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Autore: lexy90    16/09/2011    10 recensioni
“E le senti le vene, piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai.
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone”
Kei Hiwatari durante il suo percorso ha perso la retta via, ha commesso errori e ha compromesso tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo è cresciuto, è cambiato, ha scoperto nuovi interessi e nuove prospettive. Spetta solo a lui prendere in mano le redini della sua vita e darle un senso, un qualcosa per cui lottare, una ragione per esistere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ognuno a suo modo è un tossico vero

Di pere, d’affetto, di sogni, di sesso o di idee

 

 

 

 

 

 

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Si ripromise mentalmente di non avere più nulla a che fare con lei e con qualsiasi cosa lo avesse portato a fare.

Cos’era che lo attirava poi di tutto quello che gli aveva mostrato, che lo aveva spinto a fare? Perché che lo attirasse era vero, poteva negarlo e non accettarlo quanto voleva che intanto quello rimaneva.

O forse non era il non accettarlo, ma tanto più il fatto di avvertire qualcosa di buono e, per esperienza, sapeva di fuggire da qualsiasi cosa buona gli accadesse: prova certa ne aveva avuto poco più di due mesi prima e perché, quindi, continuare a negare l’evidenza.

In ogni caso, si disse, perché proprio in quel momento doveva cedere? Perché proprio per quella cosa? Stava cedendo, questa era la verità, ma sicuramente ci avrebbe messo più tempo e avrebbe resistito di più senza il fattore Mizuki.

Invece, la ragazza quella mattina lo era andato a prendere e lo aveva obbligato a seguirla.

Una domanda riuscì a farsi largo e si impose tra tutte quelle che assillavano Kei.

Che cosa ci andava a fare?

Ecco, era la domanda che si era anche posto appena aveva parlato con Ryo, nel suo tragitto verso casa, durante tutta la settimana e che si stava ponendo anche in quel preciso istante.

Che cosa ci andava a fare? Eppure era lì, davanti alla porta della palestra; aveva affrontato un viaggio relativamente breve, si era ritrovato davanti al luogo dove si sarebbe svolto il provino e lo stava guardando con l’aria più indifferente che potesse mostrare. Non perché non voleva dare strane impressioni, ma proprio perché gli era del tutto indifferente.

Era una giornata assolata, per lui eccessivamente calda, e la sigaretta finì troppo presto per i suoi gusti.

Si ritrovò a rimuginare ancora una volta. Faceva ancora in tempo ad andarsene, già che c’era avrebbe potuto fare un giro per la città e poi tornarsene a casa. Mizuki se ne era già andata, lasciandolo solo poiché non poteva assolutamente saltare scuola. Nessuno avrebbe mai saputo né che c’era andato, né che non fosse entrato. E, a dirla tutta, anche se qualcuno l’avesse saputo, a lui non poteva fregare di meno.

Ecco lo spirito dei tempi andati che ritornava, era di questo che aveva bisogno e di cui sentiva la mancanza e si rincuorò di scoprire di non averlo perso del tutto.

Fece per girare i tacchi, ma qualcuno gli si parò davanti sorridente. Troppo sorridente per i suoi standard.

-Ciao, anche tu qui per l’audizione!?-

Provò a rispondere, ma l’altro lo bloccò subito.

-Prima volta eh?! Tranquillo, è più semplice di quel che sembra! Parli con uno che ha esperienza da vendere!- Gli poggiò una mano sulla spalla e, con una lieve pressione, lo fece avanzare insieme a lui oltrepassando la porta d’ingresso.

Perché tutti gli idioti dovevano capitare a lui? Si sentiva come una calamita per le persone sorridenti ed esuberanti. Conoscendosi si chiese come fosse possibile. Questo qui sembrava anche peggio degli altri, perfino peggio di Takao. Non la smetteva di sorridere e rivolgere la parola a tutte le persone che incontrava (tutte perplesse al suo pari): era più basso di lui, con i capelli corti neri e la pelle abbronzata esageratamente, frutto senz’altro di un numero spropositato di lampade.

Kei cercò di divincolarsi da quell’individuo irritante e cercò con lo sguardo l’uscita, bramandola, mentre si faceva sempre più lontana e lui si addentrava sempre più nell’edificio.

Ecco lo spirito dei tempi andati che lo abbandonava nuovamente.

Arrivò in una sala, sempre accompagnato dallo strano tizio che continuava a parlare a ruota libera senza accorgersi di non essere per niente ascoltato, e vide all’interno una ventina di ragazzi: ce n’era di tutti i tipi; bassi, alti, biondi, castani, rossi, bianchi, neri. Una tale diversità che in periferia avrebbe stonato, ma che nel centro della metropoli era più che naturale.

Solo quando vi si ritrovò davanti, notò una scrivania alla quale due ragazze molto carine distribuivano fogli e penne.

Una delle due, una bella asiatica dagli occhi neri profondi, gli lanciò un’occhiata di apprezzamento prima di consegnare anche a lui il foglio da compilare.

Completò tutti gli spazi e lo restituì all’altra ragazza, che, come la vicina, lo guardò con interesse per poi scattargli a sorpresa una fotografia istantanea: non appena questa fuoriuscì dalla macchinetta, fu pinzata sul foglio che aveva compilato. Si spostò e cercò di sparire dalla vista del tipo abbronzato che lo aveva trascinato dentro, approfittando della discussione che aveva intrapreso con la ragazza che aveva scattato la foto perché lasciasse che si mettesse in posa, poiché in quella che gli aveva fatto, secondo lui, non venivano risaltati i suoi bellissimi occhi.

Gli venne assegnato un numero, il 43, e fu indirizzato verso una porta che scoprì portare alla palestra vera e propria dove un altro gruppo di ragazzi stava aspettando l’inizio del provino.

Desiderò di non aver mai preso l’autobus per Tokio e di essere tornato indietro finchè era in tempo, si pentì di non essere riuscito a bloccare Mizuki e si rese conto di quanto i suoi sforzi erano stati deboli. Ma ormai era lì e doveva affrontare quella sceneggiata: alla peggio lo avrebbero preso, cosa che sperava vivamente non accadesse; in quel momento doveva solo ballare.

Posò la giacca per terra e si sedette, appoggiando la schiena al muro, di fianco a due ragazzi che parlavano riscaldandosi.

Non si curò molto di quello che accadeva intorno a lui e ignorò di gran carriera coloro che provavano a rivolgergli parola. Solo quando li fecero riunire al centro dalla palestra per cominciare notò l’assetto della stanza.

Era molto luminosa, tutte le pareti, tranne quella dove si era appoggiato lui, erano ricoperte da specchi, il parquet era lucido e splendente.

Dovevano essere una sessantina di persone o poco più e i posti disponibili solo due. Si rivolsero verso colui che stava parlando: era un uomo sulla trentina che spiegava come si sarebbe svolta l’audizione.

Ancora una volta si chiese perché si trovasse lì in quel momento, ma tentò di ascoltare: prestò attenzione alla presentazione delle tre persone che stavano al centro della parete lunga, seduti ad una scrivania. Il più anziano era il regista del video, un uomo stempiato con gli occhiali, poi al centro si trovava il cantante, il classico rapper nero, tutto muscoli e tatuaggi, e infine il coreografo, anche lui nero, muscoloso e l’espressione di uno che si appresta a divertirsi. Intorno a loro un piccolo capannello di persone, tra cui le due ragazze dell’entrata che reggevano la pila di fogli che dovevano essere le schede coi dati compilati dai partecipanti.

Un’altra ragazza spuntò dalle prime file e prese parola: era l’assistente del coreografo e avrebbe insegnato lei la coreografia.

Kei si chiuse, indifferente a tutto e tutti, ma si convinse a seguire quello che la ragazza stava insegnando: ormai era lì e avrebbe fatto quello che gli piaceva fare; non gli importava l’esito, ma avrebbe ballato, dimenticandosi di dove era e che cosa si affrontava lì dentro. Avrebbe ballato. Ballato e nient’altro.

Si concentrò sui movimenti della ragazza e li imitò. Si riscoprì uno dei primi a imparare la sequenza, non trovandovi nessuna difficoltà. Dopo quindici minuti furono divisi in tre gruppi per la prima scrematura. Kei era nel secondo, ma non si curò di accaparrarsi i posti davanti, anzi si precipitò in fondo al gruppo. Da quella posizione riusciva a malapena a guardarsi allo specchio e questo non gli faceva altro che piacere. Lui stava benissimo senza e quando la musica iniziò si rifugiò nel suo mondo fatto di note, movimenti, sensazioni sottili e impercettibili, di vibrazioni e danza.

Non si rese quasi conto delle persone che piano piano venivano scartate attorno a lui, nemmeno delle proteste del ragazzo dell’entrata che vantava il suo grande talento. Quando la musica si fermò delle venti persone che erano nel gruppo erano rimasti in quattro.

La scrematura del terzo gruppo rivelò solo tre persone: alla fine erano rimasti in dodici. La musica ripartì e quando terminò Kei guardò di sfuggita le persone alla scrivania; gli sembrò che il coreografo lo stesse guardando, ma non approfondì la ricerca.

Altri due ragazzi furono scartati dopo una piccola discussione tra i giudici: sembravano in disaccordo su qualcosa.

Per l’ennesima volta la musica riempì la stanza e i dieci rimasti ricominciarono a danzare.

Gli fu chiesto di ripeterla ancora due volte, prima di metterli in fila e annunciare i due che ottennero il lavoro.

Kei riusciva solo a pensare a quanto avesse bisogno di una sigaretta e rischiò anche di non sentire l’esito per la sua distrazione.

Avevano preso due ragazzi neri dal cipiglio abbastanza inquietante, sembravano usciti da una banda di gangster. L’uomo che aveva parlato all’inizio congedò tutti gli altri e si congratulò coi due ragazzi presi.

Kei si diresse verso la sua giacca e se la infilò tranquillamente come se stesse uscendo da scuola dopo una solita noiosa lezione di storia. Vide con la coda dell’occhio alcuni tra quelli rimasti cercare di carpire informazioni sul perché della loro esclusione, prima di imboccare il corridoio che portava all’uscita.

Gli serviva assolutamente un posto dove il fumo non fosse vietato e soprattutto aria. Voleva aria e solitudine. Si sentì per un attimo come se quello che stesse desiderando in quel momento fosse assolutamente anormale, forse avrebbe dovuto provare dispiacere, non che si aspettasse di essere preso, ma perché solitamente una persona normale ci sarebbe rimasta male, almeno un pochino, non troppo, il giusto. Invece a lui niente. Non interessava niente. Ma in fondo lo sapeva di non essere del tutto normale.

-Ehi!-

Lui era tutto tranne che una persona normale e come faceva ad aspettarsi di provare un sentimento normale come il dispiacere per non aver raggiunto un obiettivo.

-Ehi tu!-

Che poi non era nemmeno un obiettivo, almeno non il suo. Quindi un po’ normale lo era. No, impossibile. Però.. fumare. Voleva fumare.

-Kei!-

Solo al pronunciare del suo nome si accorse che quel vociare in lontananza era rivolto a lui.

Si voltò e si ritrovò davanti il coreografo. Era leggermente più basso di lui, ma molto più robusto.

-Kei giusto? Sono Jermaine Crowde!-

Gli rivolse un sorrisetto divertito e gli tese la mano.

Kei si limitò a stringergliela aspettando che fosse lui a continuare.

-Ti volevo fare i miei complimenti! Sei davvero molto bravo..- Perché voleva dirgli quella cosa? Era a pochissimi metri dalla porta e dalla sua sigaretta e quello lì lo fermava per complimentarsi.

-.. se fosse stata mia la decisione finale ti avrei preso, ma purtroppo l’artista voleva solo neri, avrai notato di essere l’unico bianco alla fine! Credimi è stato già difficile convincerli a darti una possibilità!-

Era rimasto l’unico bianco? No,  non se n’era accorto. La sua espressione rimase indecifrabile.

-Questi rapper saranno anche bravi, ma in quanto a cervello..- Jermaine roteò gli occhi -..sempre con questi pregiudizi, e poi dicono ai bianchi!-

Sigaretta, fumo, sollievo; Kei desiderava solo quello.

-Comunque ti volevo dire che il mese prossimo faccio un’altra audizione sempre qui e..-

Kei riprese improvvisamente il filo del discorso e, prevedendo il resto della frase, cercò di anticiparlo.

-No, senti grazie, ma questa era la prima e ultima volta, io non voglio..-

-Ma non puoi arrenderti al primo tentativo!- L’uomo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un palmare.

-In verità io non volevo venirci, diciamo che mi hanno costretto (non era proprio esatto forse, ma quello che ne poteva sapere) e io non voglio.. fare questo!-  Non sapeva nemmeno lui come definire ciò che aveva appena fatto; osservò l’altro trascrivere su un foglietto le informazioni che cercava sul palmare.

-Ecco questa è la data e l’ora.. è sempre qui! C’è speranza che riesca a  costringerti anche io? Davvero.. sarebbe davvero un peccato se non riprovassi! La prossima volta avrò un po’ più influenza sulla decisione, non ti posso assicurare nulla, ma se balli come hai fatto oggi considera il lavoro già tuo!- Mantenne il ghigno divertito porgendogli il foglietto.

Kei lo prese titubante e prima che potesse rispondere qualcosa per declinare l’offerta l’altro riprese.

-Almeno pensaci! Ci conto eh!- Sparì oltre il corridoio.

Non era possibile. Di nuovo. Gli era successo di nuovo.

Prima che qualcun altro potesse fermarlo, parlargli o proporgli cose che non voleva assolutamente fare, si precipitò verso l’uscita e, finalmente all’esterno, si accese la sigaretta tanto bramata.

12 marzo alle 10. Osservò il biglietto e se lo infilò malamente in tasca.

Non si sarebbe fatto incastrare un’altra volta.

 

Si chiese qual era il problema. Il suo problema. Come una persona estranea poteva avere un effetto del genere su di lui. Come era possibile che fosse diventato così convincibile in così poco tempo e con così poco. Ancora. Nemmeno gli avessero offerto una montagna di soldi, o meglio un rifornimento a vita di sigarette, di quelle buone, quelle russe che gli mancavano, quelle belle forti. Doveva essere successo qualcosa di davvero strano in lui. Non se lo spiegava.

Gli sembrava di vivere un dejavu. Quella scena l’aveva già vista.

Per forza: l’aveva già vissuta. Poco meno di un mese prima era davanti allo stesso edificio, più o meno alla stessa ora.

Quando la volta precedente aveva lasciato quel posto, era sicuro che non ci avrebbe più messo piede, sarebbe stato pronto a scommettere qualsiasi cosa, tutta l’eredità di suo nonno, che avrebbe buttato quel biglietto che stava nella tasca della giacca appena arrivato a casa. Invece sfortunatamente gli era caduto mentre tirava fuori il cellulare. Davanti a Rei. Se lui non ci fosse stato, sicuramente sarebbe andata come aveva progettato. Invece quell’infido di un cinese aveva afferrato il foglietto e aveva chiesto spiegazioni e lui, ovviamente, da bravo idiota, gliele aveva date.

Si era fatto di nuovo convincere. Eppure lui non voleva diventare un.. un ballerino.. lui ballava sì, ma solo per svagarsi, per non pensare a niente, per dimenticare tutti i problemi, non era di certo sua intenzione trasformare quegli attimi di libertà in un lavoro.

Ma si era fatto di nuovo convincere. E come la volta precedente si ritrovò a ponderare l’idea di restare con quella di tornare indietro.

Si decise a girare i tacchi, ma non appena lo fece si bloccò di colpo. Si aspettava che ci fosse un ragazzo abbronzato a bloccarlo e trascinarlo dentro parlandogli di cose assolutamente inutili. Gli sembrò quasi di vederlo. Ma non era reale, non c’era nessuno a parte lui in quella strada, davanti a quella porta. Nessuno lo avrebbe bloccato, se ne sarebbe potuto andare tranquillamente.

Era arrivato allora. Finalmente quello che aspettava da tanto era arrivato. Il momento della pazzia assoluta lo aveva colpito. Sapeva che prima o poi sarebbe finito al manicomio, che sarebbe diventato pazzo, ma a quanto pareva prima, per dimostrare fino in fondo questo suo stato, avrebbe affrontato la seconda audizione della sua vita. In fondo doveva esserci un segnale, un qualcosa che convincesse tutti della sua malattia mentale. E quella era la situazione giusta.

Entrò senza quasi accorgersene nell’edificio e, come la volta precedente, percorse il corridoio che lo portò davanti alle due ragazze che gli fecero compilare il foglio e gli scattarono la foto a sorpresa.

Come l’altra volta entrò nella sala ricoperta di specchi e aspettò.

Pazzo, pazzo, pazzo, pazzo, pazzo, pazzo, pazzo, pazzo, pazzo, pazzo.

Più se lo ripeteva, più se ne convinceva.

Tra le persone che li avrebbero giudicati di sua conoscenza c’era solo Jermaine, che non appena lo vide non potè fare a meno di sorridere. Ma perché la gente sorrideva in continuazione?

Quel giorno Kei si sentiva più irritabile del solito, desiderava davvero che finisse tutto al più presto per potersene tornare a casa e ripromettersi di non lasciarsi mai più convincere da nessuno a fare niente. Niente di niente.

Di nuovo l’assistente di Jermaine si apprestò a insegnare la coreografia. Molto diversa dalla volta precedente. Il provino di questa volta era per un artista molto più commerciale e soft del rapper della precedente. Kei si ritrovò a preferirlo.

Rientrò nell’ottica di idee di ballare e basta. Non pensare a nient’altro.

Questa volta i posti disponibili erano quattro e alla tranche finale erano rimasti in sette.

Kei osservò per la prima volta gli altri ragazzi, accertandosi che non fosse di nuovo rimasto l’unico bianco, per non essere preso nuovamente in contropiede se qualcuno avesse voluto farglielo notare.

Non notò nessun importante dettaglio e tornò nella sua completa indifferenza. Era sempre in fondo, cercando di non farsi troppe pene per essere notato, anche perché non gli serviva: gli chiesero di venire avanti e mentre ripeteva la coreografia con gli altri notò che Jermaine lo stava indicando alla sua assistente che non gli tolse gli occhi di dosso per tutto il tempo.

Rimasero senza far nulla per almeno 5 minuti, in silenzio ad aspettare mentre la commissione si stava consultando. Sembravano in disaccordo su qualcosa; Kei si convinse che per quella gente fosse normale non andare d’accordo. Si spazientì leggermente. Aveva di nuovo voglia di fumare.

Stavano sicuramente cercando un punto di contatto, uno iniziò a parlare al telefono, ma il coreografo sembrava aver perso quel sorriso che da un’ora a quella parte aveva sfoggiato allegramente.

Comunicarono finalmente di essere indecisi e che per scegliere si sarebbero basati su chi aveva maggiori capacità, che si tradusse in un’entrata di break: avrebbero preso chi si dimostrava più versatile.

Era palese che Jermaine si stesse preoccupando delle potenzialità di Kei perché lo guardò leggermente dispiaciuto, come se fino a quel momento fosse stato sicuro dell’esito positivo mentre ora aveva seri dubbi.

Ma Kei come al solito era troppo ossessionato dal pacchetto di sigarette nella tasca della sua giacca per tranquillizzare il coreografo con un qualche sguardo; sinceramente non si sentiva in dovere di tranquillizzare quel tipo che, chissà come, lo aveva incastrato nuovamente in quella situazione, senza sigarette.

Partì la musica e uno per volta dovettero eseguire un pezzo di freestyle (improvvisazione n.d.a.)a terra.

Kei era il quinto in ordine di entrata. Jermaine lo osservò speranzoso che tirasse fuori qualche capacità nascosta, ma non ci contava troppo.

Dei primi quattro solo due si dimostrarono capaci di osare qualche move di break, gli altri cercarono di riempire con qualche passo spettacolare in piedi.

Mentre aspettava il suo turno, che non sembrava arrivare mai, Kei sentiva crescere dentro di lui sempre più impazienza. Lo stava colpendo uno dei suoi improvvisi sbalzi d’umore; lo innervosivano quei buffoni prima di lui, quelli agitati dopo di lui, lo sguardo speranzoso di Jermaine, la pacatezza degli altri seduti a giudicarlo, l’impossibilità di accendere una sigaretta in quel preciso momento. Sfogò tutti i suoi malesseri senza nemmeno rendersene conto. Attivò la sua aria da sbruffone, si sentì improvvisamente in sfida contro tutti i presenti, che pensassero qualsiasi cosa, che fossero impegnati a guardarlo o a ripetersi a mente la lista della spesa.

Sentiva comunque di non sopportarli e di doverli sfidare. Usò quasi ogni passo che era servito per dare una lezione a Naoki alla fine dell’estate e, quando si rialzò, era a pochi centimetri dalla scrivania, davanti al punto in cui era seduto Jermaine. Gli scoccò un’occhiata di sfida alzando le sopracciglia per poi tornare al suo posto.

Ritornò indifferente. Si era sfogato e ora l’unica cosa che lo indisponeva era la mancanza di nicotina. Non si curò più delle persone attorno a lui. Non si accorse nemmeno del sorriso che era spuntato di nuovo sul volto del coreografo.

Quasi si perse la proclamazione dei quattro prescelti. E lui era tra quelli.

Aveva ottenuto il lavoro. Solo in quel momento si accorse di non volerlo. L’aveva ottenuto, ma non ne era poi così contento. Non sapeva che pensare.

Sì, era pazzo. Se non lo voleva perché si era lasciato convincere a partecipare.

Si ridestò dalle sue osservazioni sulla propria sanità mentale solo quando Jermaine gli strinse la mano e gli diede una potente pacca sulla spalla.

-Tu sei un genio!- Non credeva che qualcuno potesse sorridere così tanto -Tu non ti libererai mai più di me lo sai vero?-

L’espressione di Kei assunse un cipiglio alquanto perplesso. Uno dei suoi peggiori incubi si stava avverando, o almeno, il suo ultimo peggiore incubo.

Era rimasto solo con gli altri tre scelti e aspettava di ricevere il contratto per quel lavoro: un video con un famoso cantante pop che sarebbe stato trasmesso su scala internazionale.

Ecco, ancora peggio. No, non voleva assolutamente farlo. Ma non riuscì a rifiutarsi, nessuno gli lasciava nemmeno il tempo di elaborare un modo per rinunciare.

-Ecco devi firmare qui e qui- Una delle ragazze gli fece vedere un foglio non ancora compilato, mentre l’altra consultava la sua scheda.

-Aspetta, ma tu sei ancora minorenne!- disse la seconda.

-Davvero sei minorenne?- si introdusse Jermaine.

-Già-

-Allora devi far firmare questo a un tuo genitore o chi per esso- continuò la ragazza.

Kei afferrò il foglio e si chiese chi è che dovesse firmarlo tra quelli che si occupavano di lui.

-Devi riportarlo il giorno delle riprese, dopodomani.. iniziamo alle 9- Gli disse il nome del posto e se ne andò per spiegare qualcos’altro a un altro ragazzo.

-Allora a dopodomani geniaccio! Mi raccomando sii puntuale!- Anche Jermaine si dileguò.

Si ritrovò da solo con quei fogli in mano per la strada, dimentico della sua sigaretta.

Perché non aveva fatto niente per fermare quella follia? Perché si era fatto incastrare in tutta quella stramba faccenda? Era inutile: non riusciva a fare a meno di attirare l’attenzione verso di sé. Eppure lui voleva sempre passare il più possibile inosservato: non voleva tutte quelle attenzioni da tutti.

Vagò per il resto del pomeriggio per le strade di Tokio rimuginando, fumando tutto il pacchetto che aveva in tasca per rimediare alla dimenticanza che aveva avuto appena uscito dalla palestra.

Se ne comprò un altro e si sedette alla fermata dell’autobus più vicina.

Gli ci sarebbero voluti altri 40 minuti prima di arrivare a casa, ma non voleva dire a tutti che lo avevano preso. Non riusciva ad esserne felice e nemmeno la volta prima si era dispiaciuto di essere stato scartato. Che cosa doveva fare per provare qualcosa? Qualsiasi cosa. Un qualsiasi tipo di sensazione. Di sentimento bello o brutto che fosse. Si ritrovò a pensare alla droga. Almeno quando l’effetto finiva provava dolore, provava disprezzo per se stesso e la sua condizione. Provava qualcosa. Cercò di levarsi dalla testa quello stupido, deficiente, terribile, disgustoso pensiero dalla testa. Come era arrivato a pensarci? Cercò di indirizzare i suoi pensieri verso qualche altro tipo di sentimento. Gli venne in mente solo la danza. Subito dopo tutti quelle osservazioni dolorose sulla droga ecco tutte quelle positive verso la danza, verso quella sensazione di libertà e leggerezza che sentiva mentre ballava: si ritrovò a paragonare l’inibizione dei sensi che gli portavano le sostanze stupefacenti con quella che gli procurava ballare. Si stava drogando di danza quindi? Non riusciva proprio a non essere dipendente da qualcosa? A quanto pareva no.

-Sei ancora in giro?- Si girò verso la voce che gli aveva rivolto la parola.

Non era possibile. Lo stava seguendo: era l’unica spiegazione.

Una sensazione finalmente fece capolino. Era scocciato. Ecco, provava qualcosa ora.

Non gli rispose, ma ottenne l’effetto opposto a quello desiderato.

Invece che andarsene, Jermaine si sedette accanto a lui sul muretto della fermata dell’autobus.

-Mi stai seguendo?-

-Direi che le nostre strade sono destinate ad incrociarsi più spesso di quanto pensassi.-

L’altro non gli diede risposta, ma continuò a guardare dritto davanti a sé.

-Ho un appuntamento qua vicino tra poco e ho parcheggiato qui dietro.. Non ci crederai, ma ci siamo incontrati per puro caso!-

Kei non aveva intenzione di rispondere. Si accese una sigaretta.

-Non dovresti fumare.. Può comprometterti i polmoni..- Maledetto autobus che non arrivava - .. e per un ballerino respirare bene è importante!-

-Smettere di fumare è proprio l’ultimo dei miei pensieri e poi.. e poi io non sono un ballerino- come al solito le parole gli uscirono tanto dure quanto il suo tono era piatto.

-Ho visto persone ballare peggio di te e dichiararsi comunque dei ballerini..-

-Non è un problema mio..-

-Se non sei un ballerino e non è la cosa che vuoi fare perché ti sei presentato all’audizione?-

-Questa è un’ottima domanda.. sarebbe bello avere anche un’ottima risposta-

-Non ti conosco, ma se sei davvero ancora minorenne e balli a quel modo.. credo che tu sia uno dei ballerini più bravi che io abbia mai visto negli ultimi dieci anni!-

-Non sono un.. un ballerino-

-Verrai vero a registrare il video?-

-Non lo so..-

-Dovresti provare.. che ne sai.. magari ti potrebbe piacere! E se così non fosse, non perderai più tempo a chiederti se è quello che vuoi fare..-

Calò il silenzio per un minuto interminabile.

-Considerala come una prova.. nient’altro che una prova-

L’autobus spuntò in fondo alla strada e Kei si alzò per alzare una mano e fermarlo.

-Pensaci!-

Le porte automatiche si richiusero dietro al ragazzo e la vettura ripartì.

 

Arrivò a casa quando tutto si era già fatto buio. Peccato che però fosse ancora troppo presto per passare inosservato.

-Bentornato a casa! Era tosto l’ora!- lo accolse Takao come temeva.

-Vado a farmi una doccia-

Si liberò velocemente degli altri e si rintanò in bagno cercando di metterci il più possibile.

Quando gli urlarono per la terza volta che era pronto dovette scendere per forza. Non aveva molta fame, ma dirlo agli altri sarebbe stato un suicidio. Mille domande sulla sua salute si sarebbero unite a quelle che cercava di evitare da quando era entrato.

Si sedette al tavolo insieme agli altri. Notò solo quando se la ritrovò davanti che c’era anche Hilary, ma cercò di non unire lo sguardo con lei.

Ci vollero due portate prima che qualcuno prendesse finalmente il coraggio di chiedergli come fosse andata quella mattina.

-Allora Kei.. ehm.. com’è andata oggi?- Rei riaffondò il viso nel bicchiere.

Kei, che stava finendo di addentare l’ultimo pezzo del suo pollo, temporeggiò qualche secondo prima di parlare. Ma Rei lo anticipò pensando di aver posto la domanda sbagliata e inappropriata.

-Cioè non è poi una cosa importante, se non ce lo vuoi dire, cioè ti capiamo, noi..-

-Mi hanno preso- Alzò lo sguardo al cielo prima di rimettersi a bere dal suo bicchiere come se non fosse stato lui a parlare.

- Co-cosa? Bello.. ehm complimenti! E’ una bellissima notizia!- Rei si sentì libero di raddrizzare la schiena e mostrare una faccia compiaciuta e un largo sorriso.

Kei si alzò all’improvviso e fece per lasciare la stanza.

-Ma dove vai?- Lo fermò Takao - ..dobbiamo festeggiare!- Kei lo guardò scettico in modo molto convincente.

-Ma che festeggiare! Che mi è saltato in mente! Vai pure!- Si corresse Takao risedendosi.

Kei lasciò definitivamente la cucina scuotendo la testa esasperato.

-Ma che ho detto!- Takao affondò nella sedia affranto.

 

Si era diretto in giardino per fumare la sua ennesima sigaretta della giornata, ma sicuramente non ancora l’ultima. E come al solito qualcuno era arrivato in quel suo unico momento di pace della giornata, al buio da solo con la sua sigaretta.

-Tutto a posto?- chiese Rei.

Rispose facendo spallucce.

-Non mi sembri felice di essere stato preso-

-Credi davvero che io possa essere felice per qualcosa?-

-Ma certo che sì! Che domande sono?-

Altre spallucce.

-Quindi non sei.. contento.. di essere stato preso?-

-Mi è del tutto indifferente.. Non so nemmeno se voglio davvero fare questa cosa-

-Non hai intenzione di andare?-

-Non so.. Penso che se rinunciassi ora li metterei nei casini..- In effetti l’unico suo scrupolo era quello.

-Magari.. che ne sai.. potrebbe essere divertente..-

-Questa me l’hanno già detta-

-Perché forse è vera!-

Non gli rispose e terminò la sigaretta ricordandosi in quell’istante di un particolare.

Salì le scale fino in camera sua per poi tornare nella cucina finalmente poco affollata.

-Nonno J?!-

-Sì figliolo?-

-Dovrei far firmare questi fogli per quel lavoro.. lo puoi fare tu giusto?-

-Immagino di sì.. fammi vedere!- Si asciugò le mani e si sedette al tavolo.

Compilarono i documenti dopo aver appurato che rientrava tra i compiti dell’uomo firmare.

-Beh.. Complimenti davvero Kei.. è davvero una bella opportunità!-

Meno male che tutti lo pensavano, avrebbe finito per crederci anche lui se qualcun altro glielo avesse ripetuto.

Per fortuna nessuno ebbe intenzione di rivolgergli la parola per il resto della serata e poté rifugiarsi in camera finalmente solo e nella penombra.

Prese il cellulare per vedere se qualcuno l’aveva cercato. C’era solo un messaggio del suo operatore telefonico che gli ricordava l’importo del suo credito e uno di Mizuki che gli chiedeva come fosse andato il provino.

Non le rispose per molte ore, solo quando era sicuro che non avrebbe potuto rispondergli le inviò l’sms con quella che doveva essere la “bella notizia”.

Si chiese se fosse il caso di avvertire Yuri e gli altri di quello che stava facendo. Glielo avrebbe detto, ma in futuro, quando avrebbe avuto le idee più chiare.

Non faticò ad addormentarsi, era abbastanza stanco per abbandonarsi a una notte senza sogni.

Il giorno dopo dovette andare a scuola, più per far contento Nonno J che per altro, gli doveva molto e non sapeva come dirgli di no.

Scoprì solo alla seconda ora che avrebbero avuto tema in classe quel giorno, ma non se ne preoccupò minimamente. Intanto non sarebbe andato bene in ogni caso; per fortuna stava simpatico al professore e non avrebbe avuto un brutto voto comunque.

Il resto della giornata fu invece assolutamente monotono e il giorno dopo arrivò abbastanza presto.

Avrebbe potuto dormire di più, ma si affrettò a uscire prima degli altri perché non voleva sentire i loro mezzi discorsi che gli avrebbero fatto velocemente cambiare idea sul presentarsi.

Arrivò a destinazione in anticipo e si sedette fuori dal grande hangar in cui si sarebbe girato il video fumandosi una sigaretta: immaginava che non avrebbe potuto fumare per diverse ore e ne approfittò prima che potesse essere troppo tardi.

Appena lasciò cadere la cicca a terra e la calpestò per spegnerla, la persona che in quel periodo lo urtava di più gli si parò davanti.

-Pronto?!-

Lo guardò sconcertato dalla perenne presenza del sorriso su quel viso.

-Lo considererò come un sì! Dai entriamo!-

Kei seguì Jermaine all’interno dell’hangar che era già pieno di gente che si spostava da una parte all’altra e trasportava attrezzature, la metà delle quali Kei non sapeva nemmeno a cosa potessero servire. L’immenso spazio era stato diviso da delle paratie alte poco più di due metri, formando diverse stanze minori e una enorme in cui era montato una scenografia illuminata da diverse luci e puntata da parecchie telecamere. Il set riproduceva un locale provvisto di pista, tavolini e bancone.

Si fermarono in una delle stanzette create dalle paratie che fungeva da sala prove.

-Allora.. Hai fatto firmare l’autorizzazione?-

Kei gli consegnò il foglio firmato da Nonno J, che il coreografo sfogliò velocemente soffermandosi solo sulla firma e sulle caselle che indicavano se il firmatario fosse il padre, la madre, o chi ne faceva le veci notando marcata la terza casella e la discordanza dei cognomi, ma non fece domande.

-A questo ci penso io!-

Jermaine, con grande sollievo di Kei, fu intercettato subito da diverse persone che gli davano indicazioni sul programma e su quello che avrebbe dovuto fare e non ebbe più l’opportunità di stare da solo con Kei.

Arrivarono gli altri tre che avevano passato il provino con lui e altri ragazzi e ragazze che già facevano parte del corpo di ballo dell’artista.

Per tutta la mattinata fecero le prove della coreografia, la quale era spezzettata in diverse scene, in diversi luoghi del set e in diversi punti della canzone.

Solo verso mezzogiorno arrivò il cantante (un tipo tanto bello quanto erano le arie che si dava) per provare il suo pezzo di coreografia.

Il catering portò da mangiare prima di iniziare a girare. Finito di pranzare entrarono nella stanza guardaroba nella quale una miriade di vestiti aspettavano solo il proprio proprietario.

Le costumiste non dovettero far fatica a trovare qualcosa che stesse bene a Kei, poiché a lui stava bene proprio tutto.

Per girare, tra un ciak e l’altro, impiegarono tutto il pomeriggio.

Riuscì nell’aria fresca di marzo che gli faceva solo che piacere verso sera. Come aveva previsto non era riuscito a fumare per tutta la giornata, tranne una volta subito dopo pranzo quando si era imboscato con una delle ballerine in una porta esterna laterale per cinque minuti.

Non aveva tanto patito per la mancanza; era stato tanto occupato da non avere il tempo di pensare al fumo, tranne nella pausa pranzo nella quale aveva liberato la testa dal lavoro.

Beh, certamente la giornata si era rivelata più interessante di una qualsiasi mattinata passata a scuola e alla fine non si sentì pentito di essersi fatto convincere.

Ecco, lo stava ammettendo, anche se solo nella sua testa, che si era divertito; cioè non proprio divertito, forse svagato era la parola giusta. Era stato impegnato a scoprire tutte le cose nuove di quel mondo che aveva quasi dimenticato qualsiasi suo problema.

Era riuscito a estendere quel piacere che provava quando ballava a tutto il resto della giornata, ed era stata una sensazione piacevole.

Con gli altri non aveva scambiato più di due parole, cioè aveva annuito o risposto a monosillabi alle due parole che gli rivolgevano gli altri.

Tranne la ragazza con cui aveva fumato la sigaretta: lei ora stava camminando in silenzio di fianco a lui, con l’aria rilassata e compiaciuta.

Dovevano entrambi andare verso la fermata dell’autobus e lei, scoperta per puro miracolo quest’informazione, si era subito premurata di accompagnarlo.

Dentro all’hangar avrebbero continuato ancora a girare le scene in cui il cantante era da solo e questo aveva tenuto lontano Jermaine da Kei, nonostante fosse chiaro che volesse dirgli qualcosa prima che il ragazzo andasse via. Ma il russo si era defilato non appena gli era stato possibile con successo.

-Devi andare subito a casa?- chiese la ragazza mentre si appoggiavano al gabbiotto della fermata.

-Probabilmente-

-E’ vero tu sei quello piccino! Si staranno preoccupando!-

La guardò perplesso.

-Sei minorenne no?-

-Le voci girano- tornò a guardare la strada chiedendosi che cosa ci fosse di così rilevante nella sua età.

-Già! Dovrai farci l’abitudine, in questo ambiente non si può sperare di tenere un segreto!-

Ritornò per la seconda volta a guardarla perplesso.

-Non credo che farò questa cosa ancora-

-Perché? Mi sembravi a tuo agio.. e poi sarebbe davvero un peccato!-

-Sì, cioè non è andata male, ma..- fece spallucce prima di continuare - ..non so se è quello che voglio fare-

-E come pensi di scoprirlo?-

L’aveva preso in contropiede: come pensava di scoprirlo? Contava che provando una volta le idee si sarebbero fatte chiare, ma non era così, se possibile era ancora più confuso di prima.

-Non lo so- Kei si sentì di ripetere quella frase troppe volte nell’ultimo periodo. E non gli piaceva.

-Beh..- la ragazza era indecisa se continuare -..tra qualche settimana se non sbaglio, Jermaine lavora con Lauren Bright e credo che debbano ancora fare le audizioni, secondo me sarebbe felice se ci andassi anche tu!-

-No no no.. ferma.. Non ho intenzione di farmi incastrare per l’ennesima volta- disse portando le mani avanti, mentre le immagini di tutte le persone che nelle ultime settimane lo avevano spinto a presentarsi a quelle audizioni, da Ryo fino a Rei, gli passavano davanti.

-Ma non ti voglio incastrare!-

-Anche se non vuoi, lo stai per fare-

-Facciamo così.. se ti presenti alle audizioni e Jay ti prende, e se prende anche me ovviamente, ti concedo di uscire con me!-

A Kei scappò una risata per la situazione che si era creata.

-E chi ti dice che io vorrei uscire con te-

-Beh, come fai a resistere a una come me?- Ridendo si passò una mano tra i lunghi capelli castani mettendo su un’espressione da sostenuta.

Carina era molto carina. Sì, forse anche un po’ più di carina.

Scosse la testa esasperato anche per i suoi improvvisi pensieri.

-Allora affare fatto?-

Kei alzò le braccia in segno di resa; ormai non era più padrone delle proprie azioni.

-Perfetto!- Rubò il cellulare dalla tasca della giacca di Kei e salvò il suo numero nella rubrica. Poi si fece uno squillo e salvò quello di Kei sul suo.

-Ti scrivo un messaggio per i dettagli allora! Appena lo dirò a Jay sarà entusiasta!-

-Cosa? Te l’ha chiesto lui?-

Lei fece la faccia da santarellina.

-Ma certo che no! E’ tutta una mia idea! Solo che Jay mi ha parlato di te come un bambino parla del suo dolce preferito e penso che in questo modo saremmo tutti contenti.. lui avrà il suo ballerino, io il mio appuntamento e te..-

-..e io?-

-Beh.. – si spremette le meningi per trovare qualcosa di convincente -..tu le tue risposte!-

-Ma lo sai che potrebbero arrestarti se esci con me?-

-Non ci avevo pensato.. vabbè correrò il rischio!- Gli sorrise genuinamente.

 

 

 

 

Ed eccoci qui.. il cerchio si è chiuso.. o almeno il mio cerchio! Infatti questo capitolo, come i prossimi due, erano già stati scritti almeno due anni fa, poco dopo il pezzo della Russia u.u ebbene, questa è la conferma che tutto era già deciso e che avrebbe portato qui. Rileggendolo, comunque si nota la somiglianza con i primi capitoli, anche se ho corretto un po’ di cose qua e là!

Insomma.. quanta danza! Se la odiate me ne dolgo molto u.u

Ma vabbè.. annuncio anche che questo è l’ultimo capitolo che mando dall’Italia.. dal prossimo si diventa international! Sperando bene per la connessione che avrò :O ma non fasciamoci la testa prima di essercela rotta!

Nel frattempo recensite bimbe belle e fatemi sapere quanto mi lovvate o quanto mi odiate u.u

Un bacione :)  

 

 

 

   
 
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