pensieri. Armi. Inutile cercarne, non ce n’erano. Se fossero stati tutti e tre insieme avrebbero tentato di disarmare il gigante, ma sospettava che ognuno di loro avrebbe avuto il proprio momento di gloria individuale. Niente armi, insomma. Immagini. Garrie che sollevava il capo esausto al di là delle sbarre. Il suo sorriso solare, eterno. Elijah che corrugava la fronte, pensieroso, senza sapere di essere osservato. Con forza, accantonò il pensiero di Elijah e si concentrò sulle altre immagini che da due giorni la tormentavano. Morales nella fossa, “la Jacuzzi di Pat”. L’esplosivo di Patterson .”in fondo, non è nient’altro che un programma…”. Benedict. Il Disinfestatore che si divideva in due. Garrie che si tuffava nel fiume, bello come un Dio greco. Elijah e lei, in mezzo all’erba. Il profumo della sua pelle umida. Di nuovo scosse la testa, irritata con se stessa. Concentrati, si disse. C’è qualcosa che ti sfugge, qualcosa che ti può aiutare. Concentrati. Immagini, di nuovo. Alicia che le toccava un braccio “Era l’unico modo…”. L’interrogatorio con il generale Scott, rosso di rabbia “Vuol dire che un Runner di alto livello utilizza l’attrezzatura lavorativa per scrivere spazzatura illegale?” Patterson e le sue freccette, nel Limbo. Benedict, al Colosseo. “Ingegnoso programmino, eh?”.
Cardinale aprì di colpo gli occhi mentre il cuore smetteva di battere nel petto.
Ecco. La soluzione. L’unica possibile soluzione, appesa ad un filo leggero come una tela di ragno.
“Dio ti prego…” mormorò Cardinale a fior di labbra.
Si sdraiò sul lettino nascondendosi sotto la coperta, il cuore in tumulto, la speranza che riprendeva prepotentemente a scorrere nelle vene insieme al sangue. E pregando, senza sapere di pregare.
  
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