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Autore: Kiki May    06/09/2011    2 recensioni
Storia AU, ambientata nell’Inghilterra dei nostri giorni. Buffy Summers è candidata a sindaco di Londra e trova sostegno in un gruppo di fidati collaboratori. Ben presto la donna dovrà fare i conti col passato e con William, compagno del suo defunto mentore Giles.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Angel, Buffy Anne Summers, Un po' tutti, William Spike
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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18.









William dormiva beatamente tra le lenzuola stropicciate.
La cravatta – le cravatte - che aveva usato per movimentare la serata giacevano ai suoi piedi, in attesa di essere calciate sul pavimento in un gesto involontario del sonno. Lo scultore passionale e malizioso sembrava un angioletto senza colpe, addormentato profondamente.
Liam lo attirò a sé e lo baciò, giocherellando coi capelli biondi.
Indugiò nelle effusioni, beandosi del calore del suo corpo, provando a contenere la malinconia profonda che sentiva nel stringerlo. La relazione con William pareva un sogno gioioso che presto si sarebbe infranto.
Col cuore colmo di tristezza, il dirigente abbandonò l’amante e si diresse in cucina a prendere un bicchiere d’acqua.
La tavola era ancora imbandita.
Mosso dal senso del dovere, Liam sistemò i piatti nel lavello e posò la tovaglia, piegandola e poggiandola ad una sedia. Prese la bottiglia di vino, la posò nel frigo.
Chiuse gli occhi, amareggiato.
Nell’oscurità della stanza riusciva a scorgere alcuni oggetti di arredamento: la vecchia chitarra di Giles, le foto …
Raggiunse lo strumento musicale e sfiorò una corda con le dita, saltando di scatto per il rumore che gli parve un tuono nel silenzio generale.
Passandosi una mano in fronte, forte dello scongiurato pericolo, Liam prese un ritratto di William e Giles. Lo studiò con attenzione.
“Sei sveglio?”
Saltò di nuovo.
“Scusami.” Mormorò William, strofinando gli occhi gonfi per la stanchezza. “Non volevo spaventarti. Mi sono svegliato e tu non c’eri.”
“Sono venuto a prendere un bicchiere d’acqua.”
“Ed hai anche sparecchiato, a quanto vedo.”
“Sì. Io, beh …”
Lo scultore si avvicinò sorridente.
Leccò le labbra di Liam, sfoderando il solito ghigno malizioso, tremendamente sensuale.
Tornò serio una volta notato l’oggetto nelle mani dell’amante.
Stavolta fu Liam a scusarsi.
“Mi dispiace. Non volevo frugare tra le tue cose.” Disse.
Posò la foto, scuotendo il capo imbarazzato.
William non rispose.
“Vuoi venire a letto o …?”
“Certo. Certo che sì.”
“La foto l’abbiamo scattata dopo il trasferimento in questa casa. Non volevo toglierla, mi ricorda tanti bei momenti.”
“Non devi toglierla.”
William esitò, incerto.
Liam, allora, si armò di coraggio e prese il suo volto tra le mani. Lo baciò.
Non era più il gioco lussurioso di qualche ora prima, né la carezza divertita appena goduta. Non era solo mera attrazione fisica. Il bacio che seguì la parole di Liam fu dolce, profondo, lento.
William fu il primo a staccarsi.
“Liam …”
“Stai bene?”
“Sì. Sì, sto bene.”
“Vogliamo tornare a letto?”
“Sì.” Sospirò lo scultore, lasciandosi condurre in camera.



Nonostante la stanchezza Buffy non riusciva a chiudere occhio.
Stesa in silenzio, sul matrimoniale troppo grande e vuoto che aveva riempito di dolcetti e appunti e abiti, la candidata guardava con indifferenza le immagini che scorrevano sullo schermo. A quell’ora della notte davano un vecchio film di Hitchcock, uno di quelli che da bambina aveva visto più di una volta. Ricordava ogni singola scena.
“Ed ecco che Scottie comincia a capire …” sospirò annoiata, togliendo l’audio.
Prese fiato e decise di alzarsi.
Cominciò a passeggiare nell’appartamento solitario.
Si sedette a tavola, accendendo la luce, e rispolverò qualche vecchia foto dell’adolescenza. Giles che la affiancava ad un convegno, Liam che le dava un bacio, Willow ed Oz che posavano per un ritratto di coppia ...
Si sentì improvvisamente triste, desolata, e dovette trattenere il pianto.
“Che stupida!” esclamò, rimproverando se stessa.
Corse in bagno a sciacquare il viso e rovistò nell’armadietto dei farmaci.
I tranquillanti erano collocati al solito posto. Da anni.
Buffy li scrutò, inespressiva, e scelse si chiudere lo sportello, come sempre faceva, senza prendere neanche una pillola.
Tornò a letto.



“Hai una faccia!” borbottò Willow, avvicinandosi al buffet allestito per la colazione.
Buffy aveva preso una tazza di succo d’arancia e un biscottino, a malapena identificabile come cibo.
“Non sono riuscita a dormire ieri notte. I miei vicini facevano casino.”
“Davvero? Ho sempre saputo che i tuoi vicini fossero gente silenziosa e molto educata!”
La candidata roteò gli occhi, dirigendosi in fretta alla sala trucco.
Si sedette sulla poltrona reclinabile, ignorando la presunta colazione che aveva scelto.
“Non c’è niente che una buona dose di fondotinta non riesca a sistemare.” Annunciò, rivolta alla truccatrice. “Vedrai come sarò bella uscita di qui. A che ora ho l’incontro con le impiegate dei consultori?”
“Alle undici.”
“Magnifico.”
Buffy si immobilizzò, lasciandosi truccare sotto lo sguardo incuriosito e preoccupato di Willow. Strinse i margini della poltrona, cercando di controllare ogni possibile reazione, e sorrise allo specchio, soddisfatta per il risultato raggiunto.
“Vedi?” mormorò. “Sembro una fotomodella.”
L’amica si arrese, ghignando.
Posò il fascicolo di informazioni circa l’incontro imminente e si allontanò in direzione della segreteria d’ufficio.
Buffy restò sola.
Prese i fogli e cominciò a visionarli.
Vide i volti delle donne che avrebbe incontrato.
Assistenti sociali, psicologhe, avvocati … molte volontarie impiegate tre pomeriggi a settimana per puro impegno personale, un mare di ragazzine piene di problemi.
Rifletté e scelse di togliere quell’orrendo trucco che la rendeva una bambola di plastica, una donna finta in mezzo alle altre donne. Si diresse all’auto, addentando una merendina.
“Partiamo immediatamente.” Disse. “Stavolta arriveremo in anticipo.”
Lindsey, alle sue spalle, non ebbe neanche il tempo di fiatare.



L’aula d’ospedale riservata all’incontro era ancora in fase di allestimento, quando Buffy fece il suo ingresso.
Le volontarie, imbarazzate, si affannarono in scuse che lei sminuì con sorrisi gentili e battute.
“Sono venuta a vedervi al vostro meglio,” fece. “E il vostro meglio è già questo, senza bisogno di striscioni, cartelloni o altro. Voi siete quello che realizzate.”
Un applauso fortissimo seguì il discorso di presentazione.
Buffy si lasciò condurre per i corridoi del centro dedicato alle ragazze madri, alle giovani adolescenti in situazioni difficili. Strinse decine di mani e si lasciò raccontare i problemi e le speranze delle assistite.
Non degnò di uno sguardo Lindsey che, del resto, la seguiva a distanza, affascinato e quasi intimorito dal suo approccio diretto con la gente. Ancora afflitto dal senso di colpa.
“Sei intoccabile oggi.”
“Non direi.” Mormorò Buffy, alzando lo sguardo stanco.
Le occhiaie rivelavano una notte insonne, una grande fatica. La palle pallida risultava comunque morbida, profumata.
Lindsey si ricordò intento a baciarla.
“Hai avuto un’ottima idea … decidere di non mettere il trucco, sembri una donna vera.” Aggiunse il campaign manager, ammirato.
Buffy non trattenne un sorriso.
“Sarà che sono una donna vera?” ribatté, tornando immediatamente seria. Chinò il capo, aggiustando la sciarpa di seta azzurra che indossava. “Non è tutta una strategia, sai?”
Lindsey esitò.
“Non è tutta una strategia.” Ripeté lei, alzando lo sguardo enigmatico.
Le sue dita calde lo sfiorarono appena e Lindsey deglutì, incapace di proferire parola.
Il manager quasi rise di sé, della sua goffaggine inaspettata.
Carezzò il volto di Buffy che si allontanava, lasciandolo.


 

 

 




  
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