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Autore: Remedios la Bella    19/09/2011    4 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Purtroppo per la vostra curiosità, non riuscirò a aggiornare regolarmente ogni giorno , poichè la scuola mi uccide lentamente sin da adesso ... menomale che ho la pellaccia!
Bene, questi capitoli non sono molto interessanti a mio parere, ma ci dobbiamo arrivare piano piano alla fine, quindi dovrete sopportarli  ... buona lettura!

Capitolo 24

 
Tetro. Nessun aggettivo poteva definire meglio ciò che mi apparve davanti agli occhi appena arrivato al campo di addestramento.
In breve, era tetro. Ordinato, grigio, senza anima. L’edificio più squallido che avessi mai veduto in vita mia.
Non ne ebbi timore, ma mi trasmise lo stesso inquietudine.  Un edificio murato e cementato, grigissimo, che si stagliava sul cielo plumbeo da cui il sole non penetrava in nessun modo.
Un enorme recinto all’ingresso trasmetteva un senso di prigionia forzata a chi vi entrava, o perlomeno fu quello che io sentii appena ne fui come inghiottito.
Tutto ciò mi diede modo di pensare che niente da quel momento sarebbe stato facile. Anzi, non lo avevo pensato per niente. E ora ne potevo avere la conferma.
Arrivai forse appena dopo l’alba, ma da quello che potei vedere il sole lì non era mai giunto. Scesi dall’auto esitando leggermente, poi presi i miei bagagli dal cofano della macchina, e insieme all’autista mi diressi all’ingresso principale, un enorme portone in legno intarsiato, ma che stonava completamente con tutto il resto dell’edificio. Sulla soglia potei vedere un uomo dalle spalle piuttosto grosse, posatura fiera e sguardo indifferente, che attendeva il mio arrivo. Salii la lunga gradinata con passo svelto, per paura di farlo attendere oltre, e giunto al suo cospetto potei aggiungere alla mia descrizione un bel 1,88 di altezza, o forse più, dato che la mia testa non sfiorava minimamente la sua robusta spalla.
Degli occhi di ghiaccio mi scrutarono attentamente:” Lei deve essere il signorino Schubert … la nuova recluta.”
“ Sissignore …” risposi io tenendomi come a distanza di sicurezza da quel vocione grosso e intimidatorio.
“ Sai perché sei qui? Non penso ci sia bisogno di ripetertelo …”
“ Sissignore …” la mia voce suonò di rammarico e frustrazione.
“ Sappi che qui non tolleriamo scempiaggini del tuo genere … e ti consiglio di filar dritto e di eseguire gli ordini … intesi?”
“ Sissignore …” conclusi io a testa bassa. Non volevo proprio mettermi contro di lui e tantomeno farlo arrabbiare, dalle dimensioni delle sue mani potevo solo immaginare il dolore che avrei provato al minimo ceffone.
“ bene … ti conduco nella tua stanza … sono il generale Strauss. Piacere.” Disse quell’uomo freddamente, per poi voltarsi e marciare, seguito da me che intimorito osservavo le sue enormi spalle muoversi a ritmo di marcia.
Attraversai, prima di arrivare alla mia stanza, un corridoio lungo e deserto segnato da moltissime porte. Doveva essere il piano degli alloggi delle reclute, e a giudicare dal numero delle porte dovevano essere parecchi. Non feci a meno di rattristarmi davanti a tutto ciò … se solo non ci fosse stata la guerra, tutte quelle persone chiuse in quelle stanze … potevano tornare dalle loro famiglie, invece di essere costretti a combattere per una causa, forse giusta, ma comunque insensata ai miei occhi.
Ma non potei approfondire le mie riflessioni poiché ero già arrivato alla mia stanza. Il generale aprì la porta che scricchiolò fastidiosamente e mi ritrovai in una stanza enorme, tenuta a malapena in ordine, in cui gli unici pezzi di arredo erano un armadio e dieci letti, nove dei quali occupati da ragazzi che ancora dormivano e che appena sentirono la porta aprirsi si voltarono su di loro a guardare verso la porta.
La cosa inquietante di tutti loro era il fatto che sembravano cloni; tutti biondi, tutti occhi azzurri, glaciali e mozzafiato. Mi sentii così fuori dal mondo appena fui in mezzo a loro. Sembravano tutti più grandi di me, e non avevano di certo l’aria di voler socializzare.
“ Ragazzi, attenti!” Al comando del generale ognuno di loro saltò giù dal letto e si mise in posizione subito, quasi fossero tutti statue uguali.
“ Questo è il vostro nuovo compagno di stanza … vedete di trattarlo bene. È figlio del tenente colonnello Schubert, quindi esigo da voi rispetto verso di lui. Trattatelo come si deve, o subirete la mia ira. Bene …” si volse verso di me, che guardavo con occhi attenti ognuno dei ragazzi davanti a me:” Ti auguro un felice soggiorno …” la sua bocca si piegò in un ghigno a dir poco malefico:” Dieci minuti e poi al campo. Puntuale.”
“ Sissignore.” Dissi distaccato, per poi avviarmi verso l’unico letto libero e posare le mia borsa sul letto.
La porta si chiuse lentamente, e le tenebre ripresero il sopravvento sulle stanza, dopo che solo il fascio di luce proveniente dalla porta aveva illuminato il tutto.
Il resto dei ragazzi si alzò anch’esso e iniziò a indossare la divisa. Era l’ora dell’addestramento, quindi anch’io estrassi la divisa dalla borsa e mi affrettai a mettermela. Per il momento preferii non proferire parola con il resto del gruppo.
Già tutto non poteva andare peggio di così.
 
Accidenti a me. La ferita era davvero troppo profonda, e nonostante mi fossi assicurata che almeno ci fossero i mezzi per curarla, continuava a sanguinare in modo anomalo anche dopo averla disinfettata e fasciata.
Elly continuava a guardare la benda rossa di sangue che tenevo premuta sul braccio trattenendo le lacrime di dolore con sguardo preoccupato:” Sei davvero un’incosciente.”
“ perlomeno il problema è risolto adesso … fa un male boia ….” Imprecai alla fitta al braccio, mentre la buca che prendemmo in pieno non contribuì certamente a farmi stare meglio. Avevo sia i conati di vomito per la gravidanza sia per la brutta sensazione di mal di testa che il mio dissanguamento stava provocando. Dovevamo affrettarci a raggiungere il rifugio,o avrei rischiato di prendermi un’infezione.
“ Si, ma morirai dissanguata … che stupida … e se ti becchi un’infezione?”
“ non portare iella!” ribattei inbronciandomi:” pensi che io non mi renda conto della situazione? Mark …. Accelera per favore.”
“ Subito … tenetevi forte, siamo quasi arrivati.” Sentii l’accelerazione della macchina e appoggiai la schiena al sedile, continuando a guardare al paesaggio e cercando di non imprecare dal dolore.
Per nostra fortuna la meta era a dieci minuti di distanza., e il rifugio in campagna si presentò davanti a noi in poco tempo. Era una modesta casa di campagna, immersa nel verde, ma sembrava un luogo piuttosto sicuro nonostante l’isolamento dal resto del mondo conosciuto.
Scesi subito dalla macchina appena si fermò e potei così vedere i componenti della famiglia Mendel, che conobbi poco dopo: Agata, la donna di casa, una anziana signora bassa e grassottella, ma dalla faccia tenera; Gustav, l’uomo di casa, che al contrario della moglie era alto e magrissimo, occhi color nocciola e capelli biondo ossigenato,  e John, figlio dei coniugi Mendel. Vent’anni, e in guerra non ci poteva andare poiché ferito alla gamba. Potevo infatti notare come si sorreggeva a malapena sull’arto destro grazie alle
stampelle.
La piccola famigliola ci attendeva sulla soglia con un sorriso accennato sulle labbra. Io e Elly ci dirigemmo fianco a fianco da loro, mentre Mark portò i nostri sacchi a presso per posarli all’ingresso.
Poi l’uomo ci presentò:” Loro sono Elly E Deborah, le ragazze di cui vi ho parlato. Abbiatene cura finché rimarranno con voi.”
“ Ma certamente.” Disse bonaria la donna. Ci fecero accomodare dentro, e davanti a una tazza di caffè, si presentarono uno a uno. Poco dopo mi feci curare la ferita più approfonditamente, e per il momento quello cessò di sanguinare. Faceva male lo stesso,ma per adesso non rischiavo di dover morire dissanguata.
E quello fu il primo giorno di una lunga serie di eventi che mi provò l’animo e mi preparò all’incontro con Max. Lui fu il mio pensiero quella notte, mentre inginocchiata davanti a Dio pregavo per la sua salvezza e perché non gli capitassero disgrazie di alcun tipo. 

   
 
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