DICHIARAZIONE
L'universo di Star Wars, i suoi personaggi e le vicende sono di proprietà di Lucas. Ho scritto questa fiction solo per divertimento
Ho preso i nomi Yimot, Athor, Dovim e Theremon dal bellissimo romanzo "Notturno" di Asimov e Silverberg. Tuttavia in questa storia non hanno alcuna relazione con i personaggi, le situazioni e i luoghi del libro. Sono solo un omaggio.
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare Chiara per avermi fatto da beta-reader.
RECENSIONI
Grazie a Jenny76 e BiP per le recensioni.
PADRE E FIGLIO - CAPITOLO 7
Cinque giorni dopo, Luke giocava nervosamente con la manica della sua
tunica nel corridoio di accesso alla sala del Consiglio Jedi.
Qualche metro in là, ancora più agitato di lui, Anakin camminava avanti
e indietro. Aveva fatto e rifatto tante volte quel breve tragitto che si stupiva di non aver già scavato il solco. Il Jedi non riusciva a
comprendere perché il Consiglio ci mettesse tanto a decidere. Durante
l’interrogatorio gli avevano fatto poche domande a cui aveva risposto
velocemente e in totale sincerità. Con sua grande sorpresa non avevano
nemmeno preteso la barbara, ma consueta indagine mentale del caso. Tutto
gli aveva lasciato presagire che avessero preso una decisione prima
ancora che fosse atterrato sul pianeta. Tutto… salvo il fatto che al
momento erano già due ore che discutevano.
Diede un’occhiata al figlio senza farsi scorgere. Non poteva fare a meno
di chiedersi cosa avrebbe fatto il ragazzo, se lui fosse stato espulso.
Nei giorni scorsi, l’aveva visto molto meditabondo, ma non avevano mai
affrontato l’argomento. Il Jedi era consapevole che tutta la vita di
Luke era trascorsa in un ambiente in cui era stato forzatamente
condizionato a pensare che i legami affettivi fossero una colpa e
l’Ordine solo avesse diritto alla lealtà dei suoi membri. Più di tutto,
Anakin ora temeva di scoprire in chi riposasse realmente la fiducia del
Padawan.
La porta si aprì dietro a loro. Shaak Ti, tesa, fece loro segno di
entrare. Ordinatamente a capo chino si presentarono in mezzo al cerchio,
prima il Maestro e qualche passo indietro l’apprendista, come si
conveniva.
Tutte le sedie erano occupate, tranne quella del Prescelto che in quel
momento sentiva lo stomaco torcersi con la stessa timidezza che da
ragazzo aveva provato quando si era trovato ad essere il centro di quegli
sguardi severi. Senza esitazione, si presentò rivolto a Yoda, vero dio
di quel Tempio, e Windu, suo profeta, alla sua sinistra.
“Skywalker”, iniziò infatti il Maestro korun con il tono grave del
giudice che emette una sentenza, “l’infrazione della regola del celibato
prevede l’espulsione dall’Ordine. Ma, in questo momento difficile di
rilancio delle Istituzioni democratiche, dobbiamo tenere in
considerazione questioni di ordine pubblico portate alla nostra
attenzione dal Maestro Kenobi”. Rivolse un’occhiataccia a Obi-Wan che
non riuscì a mantenere del tutto intatta la sua usuale compostezza e
Anakin capì che il suo ex-Maestro si era esposto oltre ogni limite per
lui. “Dunque abbiamo deciso”, proseguì Windu, “che finirai la tua
carriera nel ritiro di Dovim, dove avrai modo di riposarti, meditando
pacificamente sulla Forza unificante.”
Anakin tirò un interiore sospiro di sollievo. La prospettiva di essere
incarcerato a vita su un pianeta più squallido di Tatooine non era
esattamente esaltante, ma almeno lui e Luke avrebbero potuto
trascorrervi una vita normale e, dopo tutto quello che aveva passato,
non suonava nemmeno così terribile.
Ma prima che potesse gioire e ringraziare pubblicamente, il korun
proseguì: “In quanto al tuo apprendista, sarà riassegnato al Maestro
Theremon per aiutarlo nel suo servizio diplomatico. Naturalmente,
entrambi siete legati a mantenere il segreto”.
Stordito, Anakin non poteva credere alle sue orecchie. Lui sarebbe
finito su Dovim e Luke con Theremon dall’altra parte della Galassia.
Significava semplicemente che non avrebbe mai più rivisto il figlio per
il resto dei suoi giorni.
Stavano già facendo loro segno di congedarsi quando Anakin alzò la voce:
“Non potete dividermi da mio figlio”.
“Il tuo Padawan”, corresse Yoda con gli occhi sottili come una lama nel
silenzio imbarazzato.
“Ti aspettavi una promozione?”, aggiunse Plo Koon alla sua destra.
Sentendosi circondato improvvisamente da nemici come mai prima, Anakin
si voltò ad affrontarlo, ma le sue parole di sfida erano scandite per il
beneficio di tutti presenti: “Piuttosto lascio l’Ordine e me ne vado con
lui”.
Luke era d’accordo a seguirlo? Questo non importava: era poco più di un
bambino, non poteva decidere da solo. Lo avrebbe poi eventualmente
convinto che quella era stata la cosa più giusta da fare.
“E’ tua facoltà lasciare l’Ordine, naturalmente”. Questo era di nuovo
Windu, Anakin si voltò nella sua direzione. “Ma Luke è minorenne e sotto
la tutela dei Jedi. Non verrà con te”.
Il Prescelto scosse la testa. “Ma io sono il padre!”, urlò più forte. Poi
diede un’occhiata rapida a suo figlio che impotente osservava tutti
quegli adulti litigare animosamente del suo destino senza rivolgergli
neanche la parola.
“Anakin…”, si intromise gentilmente Obi-Wan, pienamente consapevole di
essere l’unico con cui avrebbe accettato di ragionare.
Ma questa volta Skywalker non voleva ragionare. Si voltò di scatto: “No!
A loro…”, fece un cenno con il capo, “…non interessa nulla di Luke. Me
lo portano via solo per principio, senza chiedersi quale sia il suo
bene”.
“Così sicuro di sapere tu sei quale il suo bene sia?”, chiese Yoda.
Anakin non rispose: non poteva. No, non lo sapeva quale fosse il bene
di Luke o cosa desiderasse, ma sapeva che non se lo sarebbe fatto
portare via. Si girò verso l’uscita deciso e, appoggiando un braccio
largo sulle spalle del figlio, iniziò a trascinarselo dietro.
Titubanti gli occhi del ragazzo si volsero a cercare una reazione da
parte dei Maestri. Che non si fece attendere. Davanti all’incredibile
audacia di Skywalker che osava contravvenire alle disposizioni del
Consiglio davanti a tutti, Windu si alzò di scatto, facendo qualche
passo in avanti, e si rivolse al ragazzo: “Luke, vieni qua”.
Il Padawan si arrestò confuso.
“Nessuno ti ritiene responsabile per questa situazione”, proseguì, “e
hai ancora un dovere nei confronti dell’Ordine”.
Luke si accigliò e, liberandosi dalla debole presa del padre, tornò indietro verso il centro della sala.
La mascella di Anakin si serrò. “Io sono tuo padre”, rivendicò con voce
strozzata.
Gli occhi del ragazzo corsero velocemente da un Jedi all’altro, mentre
sembravano troneggiare entrambi sulla sua minore statura. Alla fine
abbassò il capo, concentrando tutta la sua attenzione su un particolare
del grande mosaico. “Io… io voglio stare con mio padre”, mormorò alla
fine.
Trionfante per la vittoria, Anakin gli allungò una mano.
Ma prima che potesse prenderla, Windu aveva afferrato il braccio del
ragazzo, dicendogli: “Ciò nondimeno il tuo legale tutore è ancora
l’Ordine dei Jedi”
“Lascialo!”, intimò cupo Anakin.
Windu strinse la presa.
“Lascialo”, ripeté il Jedi, mentre tutta la sua tensione, la rabbia e la
paura gli si incanalarono sul braccio sinistro e sulla mano tanto
violentemente che, senza averne neanche una piena coscienza, un fulmine
azzurro uscì dalle sue dita, colpendo il Maestro korun e mandandolo a
cadere indietro.
Immediatamente tutte le spade laser della stanza furono accese e, per un
istante, il silenzio teso fu rotto solo dal ronzio delle lame di ogni
colore.
Stravolto da quello che lui stesso non avrebbe mai immaginato di poter
fare, Anakin accese lentamente anche la sua spada. Allungò il braccio
verso Luke che ancora stava immobile pochi passi avanti e con la mano
ampia afferrò con decisione la spalla del ragazzo che docilmente si fece
trascinare dietro di lui. In posizione di guardia, iniziò ad arretrare
verso l’uscita, pronto, se necessario, a combattere contro tutto il
Consiglio.
Quando fu quasi con le spalle contro la porta, diversi Maestri
iniziarono ad avvicinarglisi. Ma Kenobi gridò: “Per carità, non vorrete
duellare dentro il Tempio?!”
Nell’attimo di distrazione che seguì, Anakin uscì, spingendo fuori a
forza anche il ragazzo, e appena si fu allontanato un po’, constatata la
riluttanza dei Maestri a seguirlo per paura di scatenare la guerra
dentro l’edificio, spense la spada, tenendola in mano pronta all’azione,
e iniziò a correre seguito dal figlio.
Corse a più non posso, attraversando i corridoi, spintonando i Jedi
stupefatti, ma ancora ignari, che casualmente si trovavano sulla sua
traiettoria, scese la Torre del Consiglio, attraversò la ziggurat
sottostante e passò le grandi colonne.
Nessuno aveva dato ordine di fermarli e continuarono correndo fuori. E
poi via per le strade affollate di Coruscant, dove nulla sembrava strano
ai passanti imperturbabili. Percorsero ancora parecchia strada per il
terrore che qualcuno ci avrebbe ripensato, finché, esausto, Anakin si
fermò in un viottolo secondario. Piegandosi in avanti, cercò di
ritrovare aria, mentre il sudore gli colava sugli occhi e i polmoni gli
dolevano per lo sforzo.
Quando riuscì a rimettersi in posizione verticale, si voltò verso Luke.
Il figlio era adagiato contro un muro. Più affaticato di lui, sedeva,
stringendo la ferita non ancora del tutto guarita.
Anakin gli si avvicinò, chinandosi, e lo esaminò velocemente, senza
trovare per fortuna alcun segno di sangue. Gli appoggiò una mano sulla
spalla e infuse un po’ della sua Forza dentro il ragazzo che
visibilmente si distese. Lo guardò con orgoglio e con affetto più di
quanto avesse mai fatto prima.
Ma Luke era troppo perso per vederlo. Iniziò a tremare debolmente,
guardandosi in giro confuso.
“Cosa faremo, adesso?”, chiese con un filo di voce e solo in quel
momento il padre realizzò quanto fosse costato al figlio lasciare per
sempre il Tempio che era tutto il suo mondo.
Anakin lo squassò leggermente. “Quello che ci pare. Siamo liberi adesso”
“Liberi?!”, ripeté confuso il ragazzo come se avesse le vertigini ad
ammirare la libertà.
“Luke”, lo chiamò il padre tentando di trasmettere coraggio e sicurezza
a quello sguardo smarrito, “la vita esiste anche al di fuori del
Tempio”.
Il figlio annuì debolmente. “Ma non useremo più la Forza?”, gli chiese
angosciato.
Anakin si abbassò ancora di più, finché non ebbe incontrato i suoi
occhi. “La Forza non è di proprietà privata dell’Ordine dei Jedi. La
Forza è dappertutto. E quando ne avrai bisogno, la troverai sempre
dentro di te”, concluse toccandogli il petto con l’indice.
Lo sguardo di Luke seguì il dito del padre, mentre i suoi pensieri si
focalizzarono chiaramente dentro sé stesso. Poi annuì convinto e
sorrise.
Anakin gli arruffò velocemente i capelli e si alzò in piedi. Gli allungò
una mano per aiutarlo ad alzarsi a sua volta e lo sollecitò: “Andiamo a
cercare un trasporto per lasciare il pianeta”.
Luke prese la mano invitante del padre e, riportando a fatica il peso
sui suoi piedi doloranti, iniziò ad osservare incuriosito quel universo
che gli era totalmente nuovo.
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Grazie ancora a tutti quelli che hanno seguito la fiction e recensito. Spero che il finale vi sia piaciuto :)