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Autore: SakiJune    17/09/2011    1 recensioni
In "Fly Little Wagtail" avevamo lasciato Clarissant risvegliata ad una nuova vita e ad un nuovo amore. Qui ritroveremo Bedivere, Lucan, Amren ed Eneuawc; conosceremo Elyan e quel bacchettone di suo padre Bors, Garanwyn e le sue canzoni. E con i loro occhi vedremo il mondo disfarsi, la gloria farsi vergogna, la realtà vacillare."Guardando i propri figli inginocchiati davanti al re, mentre pronunciavano il loro giuramento, Bors e Bedivere sorridevano. Ma non confondete, ecco, questi due sorrisi, badate. L'uno significava dominio, orgoglio, sollievo; l'altro tenerezza, partecipazione, amore."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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E poi è così, si ritrova il filo e si torna ad aggiornare.
Grazie a Ila, che me lo scrive blu su bianco tra gechi e polpi di peluche.
Grazie a Deirdre che aspetta da troppo, o forse ha già smesso di aspettare! Ecco il nome della bimba di Lucan e anche quello del moccioso di Armelle. "Haliesin" somiglia a "Taliesin", ma invece di "tal" (ciglio) c'è "hal" (sale). È un'immagine (il sale che splende) che mi ricorda gli scogli con la bassa marea :)
E grazie a Caillean. Sempre.




Aline aveva seri problemi di pronuncia con i nomi gaelici. Si riferiva a Sir Bedivere con Monsieur le duc Bedoier, il che andava benissimo, e chiamava Eneuawc Mademoiselle Anfeu, il che faceva quantomeno sorridere. Nonostante questa sua lieve e divertente debolezza, quando il cognato le aveva chiesto come si chiamasse la piccola, ella gli aveva risposto: - Come vostra madre, se vi sarà gradito. - Si sarebbe potuto trattare di Gwencwyllygcundrië, e quest'eventualità la fece stare un poco sulle spine: ma il nome della defunta duchessa era Cailleagh e lei aveva sospirato di sollievo.
Era stato bello vivere tutti insieme. Sembrava tornato lo splendore dei tempi andati; non che Conn potesse ricordare un granché di quei tempi andati. Ma era durato davvero troppo poco.


L'aria di mare faceva bene ai bambini e questo lo sapevano anche i sassi, ma non era per questo che Aline era stata così entusiasta di recarsi a Grainthorpe (Conn credeva che fosse perché sapeva pronunciarlo abbastanza bene). Quel luogo, che in realtà sarebbe potuto consistere di un tetro strapiombo sull'acqua e di un altrettanto lugubre e umido maniero abbarbicato sulla cima di detto strapiombo, le era già caro per averne sentito il nome dalle labbra del suo amato.
Che poi, si era chiesta, perché vi era stato tanto affezionato? Era nato a Lindsey, e aveva vissuto la maggior parte della sua vita a Camelot, giusto? Sapeva così poco... frammenti, frasi spezzate tra un bacio e l'altro, tra una carezza e l'altra... prima di dirsi addio.
E di tutto quel tentare di raccontare, quel nome era riuscito a rimanerle così impresso.
Come se avesse voluto consegnarle un messaggio, come se la stesse guidando, tenendola per mano, a scoprire ciò che avrebbe potuto essere.

Nessun precipizio. Solo un declivio che scendeva dolce, verdissimo, fino alla spiaggia di sabbia fine, e poi il mare scuro, mosso, quasi arrabbiato: le ricordava lui.
Il suo aspetto così severo e cupo, spaventosamente virile, simile ad una statua di Nettuno, ma capace di sciogliere ogni timore con quel sorriso che sbocciava inaspettato e disarmante. Come quello di un bambino... come quello della loro bambina.
- Guarda, Cailleagh... il mare.


- Hal. Haliesin.
Il bimbo si voltò, i capelli sporchi di sabbia e sudore, e sorrise mostrando i dentini candidi che contrastavano con la pelle scura. Disse qualcosa indicando l'acqua agitata e tornò a guardare Conn, che si era seduto accanto a lui con un sorriso se possibile più largo e fiducioso, aprendo le braccia. Hal gli pizzicò le guance così forte da fargli male, ma lui tenne duro. Respirò il suo odore e si chiese quando una simile benedizione avrebbe potuto toccarlo. Doveva attendere, perché il tempo sistema le cose - questo gli ricordava ogni volta sua madre - ma a volte sembrava tanto difficile far finta che tutto andasse bene, che quella vita a metà gli bastasse.
Quel giorno compiva diciotto anni.
Conn ap Griflet, duca di Lindsey, marito di Lady Aline, e cavaliere di re Constantine, suo malgrado.

- Lascia in pace il signor duca, Hal. Vedi di comportarti bene o ti arriva una ripassata!
Per nulla timoroso delle minacce materne, Haliesin si nascose ancor più tra le braccia di Conn. - No! Non vengo!
- Non mi dà nessun fastidio, Armelle. Torna pure al castello, noi uomini stiamo bene così.
La donna sospirò, dando un'ultima occhiata ai due prima di incamminarsi. Sembrava proprio vero. Tutte le cose belle sembrano vere in una giornata di sole.

Sembrava vero che Aline prima o poi avrebbe accettato di consumare quel matrimonio che Sir Bedivere aveva voluto far celebrare a tutti i costi, prima della grande partenza.
Che quella famiglia messa insieme con un pugno di chiodi arrugginiti avrebbe resistito al tempo ed alle incomprensioni, almeno finché quella marea di dolore si fosse abbassata - allora qualcosa di più saldo li avrebbe uniti davvero...



Tutto era cominciato con la notizia che Sir Dinas aveva iniziato a spadroneggiare non solo sulle terre di Sir Lancelot, ma anche sulle zone circostanti, mettendo a repentaglio la sovranità di coloro che un tempo erano stati suoi compagni. A suo tempo Lancelot aveva spartito abbastanza equamente i territori francesi, basandosi sul merito e sulle capacità dei suoi alleati; ma ora Dinas aveva messo in piedi un esercito temibile, al punto che persino Sir Palamede, che regnava sulla lontanissima Provenza, iniziava a preoccuparsi di venir spodestato. Senza parlare di Gahalantine, che era in poco tempo diventato duro e guardingo come i montanari della terra a lui assegnata, l'Alvernia.
A maggior ragione, essendo il ducato di Neustria molto più vicino ed indifeso, quando i messaggeri erano giunti a Lindsey per chiedere soccorso Bedivere si era chiuso in una stanza con Elyan e altri pochi uomini fidati, in modo da elaborare una strategia per rafforzare le difese e respingere le truppe di Sir Dinas nel caso si fosse avventurato nella "direzione sbagliata". Ricorderete come il duca non desse molta importanza ai propri possedimenti oltre lo Stretto: erano niente più di un sanguinoso bottino di guerra, ai suoi occhi, ma vederseli soffiare dal più arrogante e avido degli uomini era troppo anche per lui. La cenere sopita si rivelò brace ardente, e con disappunto di dame e damigelle del castello le nozze furono rimandate. Non v'erano uomini addestrati a sufficienza per formare un vero e proprio esercito, ma questo insignificante particolare servì come incentivo per far visita al finora trascurato re Constantine. Questi fu sorpreso e abbastanza contento della visita dei due cavalieri, e nonostante avesse in mente ben altre strategie belliche (verso i Sassoni, in particolare, che a loro volta si stavano spingendo un po' oltre i confini) concesse loro un certo numero di uomini.

La visita a Camelot - poiché la reggia di Londinium restava là, rimessa a nuovo, splendente e inutilizzata - era stata per entrambi difficile e non priva di amarezza. La gioia di riabbracciare Kay e Garanwyn fu offuscata, per Bedivere, dallo sciame di ricordi che quelle mura gli fecero rivivere, e per Elyan dal confuso senso di colpa che provava ripensando all'ultima volta che vi era stato.
Ma vi trovarono anche una nuova ragione per combattere. Garanwyn non era cresciuto solo in età e destrezza nel maneggiare la spada, c'era qualcosa di nuovo in lui a cui Elyan non osava dare un nome. Qualcosa che gli faceva persino un po' paura. Quel suo paggetto timido e spiritoso, suo compagno di giochi e di studi, era diventato un cavaliere e soprattutto un uomo, con quella briciola di follia negli occhi che pochi avrebbero saputo interpretare. Lui, che al tempio di Avalon l'aveva visto uccidere Melehan, sapeva di cosa si trattava.
- Ecco come stanno le cose, Elyan. - Sembrava che i ruoli si fossero invertiti: in fondo Garanwyn era diventato una personalità più importante di quanto lo fosse lui ora. Presto però si accorse che il tono fiero con cui gli stava rivolgendo la parola non era dettato dalla superiorità, ma dall'urgenza del piano che aveva in mente. - So che al re non interessa della Britannia Minore. In effetti la situazione al confine con il Kent è quasi tragica e potrebbe scoppiare un'altra guerra, ma... partirò con voi. - Gli occhi gli splendevano come fiaccole. - Vorrei che mio padre riavesse ciò che a suo tempo ha conquistato, la regione di Anjou. Tuo zio l'affidò a Sir Dinas quando arrivaste in Francia dopo l'esilio, ma egli ha dimostrato di non meritare nulla.
Elyan fu commosso da tanta dedizione. Aveva sempre sperato che Garanwyn costruisse un rapporto con Sir Kay, ma ciò superava ogni immaginazione.
- So che non vivrà a lungo. Non mi faccio illusioni su questo, e voglio fargli questo dono adesso. Ripeto, non conta cos'abbia in mente il re o cosa vogliate ottenere tu e Sir Bedivere, Dio sa che non vorrei mai fargli un torto, ma desidero che sia chiaro...
- Chiaro come il sole che splende il cielo, Sir Garanwyn di Camelot - dichiarò una voce alle loro spalle.
Garanwyn guardò in viso il padre del suo primo, grande amore. Si vergognò un poco della propria irruenza e si chiese se non l'avesse offeso.
- Non chiedo di meglio - continuò Bedivere. - Conosco la verità, nonostante l'accordo che avete stretto con il re; Elyan mi ha raccontato quanto è accaduto ad Estangore.
Il giovane si voltò verso l'amico, colmo di stupore e confusione. - Come...? Non doveva saperlo nessuno. Il popolo ha bisogno di un Sovrano Vendicatore, non di un generale burocrate. Finché si crede che sia stato lui...
- E lo si crederà, lo si crederà. Le voci della presunta maledizione sono giunte fino al mercato di Lincoln, dove tra uno scampolo di seta e una cesta di cipolle si sussurra che un fulmine colpirà il sovrano in capo ad un anno.
Ecco di che si trattava: alcuni soldati di Constantine, distorcendo i fatti, avevano sparso la voce che Sir Melehan era stato ucciso ai piedi di un crocifisso. Non era trapelato nulla, però, su colui che aveva materialmente compiuto l'esecuzione.
- Dovrei credere che colpirà me, se fossi superstizioso... - Garanwyn tentò di scherzarci su, ma gli tremava la voce.

Ormai le parole migliori gli venivano fuori dalla spada, e una volta giunti sul Continente seppe ben dimostrarlo. Come scappò a gambe levate quel malaccorto usurpatore! E come fu colto di sorpresa Elyan, quando scoprì che suo padre aveva abbandonato le vesti monacali per correre a rivendicare la propria parte!
Ma la vera sorpresa, la rivelazione, non giunse che qualche giorno dopo la vittoria. Messi definitivamente da parte i rancori di quell'altra guerra, persino Sir Ector aveva ringraziato Bedivere, e si iniziavano a ridefinire possedimenti e confini, quando a Benwick erano giunti strani individui. I loro preziosi abiti di foggia orientale erano ridotti a stracci, e sembravano alquanto stanchi e sfiduciati. Raccontarono di aver viaggiato rimbalzando dalla Britannia alla Francia più volte, seguendo le informazioni sempre più contraddittorie ricevute per via. Rifocillati e consolati che furono, il loro portavoce prese la parola:
- Veniamo dalla corte dell'imperatore di Costantinopoli, e cerchiamo il suo legittimo erede al trono.
Sir Bors parve strozzarsi con un nocciolo di pesca, ma quando si fu ripreso prese da parte Elyan e gli rivelò, con un certo disgusto nella voce, tutto ciò che sapeva sulle origini della famiglia di sua madre.
La figlia dell'imperatore aveva sposato il re d'Ungheria, da cui aveva avuto un figlio: Sir Sagramore. Rimasta vedova, era stata chiesta in moglie da re Brandegoris; in Britannia si era convertita al culto della Dea e aveva fatto voto di donarLe la sua prima figlia femmina. Dopo la sua morte, Brandegoris aveva rispettato le sue volontà: la piccola Claire era cresciuta ad Avalon, istruita a compiere un destino più grande di lei.

Elyan si sentiva bruciare la fronte, solo al centro di una spirale di sguardi.
Gli sguardi di quegli stranieri, che vedevano in lui il futuro imperatore.
Gli sguardi dei suoi parenti, a metà tra la curiosità e l'invidia.
Ma più di tutto, gli occhi di Sir Bedivere, che tentavano di calcolare una perdita infinita. Quale abisso presentiva, alla luce di quella notizia?

Tra i roseti spogli del giardino di Benwick il giovane tentò di rassicurarlo, per quanto la confusione gli permetteva.
- Come mai potete credere che rinuncerei a vostra figlia? Che per me un trono sia più importante dell'amore della mia vita? Il mio regno è il cuore di Eneuawc, e nulla, se non la sua stessa volontà, potrebbe allontanarmi da lei. Mi basta una vostra parola e rimanderò in patria questa gente, poiché ho già tutto ciò che desidero.
Le cose non erano così semplici, in realtà, ed Elyan non credeva sul serio a quello che stava dicendo. Sapere di appartenere ad una così nobile stirpe lo inorgogliva, non per la prospettiva del potere - il solo guardare una mappa dei territori dell'impero gli faceva venire le vertigini - ma perché la sua esistenza acquisiva un nuovo significato, un senso più grande proprio come sua madre gli aveva rivelato mantenendo però il riserbo sulla natura di quel destino.
Ma nemmeno Bedivere era uno sciocco, né intendeva impedirgli alcunché:
- Il mio dolore non ha nulla a che vedere con la sfiducia, ormai. È ovvio che non potete rifiutarvi. Ma persino a un condannato a morte si concede un ultimo desiderio...
- Non separarvi da lei - lo precedette Elyan, trasognato. Il motivo di quella preoccupazione gli era chiaro come quel sole d'inverno, adesso, ma come risolvere quel dilemma? Come evitare di creare sofferenza?
Rimandare la partenza di mesi o anni non era possibile, spiegarono i messaggeri. I dignitari di corte stavano già tessendo le loro trame ambiziose, e più tempo passava più era probabile che uno di loro venisse designato erede, in barba alla linea di sangue. E, come puntualizzò il duca, non sarebbe stato gradevole sentirsi l'unico ostacolo.
No, la soluzione andava trovata altrove.


Il quadretto attuale era frutto proprio di quella soluzione. Sir Bedivere aveva nominato Conn suo successore e gli aveva imposto di sposare Aline, prevedendo che un giorno avrebbero imparato ad essere felici insieme. Troppo ottimismo, davvero. Dopodiché, conclusi i festeggiamenti per le doppie nozze, tutta la famiglia era partita per l'Oriente lasciando il nipote con una marea di dubbi e responsabilità, una moglie che gli si era negata sin dalla prima notte e una figlia adottiva che per ironia della sorte gli somigliava sempre di più.
- Bell'affare, vero Hal? - borbottò Conn lanciando un sassolino nell'acqua, mentre l'aria frizzante gli strappava un brivido. Doveva essere già ora di pranzo. Prese sulle spalle il bimbo, che rise di gioia, e si avviò a sua volta sulla strada per il castello.


   
 
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