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Autore: Federico    12/09/2011    2 recensioni
Ciao a tutti, come va? Dopo il buon risultato di "Lerna", aggiungo un nuovo capitolo alla mia saga "Sulle tracce dei mostri".
Durante una festa di Natale, Naruto, Sasuke e le loro famiglie scoprono in un polveroso baule un vecchio diario: si tratta delle memorie del Naruto loro antenato che sbarcato in America nell'800 divenne dopo aver ucciso un wendigo un cacciatore di mostri per il bene dell'umanità, girando tutto il Nuovo Mondo e affrontando i nemici più terrificanti con l'aiuto di alcuni valorosi compagni...
Se vi sono piaciute "Il terrore dee boschi solitari","Nel regno delle leggende" e "Lerna", non potete assolutamente perderla.
Ci saranno avventure, misteri, battaglie, magnifici paesaggi e nuovi appassionanti personaggi. Mi raccomando,leggete e recensite, ci tengo! Ciao a tutti!
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Sulle tracce dei mostri'
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Spazio autore

Nebula216: Sono contento che ti piaccia, veramente. Di regola io tendo a documentarmi molto su luoghi, persone e fatti prima di scrivere un'AU, e inoltre mi piace molto la Storia, quindi cerco di essere sempre il più preciso possibile nelle descrizioni storiche e geografiche.

Sentivo il bisogno di far correre ai nostri amici un grave rischio per le loro vite, perchè fino ad ora non erano mai stati realmente in pericolo, e perchè poi non è bello vedere i buoni che trionfano subito senza sudare, che gusto ci sarebbe? Ora vediamo un po' cosa succederà loro...

Grazie di tutto, ci vediamo alla prossima!

Hidan951: Grazie mille dei complimenti, io non ho fatto altro che ricamare sopra la leggenda indiana e mettere sulla loro strada i nostri eroi.

Tutti curiosi per il destino dei nostri eroi, eh? L'unico modo per scoprirlo è leggere il nuovo capitolo. Ho deciso di scrivere dieci capitoli per presentare la storia come il seguito ideale di Il terrore dei boschi solitari, che aveva anch'essa dieci capitoli. Preferisco di gran lunga cinque capitoli ben fatti e ricchi di tensione, ognuno diverso dall'altro, che molti di più corti, noiosi e ripetitivi. Ognuno poi è libero di giudicare come vuole.

Grazie di tutto, ci vediamo alla prossima!

 

Purtroppo, siamo arrivati alla fine anche di questa appassionante storia.

A questo punto desidero ringraziare nel modo più vivo non solo Nebula216 e Hidan951, che si sono dimostrati fedeli lettori, sagaci recensori e hanno messo la fic fra i loro preferiti, ma anche tutti i restanti che hanno avuto la voglia e la costanza di leggere ogni capitolo.

Per quest'ultimo supercapitolo conclusivo (ben 5 pagine!) vi esorto tutti a leggere e commentare, se vi va, e a riferirmi le vostre impressioni, i capitoli che vi hanno appassionato di più, le scene più divertenti o emozionanti, i personaggi che ritenete meglio caratterizzati, nonché eventuali difetti che sono dispostissimo a correggere per il futuro.

Per il futuro imminente vi annuncio che a partire da domani uscirà la mia nuova fanfiction di One Piece, Il flagello dei mari: quest'ultima sarà un'AU parte della mia saga La saga dei balenieri, nonché diretto seguito della mia vecchia storia Tutte le scialuppe in mare, ambientata alcuni anni dopo la fine di essa. Sarà una storia del tutto nuova, con ulteriori personaggi, più lunga e meglio congegnata di quella precedente, con personaggi nuovi di zecca e meglio caratterizzati, come mi suggerì tanto tempo fa in una recensione l'utente Beatrix, che ora ringrazio per i suoi preziosi consigli. Quesa fic la potrà leggere anche chi non ha letto le altre della saga, perchè contiene riassunti precisi e dettagliati del primo episodio. Dopo di questo è probabile che non mi vedrete per un po' perchè impegnatissimo a stendere un'ulteriore AU di One Piece, non appartenente a La saga dei balenieri, che nelle mie intenzioni dovrà essere lunga e perfetta, un capolavoro.

Insomma, ciao a tutti, e mi raccomando godetevi quest'ultimo capitolo!

 

Cosa staranno mai facendo i nostri eroi? Nel frattempo, nell'assolato Messico, due avidi e maldestri personaggi risvegliano un'antica creatura che può rivelarsi molto, molto pericolosa... Come andrà a finire? Per saperlo dovete leggere l'ultimo capitolo di questa Monsters of America.

Nota: Attenzione, presenza di personaggi ESTREMAMENTE spoiler provenienti dai capitoli giapponesi del manga! Se non volete conoscerli anzitempo, non leggete! Io vi ho avvertito.

 

L'ira del serpente piumato

 

Valle del Messico, a nord di Città del Messico, 1 ottobre 1880

L'uomo fece balenare in un lampo la fioca luce di un fiammifero, quindi la avvicinò alla miccia e non appena essa si fu incendiata corse via a perdifiato, raggiungendo il compagno.

Rivolse verso di lui un sorriso sporco e sogghignò in uno spagnolo dal forte accento messicano: “Tappati le orecchie fratellino. Fra poco ci sarà un bel botto”.

I due erano estremamente simili fisicamente, dato che erano fratelli.

Ambedue avevano facce abbronzate e segnate da lotte e intemperie, e condividevano lo stesso vestiario, ossia grossi stivali da cavalcata con speroni, una sudicia camicia e dei pantaloni sopra cui portavano dei ponchos identici e laceri che quasi toccavano terra, una bandana passata attorno al collo e un ampio sombrero per riparare la testa dall'implacabile sole messicano sotto al quale faceva capolino una capigliatura foltissima e arruffata.

D'un tratto si udì un boato apocalittico e il cumulo di enormi macigni che nemmeno decine di buoi avrebbero potuto spostare si incenerì semplicemnete in un lampo (meraviglie del progresso), sollevando una nuvola di fumo che avvolse come un mantello grigio la collina, oscurando il sole del pomeriggio, mentre le loro cavalcature si impennavano imbizzarite dal frastuono.

“Abbiamo fatto un affarone a comprare questa dinamite. Cristo, che sfacelo!”commentò divertito quello che aveva piazzato la carica, quindi entrambi si avviarono verso la nera apertura, prima ostruita, che si palesava ora nel fianco dell'altura: non avevano nemmeno bisogno di estrarre le pistole, perchè i morti non erano un pericolo.

“Aspettami qui Ginkaku. Vado a dare un'occhiata” disse uno dei due raccogliendo da terra un ramoscello e incendiandolo per usarlo come torcia, quindi si coprì naso e bocca con la bandana per proteggersi da polvere ed eventuali esalazioni velenose ed entrò a passi lenti nella grotta.

“A dopo Kinkaku. Mi raccomando, prendi tutto!” replicò l'altro facendogli un gesto con la mano, quindi si sedette ad aspettare pazientemente sulla soglia e riflettè.

Era quella la vita che aveva sempre condiviso col suo inseparabile fratello maggiore, così somigliante a lui che tutti a primo sguardo li scambiavano per gemelli; per sfuggire a miserie, fame e violenze avevano deciso di diventarne essi stessi perpetratori, e quindi si erano fatti banditi, rapinando, uccidendo e bruciando da un capo all'altro del Messico; spesso sconfinavano anche nel Sud degli Stati Uniti, ed erano temuti e ricercati ovunque.

Ma non si limitavano alle spicciole rapine di tutti i giorni, loro; difatti avevano sempre avuto un interesse per le cose preziose, e sapevano bene che le tombe fruttavano ingenti tesori.

Il più delle volte si limitavano a perlustare i cimiteri dei villaggi recupendo i pochi oggetti di valore che i defunti decidevano di portarsi nella bara, o a saccheggiare le misere sepolture dei nativi: ma ogni tanto la fortuna girava dalla loro parte, e frugando fra rovine maya invase dalla giungla vergine o fra rari sepolcri aztechi ancora intatti scoprivano preziosi e meraviglie che poi rivendevano.

Stavolta i due fratelli erano venuti in possesso di una mappa che indicava l'ubicazione della tomba di un antico nobile azteco sepolto fra quelle colline, e la cartina ci aveva azzeccato.

Nel frattempo Kinkaku si stava addentrando nelle viscere della terra, circondato da buie pareti rocciose da ogni lato; non si udiva volare una mosca, e un atroce puzzo di chiuso pervadeva l'aria.

Giunto alla fine della breve galleria scavata nella roccia, il bandito sgranò gli occhi e per poco non perse i sensi per la contentezza: davanti a lui si stendeva il più grande tesoro che avesse mai visto!

D'un tratto la lontana voce del fratello echeggiò alla fine del tunnel: “Allora come va? Nada?”.

Gli occhi di Kinkaku si illuminarono, il sorriso gli si distese sotto la bandana: “Nada? Es...es... un El Dorado!”.

Per quanto i cimeli fossero coperti da uno spesso strato di polvere che ne mascherava in parte la lucentezza originale, egli non potè fare a meno di sfiorarli con la mano: perle, pietre preziose, statuine, collane e braccialetti d'oro e d'argento, monili dalle forme più stravaganti, ceramiche decorate, pelli di giaguaro, mantelli e copricapi realizzati con piume di variopinti uccelli tropicali.

All'improvviso il predone sbattè il volto contro qualcosa di molto duro e freddo, e per la paura quasi perse la torcia; poi alzò la luce e tirò un sospiro di sollievo: si trattava solamente di una statua.

La grossa scultura, i cui crudeli dettagli risaltavano sinistramente illuminati dalle fiamme, rappresentava un gigantesco serpente, la bocca spalancata a mostrare le zanne aguzze e il collo inarcato come quello di un cigno, dotato di grosse ali piumate; Kinkaku non si spaventò, perchè sapeva bene che si trattava solo di un vecchio idolo pagano, e non era superstizioso.

Qualcosa di luccicante attirò la sua attenzione ladresca: un piccolo monile poggiato ai piedi sulla statua, che raffigurava lo stesso mostro, con squame di giada e rubini incastonati come occhi.

Dopo averlo baciato per la gioia, il bandito arraffò tutto quel che poteva afferrare e con le braccia piene di tesori barcollò fino all'uscita, salutati dall'euforico fratello minore.

I due risero e scherzarono, pregustando la loro prossima ricchezza, e dopo che ebbero caricato tutto sul mulo che usavano per trasportare i bottini il maggiore tornò dentro, mentre il minore carezzava adorante il gingillo a forma di serpente che gli era appena stato regalato.

Ma non spaeva che contemporaneamente qualcosa di stregato stava avvenendo nella camera sepolcrale; volute di sottile fumo verdastro avevano cominciato ad aleggiare intorno alla statua, sempre più fitte, finchè dal fumo verde non emersero due occhi freddi e rossi come rubini.

Non appena Kinkaku tornò nella stanza rocciosa, si chinò subito a raccogliere altri gioielli; era tanto preso dell'avidità che non si accorse della massa sibilante che si ergeva sopra di lui.

D'improvviso vide riflesso in una maschera d'oro un terribile muso e si girò, il fiato mozzo.

Ginkaku, che sorvegliava il mulo, fu scosso da un improvviso: “Madre de Dios!” pronunciato dalla voce alterata e terrorizzata di suo fratello (fatto questo oltremodo inusuale), e non fece neanche in tempo ad avvicinarsi all'imboccatura del tunnel che suo l'altro ne uscì correndo e bianco in volto, le mani strette nervosamente attorno a un'ingombrante massa di gioielli.

El diablo! El diablo!” farfugliò in preda al terrore e cercò di caricare il fardello sul mulo che ragliava innervosito, ma subito entrambi si voltarono per vedere un rettile gigantesco che strisciava nelle tenebre, esponendosi sempre più alla luce del sole.

Un grido di puro terrore sfuggì alle gole dei due messicani, ma non riuscirono a impedire che i loro cavalli fuggissero via spiritati e schiumanti, spaventati come non mai.

Finalmente il buon senso prese in Kinkaku il sopravvento sull'avidità, ma era troppo tardi: mentre tentava di farsi spazio in groppa al mulo gettando a terra il malloppo, la creatura uscita dalla caverna lo afferrò con le terribili mascelle e lo sbattè sul terreno polveroso come un pupazzo.

A Ginkaku gelò letteralmente il sangue osservando impotente suo fratello, da sempre per lui guida e mentore, che veniva dilaniato mentre supplicava vanamente aiuto e pietà, ma la sua voglia di vendetta era decisamente inferiore al suo istinto di autoconservazione, e scappò.

Per ingannare la bestia riguardo alla propria posizione, ricorse a un vecchio trucco che aveva spesso utilizzato in scontri contro nemici molto superiori di numero: dopo aver sistemato il suo sombrero sull'apice di una roccia si nascose poco più in là, e quel che vide spiando da una fessura lo sbalordì; stranamente il serpente alato non dava la caccia a lui, ma era intento a raccogliere con i denti gli oggetti che Kinkaku aveva saccheggiato e a riportarli nella tomba.

“O la va o la spacca” pensò disperato mentre fuggiva senza mai guardarsi indietro.

***

I nostri sei cacciatori erano veramente ridotti male dopo lo scontro con gli skinwalkers, ma grazie alle premurose cure dello sciamano navajo che aveva sconfitto i mostri e della sua tribù in breve furono di nuovo sani e in piedi.

Un fuoco interiore sembrava ardere dentro Sasuke e Naruto, riflettendosi nei loro occhi: il fuoco della riscossa, del desiderio di riscattarsi dopo una pessima prestazione tramite una grande vittoria, della voglia insaziabile di non fermare mai la propria missione finchè ci fossero stati nemici.

In effetti non si può proprio dire che questi ultimi mancassero; gli aridi e infuocati territori desertici del Sudovest, abitati solo da serpenti e coyote e spazzati daventi afosi e pieni di sabbia, deserti doev rotolavano balle di fieno, crescevano rigogliosi cactus e biancheggiavano ossa morte, erano infestati da spiriti senza pace e antiche creature, tanto che ogni centimetro quadrato di suolo pareva stregato.

Adesso avevano deciso di portare aiuto anche alle popolazioni del Messico, tormentate anch'esse, secondo l'autorevole libro di Naruto da un'infinità varietà di mostri; e così avevano fatto il loro ingresso nel caldo cugino meridionale degli Usa.

Per loro, abituati alle freddissime foreste di abeti, quelle distese desertiche e martellate dal sole erano quanto di più inumano si potesse immaginare; e sebbene il Nord del Messico assomigliasse moltissimo al Sud degli States, nell'aria si avvertiva un sentore esotico, a tratti magico e tropicale.

Fortuna che più di una volta nei suoi vagabondaggi Killer Bee si era spinto per commerciare fino alla capitale e conosceva bene la lingua, altrimenti la loro permanenza là sarebbe stata complicata.

Il pomeriggio del 1° ottobre 1880 i nostri stavano cavalcando sotto il sole a picco nella Valle del Messico, la stessa percorsa più di tre secoli prima dalle rapaci truppe di Cortés, e chiacchieravano come sfaccendati della loro ultima impresa.

Dio mio,” sbuffò Minato sventolandosi la faccia sudata con il largo cappello “ne ho affrontate tante di creature spregevoli in vita mia, ma mai come quei demoni succhiasangue. Speriamo di non dover mai più avere a che fare con quei...com'è che li chiamavano i contadini? Vampiri?”.

Chupacabras” rispose imperturabile Bee. “Significa succhiatore di capre. Nome appropriato”.

“Fra tutti i posti che abbiamo visitato, questo è quello dove mi piacerebbe meno trascorrere la mia vita” soggiunse Sasuke alzando la testa per vedere gli avvoltoi che volavano in circolo sopra di loro.

“Preferivo morire di freddo in Ontario”.

“Allora sei una creatura del gelo!” esclamò Naruto sorridendo e strappò una risata generale.

Nel frattempo chi rabbridvidiva per davvero era Ginkaku, nascosto in una buca circondata da massi e arbusti sul ciglio del sentiero; ancora in stato di shock per quanto gli era successo prima e distrutto dalla pazza corsa verso la salvezza, pregava meccanicamente portandosi un consunto crocifìsso alle labbra, cosa che faceva soltanto qunado sentiva di avere un estremo bisogno di protezione.

Non appena però sentì un rumore di zoccoli e delle voci che interloquivano scherzosamente fra di loro in inglese capì che quella poteva essere la manna dal cielo per lui e balzò fuori dalla buca correndo verso di loro come un indemoniato e gridando: “Gringos! Yanquis! Socorro! Aiuto!” agitando furiosamente le braccia per rendere palese le propria persona.

Nell'istante stesso in cui i suoi occhi incrociarono quelli di Killer Bee, capì di aver fatto male.

Il messicano, riconoscendolo, tentò vanamente di voltarsi e nascondersi, ma il trapper fece scattare in avanti il cavallo e afferrò il malvivente con un braccio muscoloso, quindi lo fissò in faccia e sibilò caricò di disprezzo: “Ma guarda un po', el senor Ginkaku! Dì, che fine ha fatto quella canaglia di tuo fratello?”.

Vedendo che l'uomo non rispondeva, ma continuava a blaterare qualcosa con la saliva alla bocca, l'americano lo gettò bruscamente nella polvere e rivolgendosi ai compagni annunciò solenne: “Signori, vi presento uno dei due Hermanos Oro e Plata, i fratelli Oro e Argento. Sono fuorilegge, sciacalli che si approfittano dei deboli e scavano nelle tombe per rubare. Ho già avuto a che fare con loro in passato, ed ero stato molto chiaro: non dovevate più farvi vedere in giro!” e assestò un calcione nella schiena al bandito facendolo sobbalzare.

“Ma sono tutti così i suoi amici?” mormorò ironico Gaara nell'orecchio di Naruto.

“Per pietà, per favore...Mi hermano...El serpiente...” piagnucolò il messicano in ginocchio, negli occhi ancora la figura del mostro che massacrava Kinkaku senza che potesse intervenire.

“Tuo fratello? Un serpente? Basta così! Parla inglese, così che ti capiscano tutti!”.

Kakashi fece compiere al suo cavallo un passo avanti e si mise fra Killer Bee, fissandolo con durezza, e il nuovo arrivato: “Credo che tu debba almeno lasciarlo parlare. Io sono abile a giudicare le persone e vedo che quest'uomo porta in sé la malvagità, ma nei suoi occhi c'è anche traccia di un terrore sovrumano, come se avesse vsito un fantasma. Forse è qualcosa che ci riguarda”.

“Sì, sì, el indio ha ragione” confermò Ginkaku annuendo e esprimendosi difficoltosamente in un inglese stentato: poi cominciò a raccontare la propria terribile disavventura, agitando per conferma il gioiello in forma di serpente piumato.

Non appena scorse l'oggetto a Naruto si illuminarono gli occhi, quindi corse subito ad estrarre il libro dalla borsa e lo aprì ad una pagina dove era effigiato un monile in tutto e per tutto uguale.

“In una tomba, lo avete trovato? Brutti idioti!” gridò furibondo Naruto assestando un calcio negli stinchi al bandito. “Vi siete tirati addosso una maledizione! Lo sapete cosa avete risvegliato?”.

Tutti, compreso il malfattore ancora stordito dal caldo, dalla paura e dalla sorpresa, lo fissarono a bocca aperta, e il giovane cominciò a leggere in tono freddo dal libro: “La figura del serpente alato

è presente in numerose culture del Nuovo Mondo dall'America Centrale alla valle del Mississippi. Il più famoso di questi personaggi è probabilmente Quetzalcoatl il bianco, gemello del nero Tezcatlipoca, dio della mitologia azteca, rappresentato sia in forma umana che di rettile”.

“E' te che sta cercando, lurido bastardo!” sbottò Bee puntandolo con un dito accusatore.

“A quanto pare però prima di dargli la caccia il mostro si è fermato a raccogliere gli oggetti...Forse il suo compito è quello di raccogliere di nuovo tutti i gioielli...compreso quello che ha lui” osservò Minato guardando di sottecchi il messicano.

“In ogni caso, che sia un dio o un diavolo, non tarderà ad arrivare” soggiunse deciso Sasuke alzando il cane del fucile. “E allora sapremo se è di carne o no”.

Ginkaku spalancò la bocca, guardandosi intorno come se fosse capitato in un manicomio: “Ma...hombres...gringos... siete tutti locos? Es una tonteria! Quello è il più grande hijo de una gran puta che io abbia mai incontrato!”.

“Che cos'ha detto?” volle sapere imperturbabile Gaara.

Killer Bee sorrise e scrutò beffardo il vecchio avversario: “Che siamo tutti pazzi ed è una stupidaggine affrontarlo perchè è un cospicuo figlio di una notevole buona donna. Ma a noi piace così, giusto? Rilassati canaglia: una volta tanto sei capitato in mani amiche”.

***

Sì, ormai erano abituati a misurarsi con entità non convenzionali, di cui erano divenuti molto esperti, ma ciò non toglie che quella sera ttorno al falò regnasse un'atmosfera tesissima.

Stavolta il nemico sembrava veramente minaccioso: come si sconfiggeva un dio?

O forse era soltanto un mostro come tanti che agli occhi creduli degli antichi era parso tale?

O forse era un parto della vivace mente furfantesca di Ginkaku, che intabarrato nel suo poncho continuava a sedere attorno al fuoco scaldandosi e lanciando intorno occhiate enigmatiche.

Sapeva di essere sorvegliato a vista sotto il tiro di numerose pistole e fucili, ma questa situazione per il momento gli tornava utile: soltanto in seguito, quando i suoi attuali e forzati alleati si fossero sbarazzati di quella bestiaccia diabolica (posto che ci riuscissero) allora anche lui avrebbe potuto fare la propria mossa...

Era fredda la notte nella boscaglia desertica, coperta da un soffice strato di erba secca e punteggiata da cespugli radi e numerosi come un gregge di pecore verdi: rocce, decine di rocce delle dimensioni e forme più varie spuntavano tutt'intorno, e chissà mai chi si nascondeva dietro.

Anche i cacciatori non erano tutti nelle stesse condizioni: come al solito Minato, Kakashi, Gaara e Bee rimanevano fermi e sul chi vive, il fuoco che si riverberava sui loro volti, mentre Sasuke e soprattutto Naruto sentivano le loro palpebre farsi sempre più pesanti...

Il silenzio notturno, prima rotto solamente dai versi sommessi di grilli, pipistrelli e uccelli, fu definitivamente lacerato da un grido acutissimo e temibile, come quello di un'aquila ma mille volte più rumoroso, che certo avrebbe risvegliato anche i morti e fece scattare tutti in piedi.

“Guardate! Quetzalcoatl!!!!” urlò Naruto, una voce a metà fra il terrorizzato e l'eccitato, indicando l'essere infernale che piombava dal cielo, alla cui vista Ginkaku si fece prendere dal panico e corse a nascondersi dietro un mucchio di pietre.

Il corpo era quello di un serpemnte gigantesco, che durante il volo si piegava sovente in spire colossali agitando minacciso la lunga coda, cui erano attaccate ali vastissime, che di giorno avrebbero certamente oscurato la luce solare, composte da piume verde smeraldo che risaltavano sinistramente affascinanti alla luce della luna e proseguivano sul collo e sulla testa; il muso era poi una visione da incubo, con gli occhi gialli e fissi e la lunga lingua sibilante nell'oscurità.

Il mostro atterrò pesantemente causando il sollevamento di una nuvola di polvere e l'interruzione del fuoco delle loro armi; era anche disposto a non curarsi di loro, ma tutti i suoi sensi erano concentrati sull'ultimo pezzo del tesoro che sapeva essere lì.

Percependo quell'opprimente presenza che lo trapassava con gli occhi anche di spalle, il bandito sbucò dal nascondiglio e con le pistole spianate cominciò a far fuoco all'impazzata urlando selvaggiamente e bestemmiando.

Il contrattacco sembrò aver successo, visto che Quetzalcoatl, apparentemente di carne e sangue date le strisce rosse che colavano dai fori dei proiettili, si librò con uno svolazzo atterrando poco più in là; qui venne affrontato da Minato e Bee che gli giravano attorno con i cavalli sparando in aria con lo scopo di confonderlo o spaventarlo.

Nel frattempo, mentre esso era distratto, Kakashi appollaiato sul ciglio di una rupe prese la mira con l'arco e rilasciò la freccia; mentre si piantava nel collo della belva essa si contorse e alzò la testa verso il cielo stellato, emettendo un misto fra un sibilo e un lancinante ululato di dolore.

Killer Bee decise di approfittarne e mollato il fucile per ascia e coltello balzò da cavallo con un grido di guerra spaventoso; la forza dell'impatto permise alle lami di trapassare le carni del mostro, che per quanto si scuotesse non riusciva a scrollar via il tenace aggressore.

Subito a dargli manforte accorse tutto il resto della compagnia; Ginkaku e Gaara, per una volta sulla stessa lunghezza d'onda, tentavano di mantenere sotto controllo il dio serpente bersgliandolo di colpi continui da lontano, mentre gli altri si lanciavano in un selvaggio corpo a corpo dove asce e pugnali, menati alla cieca e con rabbia, aprivano ogni qualvolta venivano vibrati un fiore rosso sulle squame verdi, dove le sciabole volavano in su è in giù grondanti di sangue, dove altre lame venivano scagliate e strappavano acute grida al mostro ferito.

La creatura però non si dava per vinta e semplicemente agitandosi un po' più energicamente spedì tutti a gambe all'aria, compreso l'ostinato trapper nero; nel frattempo, scorgendo Sasuke impreparato, lo attaccò da dietro sbattendolo a terra con un poderoso colpo d'ala.

Vedendo tanta vitalità residua nell'essere e l'amico più caro in pericolo, Naruto rimase paralizzato; poi si ricordò del motiva dell'ira del serpente piumato e comprese l'unica cosa da fare.

“Ginkaku! Dammi l'amuleto azteco! SUBITO!!!!” ruggì alterato il biondo, al che il bandito estrasse dal manto il gioiello e lo strinse nel pugno per un istante, rimpiangendo quel che doveva compiere: quindi lo lanciò versò Naruto che lo afferrò al volo.

Mentre Sasuke ferito si rotolava a terra combattendo per la vita o per la morte con la spada l'amico si avviò verso il cavallo, cercando il libro che gli scivolava fra le mani forti e sudate.

Quetzalcoatl stava già spalancando le fauci incombendo sopra il moro quando fu distratto dal tonfo di un piccolo oggetto che rimbalzava sul suolo, e scorse il monile di giada, che raccolse delicatamente con la coda; davanti a lui stava impavido Naruto, il libro in mano, che prese a recitare per placarlo una preghiera in lingua azteca contenuta nel volume.

Udendo quelle parole dure e misteriose, per lui così familiari, l'essere levò il collo estasiato come un cobra davanti a un incantatore di serpenti; intanto nuvole verdi cominciavano ad avvolgerlo.

Tutti stavano già esultando per la vittoria quando senza preavviso il mostro scattò come una molla afferrando nelle mascelle spietate Ginkaku, che da parte sua iniziò a urlare ed estratto una affilato machete da sotto il poncho a mulinarlo furibondo in tutte le direzioni; contemporaneamente una nebbia verde li aveva del tutto coperti e si trasformò in una lunghissima scia di fumo che a velocità fenomenale viaggiava verso una lontana tomba azteca, una scia da cui provenivano strilli atroci.

Giunta sul posto la nube ricompose magicamente il muro di pietre all'ingresso e poì svanì, lasciando al suo posto una scultura di Quetzalcoatl che teneva in bocca un uomo urlante.

“Credo proprio che sia finita. In fondo se l'è meritato” commentò acido ma soddisfatto Bee, mentre Minato e Sasuke poggiavano le braccia sulle spalle di Naruto: “Ben fatto. Senza di te ora forse non saremmo qui a complimentarci”.

“Ma no, sciocchezze!” esclamò imbarazzato lui. “Che figlio e amico sarei a non aiutarvi?”.

In quel momento entrambi i giovani, il biondo e il moro, capirono quale fosse la visione che Jiraya aveva promesso loro tanto tempo prima: il riconoscimento reciproco di un'amicizia più forte della morte e segnata per la vita, tale da portarli ad affrontare ogni pericolo per l'altro.

A quel punto avrebbero potuto continuare ancora il loro viaggio- crociata: avrebbero potuto attraversare giungle, monti e paludi, confrontandosi con giaguari mannari, ragni enormi, anaconda giganti, vermi mangiauomini, mostri ciclopi e altri orrori americani; ma siccome Kiler Bee non aveva esperienza delle terre più a sud e mancavano ormai da decisamente troppo tempo, decisero di volgere i cavalli verso nord, verso casa.

Mentre cavalcavano in un nuovo giorno che nasceva, e poi per tutto il viaggio che sarebbe seguito, Naruto, impaziente di riabbracciare Sakura (ma quanto si sarà preoccupata per me?), considerava tutti i luoghi che aveva visitato e chissà, forse, un giorno avrebbe deciso di vivere là la sua vita.

  
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