Il viaggio fino
alla jeep è una serie di istantanee illuminate dal fiammeggiante cielo
notturno: il suo peso che trascina entrambi verso il basso, il fango che mi
artiglia le caviglie, il suo battito furioso che sembra echeggiarmi nella gola
e nelle viscere, il suo respiro veloce e frequente e caldo, così caldo, i miei
incoraggiamenti – ti prego, Dean, resisti. Ci siamo quasi, ci siamo quasi.
Lo depongo
gentilmente al suolo, la schiena un assordante grido di protesta. Spalanco la portiera
e abbasso i sedili posteriori, creando uno spazio su cui distenderlo. Prendo
una coperta dal bagagliaio e gliel’avvolgo intorno alle spalle, poi mi dedico
alla radio: questo è il momento di chiamare la cavalleria.
Il canale del
campo è silenzioso. Provo altre linee e vengo ricompensato con scariche e voci
indistinte. L’ennesimo tuono e l’apparecchio si dà per vinto, inondando
l’abitacolo di fischi e crepiti. Un colpo al cruscotto e sono di nuovo sotto la
pioggia. Prendo lo zaino coi medicinali e torno al suo fianco, non riesco a
immaginare qualcuno di più importante su cui utilizzare le nostre magre scorte.
“Sembra che per
stanotte dovrai accontentarti di me, capo” dico, sforzandomi di sorridere.
“Coraggio, diamo un’occhiata a questa gamba.”
I suoi jeans
sono umidi e incrostati di fango, tirarli giù è un’impresa. Gli sollevo la
schiena e la sua testa ciondola da una parte. “Un po’ di collaborazione non
guasterebbe” incomincio, terrorizzato dal silenzio. “Non vorrai rovinare la tua
reputazione, Dean?”
A metà strada mi
accorgo che ancora porta gli stivali. Un po’ di fatica e vengono via anche
loro. “Sai, avrei preferito fare questa cosa alla maniera tradizionale.”
Finalmente,
scorgo la fasciatura. Anche se definire così un paio di fazzoletti di carta, tenuti
insieme da dello scotch mezzo sbrindellato, mi pare un po’ forte. È ancora al
suo posto esclusivamente perché sangue secco e pus hanno fatto da collante. La
stacco e un odore di uova marce mi aggredisce le narici. “Stramaledetto
coglione” mormoro, sconvolto: la ferita è vecchia di almeno una settimana.
Vi getto
dell’acqua ossigenata. Frizza qualche secondo, per poi farmi apprezzare la vera
entità del danno. È una lesione da taglio, piuttosto profonda, i suoi lembi
sono netti, la pelle tutt’intorno gonfia e arrossata. La disinfetto con
attenzione e vi applico della pomata antibiotica, prima di fasciare nuovamente.
“E abbiamo finito con la parte simpatica.”
Gli sfilo anche
maglia e giubbino. Stringo il laccio emostatico e saggio l’avanbraccio alla
ricerca della vena più adatta, la pelle sotto le mie dita brucia. Disinfetto la
zona e inserisco l’ago con mano tutto sommato ferma. Immediatamente, un rivolo
di sangue defluisce lungo il tubicino trasparente. Perfetto. Fisso il tutto con
del cerotto e mi dedico alla mia flebo. Diluisco l’antibiotico nella soluzione
fisiologica, collego l’ampolla al suo braccio e lascio che il liquido
defluisca. “Adesso non potrò più dirti che Dr Sexy M.D. è tv spazzatura” dico,
sfiorandogli i capelli.
Prendo dei
sacchetti di ghiaccio secco e li avvolgo in alcuni pezzi di stoffa, formando
degli impacchi che gli applico sotto le ascelle e all’inguine. Un profondo
sospiro lo scuote tutto.
“Lo so, lo so,
ma dobbiamo abbassare la febbre. Non vorrai bruciarti anche l’ultimo neurone superstite,
no?”
“Sì” alita. È un
suono flebile, spezzato, che stento a riconoscere come una parola di senso
compiuto. Poi lo ripete, ancora e ancora. Una litania incessante di “sì, sì,
sì” e finalmente capisco, non è a me che si rivolge.
“Dean, sta’
zitto” ordino, il cuore pronto a esplodere.
Gli porto una
mano alla bocca, soffocando il suo consenso, spegnendo la sua preghiera con la
sola forza della mia disperazione.
No, Michael non
può averlo, nessuno può.
Non lo capisci,
Dean?
Il suo braccio
scatta verso l’alto e la flebo viene via in un rosso zampillo. “Dean, calmati,
ti prego” supplico, cercando inutilmente di sovrastare la voce del temporale.
“Michael”
sussurra, e un’abbacinante luce bianca ci avvolge.
Accade tutto in
un istante, il suo corpo si inarca e lo respingo verso il basso, avvolgendolo
nel mio. Infine, arriva il tuono e il bianco recede.
Solo un fulmine,
era solo un fulmine.
Gli sfioro le
labbra con le mie e insieme al respiro lascio andare anche due lacrime
brucianti. Le palpebre di Dean si schiudono. I suoi occhi sono verdi e
brillanti, disperati e ciechi. Umani.
“Ssshh, Dean.”
Dean, Dean, Dean, è ancora Dean. “Va tutto bene.”
“Sa-Sam?”
Chiudo gli occhi
e porto una mano al suo viso. Vi affonda, grato, e mando giù saliva che sa di bile.
“Sì, Dean. È tutto ok, sei al sicuro adesso. Ci sono io, ci sono io.”
Si lascia andare
e la febbre lo trascina nuovamente a fondo, in un posto, spero, in cui non ci
siano arcangeli pronti a fare di lui il proprio burattino né Sam Winchester.
“Perché?”
domando, all’abitacolo silenzioso. “Ti ha tradito per l’ennesima volta,
bruciando il mondo nel farlo, eppure…”
Lascio che la
domanda si spenga nell’aria, ha poca importanza. In fondo, è una cosa che ho
sempre saputo. Per avere Dean bisognava acquistare il pacchetto completo, e io
l’ho fatto. Poi Sam l’ha abbandonato, portando via con sé una parte vitale di
suo fratello. E adesso sono qui, a tentare di rimettere a posto i pezzi.
Peccato che all’aggiunta di ogni tassello sia il volto di Sam quello che prende
lentamente forma, come se l’anima di Dean non potesse riflettere altro che
quello.
Rimetto a posto
flebo e impacchi, per poi distendermi al suo fianco. Non c’è altro che possa
fare.
I suoi respiri
si susseguono, brevi e veloci. Gli sfioro il petto, pensando al sigillo che
l’ha protetto finora. Michael non può vederlo, ma non c’è verso che non abbia
sentito le sue suppliche. Cosa l’ha tenuto lontano finora? Che abbia cambiato
idea? Che sia pronto a lasciare che Lucifer distrugga tutto? No, più probabile che,
scendendo dalla sua nuvoletta, sia finito sui cavi dell’alta tensione. Non
scarterei neppure uno scontro con un boeing, se ne volassero ancora, di questi
tempi… Be’, l’importante è che continui così.
Dean comincia a
tremare con violenza. Di questo passo, l’ago uscirà un’altra volta dalla vena.
Mi metto a sedere e lo attiro a me, attento a non esercitare alcuna pressione
sul suo arto. Avvolgo entrambi nella vecchia coperta…
Mi risveglio qualche
ora più tardi, sorpreso dal chiarore dell’alba. La testa reclinata sulla mia
spalla, i capelli che mi solleticano le labbra, Dean è l’immagine
dell’abbandono.
E della
disfatta. E della resa.
“Finisce qui,
capo?”
Bacio una ciocca
viscida e sporca, e mi rendo conto di non averlo mai amato così tanto.
All’Inferno, mi aveva colpito lo splendore della sua anima, in qualche modo
sopravvissuto al fetido abbraccio della corruzione. Sulla Terra, avevo creduto
in ciò che rappresentava, nell’uomo giusto che avrebbe salvato noi tutti. Mi
avevano incuriosito le sue contraddizioni, le sue idiosincrasie, la sua
assoluta mancanza di fede, controparte costante dell’incrollabile fiducia che
fino all’ultimo aveva riposto in quelli che amava. E adesso che stringo fra le
braccia questa creatura fragile e irriconoscibile, distrutta oltre ogni dire,
sento il cuore spaccarsi, sopraffatto da un sentimento che non credevo
possibile. Non temo la sconfitta, non
più. Pensare all’estinzione dell’intera razza umana poi mi lascia completamente
indifferente. È l’idea di perderlo che mi gela il sangue nelle vene e mi
stringe le viscere in una morsa velenosa. Che siano il fuoco di Michael o la
mano di Lucifer, gli artigli di un croat o una stupida febbre, so che qualcosa
lo strapperà alla mia presa, portandolo in un luogo in cui non potrò più
raggiungerlo.
“Che cosa devo
fare, Dean?” chiedo, senza fiato.
La sua mano si
chiude debolmente sulla mia coscia. “Resta qui, Cas” risponde, in un soffio. Ed
è tutto quello di cui ho bisogno.
Note: ho
pensato di postarvi l’ultimo capitolo prima che lo studio della storia mi
facesse impazzire. Generosa, vero? Spero che la fine della fic
vi sia piaciuta. Ho intenzione di inserire in questo ‘verse la storia che si è
guadagnata France. Se ne riparlerà
però dopo gli esami ^^
Mmh… per le
informazioni mediche ringrazio la mia nursie, Jules, che mi ha sopportato con stoica
abnegazione <3 Ovviamente, qualsiasi errore resta soltanto mio, come ad
esempio quello sugli impacchi di ghiaccio: l’esperta mi aveva infatti detto che
sono dannosi. Imparate, mie prode XD