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Autore: Lyla Vicious    05/09/2011    1 recensioni
Liam, un ragazzo inglese degli anni novanta, alla ricerca del successo. Qualche fugace apparizione degli Oasis e molte, molte sigarette.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora tu, ancora tu ma certo.

Oppresso da una società che subivi e odiavi con tutto te stesso.

Apristi la porta, uscisti tanto per non farti invadere dalla monotonia.

Corresti verso la città.

Con quella nebbia vedevi a malapena i tuoi piedi, avevi la testa come un treno fantasma: così invisibile e vuota, così opaca e accecata.

Il posto era vicino, potevi raggiungerlo anche a piedi.

Lo facevi tutte le mattine per racimolare qualcosa in più.

Ma tanto non era poi una grande differenza un penny in più o uno in meno.

Lo facevi tutte le mattine per pagare l’affitto.

Ecco, eri arrivato.

La porta di legno stantio cigolò mentre la aprivi.

Prendesti il grigio grembiule d’occorrenza e ti spostasti dietro al bancone, chissà da quanto non lo lavavano.

Subito iniziasti a trafficare coi bicchieri, c’era un tale caos.

Quando finivi il tuo turno eri così sollevato, a volte ti sembrava che non avresti finito mai.

Vivevi da oppresso senza via d’uscita.

La tua mente e il tuo corpo non avevano tempo di respirare, avevi la testa in un acquario, solo che i pesci erano dei tali stronzi.

Avevi in mano due birre ghiacciate, non era di certo uno scherzo.

Senza accorgertene sbattesti l’anca in uno dei tavoli, solo una stupida botta ma un dolore lancinante che ti pungeva il corpo.

Cercasti di non farci caso e ti allontanasti quando ti presero per il collo della maglia.

Ti girasti, cosa mai era successo?

“Ehi, bastardo! Avrei dovuto averla in mano, non addosso! Razza di idiota!”

Un tipaccio dall’aria corpulenta e piuttosto infuriata te lo disse con il suo accendo del Galles, quasi a sputarti in faccia.

Adesso ti stringeva le spalle in una morsa.

Lo spingesti via.

Non potevi farlo nel bel mezzo del tuo stupido turno di lavoro, ma quel tizio ti stava importunando, ed eri così infuriato…

“Che problema hai? Ti ha mandato il diavolo? Ma va da un’altra parte!”

Ovviamente si rialzò.

Ti spinse via la faccia con un pugno.

Ti toccasti con la mano che si macchiò di rosso.

Sangue, forse dal naso.

“Ehi, la ragazzina qui sta sanguinando!”

Te ne tirò un altro altrettanto forte.

A quel punto eri così fuori di te che presi una sedia e, senza pensarci due volte, gliela scaraventasti addosso.

Subito cadette pesantemente a terra.

Così imparava a provocarti.

Uscisti dalla porta sul retro.

C’erano due bidoni verdi della spazzatura, pessimo spettacolo, ma in fondo a te piaceva.

Prendesti una sigaretta dalla tasca.

Te l’accesi tra le labbra.

Tirasti una boccata da vincitore mentre l’altro, dentro, era steso a terra da perdente.

L’ospite indesiderato che alla fine rimane, solo che quella volta era lui.

Ma tu eri l’escluso, eri tu la classe oppressa.

Non eri quello che vinceva una rissa, ne tanto meno ne provocava una.

Eri solo bloccato nella tua vita, bloccato in quel locale infernale.

Te ne andasti, a dire la verità era una perdita di tempo.

Un’altra boccata.

Davanti a te una nuvola di fumo.

Non vedevi più nulla ma continuavi a camminare.

Era buio.

Non vedevi nessuno e non ti vedeva nessuno.

Ti trovavi così bene nell’oscurità.

Il cielo ti abbracciava col suo manto e stendeva un velo su ciò che non volevi vedere.

Eri arrivato a casa.

Gettasti a terra la sigaretta e la spensi con un piede.

Questa era la tua vita da escluso.

Una vita da ipocrita.

Avevi il tuo sogno che non ti avrebbe mai abbandonato.

Avevi talento ed eri motivato per diventare una rockstar, ma nonostante tutto eri un semplice barista con una vita monotona a cui ti eri presto abituato.

Pura ipocrisia.

dovevi smettere di vivere la vita di qualcun’ altro, dovevi rimuovere le menzogne dalle scarpe quella sera.

Sfasciarle.

Lentamente.

Una ad una.

  
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