Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Doralice    16/09/2011    4 recensioni
Alaric si fece rapidamente due conti: in quella sala c'erano tre vampiri, una doppelgänger che era la chiave vivente per la libertà delle peggiori creature oscure, una strega, un angelo incarnato, un dampiro che faceva il Van Helsing per la Chiesa e due umani resi immortali da degli anelli incantati.
Gli X-Men ci fanno una pippa! - pensò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Between Heaven and Hell'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5

~

Dove tanto per cambiare certa gente fa di testa sua



Damon non poteva leggere nella mente. Questa era l'unica cosa che in quel momento atterriva completamente Caroline. Aveva capito di essere nata sotto una cattiva stella dal momento in cui i fratelli Salvatore l'avevano coinvolta in quella stupida guerra, ma adesso era troppo. Adesso lei aveva saputo qualcosa che non doveva sapere – anche se non ci aveva capito assolutamente nulla – e questo qualcosa faceva gola a Damon. L'aveva capito nonappena aveva rimesso piede nella stanza e lui l'aveva guardata: si era sentita come prima, quando era solo umana, quando l'aveva soggiogata. Un oggetto utile.

Ma Caroline era stata morsa già troppe volte da lui. Davvero troppe.

Si sfregò una mano sul collo, rincagnandosi nelle spalle. Pas le lanciò un'occhiata che non seppe decifrare. Vergogna? Le sue iridi rosse lasciavano trasparire ben poco, solo quello che lui voleva. Sarebbe stato inopportuno da parte sua dirgli che non era per il suo morso che stava male? Si era esposta anche troppo.

Sospirò e abbassò gli occhi. Non c'era niente da fare. E se Damon voleva scoprire quello che sapeva, ci sarebbe riuscito e basta. Aveva la sensazione che sarebbe sempre andata così, che sarebbe stata l'eterna vittima sacrificale di quei giochi tra vampiri.

Fu in quel momento che Alaric le chiese se aveva bisogno di un passaggio a casa. Caroline ci mise un po' a mettere a fuoco quello che le stava dicendo. E dopo balbettò qualcosa di incomprensibile, perché semplicemente non sapeva che cosa fare. Non voleva allontanarsi dai suoi amici, ma non voleva nemmeno stare nei paraggi di Damon. E Tyler? Chi si sarebbe occupato di lui?

Aveva una gran voglia di ficcarsi nel proprio letto, abbracciare il suo cuscino e dormire in pace.

Riaccompagno Jeremy. – le stava dicendo.

Mi fermo anch'io. – aggiunse – A casa Gilbert, intendo. –

Caroline lo guardò basita. Non capiva per quale motivo quell'informazione avrebbe dovuto interessarle: preferiva non sapere che lui e Jenna avrebbero passato la notte insieme. C'erano fin troppe coppiette felici in quella stanza.

Poi notò lo scambio di sguardi con Pas.

Il letto di Elena sarà libero. – le fece notare Alaric.

Caroline era un po' lenta e aveva la tendenza a credere che nessuno si preoccupasse per lei, ma non era scema. Capì che Damon non avrebbe rischiato in casa Gilbert – non con altre tre persone presenti – e d'improvviso l'idea di passare la notte fuori non le sembrò più così terribile.

Annuì timidamente, quasi temesse che troppo entusiasmo avrebbe cancellato quella favolosa scappatoia. Prese il borsone con le sue cose e seguì gli altri fuori dalla casa. Poi si ricordò...

I piedi saldamente puntati sull'ingresso, si voltò rigidamente e guardò dentro. Tyler sedeva per terra, rannicchiato, ignorato da tutti. Un incomprensibile miscuglio di soddisfazione e tristezza la attanagliò.

Starà bene, chérie. –

Caroline non trasalì. Aveva già percepito che si era avvicinato a lei e comunque era sicura che per un vampiro sarebbe stato indecoroso trasalire come un comune mortale. Però in quel momento ci sarebbe stato a pennello.

Di' un po', ma leggi nel pensiero? – gli chiese, vagamente impacciata.

No. – Pas sorrise appena – E me ne faccio un vanto. –

Ecco, non capì bene il perché, ma in quel momento avrebbe tanto voluto dargli un bacio. Un innocente, sciocco bacetto sulla guancia. Una cosa talmente puerile che si tolse l'dea dalla mente prima che potesse metterla stupidamente in atto.

Il problema era che Pas sembrava di diverso avviso. Perché inclinò la testa e si batté un dito sulla guancia, restando in attesa.

Per la seconda volta nella serata, Caroline avrebbe voluto trasalire. Si guardò intorno imbarazzata, ma nessuno prestava loro attenzione. Era fregata!

Gli diede un bacio a velocità vampiresca, ma così veloce che un essere umano l'avrebbe percepito al massimo come uno spiffero. Peccato che lui fosse un dampiro.

Fuggì via senza guardarlo, come la goffa adolescente che era stata. E per quanto il suo cuore non battesse e nelle sue vene il sangue non scorresse, fu certa di sentire le guance andare in fiamme. Caroline era sicura che tutto questo comportamento fosse del tutto inappropriato per un vampiro, ma si disse anche che era proprio stufa di recitare la parte della brava vampira.

~~~

A che gioco stavano giocando, era ormai chiaro. Damon si chiese se Pas non stesse perdendo colpi. Insomma, mandare via Caroline con tanto di scorta al seguito...

Grazie per conferma.

Adesso aveva la certezza che il contenuto di quella pagina era molto interessante e che secondo loro sarebbe stato meglio che lui non sapesse niente. Il problema era un altro: non potendo estorcere le informazioni che desiderava da Caroline, in che altro modo avrebbe potuto ottenerle?

Andò per esclusione: le uniche persone presenti che sapevano qualcosa di quella faccenda erano Pas e Nora. La pennuta aveva iniziato a manifestare una stanchezza tutt'altro che angelica e se n'era andata con gli altri. Dal suo vecchio compare di poker non avrebbe ottenuta nulla.

Pensa, Damon, pensa...

Osservò, senza vederli davvero, i frammenti anneriti della pagina incriminata, che giacevano nel portacenenere sul tavolino davanti a lui. Un rumore sordo attirò la sua attenzione: Bonnie aveva chiuso con poca grazia un diario e ne aveva preso un altro, sfogliandolo distrattamente.

Damon sogghignò tra sé.

Ehi, Bennett. –

Bonnie sospirò con aria sostenuta e disse un annoiato “Cosa?” senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Vediamo che sai fare. –

Damon si stiracchiò come un gatto e si preparò al trucchetto di magia. Ingredienti: un pagina a caso da un vecchio, inutile diario, un accendino, una strega troppo sicura di sé per pensare di poter cascare in una trappola. Il resto l'avrebbe fatto la leggendaria dialettica di Damon Salvatore, indiscusso genio del male.

~~~

Ma quante visite stasera. Sa l'avessi saputo avrei preparato del the. –

Katherine sapeva perfettamente che l'ironia non funzionava con Elijah, ma non poteva esimersi dal fare la parte di sé stessa. Non quando la propria vita dipendeva da quanto bene avrebbe recitato la sua parte. E infatti Elijah non aveva risposto – prevedibile. Si era limitato a “non guardarla” come sempre, come se fosse una creatura troppo insignificante per meritarsi la sua attenzione. Peccato che Katherine si ricordava bene che lui non l'aveva sempre guardata così. Oh, no.

A cosa devo l'onore? – gli chiese.

Elijah guardò John. Katherine l'aveva mandato a chiamarlo e per una volta quell'imbecille aveva fatto il suo dovere.

Sostiene che hai qualcosa da dirmi. –

Katherine schioccò la lingua: – In effetti sì. Ma non sono certa che potrebbe interessarti. –

Elijah era veloce. Molto. Ma quella mossa era talmente ovvia... Katherine si allontanò di scatto, nascondendosi nel buio della cripta, ascoltando i passi di lui che riecheggiavano tra le volte di pietra.

Non essere sciocca, sento il tuo odore. –

Non essere timido, sento che vuoi giocare. –

E d'improvviso Katherine si trovò catapultata indietro nel tempo. Era il secolo scorso, no, quello prima, no, era molto prima... era tutta la sua vita. Klaus non si scomodava dal suo rifugio, sguinzagliava sempre i suoi servi per cercarla. Elijah era il più fidato. Ed era il più bravo, anche, ma questo Klaus non lo sapeva. Non avrebbe mai saputo che Elijah la trovava sempre, che la braccava e la minacciava, ma non la catturava. Mai. Faceva in modo che fosse costantemente sotto tensione, terrorizzata, perennemente in fuga, priva di qualsiasi speranza di pace. Le era sempre addosso, avrebbe potuto prenderla e condurla da Klaus in qualsiasi momento, ma non lo faceva mai.

Quella notte, in quella piccola, umida cripta, Elijah e Katherine riesumarono i vecchi tempi. Era solo una un pallida imitazione di ciò che avevano vissuto in quegli ultimi secoli, ma alla fine furono entrambi stremati, eccitati e colmi di adrenalina, come accadeva solo dopo un inseguimento intercontinentale.

Vedo che ti sono mancata. – ansimò contro la pietra fredda.

Elijah ce la stava tenendo premuta contro. Non la toccava che non una mano e Katherine, per quanto non potesse vederlo, se lo immaginava perfettamente. Elegante come sempre nel suo completo di sartoria, nemmeno uno capello fuori posto, e una considerevole distanza tra i loro corpi. Come se, una volta raggiuntala, finalmente, fosse lui ad avere timore di lei.

Taci. O dimmi quello che devi. –

Quale torto dovesse avergli fatto, Katherine poteva immaginarlo, ma preferiva seppellire quell'idea in un angolo remoto. Un tempo, Elijah era stata una delle rare persone che nella sua lunga vita le aveva dato ciò di cui aveva bisogno: accettarla per ciò che era. Il che riconduceva inevitabilmente al motivo del torto. Oh, be', Katherine era sempre stata una maestra nel farsi del male da sola.

Se proprio vuoi saperlo, soggiogami. –

Ed era recidiva.

Ricordati che me l'hai chiesto tu. –

La voce di Elijah, mentre la girava tenendola per le spalle, era pacata, fredda e distante come sempre. Eppure Katherine per la prima volta ebbe davvero paura di lui. Non di Klaus, né di ciò che che poteva farle Elijah come Antico, bensì di Elijah come persona.

Non ho mai chiesto di essere la vostra dannata Chiave. – sibilò, sentendosi terribilmente patetica.

È un po' tardi per le giustificazioni. – commento lui alzando un sopracciglio – Guardami. –

Mentre alzava lo sguardo su di lui, Katherine pensò che ci si era cacciata da sola in quella situazione e che da sola ne sarebbe uscita. E l'avrebbe fatto a testa alta, come ogni volta.

Elijah la osservò per un interminabile momento. Poi, quando parve abbastanza soddisfatto del terrore che le stava incutendo, parlò.

Non lo farò. Ma mi dirai tutto lo stesso. –

Katherine nemmeno tentò di nascondere il patetico sospiro di sollievo. E subito si mise a parlare, come se non avesse aspettato altro. Riempì di parole le ombre della cripta, raccontandogli di Pas, dell'angelo, dello stupido piano che sicuramente stavano progettando.

Se Damon non è stupido, vorrà fare quello che vuoi fare tu. – commentò distrattamente.

Elijah inclinò appena la testa: – E cosa vorrei fare io? –

Katherine gelò. Le era sembrato ovvio, ma dietro la solita freddezza di quelle parole, percepì tutto lo scherno per la sua presunzione.

Sappiamo tutti e due che qualsiasi metodo per uccidere Klaus è fallibile. – replicò, gonfiandosi in tutta la sua (al momento poca) autostima.

E presumi che invece quello non lo sia. – concluse lui.

Katherine strinse gli occhi: – Lo è? Come potrebbe esserlo? –

Elijah non rispose. Le voltò le spalle e si avviò verso l'uscita della cripta. Katherine gli corse dietro, andando a sbattere contro la “barriera” che lui stesso le aveva imposto.

Dimmi che questa informazione è inutile e sarà una menzogna! – gli urlò inferocita – E lo sapremo entrambi! –

Mi è utile. – ammise candidamente – Ma non nel modo in cui credi tu. –

Katherine di rabbuiò: non le andava a genio quando non capiva ciò che gli altri avevano in mente. In particolare quando gli altri avevano tutto quel potere su di lei.

Ah, Katerina. –

Gli occhi nei suoi e poi ecco, la solita, invincibile inerzia che la prendeva. Una marionetta tenuta su dal potere di Elijah.

Aveva detto che non l'avrebbe fatto...

Era solo questo il suo pensiero. Tempo dopo Katherine avrebbe compreso che quello che stava per succedere era il momento più intimo mai verificatosi tra di loro. Ma avrebbe dovuto attraversare un oceano di odio per arrivare a quella verità.

Da questo momento non avrai altro pensiero che questo: sapevi che ti amavo, ma non mi hai chiesto aiuto, e non sapremo mai come sarebbe andata se l'avessi fatto. –

L'urlo era agghiacciante e scaturì senza alcun preavviso, si moltiplicò per le pareti del cripta e la gettò nel terrore più nero. Ci vollero ore perché Katherine capisse che era lei ad urlare.

~~~

La gente parla di quello che non ha. Il problema con Damon era che non parlava con nessuno e, se non si poteva leggergli nel pensiero, non si capiva cosa voleva veramente. E, no, a dispetto delle sue paranoie, Nora non aveva capacità telepatiche.

E quindi cosa voleva Damon Salvatore?

Voleva Elena? Probabile. Ma la amava troppo per tramare ai danni della sua felicità.

Voleva vendicarsi della Pierce? Sicuramente. Ma non sembrava una sua priorità, al momento.

Voleva liberarsi degli Antichi? Be', che novità! Questo lo volevano tutti: era una gatta da pelare che ormai aveva varcato confini di Mystic Falls.

Ma Damon Salvatore, in quanto individuo dotato di pensieri, desideri, sogni eccetera... il Damon che più si avvicinava ad un essere umano, quel Damon lì... che cosa voleva davvero?

Nora dubitava fortemente che lui stesso lo sapesse. Sembrava congelato in una lotta interiore tra il desiderio di autodistruzione e di rivalsa contro il mondo intero, e la necessità di essere accettato – di accettarsi – per ciò che era. Insomma, era incastrato in un'eterna adolescenza. Il che faceva di lui un uomo come tanti altri.

Oh, per carità, meglio l'immaturità di Damon che la caparbietà di Stefan. Se qualcuno avesse chiesto a Nora chi dei due fratelli Salvatore le faceva più paura, senza dubbio avrebbe detto il minore.

Damon, nella sua disperata ricerca di sé stesso, era “prevedibilmente imprevedibile”: sapevi che stava costantemente complottando qualcosa – qualcosa di incredibilmente stupido e dettato dalla sua proverbiale impulsività, e che sicuramente alla fine si sarebbe rivelato inutile e dannoso. Il guaio di Stefan, invece, era che lui rifletteva, pianificava, non faceva mai niente di azzardato: le sue decisioni erano supportate da una tale sicurezza interiore che nessuno avrebbe potuto fermarlo veramente.

Damon era iperattivo e avventato, e cambiava continuamente idea, Stefan era granitico e inamovibile. Le azioni di Damon erano discontinue, perché poteva essere fermato in qualsiasi momento, attratto com'era da ogni minima possibilità di uscire dal suo gorgo di personale afflizione. Le azioni di Stefan potevano essere fermate solo con un paletto.

Nora l'aveva percepita più volte quella sua implacabilità, e si augurava di non doversi mai mettere a confronto con lui. Non che ne avesse paura – non c'era paragone tra loro – ma Nora era consapevole del fatto che Stefan non si sarebbe fermato davanti a niente pur di ottenere ciò che voleva. Questa era forse l'unica vera caratteristica che lo accomunava ad Elena. E a Katherine. Ma qualcosa le diceva che Stefan si era innamorato della doppelgänger per ben altri motivi.

Nora batté le palpebre e strizzò gli occhi mentre chiudeva l'acqua. Plic-plic facevano le gocce che scivolavano dalle dita e andavano a cadere sulle mattonelle. Soffiò via l'aria con stizza e agguantò un asciugamano: si era rovinata la sua prima doccia pensando. Uscendo dal box uscì anche da quelle riflessioni.

Lo specchio era appannato: ci disegnò un faccia che faceva la lingua. Si alzò in punta di piedi e fece combaciare la smorfia con la sua immagine riflessa. Coandava meglio.

Fare qualche puttanata ogni tanto... fare come se fossi umana...

Si appoggiò al lavandino, strofinando i capelli con l'asciugamano. Ne riemerse con la testa arruffata e di nuovo impegolata in fastidiose meditazioni.

Una volta non era così. Lassù, come entità angelica, non faceva tutta quella fatica a pensare. Le cose si dispiegavano chiare e lineari davanti a lei, prima ancora che si ponesse le domande.

Doveva scoprire cosa stava tramando Damon e doveva farlo prima che ne facesse una delle sue. La domanda era: doveva informare dei suoi dubbi anche gli altri? A parte Pas, ovviamente. Era sicura di poter gestire la situazione anche da sola, ma forse per prudenza sarebbe stato meglio dirlo ad Alaric – se si fidava Pas, poteva farlo anche lei. Stefan no: quello era capace di uccidere il fratello se avesse anche solo sospettato che poteva essere un pericolo indiretto per Elena.

Nora sospirò tra sé. E la stanza divenne immediatamente più piccola e soffocante. Per ottenere una missione come quella aveva atteso per un tempo che sarebbe stato incalcolabile dalla mente umana. Era preparata, aveva alle spalle miglia di missioni. Allora cosa diavolo era quella stanchezza che l'aveva presa, all'improvviso, nel soggiorno della casa sul lago. Non era passato nemmeno un giorno e già si stava arrendendo?

Maledetti vampiri...

Tra uno sbadiglio e l'altro, Nora maledisse più volte quella stirpe di dannati succhiasangue, origine di tutti i suoi mali dacché era nata. Spense la luce e uscì dal bagno, muovendosi impacciata tra le stanza buie. Alaric era stato gentile ad accettare di ospitarla, ma non conosceva quell'ambiente. A dire il vero, non conosceva nessun ambiente: era un centinaio di anni che non aveva un corpo materiale con il quale occupare dello spazio in quel piano dimensionale. Doveva imparare daccapo a muoversi come un essere umano e ciò comportava una certa quantità di spigoli presi sui gomiti, di anche sbattute sugli stipiti e di piedi che inciampavano in scalini e tappeti. Un flipper vivente, praticamente.

Nonostante tutto, Nora riuscì a guadagnare la camera da letto. Si lasciò cadere sul letto, muovendo meccanicamente braccia e gambe come... un angelo. Le venne da ridere, ma era troppo stanca, quindi emise solo un singulto indistinto.

Sulla neve viene meglio. –

Si puntellò sui gomiti e osservò perplessa la figura che stava in piedi, vicino alla finestra, con la schiena appoggiata al muro e le braccia incrociate sul petto. Damon Salvatore.

Nora fece ricadere la testa sul letto, sbuffando sonoramente.

Sto cercando di dormire. – piagnucolò, agguantando un cuscino e stringendosi a chiocciola.

Damon si staccò dalla parete e si sedette sul bordo del letto.

Non sei piatta come sembrava. – commentò.

Nora soffocò uno sbadiglio: – Avevo sedici anni quando sono morta, mica dodici. –

Nemmeno un po' di imbarazzo. Peccato, avrebbe dato più pathos alla scena.

Se speri che mi mi metta a strillare come in un romanzetto, stai fresco. Lassù si gira con l'anima in bella vista, sai quanto mi fa effetto che mi vedi nuda?

Non è questo l'effetto su cui conto.

Alla fine ci era arrivata, ma ormai era troppo tardi. Dopo si sarebbe giustificata scioccamente dicendosi che era stanca e stressata, ma la verità era che una Virtù Angelica Incarnata non poteva permettersi certi errori, in nessun caso, e men che meno in una situazione delicata come quella. Ma questo, e tante altre belle cose, se le sarebbe dette dopo. In quel momento doveva ancora realizzare com'era possibile che i denti di Damon fossero affondati nel suo collo.

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Doralice