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Autore: L_Fy    05/09/2011    1 recensioni
Cosa riserva il futuro all'umanità? La Terra sta lentamente scivolando verso l’autodistruzione e prima o poi le risorse primarie si esauriranno. Per tali motivi, in un futuro non troppo lontano, l'umanità si è vista costretta a partire verso le volte dell'universo, alla ricerca di un altro pianeta abitabile. E’ quindi questo il compito delle 4 enorme navi spaziali chiamate Orion che dopo essere uscite dal sistema solare hanno perso contatto con il loro pianeta madre.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 La faccia piacevole e solitamente sorridente di Samuel Levine, invase all’improvviso tutti gli schermi olografici di tutte le Orion, preceduto dalla voce tonante dello speaker che strombazzava “Edizione straordinaria!”. La sua espressione seria non riusciva del tutto a mascherare l’eccitazione che trapelava dal brillio dei suoi occhi.
“Signori e signore, abitanti tutti delle Orion, qui è Samuel Levine dell’ “Orion Times” che vi parla. Abbiamo ricevuto una notizia clamorosa che tutti voi dovete sapere. Tutti voi, cittadini di queste stazioni spaziali, che lavorate e producete per il benessere della nostra razza, tutti voi dovete sapere quello che è successo e che sta succedendo…”
*          *          *
Il corridoio sembrava essere senza fine. Ad Elijah sembrava di correre da ore ed aveva iniziato a sudare copiosamente; ma forse, più che la fatica, era l’agitazione a sfiancarlo. Sentiva Morales correre al suo fianco, ansimando e borbottando incomprensibili improperi. Il corridoio procedeva in leggera curvatura, sempre grigio, buio e disabitato. Alla fine Elijah fu costretto a fermarsi, appoggiando le mani sulle ginocchia e respirando rumorosamente dal naso per riprendere fiato.
“Fuori forma, eh?, capo?” disse Morales con la faccia stravolta appoggiandosi al muro.
“Per curiosità, sei sicuro di averci digitalizzato in una DDW del Mattatoio?”
“No” rispose candidamente Morales, serafico “Ti ricordo che sei stato tu a voler partire senza aspettare i controlli del caso. Adesso, per quanto ne so, potremmo essere finiti in un tunnel sperimentale e andare avanti a correre come delle lepri all’infinito”
“Sono uno stupidone, eh?” disse Elijah con un sorriso contrito.
Morales gli batté una mano sulla spalla e si caricò di nuovo il mitragliatore sulle spalle.
“Sai che novità” borbottò, ammansito “Comunque, se ti può consolare, dall’ultimo controllo che sono riuscito a fare posso affermare con certezza che questa DDW è frequentata. Da chi o da cosa non si sa, ma stai certo che non siamo soli”
“Oh. Fortuna che ero io il lurido bugiardo”
“Sante parole” declamò Morales “Pensi di farcela a muovere il tuo grasso deretano o vuoi che vada a prendere l’occorrente per un pic-nic?”
Elijah aprì la bocca per rispondere, ma alla fine preferì risparmiare fiato e si avviò, correndo, sulla scia di Morales.
*          *          *
L’Arena le sembrava enorme. E ostile. Mentre camminava, Cardinale cercò di assumere una andatura sciolta, ma il cuore le batteva a martellate nel petto e non era sicura di avere davvero l’aria da dura che sperava. Quando arrivò al centro dell’Arena, si lanciò uno sguardo circolare intorno, cercando di imprimersi bene nella memoria ogni particolare: la grana polverosa della terra rossa sotto i suoi piedi, la gabbia dove Garrie e Patterson erano aggrappati e vociavano qualcosa di incomprensibile, il palco d’onore…Già, il palco. Proprio lì stavano i fautori di quel macabro circo di morte, gli ideatori e spettatori attivi…gli assassini dalle mani pulite. Cardinale studiò a lungo le ombre sul palco, sentendo un freddo odio congelarle la schiena e, paradossalmente, un nuovo, rabbioso coraggio inondarle le vene. Le guardie ai bordi dell’Arena sembravano particolarmente nervose e si muovevano agitate intorno alla gabbia di Garrie e Patterson.
“Cardinale!” urlava Patterson: ripresosi dal blocco muscolare, scuoteva le sbarre della gabbia con una furia cieca e sorda che raramente Cardinale gli aveva visto addosso. Per un attimo, pensò con macabra ironia che era una fortuna essere nel bel mezzo dell’Arena e non nelle grinfie di Patterson: il quel momento, le avrebbe quasi sicuramente staccato la testa a sberle, se l’avesse avuta tra le mani.
“Car-di-na-le!” ruggiva infatti l’uomo, intervallando ogni sillaba con un poderoso pugno alle sbarre che faceva tremare persino il pavimento. Garrie se ne stava un po’ più in disparte, muto: gli occhi azzurri non si staccavano dalla figura della ragazza e Cardinale sentì che tutto il suo essere era concentrato su di lei, come per un assurdo, patetico aiuto mentale. Lo apprezzò, con il cuore stretto di una morsa di triste gratitudine. Ad un tratto, un certo movimento tra le file dei soldati le fece improvvisamente balzare il cuore in gola e tremare le ossa delle gambe: in un gran clangore di metallo, alto quasi il doppio di Patterson e largo tre volte tanto, con in pugno la sciabola più grossa e pesante ce si fosse mai vista, Cerberus uscì dal de-digitalizzatore poco distante dal palco da cui si levò una specie di fruscio eccitato. I soldati si scostarono per farlo passare mentre, con passo lento e inesorabile, si avviava verso l’Arena. Cardinale cercò di deglutire, ma la saliva era completamente sparita dalla sua bocca. Mentre passava di fianco alla gabbia di Patterson e Garrie, non si girò nemmeno a guardare le sue prossime vittime. Lo sguardo appannato e bovino che si intravedeva dietro la maschera di ferro era concentrato su un unico obbiettivo: Cardinale. La ragazza lo guardò avvicinarsi, incombente e inesorabile come una montagna: tirò un lungo respiro e, vincendo la tentazione di indietreggiare, si mise in posizione d’attacco.
*          *          *
Damon manovrò il caccia per portarsi su una traiettoria più lineare e veloce, infischiandosene dei  radar che sibilavano impazziti dall’avvicinamento costante degli inseguitori. Alicia si era aggrappata ai comandi del mitragliatore, le nocche sbiancate dalla tensione delle sue mani. Damon le lanciò uno sguardo di striscio, comprensivo e lei gli rispose con un sorrisetto nervoso.
“E’ un po’ che non manovro un affare del genere” gli confidò, tesa come una corda di violino.
“Andrà tutto bene” mentì Damon non riuscendo a convincere nemmeno sé stesso “Cerca solo di risparmiare colpi: siamo uno contro quattro e loro sono molto più veloci di noi”
Alicia deglutì, segretamente terrorizzata.
“Il Mattatoio?” chiese sviando il discorso.
“Siamo vicini. Ma ci avranno intercettato anche loro, quindi non penso che ci aspettino esattamente  a braccia aperte”
“Oh, che bello” sospirò Alicia, sconfortata.
Il radar iniziò a sibilare non più a intermittenza, ma con un fischio continuo e prolungato. Damon e Alicia girarono contemporaneamente lo sguardo sul nero dello spazio davanti a loro e li videro: quattro puntini in rapido avvicinamento, diretti su di loro. Quando videro il caccia a occhio nudo, i piloti inseguitori scartarono due a  destra e due a sinistra, cercando di accerchiarli. Alicia si trattenne a stento dal scaricare a vuoto tutti i colpi del mitragliatore laser e tenne lo sguardo fisso su Damon che aveva virato, deciso, verso l’alto, sfuggendo all’accerchiamento. Tutto d’un tratto, li ebbero addosso: i due di sinistra iniziarono a vomitare raggi laser che sfiorarono la carlinga di titanio del caccia e Damon eseguì un avvitamento da manuale, mentre Alicia sparava qualche colpo, mancando il caccia nemico di parecchi metri.
“Accidenti!” sibilò disgustata ballonzolando sul sedile a causa delle brusche manovre di Damon. I piloti iniziarono una danza sul filo del rasoio girando come avvoltoi attorno al caccia di Damon e Alicia che a malapena schivavano i colpi che arrivavano da tutte le parti.
“Non reggerò molto a questo ritmo!” gridò Damon mentre il sudore iniziava a imperlargli la fronte.
“Vai a destra!” gli rispose di rimando Alicia e Damon eseguì immediatamente, mancando per un pelo una bordata nemica. Alicia sparò sulla traiettoria e finalmente colpì un caccia nemico, frantumando l’ala corta di sinistra e mettendo fuori uso il motore. Alicia fece un urlo strozzato di gioia mentre guardava il caccia allontanarsi sbilenco. Ma, proprio in quel momento, furono colpiti. La cabina vibrò violentemente e gli strumenti squittirono impazziti. Damon riprese prontamente il controllo dei comandi, e virò giusto in tempo per schivare una pioggia infernale di raggi laser. Ma erano stati colpiti al fianco e l’assetto del caccia aveva subito danni che lo rallentavano ulteriormente. Troppo concentrato sulla guida, Damon non vide il puntino immobile che era comparso sullo schermo radar, ma Alicia sì: gli puntò il dito contro, indecisa se sperare o perdere del tutto la speranza.
“Siamo in vista del Mattatoio” gridò.
*          *          *
La gente che, sulle Orion, bazzicava intorno a un qualsiasi schermo olografico, si fermò a guardare incuriosita la faccia sconosciuta che era comparsa, seria e tirata, in sostituzione alle farneticazioni di Levine. L’uomo sembrava sofferente, ma niente di lui faceva pensare che fosse un perdente. Lo sguardo era inchiodato sulla telecamera mentre parlava con voce pacata ed esponeva al mondo intero la sua terribile verità.
A chiunque stia guardando questo filmato” disse l’uomo “State per sapere una scomoda verità che nessuno di noi vorrebbe aver vissuto. Ma sta succedendo, qui in mezzo a voi, ignari cittadini, sotto i vostri occhi e con il contributo dei vostri crediti, ed è ora che questo orrore venga finalmente svelato e debellato. Il mio nome è Benedict e sono un DDW Runner di Orion 4 W…”
*          *          *         
Forse era solo un pio desiderio, ma ad Elijah sembrò che la qualità della luce fosse cambiata, meno atona e più vivida. Anche Morales sembrò accorgersi che c’era qualcosa di diverso perché aveva rallentato il passo, impugnato il mitragliatore e procedeva guardingo e vigile. Ad un tratto Elijah si fermò di colpo e Morales lo imitò, muto e immobile. Il silenzio sembrava assoluto e Morales stava per interromperlo parlando, quando Elijah lo afferrò per un braccio, gli occhi sgranati e Morales lo sentì. Il ruggito lontanissimo e attutito, seguito dall’inconfondibile rumore di un combattimento. Ad Elijah sembrò che le viscere gli si sciogliessero in un liquido bollente. Morales annuì e ricominciò a correre ancor prima che Elijah potesse dire qualcosa.
Ma non c’era più tempo per parlare.
*          *          *
La tattica di Cerberus, a differenza dell’omicidio visto in olo-visione, sembrava essere un tantino più aggressiva: come entrò nell’Arena, si diresse verso Cardinale brandendo minacciosamente la sciabola. Fu accolto da un discreto applauso dal palco e dai mormorii eccitati dei soldati che, scaldati dalla situazione, si lasciavano andare a commenti e incitamenti.
“Stai attenta Cardinale! Maledizione, è 10 volte te!! Branco di vigliacchi, una ragazza sola contro quel mostro…Cardinale!! Car-di-na-le!! VOI APRITE QUESTA MALEDETTA PORTA, IMBECILLI!” strepitava Patterson,  ma i soldati lo ignoravano bellamente, concentrati sull’attacco di Cerberus.
Cardinale lo aspettava, leggermente chinata in avanti, lo sguardo fisso sul gigante che si avventava su di lei con bovina determinazione. Schivò senza problemi il primo pauroso fendente e per poco la sciabola non si conficcò nel terreno morbido. Velocissima, Cardinale sferrò un calcio da dietro a Cerberus, che però non si scosse nemmeno. Anzi, piroettò su sé stesso con insolita velocità e le sferrò un altro colpo, mancandola abbondantemente. Cardinale prese a girargli intorno, scartando con facilità i suoi colpi, ma capiva di non poter andare avanti così all’infinito. Prima o poi lei si sarebbe stancata mentre Cerberus non conosceva tregua. Patterson continuava a strepitare senza sosta, ma Cardinale lo aveva escluso dalla propria mente, concentrata sul nemico di fronte a lei e sul suo unico obbiettivo: afferrargli i polsi. La cosa sembrava infattibile visto che braccia di Cerberus erano grosse come tronchi d’albero, ma Cardinale non si dava per vinta e studiava la situazione. Schivare e colpire, schivare e colpire. Cerberus non sembrava nemmeno infastidito dai suoi attacchi. Dopo mezzora di combattimento sembrava non essersi nemmeno ancora scaldato. Menava fendenti con una forza titanica e avvicinarsi a lui era praticamente impossibile. Cardinale cercò di farlo inciampare sferrandogli calci alle gambe, ma lui non si scalfì nemmeno.
Schivare e colpire, schivare e colpire.
Cardinale sentì che il respiro le si faceva più pesante e che il sudore iniziava a imperlarle la fronte.
Schivare e colpire, schivare e colpire.
I saltelli intorno a Cerberus si facevano più lenti, le mosse più fiacche.
Schivare e colpire.
Con terrore, Cardinale si accorse di essere stanca.
*          *          *
Il caccia di Damon e Alicia aveva preso a vibrare leggermente e i sensori non smettevano di lampeggiare, impazziti. Alicia continuava a sparare e più per fortuna che per bravura, beccò un altro caccia nemico che esplose dopo pochi secondi, facendo gridare la donna vittoriosa. Damon però sentiva i comandi del caccia rispondere sempre peggio e prese una decisione improvvisa: virò con decisione e puntò a tutta velocità sul Mattatoio che si avvicinava, incombente, unico corpo illuminato nel buio totale dello spazio.
“Che diavolo fai?” strillò Alicia per superare il rumore degli strumenti impazziti.
Damon si pulì fuggevolmente la fronte con la manica della tuta, sorpreso di ritirarla fradicia.
“Vediamo se i nostri amici riescono a darci una mano” sibilò tra i denti.
*          *          *
“…Sono in corso tuttora su una navetta di proprietà della Corp., chiamata il Mattatoio, esperimenti per evitare la morte da digi-alias quando si transita sulle DDW. Servivano cavie, come è sempre successo nella sperimentazione scientifica. Così la Corp. si è creata la propria coltura di vittime, ordinando alla Fabbrica di produrre neonati destinati a questa atrocità, crescendoli come esseri isolati, abituati ad avere un unico obbiettivo nella vita: il lavoro di Runner…”
*          *          *
Il dottor Jones controllava preoccupato le funzionalità vitali del corpo di Cardinale: il cuore reggeva bene, la muscolatura tonica poteva continuare per ore, l’EEG era attivo e con tutti i valori nella norma. Ma vedeva, inesorabile, il livello di adrenalina crescere nel sangue: il panico.
“Un milligrammo di preparato calmante” mormorò tranquillo e l’infermiera ubbidì, solerte. Dopo qualche secondo di stabilità, il livello continuò a salire lentamente, questa volta accompagnato da una brusca impennata del battito cardiaco.
“Leggera perdita ematica alla spalla destra del digi-alias” disse la voce monocorde del dottore che stava passando uno scanner sul corpo della donna.
*          *          *
I rumori erano sempre più vicini. Ad Elijah sembrò persino, assurdamente, di sentire la voce di Patterson che gridava a squarciagola. Erano arrivati ormai. Anche l’aria adesso aveva un odore, un misto di umidità, terra e sudore. Il fondo del corridoio era sempre buio, ma Elijah sapeva che tra poco avrebbe visto la luce.
*          *          *
Cardinale ansimava: un colpo particolarmente fortunato di Cerberus l’aveva colpita di striscio alla spalla destra e, sebbene la ferita non bruciasse nemmeno tanto, sapeva di essere pericolosamente vicina al farsi prendere dal panico. Freneticamente, girò intorno al gigante, sferrando dei pugni inutili alla corazza di metallo. Le nocche erano ormai scorticate fin quasi all’osso e cominciavano a dolerle. Doveva disarmarlo, si disse disperata: finché brandiva quella sciabola non aveva nessuna possibilità di afferrargli i polsi. Aspettò, china, che Cerberus si girasse verso di lei per sferrarle l’ennesimo colpo e poi partì, stirandosi i muscoli delle gambe nello scatto disperato: invece di schivare la sciabola, le passò sotto e cozzò con la spalla la corazza di Cerberus esattamente sul plesso solare, sentendo con chiarezza il sibilo della lama a pochi millimetri dalla faccia.
“CARDINALE!! CAR-DI-NA-LE!! Vuoi farti ammazzare, stupida scimmia che non sei altro?” Strepitò Patterson e la sua voce tremava, arrochita dallo spavento.
Ma la mossa di Cardinale aveva dato il suo frutto insperato: Cerberus aveva perso l’equilibrio e allargato le braccia per rimanere in piedi. Cardinale afferrò la lama della sciabola con le mani, incidendo profonde ferite sui palmi che presero immediatamente a sanguinare. Strattonando con forza, disarmò Cerberus e gettò lontano la sciabola, gridando con quanto fiato aveva in gola il suo urlo di vittoria. Dal palco si sollevò una specie di sospiro e le teste in ombra si agitarono come spighe di grano al vento.
“Vai così, Jude!” gridò Garrie, liberatorio, accorgendosi solo in quel momento di avere trattenuto il fiato per tutto il tempo.
“Prendi la sciabola!” ruggì Patterson, eccitato e speranzoso.
Ma Cardinale aveva i suoi progetti: assurdamente, invece di impadronirsi della sciabola e di tentare di colpire Cerberus, gli volò addosso attanagliandogli l’enorme collo con le mani. Patterson e Garrie sentirono il panico iniziare a scorrere rovente nelle vene, sostituendo il sangue che si era ghiacciato.
“Cardinale, che diavolo fai!!! Prendi quell’arma!!!” strepitò Patterson, ormai quasi senza voce.
“Jude!!! La sciabola!!!” gridò Garrie quasi altrettanto forte.
Ma Cardinale non li ascoltava. Cerberus fece un passo indietro, recuperando l’equilibrio e con un gesto fluido afferrò Cardinale per la gola, sollevandola da terra di parecchi centimetri. La ragazza iniziò immediatamente a scalciare cercando di colpire le gambe di Cerberus, ma il gigante distese il braccio per tutta la sua lunghezza e le gambe di Cardinale pedalavano a vuoto. Le mani della ragazza afferrarono il polso di Cerberus, mentre lui cominciava a scuotere il collo di Cardinale come se fosse quello di un gattino nelle mani di un uomo adulto.
“JUDE!!” gridarono Patterson e Garrie senza nemmeno accorgersi di averlo fatto insieme.
*          *          *
“….il responsabile di tutto questo è colui che ogni giorno decide il bello e il cattivo tempo per tutti noi. Colui che tira le fila, re incontrastato di tutte le Orion, è in realtà il più spietato assassino di vite innocenti.  Mascherato dietro la facciata di amante della ricerca e della scienza, si nasconde in realtà il vero, primo e unico mostro del sistema Orion conosciuto…”
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Damon puntava dritto contro il Mattatoio. Vedeva con chiarezza le torrette dei missili puntare verso di loro, lente e letali come gli occhi di un serpente. Ma non mollò la presa. Intorno a lui, si accorgeva a malapena del sibilo della strumentazione, dei lampi dei laser che grandinavano attorno al caccia, ancora miracolosamente illeso, delle grida di Alicia che sparava contro i nemici il suo patetico carico di morte. Puntava dritto contro il Mattatoio e aspettava il momento, il millisecondo esatto in cui si sarebbe deciso della sua vita. E di quella di tutti loro.
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“JUDE!!” questa volta Elijah e Morales sentirono chiaramente il grido provenente dal fondo del corridoio. Elijah non provò nemmeno a scacciare il panico dal suo cuore: prese a correre ancora più forte, incurante del dolore ai muscoli delle gambe, incurante del rumore che facevano i suoi stivaletti sulla terra, preso solo da quel grido angosciato che gli si era calato dentro alle viscere e che l’aveva dissanguato in un istante. Non pensava a niente di razionale, solo la cantilena del suo nome ripetuta all’infinito: Jude, Jude, Jude…
*          *          *
“Battito irregolare” disse l’infermiere preoccupato “Ossigenazione del sangue al minimo. Contrattura dei muscoli del collo”
“Sta soffocando” mugugnò Jones attivando il respiratore artificiale.
*          *          *
Cardinale non riusciva a respirare: la mano d’acciaio di Cerberus le stringeva la gola, implacabile e lei cominciava a sentire i battiti del cuore scoppiarle nelle orecchie. Le sue mani si agitavano frenetiche attorno al polso di Cerberus, sempre più lente man mano che le forze le venivano a mancare. La sua mente era tesa nell’obbiettivo, nel suo unico, confuso filo di salvezza…Il polso di Cerberus. Mille puntini neri presero a ballarle davanti agli occhi mentre le gambe scalciavano debolmente, sempre più debolmente. Lontanissimi sentiva Garrie e Patterson che gridavano il suo nome disperatamente e lei avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi, che c’era quasi…Chiuse gli occhi: sentiva la preoccupazione e il panico scivolare via, lentamente come la marea, lasciando un piacevole senso di distacco.
Non ancora. Non ancora! Doveva portare a termine….finire….
Il polso di Cerberus.
Il polso di Cerberus.
Finalmente riuscì a fare quello che doveva e sorrise, vittoriosa.
*          *          *
Il macchinario dell’EEG sibilava impazzito. Sul lettino asettico del Mattatoio, il corpo di Cardinale attaccato a mille tubi trasparenti stava lentamente morendo.
*          *          *
“…E’ dovere di tutti noi salvare chi rimane. Nessuno potrà restituire quello che è stato tolto a queste persone coraggiose,  usate e poi abbandonate come il più inutile degli oggetti…”
*          *          *
Lo vide.
Damon vide distintamente e lo sentì quasi sulla pelle il calore del missile sparato dal cannone del Mattatoio. Chiuse gli occhi e tirò con quanta forza aveva la cloche verso di sé. Il caccia si impennò bruscamente, a pochi metri dalla parete di solido titanio del Mattatoio, sfiorandola quasi. Il missile a lui destinato prese in pieno uno degli inseguitori, in una esplosione che fece tremare la navetta come in mezzo ad un uragano. Damon gridò, un lungo, selvaggio urlo di vittoria. Virò bruscamente e si mise in coda all’ultimo caccia rimasto indenne: Alicia lo centrò con precisione millimetrica e di nuovo il Mattatoio fu squassato dalla seconda esplosione. Damon vide con chiarezza il ponte di attracco che iniziava lentamente a chiudersi. Virò di nuovo, velocissimo e sparò il caccia verso quella zona del Mattatoio, incredulo di essere ancora vivo.
*          *          *
Garrie e Patterson videro con orrore le gambe di Cardinale oscillare nel vuoto, lentamente abbandonate. La piattaforma fu attraversata da un’onda leggera, come un soffio di vento. Come al rallentatore, nel silenzio irreale di un film a cui avevano improvvisamente tolto l’audio, videro i capelli scuri di Cardinale ondeggiare mentre Cerberus scuoteva il suo collo. Videro le mani della ragazza abbandonare il polso di Cerberus e ricadere, inerti, lungo i fianchi.
Poi sentirono solo il silenzio.
Improvvisamente interrotto da un rumore lieve.
Un rumore secco, delicato, come foglie d’autunno calpestate…l’osso del collo di Cardinale che si spezzava.
 
  
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