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Autore: Kiki May    15/09/2011    2 recensioni
Storia AU, ambientata nell’Inghilterra dei nostri giorni. Buffy Summers è candidata a sindaco di Londra e trova sostegno in un gruppo di fidati collaboratori. Ben presto la donna dovrà fare i conti col passato e con William, compagno del suo defunto mentore Giles.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Angel, Buffy Anne Summers, Un po' tutti, William Spike
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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19.





 





Buffy era piccola.
Allacciata al suo corpo teso, eccitato risultava morbida e fragile al contempo. Tanto magra da far paura, da suscitare un senso di protezione e l’istinto sensuale di stringerla più in alto contro la parete, ancora più in alto.
La candidata gemette, lasciandosi togliere il foulard di seta, offrendo il collo ai baci dell’amante affamato.
“Lind … Lindsey … fammi scendere …”
“Non ci penso neanche.” Replicò d’impulso il manager, spogliandosi della giacca fastidiosa. Tornando a baciare il collo di vaniglia, i capelli profumati. “Ho bisogno di te.”
Buffy si concesse ad altri baci appassionati, prima di scostare gentilmente le mani di Lindsey e di separarsi da lui.
“È tardi e sono stanca.” Si giustificò, chinando il capo.
Lindsey quasi non credette alle sue orecchie.
“Cosa?” chiese. “Mi hai attirato fin qui, baciato per dirmi che era troppo tardi? Per darmi un due di picche al momento buono?!”
Lei si infuriò e non fece nulla per celare la sua rabbia.
“Ti ho attirato?!” esclamò a gran voce. “Io ti avrei attirato?! Ma ti senti quando parli: sembri uno di quei maniaci sessuali che accusano le loro vittime di essere causa dei loro crimini! Pazzesco, incredibile!”
“Ma com’è che, ogni volta che litighiamo, devi tirare fuori la storia dei maniaci sessuali?! Non ti sembra una cosa assurda e vagamente offensiva? Ti sembro uno disposto a fare del male per godere?!”
“Non sto dicendo questo, Lindsey.”
“Ah no? Perché l’associazione è alquanto allarmante!”
“Non rigirare la frittata!” esclamò Buffy, imbronciandosi come una bambina capricciosa. “Sei tu che sei voluto salire nel mio appartamento, sei tu che mi hai premuta contro la parere e sei tu che mi hai –“
“Abbandonata la notte scorsa.”
“Non stavo affatto dicendo questo.”
“Buffy, per favore, non aggrapparti agli specchi …”
La candidata allargò le braccia e roteò gli occhi, ostentando esasperazione.
“Io! Aggrapparmi agli specchi … io!
Lindsey provò a cedere, a risultare più accomodante, per placare lo sfogo della donna di fronte a lui.
“Non sono scappato per lasciarti, perché non m’importava di te. Sono scappato perché ho dovuto.”
Buffy tacque e portò le mani ai fianchi.
“Sentiamo.” Concesse, dopo qualche secondo di riflessione silenziosa.
“Mia madre stava male ed sono dovuto correre da lei.”
“Tua … madre?”
Lindsey fece spallucce.
“Non mi sono creato da solo.”
“E non fare sarcasmo! Voglio dire, tu hai una madre e lei si è sentita male? Cosa le è capitato?”
“Ha avuto una delle sue solite ricadute. Lei è ricoverata in una clinica privata da anni ormai, solo che ogni tanto ha paura e chiede di me.”
“Mi dispiace.” Sussurrò Buffy. “Non avevo idea di quale situazione stessi attraversando.”
“Io non attraverso nessuna situazione.” Sbottò Lindsey, offeso. “Non sono certo caduto in depressione e non metterò le mie aspirazioni in un angolo per fare da babysitter a qualcuno. Ho una vita, una vita migliore di quella che avrei potuto condurre nel maledetto paesino del Texas dove sono nato!”
“Non volevo insinuare nulla. Hai portato tua madre con te, però … se posso farlo notare.”
Il campaign manager annuì di malavoglia.
“Sì, l’ho portata con me. Nessuno si sarebbe preso cura di lei, quindi non aveva senso lasciarla in America, giusto?”
“Giusto.” Convenne Buffy, chinando il capo.
L’atmosfera si era decisamente raffreddata, anche l’intento di un possibile dialogo serio su quanto accaduto la notte precedente era stato accantonato e perso di vista.
“Questo è perché io voglio che tu sappia … io voglio che tu sappia che non l’ho fatto di proposito.” Esalò Lindsey, tutto d’un fiato.
Buffy accettò le sue spiegazioni.
“Non importerebbe comunque, vero?”
“Perché lo pensi?”
“Siamo in piena campagna elettorale ed uno scandalo sessuale sarebbe l’ultima cosa da augurarsi. Neanche io voglio mettere da parte le mie ambizioni. Per un uomo, soprattutto.”
Il campaign manager non rispose.
Annuì, infine.
“Hai perfettamente ragione.” Disse, prendendo la giacca e le chiavi dell’auto.
Buffy lo guardò allontanarsi senza reagire.
Chiuse gli occhi, nel sentire le labbra morbide, maschili premute contro le sue.
“Ci vediamo domani al lavoro?”
“Vengo a prenderti alle nove. Ho già fatto una scaletta.”



William rideva senza sosta, rotolando sul letto e scostando a forza i cuscini che gli impedivano di sfuggire al tocco di Liam, che lo torturava col solletico.
“Non credevo che fossi tanto sensibile … no, aspetta. Lo sapevo.” Scherzò il dirigente, sollevando la maglia dell’amante.
William si tese e gli morse una mano.
“Ahia! Ma cos -?! Ma ti sembra modo?”
Tornò a stendersi, tra le risate, consolando il povero cucciolo ferito a furia di baci.
“Così va meglio.” Sospirò Liam, chiudendo gli occhi che William adorava.
Così profondi e pieni di tenerezza, con un taglio particolare che non cessava di affascinare lo scultore.
“Sei così bello.” Mormorò William. “Davvero bello. Non hai mai pensato di fare il modello?”
Liam scosse il capo.
“Come mai?”
“Non saprei, io … ammetto di avere consapevolezza del mio successo con le donne … ahem, con gli uomini, ma non ho mai pensato di avere quel genere di bellezza. Sai, quella che ispira i fotografi o gli artisti.”
“Io sono un artista e, secondo me, tu hai proprio quel genere di bellezza.”
“Sei gentile.”
Liam si chinò per un bacio dolcissimo, lento.
Sfiorò con le mani fredde la pelle di William, coperta da un leggero strato di cotone, e indugiò sulle pieghe del torace, sull’addome teso.
“Domani dovrò partire da qui alle cinque del mattino.”
“Alle cinque?”
“Sì, è in programma un grande comizio pubblico. Sarà una giornata faticosa.”
“Devi essere molto stressato di questi tempi.”
“No …”
“Come?”
“No.” Ripeté il manager, facendo spallucce. “Sono sereno, invece.”
William spalancò gli occhi, trattenendo il fiato per lo stupore.
Sorrise.
“Sei l’uomo politico ideale: reggi la pressione e non ti dai vinto.”
“Non è per quello, William. È che mi sento così … è come se la campagna elettorale, in cui ho investito ed investo forze e tempo, sia divenuta meno importante, secondaria per la mia felicità. C’è altro … altre cose magiche e meravigliose che mi fanno sentire appagato. Ci sei tu.”
Lo scultore dovette irrigidirsi, timoroso.
Non aspettava una tale dichiarazione.
Liam percepì il suo affanno e s’intristì immediatamente.
“Mi dispiace.” Si scusò. “Non volevo affrettare le cose, non volevo che tu ti preoccupassi … fai finta di non aver sentito nulla.”
Si voltò e si stese sul materasso, sistemando i cuscini sotto il capo.
William lo raggiunse.
“Non devi scusarti.” Disse, abbracciandolo. “Solo non aspettavo …”
“Sì, l’ho capito.”
“Sono felice di essere tanto importante per te …”
“Non c’è bisogno di aggiungere nulla.”
Lo scultore pretese un bacio profondo, che fece sprofondare Liam nella più completa confusione.
“È così strano … così strano essere tanto speciale per te.”
“William …”
“Voglio che mi baci, che mi fai sentire quanto tieni a me.”
“Ti prego, non fare questo.”
“Ne ho bisogno, Liam, ne ho tanto bisogno. Fammi sentire.”
Il dirigente si sedette e attirò l’amante a sé.
Lo baciò come fosse l'ultima volta.

 

 

 

 

 

 

  
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