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Autore: cupidina 4ever    06/09/2011    2 recensioni
Una punizione che si trasforma in una benedizione, sotto certi aspetti. Per Harry, Ron, Hermione, Ginny, Lavanda, Luna, Malfoy, Zabini, Nott, le sorelle Greengrass, Millicent, Pansy e Goldstein, la fatica si può trasfomare in un'ottima occasione per.. andare oltre i vecchi rancori e dimostrare di esser persone mature.
Dal testo:
- Non dovrei farlo, eppure lo voglio. – e la baciò nuovamente, ma quella volta con passione, desiderio, brama e lussuria.
Il vecchio preside, ritornato a guardare dentro la sua sfera di cristallo, irruppe in una sonora risata alla scena mentre la donna, rossa in volto, sorrideva contenta.
- Non perde tempo il Signor Malfoy, eh? – mormorò divertito un secondo prima di andarsene di lì, lasciando la professoressa ad osservare gli altri ragazzi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Titolo: Vendemmia Rosso-Argento
Titolo del capitolo: //
Generi: Commedia, Romantico, Introspettivo
Rating: Giallo (per il linguaggio)
Avvertimenti: One-Shot, OCC
Personaggi (Principali e Secondari): Blaise Zabini, Draco Malfoy, Daphne Greengrass, Astoria Greengrass, Anthony Goldstein, Theodore Nott, Millicent Bullsdrode, Hermione Granger, Ginny Weasley, Pansy Parkinson, Harry Potter, Ron Weasley, Luna Lovegood, Lavanda Brown, Albus Silente, Minerva McGranitt.
Note: Racconto scritto più di due anni fa. Non ho cambiato nulla della stesura originale, riportando ogni singola parola di quanto scritto su cartaceo. Mi scuso se può sembrare “infantile” in alcuni punti ma non ho avuto il coraggio di cambiare nulla. Colgo l’occasione, inoltre, per dire che questa storia farà parte di una serie che creerò tra qualche mesetto. Naturalmente i personaggi non mi appartengono e non è scritta a scopo di lucro.




Vendemmia Rosso-Argento



Settembre.
Periodo dedicato alla vendemmia e al rientro scolastico.
Ma allora cosa ci faceva un insolito gruppo di quattordici ragazzi a lavorare in un vigneto babbano quando dovrebbero essere già ritornati nell’antico castello della più famosa scuola di magia?
Basta sapere che gli stessi ragazzi dovevano scontare una bella punizione dell’anno precedente per aver distrutto il bagno femminile ed aver allagato i dormitori di Tassorosso e Corvonero e così,non trovando altra soluzione, i professori decisero di spedirli tutti tra i babbani, più precisamente in un paesino nel nord dell’Italia, in Emilia-Romagna, in provincia di Reggio Emilia, per farli lavorare tutti assieme con la speranza di vederli uniti nella realizzazione di un obiettivo comune: creare un ottimo vino.
Così,dalla sedia a dondolo in cui giaceva l’anziana proprietaria del vigneto e dell’intera tenuta, si potevano vedere i quattordici ragazzi impegnati in quel duro lavoro, nel quale riponevano anima e corpo solo per intravedere la fine delle loro fatiche.
Da una parte del filare vi stavano tutti i Serveperde, più incazzati che mai perché costretti a sporcarsi le mani per la prima volta nella loro vita: Draco Malfoy, il quale continuava  a guardare di traverso la forbice che gli era stata lanciata poco gentilmente tra le mani della Mezzosangue, capitanava il suo gruppo di raccolta costituito dal suo migliore amico Blaise Zabini; Theodore Nott, anche lui piuttosto scocciato dal dover lavorare quando non sapeva allacciarsi una scarpa senza aiuto; Pansy Parkinson migliore amica di Malfoy, la quale avrebbe preferito una lezione di Babbanologia piuttosto che trovarsi tra di loro senza possibilità di usare la bacchetta per difendersi in caso di bisogno; vi erano anche Daphne e la sorella Astoria Greengrass, entrambe piuttosto motivate nel lavorare solo perché era stata promessa loro un’ottima ricompensa dai loro genitori nel caso in cui non fossero più giunte lamentele alla loro tenuta, così si erano arrotolo late le maniche delle camicette e lavoravano sodo, sotto lo sguardo stupito di tutti gli altri Slytherin; ed infine vi era Millicent Bullsdrode, piuttosto incazzata con i suoi genitori per aver lasciato che la punissero quando non c’entrava minimamente con la prima bravata.. con la seconda preferiva parlare in presenza del suo avvocato.
Dall’altra parte del filare,invece, vi erano quattro Grifondoro e tre Corvonero, anche loro parecchio seccati dal dover lavorare con un gruppo di sfaticati che non conoscevano neppure cosa volesse dire la parola “lavoro”: Hermione Granger, la quale si era fermata un attimo per guardare cosa avrebbe fatto l’algido Principe di Serpeverde con la forbice che gli aveva dato da quasi mezzora ma che ancora non gli aveva visto usare una sola volta, capitanava il suo gruppo costituito dalla sua migliore amica, Ginevra Weasley, la quale si era persa in una interessantissima conversazione di abiti e scarpe con Lavanda Brown; Harry Potter, strano ma vero, era l’unico che lavorava veramente, concentrato al massimo in quello che stava facendo perché se solo si fosse fermato niente e nessuno gli avrebbe impedito di prendere a botte quel damerino di Malfoy per fargli capire cosa cazzo ci dovesse fare con quella fottuta forbice;  e poi vi era Ronald Weasley,il quale si perdeva ad infilarsi in bocca ogni grata d’uva che raccoglieva col solo risultato di non terminare mai il suo secchio; Luna Lovegood lavorava con gioia ed allegria mentre parlava tra se e se, suscitando più di qualche domanda nel Serpeverde che la guardavano come se fosse stata pazza; ed infine Anthony Goldstein, anche lui artefice di una sola della due bravate  ma comunque costretto a lavorare. Come Malfoy non aveva mai lavorato in vita sua ma, almeno, sapeva qual’era lo scopo di quel lavoro cosa che, invece, non dovevano averlo compreso Ronald e gli altri ragazzi che facevano tutto furchè vendemmiare.
Se avessero continuato in quel modo avrebbero terminato in Novembre, magari con la neve!
Hermione era stata la prima ad accorgersi della situazione ma non sapeva cosa fare per spronare gli altri senza creare inutili polemiche che avrebbero solamente rallentato il lavoro.
L’idea le venne quando Harry, che nel frattempo ascoltava il biondo Slytherin inveire in Serpentese perché non sapeva come diamine usare quella forbice e perché suo padre non avesse fatto tante storie nel sapere che sarebbe dovuto andare tra babbani a lavorare, gettò a terra i guanti e gli occhiali da sole dalla montatura enorme e fissò con rabbia il ragazzo di Serpeverde, trattenendosi dal prenderlo a pugni e,finalmente, farlo tacere.
- Cazzo,Malfoy! Hai finito con quella fottuta bocca che ti ritrovi di inveire peggio di un turco o ti devo cacciare quella stramaledetta forbice in gola? – tuonò incazzato nero Harry Potter all’ennesima esclamazione alquanto colorita dello Slytherin. Non aveva neanche un minimo di decenza per le ragazze presenti! Va bene che alcune di loro erano peggio dei maschietti a parlare ma ciò non toglieva di portare un minimo di rispetto, almeno, per le altre. Gli costava così tanto? Da quanto poteva vedere il Bambino Sopravvissuto, si.
Il biondo sentitosi chiamare in causa, si girò vero il moretto quel tanto che bastava per vederlo in faccia mentre il suo braccio destro si alzava insieme al suo regalo dito medio, il loro consueto modo di esprimere quanto si volessero bene.
- Vaffanculo, Sfregiato! Torna a fare quello che facevi prima che m’incazzi e ti mandi all’altro mondo. Sarebbe un sogno che si realizza non vedere più la tua grande testa di cazzo! – sbraitò il biondo, ignorando bellamente di poter esser sentito dalla vecchia signora attenta a controllarli dalla veranda della sua casa, suscitando le risate concitate delle due sorelle Greengrass e della Parkinson.
Harry, dal canto suo, trattenne un’imprecazione poco elegante a fondo gola e si calmò un poco solo quando avvertì la mano della sua fidanzata storica poggiata sulla sua spalla, come a volerlo calmare e desistere dal tener corda a Malfoy.
Quest’ultimo, però, non accettò minimamente di esser bellamente ignorato da uno come Potter così, non appena vide il gesto della piccola Weasley e lo sguardo che si erano scambiati, non perse l’occasione per poterli punzecchiare fino a quando non si sarebbe stufato abbastanza da poter tagliare la corda e dormire un po’ mentre gli altri sfaticavano al suo posto. Ghignò soddisfatto. Quanto si sarebbe divertito con quei Gryffindor a farli ammattire prima del ritorno a scuola? In fondo era la loro ultima estate da studenti prima di iniziare il settimo anno e spaccarsi la testa sui libri quindi poteva approfittarsi di ogni occasione buona per mandarli in manicomio.
- Ti fai comandare a bacchetta da una femmina, Sfregiato? È proprio vero che sei senza palle. – sibilò divertito il biondo assieme a Nott ed a Zabini, il quale si era fermato un attimo per godersi appieno l’ennesimo litigio tra i due. Harry, che insieme a Ginny si stava spostando in una zona più tranquilla dove raccogliere e conversare in pace, fece per andare a spaccare la faccia al biondo una volta per tutte, venne fermato dal tempestivo intervento della Granger, la quale era rimasta un attimo in disparte a parlare con Anthony Goldstein sulla situazione in cui si trovavano, che prese il biondissimo Malfoy per un lasciato scoperto dalla canotta nera e verde e se lo trascinò dietro, senza non poche difficoltà visto che continuava ad opporre resistenza ed a tentare di scacciare la manina della Griffindoy per paura di esser “infettato”, in un’altra fila per insegnarli quello che doveva fare. Quando, finalmente, la Gryffindor lasciò andare il biondo Slytherin, quest’ultimo si lasciò andare ad un gesto di stizza, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto bianco e si pulì la mano. Quel gesto mandò in bestia la Gryffindor. Stupida che ho anche solo immaginato un cambiamento da parte sua! Dannazione al mio buonismo!  
Nel frattempo, il biondo Slytherin parve comprendere cosa avesse in mente la Gryffindor e sbiancò di colpo.
- Cosa? Tu sei impazzita del tutto, Mezzosangue. Non intendo muovere un solo dito per.. – sbraitò il biondo  ma venne interrotto proprio dalla streghetta, la quale parve seccata dal comportamento infantile del ragazzo. Crescerà mai?
- Tu,invece, lavorerai, Malfoy. E ti conviene non tirare troppo la corda con me perché potrei farti pagare le conseguenze tutte le sere a partire da questa. – sibilò a bassa voce la ragazza, con gli occhi ridotti a due piccole fessure e le mani appoggiate sui fianchi fasciati da dei cortissimi pantaloncini marroni di jeans, cosicchè potesse sentire solo il biondo la sua, per nulla velata, minaccia.
La ragazza gli tese la forbice tra le sue mani e lo guardò con un sopracciglio alzato verso l’alto, sperando di esser stata sufficientemente persuasiva nel convincerlo ad aiutarli. Trasse un sospiro di sollievo quando, imprecando qualche parola sottovoce, si mosse silenziosamente in avanti e prese l’oggetto dalle mani della Gryffindor senza mai perdere la sua solita diffidenza nei confronti della Mezzosangue e dell’aggeggio che teneva tra le dita. Hermione dovette sforzarsi nel non scoppiare a ridere in faccia al Serpeverde, imponendosi di restare lucida e concentrata nel suo lavoro, e prese a spiegare cosa dovesse fare con quell’oggetto malefico, come continuava a chiamarlo lui quando sapeva bene,ormai, come si chiamasse.
Blaise e Ron, che avevano assistito alla scena, decisero di prendere esempio dalla ragazza e di mettersi in coppia con qualcuno che non sapesse cosa fare: il primo, con la sua innata eleganza tramandatagli dai nonni italiani, affiancò la bionda Daphne Greengrass mentre il secondo, più per costrizione che per altro, se ne andò con la sua nuova fidanzata, Lavanda Brown, strappandola dalle grinfie della biondissima Corvonero,la quale si mise a parlare con la Serpeverde Millicent su alieni ed altre cose totalmente sconosciute a poveri maghetti costretti a sfaticare come mai avevano fatto per colpa di qualche bravata adolescenziale.
Pansy, accortasi di esser rimasta praticamente sola, si unì a far coppia con Theodore Nott, insegnandoli il suo compito, proprio come Hermione stava facendo con Draco, mentre Astoria Greengrass si unì con Anthony Goldstein seppur nessuno dei due avesse bisogno dell’aiuto dell’altro. Le ore seguenti passarono molto più velocemente di prima tra chiacchiere, risate, battute equivoche, sguardi imbarazzanti e baci fugaci, riuscendo a far dimenticare ai giovani ragazzi il peso della fatica e il lavoro che ancora li attendeva. Mancavano, infatti, più di dodici filari per completare la loro punizione ma l’aria che si poteva respirare in quel luogo non dava l’impressione di essere intrinsa di fatica, rancore e noia ma, bensì, di gioia, allegria, serenità ed amore. In fin dei conti quei quattordici ragazzi non si annoiavano mai da quando si conoscevano, tanto meno quando avevano la possibilità di saltare ore di lezione, senza doverle recuperare per la gioia di tutti tranne di Hermione, e di studio sui libri per divertirsi in compagnia e,magari, conoscersi meglio, andare oltre i soliti pregiudizi basati sul sangue e sulle case di appartenenza da ormai sette anni.
 Malfoy, in particolare, aveva accantonato ogni idea di sangue puro o meno da quando si trovava a far coppia con la Mezzosangue per lavorare, si era rimboccato seriamente le maniche e si stava impegnando come non aveva mai fatto, stando costantemente attaccato alla ragazza poiché aveva compreso di trovarsi bene ed a suo agio in sua presenza, di esse tranquillo e rilassato come se fosse sua madre. Era un vero toccasana per il suo carattere freddo e scostante, un rimedio efficace davanti ai suoi costanti sbalzi d’umore dovuti alle persone con cui si ritrovava a stretto contatto ogni giorno: non si era mai accorto di riuscire ad andare d’accordo con lei senza lanciarle cattive battutine sul suo sangue impuro, di essere in grado di ascoltare una persona che non fosse i suoi genitori, insegnanti o amici particolarmente stretti, di riuscire a scherzare con qualcuno che non appartenesse alla sua famosa di esclusivi amici senza pretendere da lui nulla in cambio. Si sentiva stranamente in pace, sereno, allegro come da tempo non gli capitava e tutto grazie alla Mezzosangue, al suo modo di sorridere per le piccole cose o di arrabbiarsi per un movimento sbagliato o una piccola dimenticanza, al suo strano modo di imprecare quando si accorgeva di esser rimasta indietro perché presa nel suo mondo, al suo silenzio leggero e di parlare senza mai costringere l’altro ad esporre la sua opinione.
Si fermò un attimo per osservarla: ai piedi calzava delle anonime scarpe di tela; le lunghe gambe, tornite ed affusolate, erano quasi completamente lasciate scoperte se non per un cortissimo pantaloncino marrone in jeans a coprirle a sufficienza il sedere; sopra indossava una canotta rossa aderente ed abbastanza scollata da lasciar vedere tutte le sue forme; lunghi capelli riccioluti erano raccolti in una coda alta e lasciati liberi di uscire dalla fessura presente nel cappello che portava sul capo per proteggersi dal sole cocente.
Non si accorse neppure di aver indugiato troppo sulla figura della ragazza fino a quando non sentì un lieve tossicchiare provenire dalla sua direzione: alzò appena gli occhi per incontrare quelli arrabbiati della Gryffindor, piuttosto scocciata della situazione e di quella strana sensazione all’altezza del petto.
- Muoviti, Malfoy, al posto d’incantarti! Non abbiamo tutta la vita,sai? – sbraitò ironica ma piuttosto incazzata la giovane con le braccia appoggiate sui fianchi,assumendo lo stesso cipiglio arrabbiato della loro professoressa di Trasfigurazione. Preferendo non far arrabbiare ulteriormente la ragazza e sentirla urlare peggio di una vecchietta acida e frustata sessualmente, si rimise subito a lavorare di gran lena, il tutto sotto lo sguardo confuso e stupito del giovane Salvatore del Mondo Magico. Ghignò malefico, pronto a divertirsi a spese del biondo rampollo.
- Ehi Malfoy! E poi ero io ad essere comandato a bacchetta da una femmina,eh? – gridò divertito Harry ridendo di gusto e scatenando le risate di quasi tutti gli altri ragazzi. Quasi, appunto, perché due persone andarono su tutte le furie: la prima, Hermione, perché era stata pubblicamente tirata in mezzo dal suo migliore amico in una cosa senza senso; il secondo, Malfoy, perché era stato chiaramente paragonato ad una femminuccia come lui ed un Malfoy non poteva assolutamente veder infangato il suo buon nome da uno come lo Sfregiato. Istintivamente la Gryffindor cercò lo sguardo, trovandolo un secondo dopo, e mimando con le labbra dei numeri, a quello che doveva essere il “tre”, entrambi scattarono a correre verso il Bambino Sopravvissuto, pronti a fargliela pagare con gli interessi la splendida battuta che aveva fatto. Fiutato odore di guai nell’aria, anche lo Sfregiato partì a correre inseguito dai due, più incazzati che mai, il tutto accompagnato dalle risate allegre del gruppo di ragazzi. Se all’inizio non potevano neppure vedersi, digerire la questione in modo civile e maturo, arrivati a quel punto la situazione poteva solo migliorare, magari con la nascita di qualche amore.
I quattordici ragazzi continuarono a lavorare duramente, intervallando la fatica con momenti d’ilarità collettiva, sempre proposti dalle menti perverse di Malfoy ed Harry, pronti in ogni momento per regolare quel famoso conticino rimasto in sospeso poiché, molto diplomaticamente, la Mezzosangue si era messa in mezzo, li aveva interrotti e rispediti a lavorare, con la semplice scusa della mancanza di tempo per ammazzarsi o cavarsi gli occhi a vicenda.
Verso le cinque Hermione fermò tutte le altre ragazze e, riunite in disparte e lontane dalle orecchie maschili, se ne andarono verso la casa, lasciando i poveri uomini a sgobbare sotto il sole e privati della loro stimolante compagnia.
- Ehi! Perché se ne vanno? Ci lasciano qui a sgobbare mentre loro se ne vanno a riposare? – sbottò Ron con la bocca completamente piena d’uva guardando le ragazze andarsene e lasciarli soli a terminare quella fila. Malfoy e Zabini osservarono di sottecchi il rosso Weasley e non poterono proprio far a meno di storcere schifati la bocca e il naso: quella sottospecie di ragazzo aveva proprio bisogno di lezioni sulla buona educazione, prima di tutto, sull’abbigliamento, sull’approccio con il prossimo e tanto altro. Il biondo si meravigliò all’idea di vedere la Mezzosangue correr dietro ad uno come lui, privo di qualsiasi fascino, quando, con il corpo e la mente che si ritrovava, le sarebbe bastato schioccare le dita per avere tutti i ragazzi che voleva, anche lui se solo gli avesse dato la possibilità di avvicinarsi a lei senza rischiare di perdere i suoi amati gemelli di famiglia, tanto decantati dalla maggior parte delle ragazze dell’intera scuola, Gryffindor comprese. Scosse il capo quando si accorse di cosa stesse pensando. A dar voce ai pensieri del biondo, a riguardo della rozzeria del rosso, ci pensò il suo indiscutibile migliore amico, Blaise Zabini, il quale comprese immediatamente quale fosse la causa di tanto sdegno  e disprezzo negli occhi argentei dell’amico.
- Ora capisco perché la Granger ti ha lasciato e ti sei messo con la Brown, Lenticchia. – mormorò tagliente il moretto scoccando un’occhiata intimidatoria al Bambino Sopravvissuto, il quale aveva già aperto la bocca per replicare e difendere l’amico da simili insinuazioni sul suo conto ma si fermò proprio a quello sguardo. Poche volte si era visto Zabini prender parola per attaccare qualcuno al posto dell’amico, preferendo,invece, assistere in disparte allo svolgimento del lavoro sporco e parlare solo se ne fosse stato veramente necessario, per esempio quando si permettevano di attaccare la sua figura, molto più complementare al biondo Malfoy rispetto a quanto si possa immaginare. In fondo erano migliori amici anche per quell’aspetto del moretto. Zabini era uno di quei ragazzi piuttosto freddi e distanti con tutti coloro che non rientravano nella sua stretta cerchia di amici, per lo più Slytherin, ma riusciva ad essere, comunque, gentile,educato e disponibile in ogni occasione gli veniva chiesto aiuto. In un certo senso, per alcuni punti, assomigliava a Malfoy, e per alcuni erano completamente differenti, in parte anche nel carattere e non solo nell’aspetto fisico e nella lunga fila di ragazze che avevano appena uscivano fuori dalla loro stanza nei Sotterranei eppure si volevano molto bene, quasi come se fossero fratelli. Zabini sapeva essere un grande bastardo quando voleva assieme al suo amico di scorribande Malfoy e non aveva perso l’occasione per dimostrarlo a quel folto gruppo di Grifondoro e Corvonero, i quali avevano pensato di poter stringere amicizia con lui senza dover passare per Malfoy e Nott. Impossibile visto che lo stesso Zabini aveva dato prova di non voler stringere amicizia con loro: non che fosse come Malfoy o Nott e le loro stupide convinzioni sul sangue puro o sulla famiglia a cui appartenevano ma,semplicemente, perché non voleva dar noie ai suoi genitori a riguardo delle sue amicizie alquanto discutibili per poi spingerlo, come forma di scusante, a farsi marchiare contro la sua volontà. Non voleva compiere nessun passo falso. Come Malfoy, infatti, Zabini non aveva alcuna intenzione di avere quel dannato sfregio sul braccio sinistro per il resto della sua vita e non aver la possibilità di toglierlo con alcun mezzo, ricevendo solo sguardi carichi di compassione e di finta tolleranza per il loro essere. Il solo pensiero lo mandava in bestia.
In un certo senso il Bambino Sopravvissuto poteva capire i due Serpeverde così decise di restarsene zitto a guardare la scena senza intervenire in alcun modo: dopo tutto se Malfoy non si scomponeva minimamente perché conscio di avere un amico perfettamente in grado di difendersi da solo, per quale motivo doveva farlo lui?
Il rosso,però, non prese affatto bene la cosa: esser tradito dal proprio migliore amico non era proprio il massimo ma riuscirono a sistemare tutto con uno sguardo, nascondendo domande imbarazzanti e parole non dette in pochi istanti.
- Cosa vorresti dire, Zabini? – sputò con rabbia il rosso, pronto come non mai a far a botte con lo Slytherin per scaricare la tensione accumulata in quella giornata: un ragazzo come lui, abituato a fare ben poco durante il giorno, si stancava facilmente a muovere anche solo un dito e il fatto di ritrovarsi con ben sette Serpeverde lo metteva in agitazione senza saperselo spiegare. Semplicemente perchè sono serpi e Mangiamorte.
Il moretto, stufo di prestar attenzione ad un soggetto come il rosso, cercò lo sguardo dell’amico per passare a lui l’incarico di far sentire una vera merda Weasley come gli piaceva fare ogni volta che ne aveva occasione e,naturalmente, non si lasciò scappare l’opportunità dalle mani come uno sciocco.
- Ciò che Blaise ti stava dicendo, Lenticchia, era un modo ironico per farti capire quanto tu sia stupido e rozzo. –disse tranquillamente il biondo Slytherin passandosi una mano tra i capelli, ricordandosi solo in un secondo momento di averle entrambe sporche ,e di conseguenza, di essersi sporcato i suoi meravigliosi capelli biondi. Imprecò in Serpentese, scatenando l’ira del Bambino Sopravvissuto,costretto ad ascoltare un tale scempio per le sue orecchie. Esasperato dai modi per nulla signorili di Malfoy, mandò a quel paese, rigorosamente in Serpentese, il biondo, ricevendo in cambio solo un bel “Vaffanculo, Sfregiato!” come risposta.
Borbottando proprio come il Serpeverde, prese il suo secchio e se ne andò in un posto più tranquillo, fregandosene delle richieste di aiuto del rosso: doveva incominciare a cavarsela da solo o non sarebbe mai diventato qualcuno in grado di farsi rispettare e temere dagli altri.  
Ron, però, non era dello stesso parere: due contro uno era scorretto e lui non poteva far nulla contro Malfoy e Zabini neppure se si fosse impegnato con tutte le sue forze. Non aveva alcuna possibilità con due come loro e lui ne era perfettamente a conoscenza visto che prese a respirare con affanno, proprio come ogni qualvolta si trovava in una situazione piuttosto scomoda. Anche i due Slytherin parvero comprendere l’agitazione scorrere nelle vene del povero rosso visto che, dopo esser scambiati un’occhiata d’intesa tipica del loro linguaggio prettamente visivo, scoppiarono a ridere come due bambini, ignari di aver attirato tutti gli occhi su di loro per il loro comportamento totalmente anomalo e mai visto prima d’allora. Quando si vedono due Slytherin ridere e non ghignare? Mai.
I due si ricomposero ben presto, indossando nuovamente le loro solite maschere di pura freddezza dedicata solo ai Gryffindor ed al Corvonero presenti rimasti dopo la fuga, come l’aveva chiamata quell’allocco di un Weasley, incapace di ragionare con quella mandorla che si ritrovava al posto del cervello, delle ragazza. In fin dei conti cosa ci si poteva aspettare uno come Weasley? Nulla, appunto. Zabini scosse lievemente il capo precedendo il suo amico dal rispondere e stuzzicare il rosso o sentire stupide lagne di bambini dell’asilo nido: ormai si era stufato di quel casino, abituato com’era ai lunghi silenzi del biondo Malfot, perciò doveva mettervi fine il prima possibile.
- Rispondi a questa semplice domanda, Weasley. Vuoi mangiare questa sera? – domandò con voce stanca il moretto intrappolando le iridi del rosso con le sue in uno sguardo pieno di risentimento, stanchezza ed irritazione, per lo più provenienti dal Serpeverde perché costretto a spiegare una cosa così semplice ad uno che il cervello non lo aveva mai avuto, neppure in regalo dai suoi patetici genitori poveri e sciatti.
Il rosso parve stupito da tale domanda: prima veniva offeso dal suo amico dicendogli quanto fosse poco elegante ed inappropriato per una ragazza come Hermione e poi gli faceva domande del genere, dove non traspirava curiosità ma solo irritazione ed ironia mal celate? Forse i Serpeverde avevano preso troppo sole ed i loro cervelli erano andati in fumo data la pigmentazione chiara delle loro pelli, mortalmente pallide, sicuramente dovuto al fatto che fossero confinati nei Sotterranei della scuola, dove il sole, naturalmente, non poteva arrivare.
- Certo! Che domanda è? – rispose indignato il rosso mentre la sua faccia e le sue orecchie assumevano la stessa colorazione dei suoi capelli. Zabini scosse la testa rassegnato e se ne andò, raggiungendo Potter nel suo luogo appartato, sicuro di poter avere il tanto atteso silenzio che aspettava da un paio d’ore. Nel frattempo Malfoy sibilò qualcosa all’indirizzo del rosso simile a “tutti cretini ed ottusi questi Weasley!” e se ne tornò al suo posto velocemente, leggermente preoccupato nel caso in cui la Mezzosangue fosse tornata, in quei minuti, e non lo avesse visto al suo posto. In effetti, però, non lavorò più con tutta quella voglia di prima visto che, seppur in ritardo, ma comunque prima di Lenticchia, aveva capito quale fosse il motivo dell’improvvisa sparizione delle ragazze ma la sensazione di solitudine data dalla mancanza della Gryffindor non gli permetteva di lavorare come voleva. Il biondo Malfoy avrebbe voluto continuare con le sue riflessioni in merito alle sensazioni che provava in presenza della ragazza ma si accorse, in ritardo, di quanto fosse tardi e di come iniziasse ad esser buio, condizione sfavorevole per quel tipo di lavoro, fino a quando non avvertì una pressione leggera sulla spalla destra, un tocco del tutto nuovo per lui.
Evitò di sussultare e di girarsi di scatto per mantenere la facciata di duro ma ebbe il tempo, in quei secondi, di riconoscere il profumo che aleggiava nell’aria attorno a se e ricollegarlo alla ragazza dagli occhi ambrati.
- Malfoy, è ora di andare a cenare. Vieni o no? Se hai fame non ti consiglio di tardare ancora molto perché gli altri sono in grado di far sparire tutto in pochissimo tempo. – disse divertita la ragazza, sorridendo per l’ennesima volta quel giorno, verso lo Slytherin. Quest’ultimo sentì uno strano sussulto nello stomaco. Quel repentino cambio di comportarsi, il modo in cui si avvicinava a lui era totalmente differente dal passato e ciò lo spaventava e lo incuriosiva allo stesso tempo: lui non era un bravo ragazzo, non lo sarebbe mai stato e non andava affatto bene con il genere di ragazzo che la Mezzosangue si aspettava di avere al suo fianco. Il tutto era peggiorato dal modo in cui pronunciava il suo cognome, non più intriso d’odio e di rancore per i momenti terribili che le aveva fatto passare, direttamente o meno, ma di.. tenerezza. Scosse il capo disgustato. Non andava affatto bene, tanto meno se il personaggio in questo fosse un ragazzo complicato, stronzo, bastardo, cinico, arrogante, freddo, scostante, schivo, solitario, altezzoso, avido, superbo come pochi e con un ego così smisurato da non esser paragonabile con quello di nessun altro studente dell’intera scuola. Lui non era adatto a cose simili, abituato a divertirsi con ragazze diverse ogni notte e sentirsi libero da qualsiasi tipo di costrizione o vincolo che cercavano di imporgli. Eppure il sentirsi maledettamente a suo agio con la Mezzosangue, a ridere ed a scherzare con qualcuno che non fosse Blaise, Theo o le ragazze Slytherin presenti non gli permetteva di rimanere tranquillo e sereno. Lo rendeva.. nervoso.
- Avete cucinato voi? – domandò con voce annoiata sperando di spostare l’attenzione della sua mente su qualcosa che non fosse alla mano ancora posata sulla sua spalla o al profumo avvolgente e dannatamente eccitante che gli solleticava il naso a causa del leggero venticello. Dannazione a lui!
La ragazza, invece, si stava chiedendo se la domanda del biondo Slytherin non nascondesse qualcosa, un secondo fine che era meglio per lei non capire, la quale, però, dopo qualche secondo di silenzio, capì perfettamente dove volesse andare a parare il biondo. Andò su tutte le furie. E lei che aveva sperato di aver visto, quel giorno, un Malfoy differente, di esser riuscita ad andare oltre ai soliti pregiudizi per capire chi meglio si celasse dietro quella maschera di freddezza ed intolleranza verso tutti coloro che non erano purosangue altezzosi, conservatori e meschini come lui; di svelare il grande mistero che si nascondeva in quelle iridi in grado di sondare l’animo a coloro che s’imbattevano lungo il loro cammino, senza far capire come diamine facesse a lasciare tutte quelle domande alle sue spalle; di cambiare l’opinione di Harry e Ron le avevano inculcato tanti anni prima solo perché era un Malfoy e suo padre era uno spietato Mangiamorte al servizio dell’essere che aveva ucciso di Harry , magari dando prova di poter stringere amicizia anche con i Serpeverde, perfino con il loro Principe e, di poter metter fine al famoso odio che divideva le due Case già dai tempi delle loro fondazioni da parte di Godric e Salazaar.  Lei ci aveva sperato,riponendo una speranza cieca in una persona che, a quanto aveva capito, non meritava. Era stata una stupida su tutta la linea a dar retta al suo buon senso rosso-oro al posto della classica diffidenza dei suoi migliori amici. Era una stupida e basta.
- Se volevi sapere se ho cucinato anche io la risposta è si e, visto che ti fa tanto schifo l’idea di dover mangiare qualcosa toccato dalle mie sudice mani da Mezzosangue, ti consiglio di evitare di venire assieme a tutti noi a mangiare. Non vorrei che venissi contaminato. – gridò arrabbiata, importandosi ben poco se rischiava di dar spettacolo a coloro che potevano passare in quel luogo, piuttosto isolato in realtà, e di star letteralmente aggredendo verbalmente Malfoy dopo che si era ripromessa di favorire l’incontro tra le due maggiori Case avversarie, ossia Grifondoro e Serpeverde. Lei ci aveva provato ma aveva miseramente fallito ancora prima d’incominciare, ricevendo una sconfitta che avrebbe continuato a bruciare a lungo.
Il biondo, risvegliatosi da quelle parole, si girò verso la Grifoncina, incontrando un paio d’occhi ricolmi di rabbia, di delusione e di rancore e tutto perché si era mal espresso. Maledizione alla mia boccaccia! In fin dei conti era una ragazza e doveva aspettarsi simili reazioni per parole sbagliate o domande equivoche, e doveva aspettarsi un attacco del genere se la ragazza in questione era la famosa Mezzosangue ma, diamine!, non aveva fatto nulla per meritarsi una sfuriata in piena regola. Neanche fosse la mia ragazza! Non desiderava offenderla, insinuare stupide discriminazioni sul sangue o quant’altro ma solo non farle accorgere di star pensando costantemente, da quel pomeriggio, a Lei senza poterne fare a meno, come se fosse indispensabile.
- Ti sbagli. Non è affatto così. – mormorò appena il biondo Slytherin stringendo gli occhi a due piccole fessure non appena vide una piccola scintilla nelle iridi ambrate della ragazza. Voleva chiarire prima di rischiare di buttare un bellissimo pomeriggio nel cesso solo per le sue insopportabili supposizioni e per il suo modo di relazionarsi, del tutto privo di tatto. Forse aveva tutte le colpe di quella Terra per quello che aveva detto, non forse ma sicuramente, ma Lei non doveva trarre subito le sue conclusioni senza esser a conoscenza della vera storia, senza sapere che ormai era diventata una droga indispensabile e tutto in una sola giornata, che,se all’inizio non gli aggradava molto la sua decisione nel volerlo affiancare senza desiderare nulla in cambio, in quel momento ringraziava disperatamente perché gli permetteva di sorridere con un nulla.
Cazzo.
Doveva esser proprio una cosa grave se era già arrivato a pensare certe cose, se faceva già mille castelli in aria quando la stessa ragazza padrona dei suoi pensieri era davanti a lui con l’espressione più incazzata del suo repertorio, offesa per le parole di un ragazzo che doveva odiare ma che non riusciva più a farlo perché indubbiamente legata a quel lato del suo carattere che aveva intravisto quel giorno, senza neppure volerlo, di così diverso da come si mostrava a scuola con tutti quelli che non fossero i suoi stretti amici Slytherin. Entrambi avevano scoperto qualcosa in più dell’altro, apprezzandone lati nascosti dei loro reciproci caratteri tanto da sconvolgerli a tal punto da dimenticare ogni qualsiasi altra cosa al di fuori di loro. Eppure erano così ottusi da non riuscire ad intravedere il buono nell’altro. C’erano così tante cose a cui dare una spiegazione, un nome, un significato abbastanza valido per entrambi e quello non pareva affatto il momento adatto in cui trovarli assieme.
Nel frattempo, nella casa dell’anziana proprietaria, l’aria era per lo più impregnata d’allegria mista a curiosità.
Infatti l’idea della Gryffindor permise di creare delle nuove coppie di lavoro come quella costituita dal migliore amico del biondo Malfoy, ossia Blaise Zabini, con l’altezzosa Daphne Greengrass. Entrambi migliori amici del biondo e migliori amici tra di loro ma in quel pomeriggio scoprirono quante cose avevano in comune, oltre all’amicizia di Draco, di esser Purosangue ed entrambi Slytherin: stavano bene in compagnia dell’altro, si sentivano al sicuro a parlare tra loro poiché sapevano benissimo che nessuno dei due avrebbe mai detto nulla a nessuno sul contenuto delle loro conversazioni, neppure di una virgola né con la sorella Greengrass, con Pansy o con Draco e Theo; non dovevano superare l’imbarazzo di esser amici perché, come lo avvertivano loro e lo percepivano gli altri, avevano già superato il punto di non ritorno da molto tempo ormai che era inutile porsi inutili problemi che avrebbero solo alimentato male lingue su entrambi all’interno della scuola per aver privato la loro compagnia a tutti gli altri studenti di Serpeverde e non; non avevano bisogno di alcuna benedizione dal loro migliori amici se voleva stare assieme poiché si conoscevano da una vita, da quando erano due pargoletti lagnanti e rompiscatole per i loro genitori, che non avevano bisogno di stupidi rituali per poter decidere di passare del tempo assieme senza o con un degno impegno da parte di entrambi; non dovevano temere i pareri dei loro amici visto che erano stati proprio loro a spingerli più e più volte nelle braccia dell’altro, anche nei momenti più imprevedibili in cui non se lo aspettavano, dicendo che erano fatti per stare insieme e che se non lo avevano capito era solo una questione di tempo e di fette di salame sugli occhi, come sosteneva il biondo erede dei Malfoy con la sua infinita finezza. Quando la ragazza se n’era andata con le altre per preparare la cena, si erano salutati con un timido sorriso e qualche parola mimata con le labbra, messaggi che nessuno riuscì ad interpretare se non i diretti interessati. Ed a distanza la situazione non pareva esser differente: continuavano a scambiarsi sguardi fugaci, a sussurrarsi nell’orecchio ogni qualvolta credevano di non esser visti da nessuno, a sorridersi maliziosamente, lui, e – stranamente! – timidamente, lei, ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano involontariamente.
- Piantatela voi due! Andate a sfogare la vostra vena romantica nelle vostre stanze, non qui! – sbottò schifato ma divertito Theodore, prendendo solamente una forte gomitata nello stomaco da parte della brunetta Slytherin, la quale, però, non potè fare a meno di concordare con il ragazzo mentre vedeva arrossire l’amica e ghignare, proprio come Draco, Blaise. In effetti, però, neppure quei due potevano parlare molto: anche loro due, infatti, avevano scoperto di stare bene assieme, di esser attratti l’una dall’altro da così tanto tempo da non essersi accorti di nulla fino a quando le loro labbra, come due calamite, si ritrovarono così vicine che bastò un solo movimento del moro Slytherin per colmare quell’effimera distanza che li separava e placare la sua curiosità e la sua forte attrazione nei confronti dell’amica. Erano rimasti assieme per tutto il tempo, preferendo isolarsi dagli altri piuttosto che fare come Daphne e Blaise, a dar spettacolo pubblico, per concedersi dei momenti d’intimità dedicata tutta a loro due, come non avevano mai potuto fare prima d’allora. Non si erano posti tanti problemi come i loro amici: in fin dei conti era inevitabile che, prima o poi, finissero l’uno tra le braccia dell’altro data l’immensa conoscenza che avevano e del tempo che trascorrevano senza esserne consapevoli. E, poi, con chi finivano se non si facevano mai avvicinare da nessuno che non fosse alla loro altezza?
Ma se da una parte i Serpeverde appartenenti all’ultimo anno erano fermamente convinti di poter stare solo tra loro, da un’altra le altre due Slytherin strinsero amicizie, e non solo, con due Corvonero. La prima, Millicent, aveva conversato tutto il pomeriggio con Luna Lovegood, entrambe meravigliate di aver trovato una persona con i loro stessi gusti nella scuola; la seconda, invece, Astoria Greengrass, trovatasi costretta a stare in coppia con il bel Corvonero Anthony Goldstein, dovette ricredersi quando aveva pensato di star sprecando il suo tempo con uno stupido ragazzino quando si era dimostrato esser divertente, simpatico, malizioso al punto giusto, bello come pochi ragazzi della scuola e con un grande cervello. Le piaceva stare in sua compagnia, dovette ammettere a se stessa, e ringraziò mentalmente più e più volte la trovata della Mezzosangue: senza la sua strana idea non avrebbe mai pensato di avvicinarsi a lui se non per offenderlo, come ci si aspettava da ogni buon membro della Casa di Serpeverde, insieme ai suoi amici, non avrebbe mai capito quanto fosse bello allargare il proprio giro di amicizie e conoscenze con ragazzi appartenenti ad altre case, di quanto fosse mortalmente stupido continuare a credere nelle vecchie credenze dei suoi genitori sul Marchio Nero, sul Lord Oscuro, sui Mangiamorte, sull’importanza del sangue puro e tante altre cose che, in una manciata d’ore, avevano perso d’importanza. Tutte sciocchezze per una ragazza che aveva preso una bella sbandata per il Corvonero senza neppure accorgersene, senza avere il minimo sospetto di aver intaccato il giudizio di Goldstein, il quale aveva sempre pensato che fosse una ragazzina viziata, come la sorella maggiore, incapace di voler bene a qualcun altro che non fosse se stessa e la sua maledetta causa, ma dovette ricredersi. Entrambi abbandonarono i loro pregiudizi per lasciarsi andare ad una lunga e amichevole conversazione nella quale poterono scoprire cose nuove sull’altro e farsi un nuovo giudizio, completamente differente dal precedente in ogni sfaccettatura.
Da un’altra parte dell’immenso giardino vi erano coppie ormai consolidate da tempo, ossia quella di Harry e Ginny e quella di Ron con Lavanda. I quattro preferirono rimanere in disparte ad aspettare la loro amica, concedendosi, nel frattempo, fugaci coccole e baci nell’attesa che ritornasse Hermione a tener loro compagnia come in passato. Peccato che, quest’ultima, fosse impegnata in tutt’altro con un certo biondo della malora: nel frattempo, infatti, la discussione tra i due aveva raggiunto alti livelli d’incazzatura da entrambe le parti, rendendoli nervosi e scontrosi. Una prassi, in pratica.
Quando,ormai, sembrava averla spuntata la Gryffindor, il biondo, mentre lei parlava animatamente e inveiva contro di lui e le sue stupidissime teorie sul sangue puro o meno di un pazzo del calibro del Signore Oscuro, chiamato in quel modo dai suoi seguaci, stufo di tanta aria sprecata per nulla, le tappò la bocca con la propria, regalando ad entrambi un bacio da mozzare il fiato, così intenso e coinvolgente da far scordare alla giovane Mezzosangue ciò che stava dicendo.
Il momento, però con grande dispiacere dello Slytherin, non durò molto poiché la giovane si risvegliò dal suo momento di blocco mentale, staccandosi immediatamente dal suo corpo caldo e rifilandogli un potente schiaffo sulla guancia destra. Sebbene ne fosse, inizialmente, stupito ed arrabbiato da quel repentino cambio d’umore da parte della ragazza, potè comprendere il motivo di quel gesto e della rabbia che avvertì nello schiaffo quando la sua mano si posò sulla sua guancia: l’aveva interrotta con la forza, impedendole di proseguire con la sua sfuriata da manuale solo perché credeva di esser nel giusto più assoluto mentre era lei ad esser nel torto perché aveva tratto le sue conclusioni senza sentire una parola da parte sua, come se non avesse il diritto di difendersi da simili accuse a lui totalmente estranee. Sapeva perfettamente di non aver agito per il meglio, di aver calcato troppo la mano quando non gli era stato neppure permesso di parlare e spiegarsi ma non si pentiva affatto di averlo fatto. Quello mai.
 E perché avrebbe dovuto?
In fin dei conti aveva placato la sua voglia matta che aveva per la Mezzosangue, o almeno era quello che pensava, e l’aveva zittita su tutta la linea perciò non aveva nulla di cui rimproverarsi se non l’approccio un po’ troppo brusco. Entrambi, con il respiro accelerato e con le labbra leggermente gonfie, alzarono lo sguardo nello stesso instante, incontrando gli occhi dell’altro, perdendosi nell’oceano dei loro rispettivi occhi senza potervi più uscire. Era incredibile anche solo veder quella scena, dove il silenzio la faceva da padrone sui due ragazzi, quando pochi minuti prima si urlavano dietro qualunque cattiveria possibile, mettendo da parte l’opportunità di poter far soffrire l’altro per le parole dette senza aver prima pensato a sufficienza. Il silenzio, come ogni tradizione che si rispetti, venne rotto proprio da lei, con capo chino poiché non ebbe la forza di continuare a guardarlo in faccia dopo quanto accaduto.
- Perché? – riuscì a chiedere flebilmente mentre si torturava l’orlo della canotta con le dita e mordendosi un labbro per quella domanda tanto sciocca rivolta allo Slytherin quanto necessaria per capire. Il biondo, però, rimase colpito dal mondo in sui era leggermente scoperta: si era già preparato a sentire una raffica di impropri verso la sua persona, di doversi tappare le orecchie per le grida che avrebbe emesso quando avrebbe realizzato il tutto. Invece no. Nulla di tutto ciò. Una semplice domanda. Spinto da chissà quale forza, si avvicinò nuovamente a lei fino ad arrivarle a qualche centimetro dal volto mentre il suo profumo, pura ambrosia per le sue narici, arrivava prepotentemente al suo olfatto, risvegliando qualsiasi senso ed organo. Proprio tutti.
Prestando molta attenzione a non spaventarla o a provocarle strane reazioni, le sollevò il viso con due dita per incontrare le sue gemme preziose, perdendosi in quell’oceano che aveva imparato ad apprezzare in una sola giornata, si avvicinò con le labbra all’orecchio per sussurrarle con voce roca, senza mai rompere il contatto visivo, e sensuale:
- Perché desideravo farlo. Come adesso. – mormorò in un soffio prima di posare nuovamente le sue labbra su quelle calde e morbide di Hermione, la quale, superato un’iniziale momento di sgomento, rispose timidamente al bacio del biondo, allacciandogli le braccia attorno al collo mentre avvertiva un tocco delicato ma possessivo sui fianchi, attribuendolo in un secondo momento allo Slytherin. Quest’ultimo fece per approfondire ulteriormente il bacio quando, non un rapido scatto, la giovane si staccò da lui, con un sorriso bricchino sul volto. Non gli diede il tempo per spiccicare una sola parola poiché lo prese per mano, gesto che non passò inosservato da nessuno dei due, e se lo trascinò dietro verso casa, correndo e ridendo con gioia ed allegria come non le accadeva di fare da tanto tempo. E tutto grazie a lui. Scrollò il capo, mentre sul suo volto compariva un sorriso divertito, e la seguì senza fiatare ma dentro al suo cuore qualcosa di nuovo aveva fatto capolino, portandolo ad una nuova consapevolezza dei suoi sentimenti e dei mille aspetti del suo carattere enigmatico. Incominciava a..comprendere.
Prima di arrivare a casa, si lasciarono le mani mentre nei loro occhi scorrevano mille domande a cui, entrambi, non riuscirono a dar risposte in grado di soddisfare ambo le parti. Così come si erano ritrovati, si lasciarono, ognuno diretto al proprio cerchio di amicizie per scoprire, sorpresi e meravigliati, come non solo fossero riusciti a seppellire l’ascia di guerra ma,anche, la nascita di nuove coppie, alcune miste, come quella formata da Astoria ed Anthony, ed altre più classiche.  Avevano fatto tutti un’importante passo avanti, come potè notare il loro preside dalla sua sfera di cristallo assieme alla loro professoressa di Trasfigurazione, ma non era così semplice come loro credevano: tra loro vi erano ancora molti pregiudizi, vecchie acredini dovute alla differenza di sangue e di famiglie, ripresentando i vecchi problemi appena avrebbero voltato l’angolo.
- Riusciranno a superarle? – domandò pensierosa la donna sedendosi sul bordo della scrivania dell’anziano uomo, fissando con insistenza le immagini che scorrevano in rapida sequenza nella sfera magica ed arrossendo vagamente quando vide la piccola Astoria posare un tenero bacio all’angolo della bocca del bel Corvonero, il quale non perse tempo e la baciò sulle labbra. Il vecchio preside rise di gusto a quella scena, ricordando vagamente i suoi ricordi legati alla gioventù, agli amori adolescenziali e al periodo in cui era studente, come loro, e non un preside.
Quanti anni erano passati? Oh, tanti.
Si passò una mano nella lunga barba bianca mentre distolse lo sguardo dalla sfera per alzarsi e dare le spalle alla donna, la quale non perse un solo movimento dell’uomo da quando lo aveva sentito ridere. E da quando un caldo brivido attraversò la sua schiena, riportandola a piacevoli ricordi.
- Cara Minerva, bisogna solo aver fiducia in loro. Sono sicuro che Signorine come la Granger e la Weasley riusciranno a trovare una soluzione per l’odio che intercorre tra il Signor Potter e il Signor Malfoy. Per gli altri.. se seguiranno solo ed esclusivamente i loro cuori innamorati, nessuno di loro penserà alla possibilità di esser marchiato. Bisogna solo aver fiducia in loro e nei loro cuori traboccanti d’amore. – disse con voce grave il vecchio preside guardando fuori dalla finestra del suo studio mentre le sue parole andavano ad infondere coraggio e speranza nella donna.

Harry, non appena scorse la figura dell’amica in lontananza, si alzò a chiamare gli altri così da poter incominciare la cena tutti assieme con l’anziana donna prima che qualcuno fuggisse in qualche angolo appartato a tubare come piccioni.
- E basta, adesso! Si mangia! Chi non viene entro cinque minuti, rimane a bocca asciutta! – sbottò il rosso con la sua solita finezza facendo scoppiare a ridere tutti i Gryffindor e buona parte degli altri ragazzi. Solo i Serpeverde rimasero perfettamente composti e pacati come al solito, facendo perfino finta di non aver sentito parlare Lenticchia, proprio come aveva fatto il biondo Malfoy, uscito dall’abitazione appena terminata la sua doccia ristoratrice, con i capelli leggermente bagnati e scompigliati, mormorando appena qualche parola perché sentissero solo i suoi compagni di Casa, tornati freddi ed altezzosi come sempre.
- Così non riuscirà più a passare per la porta della sua stanza. Se ne ha una, di stanza.. – sussurrò maligno ghignando spudoratamente all’indirizzo del rosso mentre si passava una mano tra i capelli per sentire quanto fossero, effettivamente, bagnati. Tutti i Serpeverde, a quel commento, si lasciarono andare ad una risata collettiva, suscitando la vergogna del rosso, subito notata da tutti i ragazzi per via della colorazione rossastra del volto e delle orecchie.
Harry stava per rispondere quando Hermione si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla, inducendolo a voltarsi verso di lei per leggere nei suoi occhi un muto divieto. Lasciò perdere la frecciatina del biondo, imprecando silenziosamente, preferendo aiutare a portare le sedie fuori. Malfoy, dall’altra parte, rimase interdetto e piuttosto infastidito da quella scena: negli occhi della ragazza riuscì a scorgere amarezza, rifiuto, vergogna, umiliazione per ciò che aveva detto e il solo fatto di aver visto una simile affinità tra loro lo aveva mandato in bestia, invidioso per come lui potesse avvicinarsi a lei senza destare clamore o strani sguardi.
Maledizione. La gelosia era proprio un brutto male.
Trattenne un ringhio a fondo gola, sperando di non aver attirato l’attenzione di qualcuno ma prese ed imprecare peggio di un turco quando sentì una mano sulla sua spalla, una mano che non era neanche lontanamente paragonabile a quella della Grifoncina ma, piuttosto, a quella del suo migliore amico, accortosi dell’irrigidimento facciale e corporeo del biondo quando vide la mano di lei sulla sua spalla e lo sguardo che si erano scambiati Potter e la Granger.
- Uhm.. che cazzo vuoi, Blaise? – domandò con voce strascicata ma molto avvelenata per il colpo avuto a causa sua. Zabini era un vero mago nel riuscire a comparire alle spalle di qualcuno senza fare il minimo rumore, proprio come il biondo, e farti prendere un colpo degno di nota: forse non ne era a conoscenza ma metteva veramente paura. Il moretto, per nulla offeso dal tono che usò l’amico o per il modo sgarbato con cui gli si era rivolto, scivolò elegantemente al suo fianco e tirò fuori una sigaretta dalla tasca dei pantaloni di cotone, accendendosela con l’accendino che gli aveva lasciato la giovane Astoria qualche ora prima. Se la portò alle labbra e ne respirò una lunga boccata, rilasciando dopo qualche minuto il fumo dalla bocca, andando ad irritare molto il suo amico poiché voleva delle risposte da lui e non vederlo fumare beatamente quando aveva una voglia matta di prendere a sberle Potter e di rovinargli quella dannata faccia che si ritrovava. Metodi alquanto drastici ma di sicuro d’istantaneo effetto. Dopo quella che parve un’eternità per il biondo, finalmente il moretto si decise a parlare, illustrando la tesi che ormai ronzava nella sua mente da parecchi anni.
- Sei geloso marcio di Potter. – non era una domanda, né una battuta divertente con la quale farlo ridere. Era un’affermazione. Il biondo imprecò ad alta voce, fregandosene se avrebbe attirato l’attenzione degli altri presenti o di fare la solita figura del maleducato: non poteva credere a quando aveva sentito! Lui geloso!
- Cazzo! Da cosa avresti dedotto questa enorme fesseria, eh? – sibilò tagliente stringendo gli occhi a due piccole fessure da cui si potevano vedere le sue iridi argentee mandare lampi di rabbia, irritazione e tanto altro ancora che nessuno riuscì a capire. Il moretto, sempre pacato e distante come sua abitudine, gettò una rapida occhiata davanti a se per riportare i suoi occhi cerulei sulla figura del suo migliore amico, piuttosto incazzato da quel tiro mancino da parte sua senza neppure meritarselo: se n’era stato buono per la maggior parte del pomeriggio, rompendo i coglioni solo allo Sfregiato ed a Lenticchia ed ora lui usciva con certe cazzate?  Che cazzo era successo al mondo in quelle ore senza che se ne accorgesse in tempo per impedire che gli equilibri venissero stravolti? Anche gli altri si erano bevuti il cervello o era l’effetto dell’amore che si era insinuato nelle loro menti, plagiandoli a sua piacimento in modo da rincretinirli tutti quanti?
Zabini diede un ultimo tiro alla sigaretta, la buttò a terra e la schiacciò con il piede, si può i vestiti dalla polvere sollevata dall’amico nei suoi movimenti veloci e per nulla calcolati, quando parlò per l’ultima volta, riuscendo, perfino, a zittirlo senza tanti problemi.
- Non esser geloso di Potter, Draco. Lui non ha nulla che tu non abbia, a parte la cicatrice ma nessuno la vorrebbe quella. Non farti tanti problemi e vivi bene questo ultimo anno perché poi non avremo più queste occasioni per farlo. – mormorò a bassa voce solo per farsi sentire da lui. Il biondo sgranò appena gli occhi: poche volte lo aveva sentito parlare in quel modo ma aveva ragione,in tutto e per tutto. Non lo avrebbe mai ammesso neppure sotto tortura ma gli voleva così bene che non avrebbe mai immaginato la sua vita senza i suoi consigli, a volte seri ed a volte strampalati, senza la sua risata cristallina e i suoi modi di fare così poco Slytherin ma noti soprattutto per quella sua caratteristica. Si strinsero nel loro visuale abbraccio, se così poteva esser definito, e se ne andarono insieme verso la tavola imbandita, per l’occasione portata fuori per festeggiare tutti quanti, come una vera famiglia, l’inizio della loro vendemmia.
Chi lo avrebbe mai pensato che un lavoro così duro potesse dare tante soddisfazioni, unirli sotto il legame dell’amicizia e dell’amore, per molti di loro, creare motivi di dialogo e d’incontro anche per ragazzi che si erano odiato tanto in passato senza concedersi un attimo di tregua? Nessuno di loro. Forse solo il loro preside e la loro professoressa di Trasfigurazione ma nessuno poteva dirlo.

La cena andò per il meglio, costellata dai suoi momento d’imbarazzo,d’ilarità provenienti dai soliti Malfoy e Potter ed aiutati da Zabini, Weasley e Nott; vi furono anche momenti piacevoli per parlare tranquillamente, senza dover ricorrere alle maniere forti per stabilire un dialogo degno d’esser trattato.
L’anziana signora, stupita da tanta allegria dopo tante ore di lavoro sotto il sole cocente, scoprì molte cose sui ragazzi, senza avere la minima paura di ospitare piccoli maghetti in erba se non quando vide la giovane Mezzosangue trasformarsi nel suo animale dopo le insistenze dei suoi amici, Harry e Ron, rimasti da soli quel tanto che bastava per tirar fuori quell’assurda richiesta da bambini delle elementari ed anche per scatenare le gelosie di qualcuno che guardava tutto da lontano. Se solo avessero saputo che anche lei era una strega, un tempo, che aveva deciso di rinunciare ai suoi poteri per amore del suo amato marito scomparso in un incidente autostradale avrebbero sgranato gli occhi stupiti e l’avrebbero sommersa di domande. La curiosità di quei giovani ragazzi sarebbe stata impossibile da placare con poche parole appena accennate, senza andare a tirar fuori ricordi del passato e vecchie ferite in grado di farle riprovare l’antico dolore per aver deciso di lasciare i suoi poteri magici per amore di un uomo babbano. Troppo dolore nascosto sarebbe riemerso in superficie e lei no nera pronta ad affrontarlo, neanche per insegnare a degli aspiranti grandi maghi importanti nozioni di vita da custodire nei loro cuori per il resto delle loro vite e tramandarle ai loro figli ed a tutti i nuovi maghi che sarebbero venuti.
Oh no.
Troppo dolore aveva provato per far finta di nulla e narrar loro ogni cosa senza un’apparente motivo valido con il quale spiegare cosa l’avesse spinta a confessar loro il suo passato turbolento e doloroso. Lei non era ancora pronta e loro non si meritavano di poter sentire la sua storia. Semplice.
La cena continuò tranquillamente ma da più parti della tavolata  si poteva avvertire una certa tensione, dovuta, probabilmente, al fatto che ci fossero Grifondoro e Serpeverde alla stessa tavola e nessuno di loro aveva ancora provato a tirar fuori un coltello da sotto la sedia e colpire il proprio acerrimo nemico e toglierlo definitivamente dalla circolazione. Appena terminata la cena, i ragazzi si divisero in coppie o a piccoli gruppi: Harry, Ginny, Ron e Lavanda andarono nel loro angoletto, invitando anche la giovane Mezzosangue, la quale rifiutò gentilmente con il pretesto di andare vicino al laghetto che c’era al confine della proprietà per sedersi sull’erbetta fresca, lasciando che il leggero venticello le scompigliasse i capelli e la riscaldasse dalla frescura del periodo, quasi invernale, alle porte. Un sorriso tirato increspò le sue labbra al ricordo di quanto era accaduto quel pomeriggio. Sospirò lievemente all’idea di aver permesso al biondo Slytherin di baciarla due volte ed arrossì dall’imbarazzo quando realizzò di aver risposto con troppa passione, così tanta da, probabilmente, fargli pensare quanto fosse facile circuirla.
Stupida. E pure fragile. Non seppe neppure quante volte si maledisse per la sua debolezza e per il modo in cui era caduta ai piedi del giovane Malfoy, esattamente come tutte le altre ragazze,m dandogli prova di non valere poi così tanto come invece sosteneva ogni giorno. Aveva fatto un errore madornale a fidarsi di lui senza sapere nulla delle sue intenzioni, se lo stava facendo solo per aver qualcosa in cambio o per prenderla in giro, in un futuro. Non potè continuare ad inveirsi da sola per il suo comportamento poiché arrivò qualcuno, alle sue spalle, a distoglierla dai suoi pensieri, facendola sussultare dalla paura e dal timore quando si accorse che colui che era arrivato era proprio la causa della sua confusione mentale.
- Scappi, Mezzosangue? – domandò con la sua solita voce strascicata mentre si sedeva acanto alla ragazza e si accendeva una sigaretta, un po’ per rompere la tensione creatasi nel frattempo. Aveva, fin dal principio, avvertito la tensione scorrere nelle vene e nel corpo della giovane, così tanto da non permetterle di muoversi o spostarsi di un solo millimetro. Ciò lo spaventò per quello che doveva dirle.
Alla ragazza scappò una risatina strozzata a quella frase: lei scappare? E da cosa, poi? Lei non scappava davanti a nulla, tanto meno da uno come lui quando aveva sfidato perfino Voldemort in persona e lo aveva sconfitto, senza tanti problemi, perciò non aveva nulla da temere dal Serpeverde. O si?
- Io non scappo da nessuno, Malfoy. – sibilò con voce fredda ed arrabbiata, guardando davanti sé per paura di poter incontrare lo sguardo del ragazzo. Entrambi erano agitati ma erano, comunque, in grado di punzecchiarsi e lasciar trasparire il lato più oscuro del loro carattere, accantonando da una parte il motivo della loro conversazione. E quale era?
Il biondo ghignò divertito, sollevato nel constatare che la giovane non avesse perso la sua solita tenacia neppure dopo quanto era accaduto tra di loro quel pomeriggio, ma sprizzando ancora più odio ed acredine, se possibile. Doveva esserne sollevato o preoccupato di ciò?
- Da me si, Mezzosangue. Pentita per esserti lasciata circuire da una serpe come il sottoscritto? – mormorò con voce roca e bassa, così tanto da farle venire i brividi in tutto il corpo. come diamine riusciva a farla sentire in quel modo era tutto un mistero. Mai, prima d’allora, provò simili emozioni per una manciata di parole, un fiato caldo ed un tono dannatamente intrigante. Mai e la cosa la sconvolgeva in maniera.. incredibile ed inaccettabile per lei. A quelle parole, però, d’indignò ulteriormente, mentre il suo orgoglio rosso-oro reclamava a gran voce la sua vendetta: come poteva una serpe del suo calibro porle simili domande senza aspettarsi una degna reazione?  Quello era un chiaro pretesto per vedere fino a dove si potesse spingere il coraggio e la testardaggine dei Gryffindor per esser considerata la loro degna Regina.
 Si voltò appena verso di lui, incastrando le sue iridi ambrate in quelle di puro ghiaccio di Malfoy.
- Vorrei farlo, ma non ci riesco. – mormorò appena con un filo di voce ma con la sua solita fierezza ed il tono distaccato, per non tradire l’emozione di averlo così vicino al suo corpo e non per offenderla in qualche modo ma per una degna conversazione civile iniziata nel pomeriggio e lasciata in sospeso. La risposta parve convincere pienamente il biondo della sua decisione poiché si sporse verso di lei e, prendendole il viso con due dita, la baciò dolcemente, lasciando che scorresse tutto il desidero e l’amore che provava per lei nelle sue vene e gli riempisse e scaldasse il suo cuore di pietra. Quando si staccarono, il ragazzo appoggiò la sua fronte su quella della ragazza e mormorò sulle sue labbra:
- Non dovrei farlo, eppure lo voglio. – e la baciò nuovamente, ma quella volta con passione, desiderio, brama e lussuria.
Il vecchio preside, ritornato a guardare dentro la sua sfera di cristallo, irruppe in una sonora risata alla scena mentre la donna, rossa in volto, sorrideva contenta.
- Non perde tempo il Signor Malfoy, eh? – mormorò divertito un secondo prima di andarsene di lì, lasciando la professoressa ad osservare gli altri ragazzi.
Eh si.
Aveva ragione lui: dovevano solo aver fiducia in loro ed ogni cosa sarebbe ritornata al suo posto.   
     
   
 
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