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Autore: NonSoCheNickMettere2    10/05/2006    9 recensioni
What if? ambientato 13 anni dopo ROTS - Anakin ha realizzato la profezia uccidendo Palpatine invece di Windu, ma Padmé e Leia sono morte nel parto. Perciò Anakin ha portato Luke nel Tempio, nascondendo la sua vera identità e prendendolo come proprio padawan.
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Luke Skywalker, Mace Windu, Obi-Wan Kenobi, Yoda
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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DICHIARAZIONE
L'universo di Star Wars, i suoi personaggi e le vicende sono di proprietà di Lucas. Ho scritto questa fiction solo per divertimento
Ho preso i nomi Yimot, Athor, Dovim e Theremon dal bellissimo romanzo "Notturno" di Asimov e Silverberg. Tuttavia in questa storia non hanno alcuna relazione con i personaggi, le situazioni e i luoghi del libro. Sono solo un omaggio.

RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare Chiara per avermi fatto da beta-reader.

RECENSIONI
Grazie a Jenny76 e BiP per le recensioni.

PADRE E FIGLIO - CAPITOLO 7

Cinque giorni dopo, Luke giocava nervosamente con la manica della sua tunica nel corridoio di accesso alla sala del Consiglio Jedi.

Qualche metro in là, ancora più agitato di lui, Anakin camminava avanti e indietro. Aveva fatto e rifatto tante volte quel breve tragitto che si stupiva di non aver già scavato il solco. Il Jedi non riusciva a comprendere perché il Consiglio ci mettesse tanto a decidere. Durante l’interrogatorio gli avevano fatto poche domande a cui aveva risposto velocemente e in totale sincerità. Con sua grande sorpresa non avevano nemmeno preteso la barbara, ma consueta indagine mentale del caso. Tutto gli aveva lasciato presagire che avessero preso una decisione prima ancora che fosse atterrato sul pianeta. Tutto… salvo il fatto che al momento erano già due ore che discutevano.

Diede un’occhiata al figlio senza farsi scorgere. Non poteva fare a meno di chiedersi cosa avrebbe fatto il ragazzo, se lui fosse stato espulso. Nei giorni scorsi, l’aveva visto molto meditabondo, ma non avevano mai affrontato l’argomento. Il Jedi era consapevole che tutta la vita di Luke era trascorsa in un ambiente in cui era stato forzatamente condizionato a pensare che i legami affettivi fossero una colpa e l’Ordine solo avesse diritto alla lealtà dei suoi membri. Più di tutto, Anakin ora temeva di scoprire in chi riposasse realmente la fiducia del Padawan.

La porta si aprì dietro a loro. Shaak Ti, tesa, fece loro segno di entrare. Ordinatamente a capo chino si presentarono in mezzo al cerchio, prima il Maestro e qualche passo indietro l’apprendista, come si conveniva.

Tutte le sedie erano occupate, tranne quella del Prescelto che in quel momento sentiva lo stomaco torcersi con la stessa timidezza che da ragazzo aveva provato quando si era trovato ad essere il centro di quegli sguardi severi. Senza esitazione, si presentò rivolto a Yoda, vero dio di quel Tempio, e Windu, suo profeta, alla sua sinistra.

“Skywalker”, iniziò infatti il Maestro korun con il tono grave del giudice che emette una sentenza, “l’infrazione della regola del celibato prevede l’espulsione dall’Ordine. Ma, in questo momento difficile di rilancio delle Istituzioni democratiche, dobbiamo tenere in considerazione questioni di ordine pubblico portate alla nostra attenzione dal Maestro Kenobi”. Rivolse un’occhiataccia a Obi-Wan che non riuscì a mantenere del tutto intatta la sua usuale compostezza e Anakin capì che il suo ex-Maestro si era esposto oltre ogni limite per lui. “Dunque abbiamo deciso”, proseguì Windu, “che finirai la tua carriera nel ritiro di Dovim, dove avrai modo di riposarti, meditando pacificamente sulla Forza unificante.”

Anakin tirò un interiore sospiro di sollievo. La prospettiva di essere incarcerato a vita su un pianeta più squallido di Tatooine non era esattamente esaltante, ma almeno lui e Luke avrebbero potuto trascorrervi una vita normale e, dopo tutto quello che aveva passato, non suonava nemmeno così terribile.

Ma prima che potesse gioire e ringraziare pubblicamente, il korun proseguì: “In quanto al tuo apprendista, sarà riassegnato al Maestro Theremon per aiutarlo nel suo servizio diplomatico. Naturalmente, entrambi siete legati a mantenere il segreto”.

Stordito, Anakin non poteva credere alle sue orecchie. Lui sarebbe finito su Dovim e Luke con Theremon dall’altra parte della Galassia. Significava semplicemente che non avrebbe mai più rivisto il figlio per il resto dei suoi giorni.

Stavano già facendo loro segno di congedarsi quando Anakin alzò la voce: “Non potete dividermi da mio figlio”.

“Il tuo Padawan”, corresse Yoda con gli occhi sottili come una lama nel silenzio imbarazzato.

“Ti aspettavi una promozione?”, aggiunse Plo Koon alla sua destra.

Sentendosi circondato improvvisamente da nemici come mai prima, Anakin si voltò ad affrontarlo, ma le sue parole di sfida erano scandite per il beneficio di tutti presenti: “Piuttosto lascio l’Ordine e me ne vado con lui”.

Luke era d’accordo a seguirlo? Questo non importava: era poco più di un bambino, non poteva decidere da solo. Lo avrebbe poi eventualmente convinto che quella era stata la cosa più giusta da fare.

“E’ tua facoltà lasciare l’Ordine, naturalmente”. Questo era di nuovo Windu, Anakin si voltò nella sua direzione. “Ma Luke è minorenne e sotto la tutela dei Jedi. Non verrà con te”.

Il Prescelto scosse la testa. “Ma io sono il padre!”, urlò più forte. Poi diede un’occhiata rapida a suo figlio che impotente osservava tutti quegli adulti litigare animosamente del suo destino senza rivolgergli neanche la parola.

“Anakin…”, si intromise gentilmente Obi-Wan, pienamente consapevole di essere l’unico con cui avrebbe accettato di ragionare.

Ma questa volta Skywalker non voleva ragionare. Si voltò di scatto: “No! A loro…”, fece un cenno con il capo, “…non interessa nulla di Luke. Me lo portano via solo per principio, senza chiedersi quale sia il suo bene”.

“Così sicuro di sapere tu sei quale il suo bene sia?”, chiese Yoda.

Anakin non rispose: non poteva. No, non lo sapeva quale fosse il bene di Luke o cosa desiderasse, ma sapeva che non se lo sarebbe fatto portare via. Si girò verso l’uscita deciso e, appoggiando un braccio largo sulle spalle del figlio, iniziò a trascinarselo dietro.

Titubanti gli occhi del ragazzo si volsero a cercare una reazione da parte dei Maestri. Che non si fece attendere. Davanti all’incredibile audacia di Skywalker che osava contravvenire alle disposizioni del Consiglio davanti a tutti, Windu si alzò di scatto, facendo qualche passo in avanti, e si rivolse al ragazzo: “Luke, vieni qua”.

Il Padawan si arrestò confuso.

“Nessuno ti ritiene responsabile per questa situazione”, proseguì, “e hai ancora un dovere nei confronti dell’Ordine”.

Luke si accigliò e, liberandosi dalla debole presa del padre, tornò indietro verso il centro della sala.

La mascella di Anakin si serrò. “Io sono tuo padre”, rivendicò con voce strozzata.

Gli occhi del ragazzo corsero velocemente da un Jedi all’altro, mentre sembravano troneggiare entrambi sulla sua minore statura. Alla fine abbassò il capo, concentrando tutta la sua attenzione su un particolare del grande mosaico. “Io… io voglio stare con mio padre”, mormorò alla fine.

Trionfante per la vittoria, Anakin gli allungò una mano.

Ma prima che potesse prenderla, Windu aveva afferrato il braccio del ragazzo, dicendogli: “Ciò nondimeno il tuo legale tutore è ancora l’Ordine dei Jedi”

“Lascialo!”, intimò cupo Anakin.

Windu strinse la presa.

“Lascialo”, ripeté il Jedi, mentre tutta la sua tensione, la rabbia e la paura gli si incanalarono sul braccio sinistro e sulla mano tanto violentemente che, senza averne neanche una piena coscienza, un fulmine azzurro uscì dalle sue dita, colpendo il Maestro korun e mandandolo a cadere indietro.

Immediatamente tutte le spade laser della stanza furono accese e, per un istante, il silenzio teso fu rotto solo dal ronzio delle lame di ogni colore.

Stravolto da quello che lui stesso non avrebbe mai immaginato di poter fare, Anakin accese lentamente anche la sua spada. Allungò il braccio verso Luke che ancora stava immobile pochi passi avanti e con la mano ampia afferrò con decisione la spalla del ragazzo che docilmente si fece trascinare dietro di lui. In posizione di guardia, iniziò ad arretrare verso l’uscita, pronto, se necessario, a combattere contro tutto il Consiglio.

Quando fu quasi con le spalle contro la porta, diversi Maestri iniziarono ad avvicinarglisi. Ma Kenobi gridò: “Per carità, non vorrete duellare dentro il Tempio?!”

Nell’attimo di distrazione che seguì, Anakin uscì, spingendo fuori a forza anche il ragazzo, e appena si fu allontanato un po’, constatata la riluttanza dei Maestri a seguirlo per paura di scatenare la guerra dentro l’edificio, spense la spada, tenendola in mano pronta all’azione, e iniziò a correre seguito dal figlio.

Corse a più non posso, attraversando i corridoi, spintonando i Jedi stupefatti, ma ancora ignari, che casualmente si trovavano sulla sua traiettoria, scese la Torre del Consiglio, attraversò la ziggurat sottostante e passò le grandi colonne.

Nessuno aveva dato ordine di fermarli e continuarono correndo fuori. E poi via per le strade affollate di Coruscant, dove nulla sembrava strano ai passanti imperturbabili. Percorsero ancora parecchia strada per il terrore che qualcuno ci avrebbe ripensato, finché, esausto, Anakin si fermò in un viottolo secondario. Piegandosi in avanti, cercò di ritrovare aria, mentre il sudore gli colava sugli occhi e i polmoni gli dolevano per lo sforzo.

Quando riuscì a rimettersi in posizione verticale, si voltò verso Luke. Il figlio era adagiato contro un muro. Più affaticato di lui, sedeva, stringendo la ferita non ancora del tutto guarita.

Anakin gli si avvicinò, chinandosi, e lo esaminò velocemente, senza trovare per fortuna alcun segno di sangue. Gli appoggiò una mano sulla spalla e infuse un po’ della sua Forza dentro il ragazzo che visibilmente si distese. Lo guardò con orgoglio e con affetto più di quanto avesse mai fatto prima.

Ma Luke era troppo perso per vederlo. Iniziò a tremare debolmente, guardandosi in giro confuso.

“Cosa faremo, adesso?”, chiese con un filo di voce e solo in quel momento il padre realizzò quanto fosse costato al figlio lasciare per sempre il Tempio che era tutto il suo mondo.

Anakin lo squassò leggermente. “Quello che ci pare. Siamo liberi adesso”

“Liberi?!”, ripeté confuso il ragazzo come se avesse le vertigini ad ammirare la libertà.

“Luke”, lo chiamò il padre tentando di trasmettere coraggio e sicurezza a quello sguardo smarrito, “la vita esiste anche al di fuori del Tempio”.

Il figlio annuì debolmente. “Ma non useremo più la Forza?”, gli chiese angosciato.

Anakin si abbassò ancora di più, finché non ebbe incontrato i suoi occhi. “La Forza non è di proprietà privata dell’Ordine dei Jedi. La Forza è dappertutto. E quando ne avrai bisogno, la troverai sempre dentro di te”, concluse toccandogli il petto con l’indice.

Lo sguardo di Luke seguì il dito del padre, mentre i suoi pensieri si focalizzarono chiaramente dentro sé stesso. Poi annuì convinto e sorrise.

Anakin gli arruffò velocemente i capelli e si alzò in piedi. Gli allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi a sua volta e lo sollecitò: “Andiamo a cercare un trasporto per lasciare il pianeta”.

Luke prese la mano invitante del padre e, riportando a fatica il peso sui suoi piedi doloranti, iniziò ad osservare incuriosito quel universo che gli era totalmente nuovo.

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Grazie ancora a tutti quelli che hanno seguito la fiction e recensito. Spero che il finale vi sia piaciuto :)

  
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