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Autore: L_Fy    05/09/2011    1 recensioni
Cosa riserva il futuro all'umanità? La Terra sta lentamente scivolando verso l’autodistruzione e prima o poi le risorse primarie si esauriranno. Per tali motivi, in un futuro non troppo lontano, l'umanità si è vista costretta a partire verso le volte dell'universo, alla ricerca di un altro pianeta abitabile. E’ quindi questo il compito delle 4 enorme navi spaziali chiamate Orion che dopo essere uscite dal sistema solare hanno perso contatto con il loro pianeta madre.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Alla redazione dell’ “Orion Times”, il giornalista Samuel Levine, punta di diamante della cronaca nera, si rilassò sulla sua poltrona, mollando per un attimo il pezzo che stava scrivendo sul computer: era tardi, già stavano comparendo i robot delle pulizie, ma lui era abituato a lavorare fuori orario. Anzi: avere la redazione tutta per sé, senza il caos delle olo-proiezioni sparate da tutte le parti, era sicuramente più redditizio, in termini di qualità di lavoro. Stava quasi per chiudere il collegamento in rete e andare finalmente a mangiare qualcosa quando vide la casella della posta riservata lampeggiare. Samuel, aggrottato, ci pensò su un attimo, chiedendosi chi diavolo gli scrivesse a quell’ora nella casella delle notizie davvero importanti. Con un sospiro, lasciò che il suo spirito giornalistico avesse la meglio e aprì la casella di posta. Il documento era piuttosto corposo: prevedeva due olo-visioni e un commento da parte del generale Scott. Samuel sentì un leggero pizzicore dietro la nuca: Scott, il direttore dei CDI? Di colpo vigile e attento, si affrettò a leggere e ad aprire le olo-visioni. Dopo le prime due righe, si era già dimenticato della cena ed era attaccato al telefono in comunicazione con il suo direttore.
“Levine, spero per te che sia qualcosa di grosso…” tuonò il suo capo sullo schermo telefonico.
Levine sventolò una mano, eccitato, mentre con l’altra scorreva il testo della lettera di Scott.
“Le consiglio di fiondarsi qui immediatamente, capo” rantolò emozionato.
*          *          *
“Stupidi, maledetti Runners…” ruminava il carceriere Anders. Ancora non gli era andato giù il vile trattamento subito, e mentre controllava le ultime impostazioni nell’Arena pensava con cupa meschinità a quando si sarebbe preso la sua rivincita, spingendo il tasto di espulsione delle capsule con dentro tre cadaveri sanguinolenti.
“Qui è tutto a posto, Anders” disse con voce annoiata un suo collega avvicinandosi a lui  “Dì un po’, che hai da fare quella faccia? E’ tutta la sera che sembri incazzato con il mondo intero”
Anders non rispose subito: poi le parole gli scapparono di bocca, velenose.
“Ce l’ho con quella maledetta femmina della Tau Centauri…quella che ha ammazzato George”
Il collega gli batté fraternamente la mano sulla spalla.
“Lascia stare, amico: ha si e no un’ora di vita, di che ti preoccupi?”
Anders non rispose e il collega si allontanò fischiettando. Sempre raccolto nei suoi pensieri, diede un ultimo sguardo circolare all’Arena poi attivò l’interfono.
“Anders. Navetta H1WJ9. Tutto pronto per il nuovo esperimento”
“Molto bene” risposero dalla centrale “Avvisiamo Masterson”
*          *          *
Elijah sentiva di essere morto almeno duecento volte in quelle ore di lunga, estenuante attesa. Si era confusamente accorto che Damon e Alicia si erano scambiati di posto alla guida del caccia, sempre impostato sulla guida manuale in quanto il pilota automatico sarebbe stato troppo facilmente intercettabile. Da quando avevano superato Orion 4 W, il radar scandagliava incessantemente lo spazio in cerca del Mattatoio, di conseguenza erano più esposti all’intercettazione da parte del servizio di sicurezza della Corp. A dire il vero, Elijah era piuttosto sorpreso del fatto che ancora non li avessero beccati: o Damon era davvero un pilota con i fiocchi, o avevano avuto una insperata dose di fortuna.
“Capo” sospirò la voce flebile di Morales dalla postazione computer. In un lampo Elijah gli fu vicino, teso come una corda di violino.
“Dammi buone notizie, Morales, o giuro che schiatto qui su due piedi” esordì, serio.
Morales alzò su di lui due stanchi occhi blu dove però vi si leggeva a chiare lettere un orgoglioso trionfo.
“Trovato qualcosa. Ancora non so cosa, ma ci siamo vicini”
Il cuore di Elijah mancò di un colpo. Lottò per un attimo contro la frustrazione e la rabbia, ma poi cedette.
“Non è abbastanza, hijo” disse, cercando di trattenere l’ansia nella sua voce “Abbiamo bisogno delle coordinate giuste per entrare su quelle maledette DDW segrete. Adesso”
Morales si appoggio i pugni chiusi sugli occhi, premendo forte: quando li riabbassò Elijah vide sulla sua faccia un’espressione di profonda, inequivocabile stanchezza.
“Dammi qualche minuto” disse infine, senza guardarlo.
“Elijah”
La voce di Damon arrivò come uno sparo. Elijah lo raggiunse in cabina di pilotaggio sentendosi le gambe pesanti come macigni. Damon e Alicia erano immobili con lo sguardo fisso sul radar e le stesse identiche espressioni di ineluttabile panico sui visi stravolti. Il radar buio fu per un attimo illuminato da una fioca luce verde all’estremità, emettendo un “bip” che aveva il sapore ineluttabile della fine dell’attesa. Alicia si girò verso di lui ed Elijah vide lo sforzo che faceva per trattenere il tremito nella sua voce.
“Ci hanno beccato” disse, ed Elijah capì che era l’inizio della fine.
*          *          *
Masterson aspettava, seduto davanti alla sua scrivania, mimetizzando l’impazienza con una placida espressione di serenità. Aveva contattato tutti i suoi clienti “speciali”, chiedendo una cifra esorbitante per l’imminente show nell’Arena. Dopo aver ricevuto le schede dei prigionieri, tutti avevano accettato, pagando senza fiatare. Masterson rise sotto i baffi, sentendo quasi frusciare i crediti nel suo portafoglio. Ma più di tutto, fremeva dal desiderio di vedere il suo Gioco. L’interfono vibrò e Masterson attivò la comunicazione con insolita solerzia.
“Masterson” disse spiccio, ma all’altro capo non c’era il direttore del Mattatoio come lui sperava: era il suo segretario, con una vocetta spaventata che lo irritò immediatamente.
“Signor Masterson, abbiamo saputo da fonti certe che è avvenuta una fuga di notizie della massima importanza. Vorrei incontrarmi con lei per discutere sul…”
“Non ho tempo per queste cose” lo interruppe Masterson, infastidito “Ti pago per risolvere i problemi al posto mio. Sono molto occupato e sarò irreperibile per le prossime ore. Mi farò vivo io quando mi libererò”
“Signor Masterson, la prego, è molto imp…”
Masterson chiuse seccamente la comunicazione: quella testa di carciofo del suo segretario non sapeva nemmeno allacciarsi i pantaloni senza la sua consulenza. Un po’ di tirocinio in prima linea non avrebbe di certo guastato. L’interfono suonò di nuovo insistente e Masterson sorrise diabolico quando vide da dove arrivava la chiamata: il Mattatoio.
“Sì” disse mentre l’eccitazione iniziava a scorrergli nelle vene.
“Tutto pronto” disse telegrafica la voce del direttore del Mattatoio “Aspettiamo lei e i suoi ospiti al più presto”
Masterson chiuse la comunicazione senza degnarsi di rispondere e sorrise.
*          *          *
La sala de-digitalizzazione del Mattatoio era in realtà un ultra moderno laboratorio di ricerca. Lo staff medico al completo, tre dottori e due infermieri, considerati i migliori professionisti nel campo dello studio fisico della digitalizzazione, si affaccendavano solerti attorno alle tre figure immobili al centro del locale. Ognuno di loro era circondato da tubi, sensori e computer che segnalavano qualsiasi funziona vitale. Ogni organo interno era controllato su diversi schermi olografici, ogni funzione neuronica, ogni battito cardiaco, ogni rilascio ormonale: tutto era sotto controllo fin nel minimo dettaglio. Il dottor Jones si sedette alla sua postazione, lontano dai corpi su cui invece vegliavano gli infermieri. Rimpiangeva la mancanza del dottor Brown, che si era fatta licenziare su due piedi ed era in attesa del primo passaggio per far ritorno su Orion 4W. Si riscosse da quei pensieri fuori luogo e si concentrò sullo studio dei suoi “soggetti”: tutto regolare, forte attività cerebrale, adrenalina a livello di guardia, recupero funzionalità muscolare completo. Erano pronti.
“Trasferire i soggetti nell’Arena” disse nell’interfono.
*          *          *
Quando la parete di roccia riprese a scorrere gemendo debolmente, Cardinale seppe che questa volta era davvero la fine. Aspettò in piedi, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fermo, mentre quattro Runners armati la circondavano tenendola costantemente sotto tiro e il carceriere che aveva insultato la sera prima si avvicinava a lei con l’andatura indolente e il sorriso viscido della rivincita.
“Buonasera, troia” le disse calcando piacevolmente sull’ultima parola “Pronta per l’appuntamento con il tuo ultimo spasimante?”
“Ti ho già detto che non ci esco con te” sospirò Cardinale velenosa e il carceriere le fu addosso in due rapidi passi: le mollò un ceffone con tutta la sua forza e Cardinale barcollò all’indietro. Quando si girò verso di lui con lo sguardo omicida e un rivolo di sangue che le scorreva dallo zigomo spaccato, si trovò a pochi millimetri dalla canna di una pistola laser, puntata direttamente sul suo naso.
“Non ti conviene fare la spiritosa: rischi di perdere l’ultimo desiderio” la avvisò melenso il carceriere.
Cardinale contò mentalmente fino a cento e ingoiò a fatica le parole che le salivano alle labbra. Tacque, ansimando, tenendo gli occhi fissi sul carceriere che ridacchiava deliziato.
“Oh, finalmente abbassiamo la cresta! Credi davvero che ti permetteranno di avere un ultimo desiderio?”
“Loro no. Ma forse tu si” rispose lentamente Cardinale, scegliendo con cura le parole. L’uomo inarcò un sopracciglio con aria di superiorità.
“Io? E perché dovrei ?”
“Mah…forse perché ti piaccio…” mormorò Cardinale a fatica: in realtà al solo pensiero le si rivoltava lo stomaco.
Il carceriere sembrò spiazzato dalle sue parole: la guardò a lungo, inquisitore e Cardinale dovette abbassare gli occhi per non farvi leggere l’odio e il disgusto che trapelavano da esso.
“Fammi andare per ultima…” buttò fuori tutto d’un fiato mentre il cuore smise di battere nell’attesa della risposta del carceriere. Lui rimase in silenzio a lungo, ruminando. Poi, un lento, maligno sorriso gli stirò le labbra.
“Davvero?” disse, maligno. Le si avvicinò ancora di più e Cardinale poté sentire l’odore rancido del suo alito “Accontentata…sarai la prima” le soffiò addosso, esultante.
Cardinale sbatté le ciglia due o tre volte, incredula che il suo raggiro avesse funzionato: si trattenne a stento da sorridere vittoriosa e, con somma soddisfazione, si prese la liberà di sputare in faccia al carceriere.
L’uomo la guardò un attimo, con una comica espressione di sorpresa sulla faccia: poi arricciò il labbro, infuriato e la colpì alla tempia con la pistola, selvaggiamente. Cardinale lo lasciò fare: mentre perdeva conoscenza, ringraziò la stupidità umana che le aveva permesso di ottenere ciò che voleva.
*          *          *
Il direttore dell’ ”Orion Times” aveva ascoltato dubbioso le farneticazioni di Levine, convinto che il giornalista stesse esagerando. Quando invece vide ciò che avevano tra le mani, sentì il cuore balzargli in petto, estasiato. Questo era lo scoop più grosso che fosse mai saltato fuori dalla nascita delle Orion…ed era in mano sua! Preso dall’orgasmo, convocò la redazione al completo per l’edizione della sera. Tutti quanti, nessuno escluso: era ora di dare una svolta alla storia delle Orion!
*          *          *
Il puntino sul radar si moltiplicò in pochi secondi: sotto i loro occhi, Alicia, Damon ed Elijah  videro una squadra di quattro inseguitori inesorabilmente puntati verso di loro, in rapido avvicinamento.
“Oh, santo Dio” sibilò a denti stretti Damon, piegando la cloche di guida sulla massima velocità “Alicia, mettiti al cannone laser e cerca e prega di mirare giusto. Elijah, tu e Morales…Elijah?”
Ma il capo della Tau Centauri già non lo sentiva più: si era avviato al de-digitalizzatore e con rapidi gesti stava programmando la macchina perché rifornisse il suo digi-alias di armi.
“Morales, preparati: io vado” disse deciso. Morales gli lanciò uno sguardo tra il disgustato e il sollevato
“Ti ho detto che non ho finito, capo. C’è il rischio di finire…”
“Morales, non me ne frega niente di dove finisco, basta che faccia qualcosa, qualsiasi cosa per sbloccare la situazione. Sto per uscire completamente di testa, se non l’ho già fatto. Tu sputami da qualche parte nelle DDW segrete, poi ci penso io”
Morales lo guardò a lungo, imbronciato.
“Sei il bastardo più testone che io abbia mai conosciuto” borbottò infine, pigiando con forza due tasti sul computer. Poi, rapidamente, si alzò dalla postazione computer e si avvicinò sbrigativo al secondo e ultimo de-digitalizzatore, cogliendo Elijah di sorpresa.
“Cosa credi di fare?” chiese il suo capo, sinceramente sorpreso. Morales gli lanciò uno sguardo di sufficienza.
“Perché, credi che ti lascerei andare da solo in bocca alla Corp. mentre io sono qui a guardare? Scordatelo”
Elijah scosse la testa, mentre in cuor suo sperava da sempre che Morales si comportasse così.
“Sei un pazzo scatenato” disse, cupo.
“E tu sei un pazzo scatenato e masochista. Non ti mollo, capo. Fine del discorso”
Elijah sentì un groppo in gola di profonda gratitudine: allungò un braccio con il pugno chiuso verso Morales, sorridendo mestamente.
“Fino alla fine, hijo?”
Morales rispose al saluto nello stesso modo, battendo il suo pugno contro quello di Elijah, il viso aperto in un sorriso scanzonato che lo fece tornare di colpo un bambino di dieci anni.
“Fino alla fine, che Dio ci aiuti” rispose con voce strozzata.
*          *          *
Masterson si assicurò di essere l’ultimo a digitalizzarsi nell’Arena: da vera primadonna, si sentiva in dovere di farsi aspettare dagli altri. Quando arrivò, sorridente e magnanimo come un imperatore con i suoi sudditi, venne accolto e accompagnato sul palco d’onore direttamente dal direttore del Mattatoio. Masterson si accomodò, salutando brevemente gli ospiti. Sentiva su di loro la sua stessa smania, la sua sadica aspettativa di Gioco. Sarebbe iniziato presto, molto presto. Masterson si mise comodo, assaporando gli ultimi istanti di attesa prima dell’inizio.
Il direttore del Mattatoio, che confabulava con un paio di soldati a guardia del palco d’onore, si girò verso di lui e annuì brevemente.
“Cominciamo” mormorò Masterson a fior di labbra.
*          *          *
“Cardinale…Cardinale…maledizione, vuoi svegliarti o no?” la voce di Garrie raggiunse Cardinale in fondo ad un pozzo profondo e ovattato. Le sue ciglia vibrarono appena prima di socchiudersi faticosamente e, dopo qualche secondo di annebbiamento totale, finalmente riuscì a mettere a fuoco. Garrie era chino su di lei, il bel volto contratto e preoccupato. Patterson dava di spalle ed era appeso ad una nuova fila di sbarre piuttosto robuste, guardando fuori.
“Che c’è…” borbottò Cardinale “Non si può fare nemmeno un pisolino…”
Il viso di Garrie si rilassò in un’espressione di sollievo accompagnata da un travolgente sorriso fanciullesco.
“Un pisolino” disse con voce leggermente tremante “Le ho provate tutte per svegliarti. Ci mancava solo il bacio del principe, ma me lo tenevo per quando Pat si toglieva dalle scatole…”
“E perché diavolo non l’hai fatto lo stesso?” rispose Cardinale ancora imbambolata alzandosi in piedi. Fu travolta da un capogiro e Garrie la sostenne, preoccupato.
“Hai un bozzo in testa che sembra un melone” la avvisò serio “Chi hai fatto arrabbiare, questa volta?”
Cardinale fece un gesto noncurante con la mano, guardandosi intorno
“Dove siamo?” chiese a bruciapelo avvicinandosi a Patterson.
“Ho paura che questa volta ci siamo dentro fino alle sopracciglia” sentenziò Patterson lugubremente. Dando una rapida occhiata oltre le sbarre, Cardinale si accorse con un tuffo al cuore di essere ai margini dell’Arena vista in olo-proiezione il giorno prima.
“Oh” fece, con la bocca improvvisamente diventata secchissima “Qualche via di fuga?”
“Zero” mugugnò Patterson che continuava a scrutare incessantemente l’Arena in cerca di possibili scappatoie.
Cardinale si guardò in giro attentamente: intorno alla massiccia gabbia dove loro erano rinchiusi c’erano almeno una decina di guardie armate e un centinaio di telecamere e sensori. Scappare di lì era praticamente impossibile. Per andare dove, poi? Patterson aveva ragione: questa volta erano davvero nei guai più seri.
“Carina l’idea di metterci tutti insieme a cuocere nel nostro brodo prima di farci fuori” dichiarò Garrie in tono leggero, anche se il colorito cinereo della sua faccia tradiva tutta la tensione che si sforzava di mascherare.
“L’occasione buona per dirci tutto quello che non ci siamo mai detti prima” mormorò Patterson distogliendo finalmente lo sguardo dall’Arena e girando su di loro una faccia distrutta dalla disperazione. Cardinale sentì il panico grattarle lo stomaco, ma lo ricacciò indietro: non poteva permettere che i suoi compagni cedessero proprio adesso. Aveva bisogno di loro per sperare che il suo assurdo piano funzionasse. Si avvicinò a Patterson e, sorprendentemente, lo abbracciò delicatamente, come se fosse un oggetto prezioso.
“Non mollare, Pat” gli disse nell’orecchio mentre l’uomo cominciava a tremare come una foglia “Ho bisogno di te. Abbi fede…e non mollare, sporco Runner. Ti prego”
Patterson nascose per un attimo il faccione contro la sua spalla, premendo forte. Poi si risollevò dritto, inspirando profondamente dalle narici e piegando la bocca in una smorfia terribile.
“Guarda te cosa bisogna fare per farsi abbracciare da una donna…” disse con voce incerta. Cardinale sorrise mentre il suo cuore tremava di sollievo e pena per il coraggio che stavano dimostrando tutti. Se avesse potuto, se ci fosse stato più tempo, avrebbe detto a Pat e a Garrie quanto voleva loro bene, quanto fosse fondamentale la loro presenza per non cedere alla disperazione e continuare a sperare. Quanto fosse certa di essere una persona migliore, insieme a loro. Ma il carceriere stava arrivando con un sogghigno truce sulle labbra e Cardinale vide Garrie che aveva gli occhi sbarrati fissi e la bocca semiaperta sul respiro che gli si era bloccato in gola.
E seppe che di tempo non ce n’era più.
*          *          *
Alicia si accorse improvvisamente che dalla postazione computer non si levava più un singolo rumore. Insospettita, si sporse a guardare e vide i corpi immobili di Morales ed Elijah nei de-digitalizzatori con la sequenza di avvio attivata.
“Porc..!” sibilò tra i denti mentre gli occhi le si riempivano improvvisamente di lacrime di frustrazione e disperazione. Damon le lanciò uno sguardo rapido e capì la situazione al volo. Si riconcentrò sulla guida, respirando lunghe boccate d’aria per calmare il tumulto del suo cuore.
“Sono andati” disse Alicia con voce dolente.
“Lo so” ammise Damon.
“Che facciamo adesso?”
Damon guardò il radar e le luci verdi dei caccia della Corp. in rapido avvicinamento.
“Siamo Runners, no?” disse deciso dopo una pausa “Combattiamo”
*          *          *
Elijah cadde malamente e, per un fuggevole attimo, rimpianse la morbidezza del corpo di Cardinale che gli attutiva l’urto. Cardinale…Si rialzò in piedi, velocemente, guardandosi intorno. Erano finiti in una specie di corridoio basso e buio, fortunatamente vuoto. Nessun rumore filtrava dalle pareti umide e il pavimento di terra battuta era liscio come se da molto tempo nessuno lo calpestasse. Morales era ancora steso per terra a braccia aperte e guardava trasognato il soffitto sopra di sé.
“Siamo ancora vivi?” chiese, blandamente stupito.
Elijah lo aiutò ad alzarsi in piedi, rudemente: erano entrambi vestiti con leggere tute di PlatinumTex completamente ricoperte da fibbie in cui erano infilate armi di tutte le specie: coltelli alle caviglie, pistole laser ai fianchi, mitraglietta con tanto di cartucciera sulle spalle…armamento d’assalto completo.
“Immagino che chiedere dove siamo sia chiedere troppo, vero?” domandò Elijah estraendo le pistole. Morales lo guardò di traverso.
“Ringrazia di essere ancora vivo, piuttosto. Adesso da che parte andiamo?”
“Dove ci porta il cuore, hijo”
“Umm…il mio cuore direbbe piattaforma sex con una birra in mano e una bionda sulle cosce”
“Ok. Allora a destra” decise Elijah avviandosi di corsa.
*          *          *
Il carceriere si piazzò davanti alla cella, in attesa, mentre un soldato apriva la porta e altri due tenevano sotto tiro i tre occupanti che sembravano in realtà cristallizzati sul posto.
“Pronta per il tuo appuntamento?” chiese Anders ridacchiando rivolto direttamente a Cardinale.
“Prontissima, nano” rispose lei immediatamente facendo un passo avanti.
Dopo lunghi secondi di riflessione, Patterson e Garrie si girarono lentamente verso la donna mentre assimilavano il significato di quelle parole.
“Cardinale…” mormorò con un singulto Garrie, incredulo.
“Cosa diamine credi di fare” iniziò Patterson facendo un passo minaccioso verso di lei. Un soldato lasciò partire un colpo dal fucile e centrò Patterson in pieno petto con una scarica elettrica paralizzante. Cardinale allungò una mano verso di lui mentre si afflosciava a terra, i muscoli contratti e momentaneamente inutilizzabili.
“Pat, Garrie…state buoni” intimò dura guardandoli con occhi feroci.
“Hai fatto un accordo? Hai…fatto un maledetto accordo?” balbettò Garrie, ancora pietrificato.
“Più o meno” tagliò corto Cardinale girandogli le spalle: non poteva sopportare il suo sguardo ferito e accusatorio “State calmi, vi prego. E ricordatevi chi siamo”
“Se…ti prendo…ti ammazzo…stupida…boriosa…” La voce di Patterson usciva rantolante dalle labbra congelate e Cardinale ringraziò mentalmente il soldato della Corp. per il servizio reso: trattenere Patterson sarebbe stato impossibile per lei, imbufalito com’era. Si sarebbe fatto ammazzare come un cane per quella sua stupida mania di fare la nonna. Il cuore le sanguinava mentre lo guardava lottare contro la paralisi che lo bloccava, invano.
“Andrà tutto bene, Pat” gli sussurrò con voce tremante, non osando avvicinarsi  a lui.
“Ti…ammazzo…” mugugnò Patterson e negli occhi gli brillavano lacrime di frustrazione.
“Anch’io ti voglio bene, nonnetta” rispose lei con un sorriso spezzato.
Stava per uscire dalla cella quando sentì un paio di braccia avvinghiarsi alla sua vita, tra le proteste dei soldati della Corp.
“Ti prego…Jude…”
Era la prima volta che Garrie la chiamava per nome. Cardinale sentì il suo respiro premerle sulla nuca, umido e disperato, le sue braccia intorno alla vita tremare mentre la stringevano forte e, per la prima volta, il suo coraggio vacillò; lo smarrimento le invase il cuore e le bloccò il respiro, indebolendola più di una qualsiasi ferita sanguinante. Sentiva un battito sordo sulla schiena, premuta forte contro il petto del giovane. “E’ il suo cuore” pensò di colpo con una fuggevole e malinconica consapevolezza “E’ il cuore di Garrie e batte per me”. Con un enorme sforzo di volontà, si sciolse dall’abbraccio di Garrie, ma non ebbe la forza di girarsi a guardarlo. Uscì dalla cella a testa alta e subito la porta fu richiusa con un gran clangore. Il carceriere davanti a lei sogghignava soddisfatto e le fece cenno di avanzare.
Cardinale tirò un grosso, tremulo respiro ed entrò nell’Arena.
*          *          *
Il dottor Jones vide dallo schermo la donna entrare nell’Arena. Si posizionò davanti al corpo immobile sul lettino, tastò il polso, misurò la pressione e controllò i valori del sangue.
“Come andiamo?” chiese all’infermiere davanti al monitor.
“Leggera tachicardia, alto livello di adrenalina, forte ossigenazione del sangue. E’ agitata e ha paura, ma gode di ottima salute” enumerò l’infermiere, monocorde.
“Preparate i programmi sperimentali di soccorso J1A e J1B. Tirate fuori anche gli L2 e L3, anche se l’ultima volta non sono serviti a niente. Ossigeno, ferri, anestesia. Tutto ok?”
Lo schermo del computer si illuminò un attimo nell’attesa. Poi comparvero delle scritte
 
Piattaforma DN – Esperimento SaveDDW 612/A
Soggetto: Cardinale, Jude, femmina, bianca, 25 anni
H: m 1,74 / Kg 53 Iridi: marrone (allegato file)
addestramento livello 5,4,3,2,1
Ready to start sequence
 
Il dottor Jones attivò l’interfono con l’Arena.
“Siamo pronti”
 
  
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