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Autore: Jehanne    19/09/2011    3 recensioni
Tutto quello che la giovane Elis desiderava era un'avventura. Voleva solo esplorare la regione di Johto e diventare un'allenatrice. Ma, come molti sapranno, bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, perché quando l'universo decide di accontentarci il risultato potrebbe non essere quello che si immaginava. Il mondo dei Pokémon sa essere crudele con un'allenatrice alle prime armi con il dono di attirare guai, fortuna (o sfortuna?) che non sarà sola, oh no, la compagnia non le mancherà di certo nel suo viaggio verso la lega. La domanda è: ci arriverà tutta intera?
[“Se hai ancora la mappa possiamo cercare un sentiero”
“Certo che ce l'ho ancora” Rispose acidello Silver, estraendo un foglietto spiegazzato dalla tasca “Ma ovviamente non siamo vicini a nessuna strada”
“Giusto, scusami. La prossima volta che vengo aggredita da un Pokémon gli chiederò se può gentilmente scaraventarmi sul percorso principale, chissà perché non ci ho pensato” ]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio, Silver
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Unexpected situation, strange solution

Silver’s pov


“E-Elis...” la mia voce uscì in un rantolo, la testa mi pulsava dolorosamente, mi sentivo disorientato e debole. 
“Ti prego dimmi che riesci a camminare” Mi sorpresi di averla chiamata per nome, ma lei non ci fece caso, la sua voce tremava, non avevo mai sentito quel tono.
“Sì, ce la faccio” A dire il vero non ero sicuro e avevo paura che se non ci fosse stata lei a tenermi in piedi sarei arrivato all'uscita strisciando.
“Per fortuna il sangue non mi fa nessun effetto o a quest’ora sarei già morta di paura.” C’era un che di acido nella sua voce resa acuta dalla paura ma riuscii a cogliere una nota di preoccupazione “Ma ho controllato e non sembra profonda” continuò a parlare mentre molto lentamente muoveva un passo in avanti ed io facevo lo stesso. In sincerità era piuttosto imbarazzante essere costretto ad aggrapparmi a lei per riuscire a restare in piedi.
“Dovrei disinfettarla...” e toccò la borsa meccanicamente.
“Non adesso, usciamo di qui e basta” Non avevo voglia di parlare, né di discutere e neppure di stare fermo a perdere tempo. Volevo un letto e volevo dormire.
Lei dovette intuire quello che stavo pensando o forse capì il mio disagio dal fatto cercassi di limitare il contatto fra i nostri corpi al minimo indispensabile.
“Questa situazione non piace neanche a me” fece  “Usciti di qui potrai ricominciare ad odiarmi, a farmi notare quanto sono debole, stupida e insignificante” ormai avevamo preso il ritmo e camminavamo con un andatura lenta e traballante ma in ogni caso stavamo avanzando “Ma per adesso, se ti viene voglia di insultarmi, non farlo” ridacchiò.
La ragazza era stanca, ansimava e la sentivo sempre meno sicura sulle sue gambe ogni metro che facevamo. Che situazione orrenda, non ci guardavamo neppure, Elis fissava la terra davanti a noi e si preoccupava di scegliere la via meno scivolosa e accidentata, io tenevo gli occhi fissi davanti a me incapace di guardarla in faccia, già, proprio una brutta situazione.

Per uscire dal pozzo l'ultimo ostacolo era una traballante e umida scala di legno, che chissà per quale miracolo era ancora in piedi dopo che tutte le reclute del team Rocket l'avevano usata. Salii per primo e ogni piolo che riuscivo a salire mi sembrava una benedizione, anche con la testa che girava e faceva un male tremendo riuscii ad arrivare in cima. Una volta fuori mi accorsi che non ero mai stato così felice di vedere la luce monocromatica dei giorni nuvolosi, mi appoggiai al bordo del pozzo per riprendere fiato, stando però ben attento a non perdere l'equilibrio.
Elis uscì subito dopo e mi guardò preoccupata "Stai bene?" chiese avvicinandosi.
Scossi la testa. Fanculo l'orgoglio, non era il momento giusto per fare i duri.
"Siamo quasi arrivati, resisti" Assumemmo la stessa posizione che avevamo usato per muoverci nel tunnel, non mi opposi mentre mi toccava e lasciai che mi aiutasse di nuovo. 
Vedevo il tetto rosso del centro Pokemon che si avvicinava sempre di più, Elis sorrise sollevata mentre io mi sentivo sempre più debole. Non mi ero mai sentito tanto stanco.
Le mie gambe cedettero poco prima di varcare la porta, l'ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi fu il viso gentile dell'infermiera e quello sconvolto della mia rivale.


Elis’s pov


Nel centro Pokémon l'infermiera rattoppò Silver dopo averlo portato in una stanza apposita. A quanto pareva di allenatori che si facevano male ce n'erano più di quanto credevo, il pensiero non mi rassicurava per nulla.
Rossino apriva gli occhi ogni tanto ma li richiudeva subito dopo e tornava a dormire, la donna diceva che non dovevo preoccuparmi ma non era proprio semplice restare calma dopo quello che mi era successo poco prima.
Quando ebbe finito la signorina uscì dandomi il permesso di restare fino a che il ragazzo non fosse stato in grado di andarsene con le sue gambe in una delle stanze al piano superiore, cosa che a quanto diceva sarebbe dovuta accadere di lì a poco.
Era un vero peccato che la pazienza non fosse nella lista delle mie doti.
“Silver” lo chiamai piano punzecchiandogli il braccio con l'indice. Nessuna risposta.

Lo scossi leggermente e ricominciai a toccarlo ritmicamente.
“Come sei noiosa” borbottò spostando il braccio così che non ricominciassi ad infastidirlo.
Guardai l'orologio, era pomeriggio inoltrato, con uno sbuffo mi lasciai cadere sulla sedia girevole accanto al letto e iniziai a sfrecciare per tutta la stanza. Mi stavo annoiando.
“Ma quanti anni hai ? cinque?” chiese Rossino guardandomi come se fossi matta;
“No, ne ho sei, Weeeee!” ricominciai a girare per la stanza in sella a quello strano veicolo, Silver sembrava divertito, avrei giurato di averlo visto sorridere… No, impossibile, Silver non sorride mai.
“Silver”
“Che vuoi?” quando parlava strascicava un po' le parole ma doveva essere perché si era ridestato da poco.
“Andiamocene” Dissi sintetica “Questa stanzetta puzza di medicine e mi mette i brividi, ho chiesto all'infermiera di preparare due camere, sono ai piani superiori basta salire le scale, o forse c'è anche un ascensore, non ho controllato”
Quello roteò gli occhi e scese dal lettino (o era una barella?) sul quale era steso fino a poco prima e controllando il suo equilibrio si avviò verso la porta. 
Ok, camminava dritto e sembrava in salute, era stanco ma d'altra parte anche io ero distrutta, però sembrava tornato in se.
Lo seguii e una volta usciti dalla porta lo superai “Vado a prendere le chiavi”

Dietro il bancone c'era un tizio che non avevo mai visto,ma non mi interessava sapere chi fosse, mi porse le due chiavi che avevo chiesto e ci salutammo cortesemente.
Il rosso aveva già iniziato a salire le scale e appena lo raggiunsi gli consegnai la chiave della stanza che si trovava al primo piano, mentre io presi quella situata al secondo.
Mi sembrò di averlo sentito biascicare un “grazie” prima che si allontanasse nel corridoio ma forse me lo ero immaginata.



Angolo Autrice:
Dopo aver passato ore a fissare il foglio di word senza scrivere niente un' idea è caduta dal cielo (colpendomi dritta in faccia)
e questo è quello che è venuto fuori


  
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