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Autore: lexy90    23/09/2011    8 recensioni
“E le senti le vene, piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai.
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone”
Kei Hiwatari durante il suo percorso ha perso la retta via, ha commesso errori e ha compromesso tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo è cresciuto, è cambiato, ha scoperto nuovi interessi e nuove prospettive. Spetta solo a lui prendere in mano le redini della sua vita e darle un senso, un qualcosa per cui lottare, una ragione per esistere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ognuno a suo modo è un tossico vero

Di pere, d’affetto, di sogni, di sesso o di idee

 

 

 

Show Off

 

 

Non appena tornato a casa mangiò qualcosa alla svelta senza scambiare troppe parole, non che solitamente lo facesse, e andò a dormire: era stata davvero una giornata lunga e, come due giorni prima, si addormentò senza problemi.

Il giorno dopo, però, non potè evitare la concentrazione di attenzione su di lui a colazione.

Gli chiesero come fosse andata, se fosse stato divertente o noioso, come gli sembrava il cantante, come fosse l’ambiente televisivo: in pratica tutto. Tutto quello che non avevano osato chiedere quando aveva fatto l’audizione glielo stavano chiedendo in quel momento.

Gli sembrò quasi normale tutta quella curiosità. Ormai era abituato e non poteva più stupirsi dell’infinità di domande che i suoi amici erano capaci di porre in così poco tempo.

Rispose a meno della metà di queste, come era suo solito fare, e ignorò le altre. Non era una novità né per lui né per gli altri.

Quello che però non aveva calcolato, che gli era completamente passato di mente era un fatto, invece, molto rilevante: che il video che aveva girato sarebbe apparso su tutte le reti musicali mondiali, per non parlare di internet.

Non avrebbe potuto evitare che chiunque volesse lo andasse a vedere e che chiunque lo potesse di conseguenza riconoscere.

A ricordarglielo fu Mercedes, la ballerina del video, due settimane dopo averlo girato, quando lo avvertì della data di uscita del video. Come aveva fatto a dimenticarsi di un dettaglio così rilevante poteva saperlo solo lui. Preso dalla stanchezza, dal tentativo di evadere le domande degli altri e l’affinità che si era creata con Mercedes, non aveva pensato a quello che era il frutto del suo lavoro.

Si sarebbe visto in televisione, e quella era sicuramente la parte peggiore di tutta la situazione.

Se il provino l’aveva sopportato e il girare lo aveva fatto sentire a suo agio, il riguardarsi invece lo terrorizzava parecchio. Non si era mai esibito in pubblico: i ragazzi della piazza a Mosca e quelli in Giappone non potevano proprio considerarsi un pubblico, e tantomeno i suoi amici, anche a Hilary aveva mostrato ben poco, qualcosa di importante, ma comunque di limitata entità.

Dalla palestra chiusa e solitaria si stava ritrovando in mondovisione.

L’unica persona che fino a quel momento poteva dire di conoscere realmente il suo modo di danzare era Dana e.. e già che pensava a Dana si ricordò di non averle nemmeno detto che aveva partecipato a quei provini: proprio a lei che gli aveva insegnato tutto quello che sapeva. Era un’altra cosa che gli era passata di mente e doveva assolutamente rimediare.

Tutto il suo ragionamento era avvenuto in classe durante la sua ‘adorata’ ora di storia.

Non aspettò nemmeno che l’ora finisse e chiese di andare in bagno; una volta nel corridoio iniziò già a comporre il numero e, dopo numerosi squilli a vuoto, la ragazza rispose nel mentre arrivava sulla terrazza della scuola.

-Pronto?!- Una voce assonnata e confusa gli rispose.

-Dana?! Sono io, Kei..-

-Kei, stai bene è successo qualcosa di brutto?- sembrava anche agitata.

-No.. niente di grave tranquilla-

-Meno male.. mi fai spaventare se mi chiami a quest’ora!-

Quest’ora? Erano le 11 del mattino.. in Giappone. La sua recente abitudine di non ricordarsi le cose si era fatta sentire ancora. Lì erano le 11, ma a Mosca almeno 6 ore prima.

-Scusa.. il fuso orario. Me l’ero dimenticato completamente.. Ti ho chiamato tanto velocemente che non ho pensato all’orario-

-Proprio oggi hai deciso di comporre frasi così articolate? Parla lentamente che non sono totalmente lucida in questo momento-

-Mi dispiace ecco.. volevo solo dirti che.. diciamo..-

-Kei! Mi hai svegliato alle 5 del mattino.. vai dritto al sodo..- sembrava pronta a riaddormentarsi da un momento all’altro.

-Ho girato un video- si rese conto subito della poca chiarezza della frase.

-E tu mi chiami per dirmi che hai girato un video?-

-No.. intendevo un video serio.. di quelli che vanno su MTV.. di un cantante..-

-Tu? In che senso?- Dana stava arrivando molto lentamente alla soluzione del mistero.

-Come.. come.. ballavo nel video, ecco..-

-COSA?!?!?! Potevi dirlo subito? Quando? Di chi? Perché? Ci voleva tanto a dirlo!- Perfetto; prima sembrava pronta a riaddormentarsi, mentre dopo poche parole era sveglia e pimpante a forargli i timpani.

Sentì di fianco alla ragazza qualcuno tirare delle imprecazioni e chiederle spiegazioni, ma lei lo ignorò: doveva essere suo marito svegliato dalle urla.

-Ma te l’ho detto subito.. vabbè fatto sta che è successo.. è una storia lunga.. volevo solo avvertirti che se mi vedi in televisione non è un’allucinazione e.. in verità preferirei che tu non lo guardassi, ma visto che non lo farai..-

-Ma certo che lo guarderò! Sei pazzo? Beh a quanto pare sì se qualcuno è riuscito a convincerti a farlo! Chi era il coreografo?-

-Jermaine Crowde-

-Cosa?! Ma quell’uomo è un mito.. qualche anno fa avevo una cotta per lui!- A quest’affermazione sentì una voce dall’altro lato del telefono essere zittita.

-Mah se lo dici tu..-

-Ma sì! E’ un grande! E gli sei piaciuto quindi?-

-In effetti ora mi perseguita.. ho quasi paura che sia gay..-

-Nah tranquillo! Quindi lavorerai ancora con lui?-

-Forse.. Non lo so ancora.. cioè lo sai che non è propriamente quello che voglio fare..-

-Ah no? Dai Kei.. Secondo me sei perfetto per questo tipo di lavoro.. Sapevo che se ci avessi provato avresti fatto buona impressione! Sono troppo fiera di te! Yuri che ne dice?-

Ecco un’altra persona a cui si era dimenticato di dare la notizia.

-Non gliel’hai ancora detto?-

-Potrei provare a chiamarlo adesso, ma non penso che sarebbe così comprensivo come te se lo svegliassi così presto per questo motivo-

-Potrebbe stupirti sai?-

-Chi?! Yuri Ivanov? Quel Yuri Ivanov?-

-Sì forse hai ragione.. allora meno male che prima hai chiamato me!- Avrebbe giurato che stesse sorridendo. Se la immaginò seduta sul letto, ancora mezza sotto le coperte, con i capelli arruffati e il suo sorriso sincero. L’unico sorriso che non lo urtava più di tanto.

-Grazie-

-E per cosa?-

-Per tutto quello che hai sempre fatto per me.. devo attaccare adesso, il prof potrebbe insospettirsi, è da troppo che sono uscito dalla classe..-

-Kei mi hai chiamato mentre eri a scuola? Non si fa così..-

-Tranquilla, non era una lezione di vitale importanza.. ora vado comunque..-

-Ok.. ehi aspetta.. non mi hai ancora detto di chi è il video..-

-Vero.. vabbè a te il piacere della scoperta.. Buona giornata-

-Kei aspet-

Chiuse la conversazione. Almeno non lo avrebbe visto presto, forse stanca di cercarlo in tutti i clip esistenti avrebbe rinunciato e sarebbe stata una persona in meno a vederlo.

Non appena mise piede in classe suonò la campanella che annunciava la fine della lezione.

Non era stata una conversazione spiacevole nonostante le premesse, era riuscito anche a saltare venti minuti del racconto di chissà quale rivoluzione giapponese.

Rei non mancò di rimproverarlo per aver saltato così la lezione, ma fu totalmente ignorato, ma la notizia peggiore arrivò di ritorno dalla pausa pranzo: la professoressa di ginnastica era assente e a fare supplenza c’era proprio il caro professor Suji.

Oltre alla lezione extra chilometrica inflisse una pena ancora maggiore: il compito in classe.

La verifica scritta di storia era una crudeltà nel vero senso della parola: già raccontare i fatti storici precisamente si rivelava arduo, doverli scrivere era, se possibile, molto peggio.

Se poi si avevano problemi con la lingua e col ricordarsi i nomi esatti di tutti quei personaggi storici poteva rivelarsi un vero e proprio martirio: questo era il caso di Kei e non era sicuro di poterlo reggere.

Avrebbe potuto saltarlo, marinare scuola per lui non era un vero e proprio problema: in una sola settimana non ce l’avrebbe mai fatta a studiare tutto. Ciò che gli creava delle riserve era che forse lo scritto si sarebbe rilevato abbastanza utile: poteva fare un bel po’ di bigliettini e sperare di non essere visto.

Se fosse andato bene quel compito avrebbe evitato l’interrogazione e lui doveva assolutamente riuscire a saltare l’interrogazione. Avrebbe trovato una soluzione.

Nel tragitto verso casa ascoltò l’esperienza personale con i compiti scritti di Suji dal racconto colorito di Takao e si disse che qualche copiatura sarebbe riuscito a farcela stare.

-Però poteva darci almeno qualche giorno di preavviso in più.. come faccio a studiare tutto entro venerdì?- si lamentò il giapponese.

-Avresti dovuto iniziare a studiare un po’ prima.. ecco come avresti dovuto fare!-

-Dai Hil.. penso che qui tu sia l’unica ad aver iniziato già a studiare!-

La ragazza guardò gli altri cercando conferme del fatto che lei non fosse l’unica a prevenire certi disastri, ma non le trovò e si separò esasperata dai suoi compagni.

-Io quella non la comprendo proprio!- Takao la guardò allontanarsi molto perplessa.

-Seriamente.. domani dovremmo svegliarci presto per un ripasso di gruppo..-

-Ma è sabato Rei!-

- Takao.. preferisci dover essere interrogato?- Rei e Takao cominciarono a discutere su cosa fosse peggio: alzarsi presto o essere interrogato di storia.

Kei ripensò improvvisamente all’atto di alzarsi presto e, come un’illuminazione, si ricordò della chiamata che aveva fatto quella mattina e quella che avrebbe dovuto fare in quel momento.

Guardò l’ora, ormai doveva essere mattina inoltrata in Russia e non avrebbe corso rischi a chiamare.

Prese il cellulare e restò un po’ indietro rispetto agli altri.

-Pronto?-

-Ciao Yuri, come va?-

-Cosa hai combinato?-

-Perché dovrei aver combinato qualcosa?-

-Perché mi hai chiamato di tua spontanea volontà e hai esordito con un “come va?”-

-Non posso voler sapere come stai?-

-Cosa hai combinato?-

Si convinse di aver fatto bene a non averlo chiamato quella mattina subito dopo Dana. Sicuramente non sarebbe stato così comprensivo come lei, ora ne aveva la certezza.

-In verità non ho fatto nulla.. cioè una cosa sì, ma non è per forza una cosa brutta e..-

-Arriva al dunque..-

-Diciamo che c’è la remota possibilità che tu mi veda in televisione..-

-Cosa? Hai partecipato a qualche programma? Da quand’è che vuoi diventare famoso?-

-Non voglio diventare famoso.. è solo che, non so ancora come, mi hanno convinto a fare un.. ecco un provino.. per ballare in un video e.. beh mi hanno preso e..-

-Wow.. e ti hanno pagato bene?-

-Come sei diventato venale in mia assenza..-

-Ma è solo una domanda legittima.. ti hanno pagato bene sì o no?-

Ci pensò un po’ su. Il lunedì dopo aver girato il video erano arrivati i soldi sul suo conto: erano sicuramente più di quelli che si sarebbe mai aspettato, sinceramente non aveva proprio pensato al fatto che l’avrebbero pagato. Non riusciva a considerarlo un lavoro retribuito a tutti gli effetti.

-Beh abbastanza-

-Benissimo.. Appena lo dirò a Sergay stai tranquillo che tutta Mosca lo saprà.. ah e sì.. Boris non vedrà l’ora di vederti-

Chissà perché non gli si prospettò come fosse una cosa positiva. Sergay sarebbe stato davvero capace di dirlo a tutti e Boris avrebbe voluto vederlo per inaugurare qualche nuova battutina sarcastica. Sì, era davvero bello avere una famiglia così premurosa.

-Yuri..-

-Tranquillo stavo scherzando..- era perplesso, ma finse di credergli.

-Ok..-

-E.. sei contento di aver fatto questa cosa?-

Come domanda lo spiazzò non poco e cercò una risposta sincera, se non lo fosse stata quel dannato di un rosso lo avrebbe capito nel giro di pochi secondi.

-Direi di sì..-

-Mi fa molto piacere.. sul serio..-

-Grazie..- soffiò impercettibilmente.

-Ah a proposito.. lo so che è un po’ presto per chiedertelo, ma.. non è che quest’estate ti andrebbe di venire qui? Per quanto vuoi.. Ser e Bo non penso che possano chiedere delle ferie e ci farebbe piacere rivederti, dopo la fine della scuola ovviamente..-

-Sì certamente..-

-Non sei obbligato..-

-No è.. è che non mi aspettavo che..-

-Intanto organizzeremo più avanti.. ora pensa alla scuola e.. e beh a divertirti..-

-Ok.. ci sentiamo..-

-Ciao-

-Ciao-

Non aveva pensato di poter tornare in Russia quell’estate; non che non volesse andarci, ma semplicemente non ci aveva pensato. Appena realizzò quello che si erano detti lui e Yuri, si sentì improvvisamente più spensierato. Era inutile: la Russia gli mancava, il clima, i posti, le persone, le sigarette e lui doveva assolutamente tornarci. Non era sicuro che glielo avrebbero chiesto.

Pensava che volessero che stesse il più lontano possibile da Mosca per più tempo e infatti, per non crearsi illusioni, non aveva fantasticato di tornarci tanto presto.

Ad un tratto l’aria giapponese si era fatta soffocante come l’estate precedente quando era arrivato. Il desiderio di tornare in patria che aveva cercato di reprimere dentro di sé si fece sentire.

Massimo tre mesi e sarebbe potuto risalire su un aereo per tornare in Russia e magari anche restarci. No, quello non sapeva se lo voleva davvero. Forse non avrebbe fatto bene per lui ritrasferirsi definitivamente e sarebbe stato meglio per quello aspettare davvero più tempo.

Non era pronto.

Ma ci avrebbe pensato a tempo debito, intanto gli bastava sapere che, se avesse voluto, sarebbe potuto tornare, anche solo per un giorno e questo gli fece scordare ogni preoccupazione su verifiche, video musicali e cose del genere.

-Hey Kei.. ti muovi?-

Si accorse di essere rimasto troppo indietro in confronto agli altri e velocizzò il passo per raggiungerli.

Arrivati a casa si presero l’ultimo pomeriggio libero prima della seduta intensiva di studio che avevano progettato per il giorno dopo.

 

Non era nemmeno da un’ora che avevano iniziato e già non ce la faceva più. In quel momento avrebbe di gran lunga preferito partecipare a mille provini per chissà che lavori e invece doveva cercare di capire tutte quelle faccende politiche e militari del Giappone di secoli prima.

Non erano tanto gli avvenimenti il suo problema, tanto meno gli mancava la memoria, finchè si trattava di date ce la poteva fare, ma i nomi proprio non li reggeva, non gli entravano in testa e quello che richiedeva il professore era proprio quella serie infinita di nomi.

Solo che il titolo dell’epoca che doveva studiare gli procurava non pochi problemi: l’era Tokugawa. Più ideogramma associato, una vera agonia.

Ignorando le proteste di Rei, partì con la sua opera: la compilazione di bigliettini da nascondere in qualsiasi posto gli fosse venuto in mente.

La mattinata passò, quindi, molto tranquilla, troppo tranquilla: in realtà la noia più profonda li aveva totalmente colpiti, attanagliati senza via di scampo.

Quando arrivò alla divisione in due fazioni della vecchia alleanza tra Tokugawa Ieyasu e Ishida Mitsunari capì che non ce l’avrebbe più fatta.

Si prese una pausa. Una lunga pausa, che sapeva già come occupare: una preziosissima sigaretta gli venne in aiuto e gli distese i nervi.

Passarono il week end in quel modo: a studiare. Nel pomeriggio di sabato Hilary li aveva raggiunti, dispensando il suo sapere su tutti i colpi di stato e via dicendo, mentre i ragazzi prendevano appunti, su quelli che lei non sapeva essere bigliettini destinati a essere copiati pari pari durante il compito. Persino Rei aveva abbandonato qualsiasi riserva e buon intento.

Se possibile la domenica si rivelò più noiosa e più inutile del giorno prima e il lunedì a scuola la voglia di aprire un libro era sempre minore.

Durante la pausa pranzo Kei, al quale le sigarette stavano smettendo di fare effetto, si disse che gli serviva qualcos’altro per liberare la testa. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era una bella.. uscita con una bella ragazza.

Ripensò a quando stava con Hilary: in quel periodo la voglia di fumare si era allentata, mentre nel periodo Mizuki aveva ripreso le sigarette di differenza.

Era comunque da troppo che non stava con qualcuna e iniziava a risentire anche di quello. Si guardò intorno nel cortile della scuola: vide passare Aiko, quella sì che era una bella ragazza, ma non era sicuro che lei lo avrebbe voluto di nuovo, anche solo per una volta.

Si disse che doveva ricordarsi di tenersi strette le persone più ‘esuberanti’ in quell’ambiente dove non è che abbondassero.

Ripensò a Mercedes e al ricordo che aveva di lei: ormai erano passate tre settimane e lei non si era più fatta sentire, ma Kei ricordava bene che, anche se non aveva mostrato troppo interesse, lei era davvero molto, ma molto bella. Cioè classica ragazza latina, con le curve al posto giusto.

Stava facendo pensieri da pervertito e, quando se ne rese conto, si diede del deficiente.

Prese il cellulare e lo fissò stranito, poiché non si era accorto dell’arrivo di un messaggio. Dall’ora del ricevimento era passata mezz’oretta buona.

Era proprio di Mercedes e quindi non potè fare altro di rimproverarsi perché se avesse preso prima il cellulare avrebbe evitato di fare quei pensieri poco casti.

Il provino di cui ti parlavo è venerdì, e io per quella sera mi sono tenuta libera, ho fatto bene?

Avrebbe voluto averla lì in quel momento per ringraziarla della sua prontezza: gli aveva appena dato una notizia fantastica.

Se solo.. se solo il compito di storia non fosse stato venerdì sarebbe stato perfetto.

Il morale che gli si era finalmente risollevato tornò a rasentare terra e non se ne capacitò.

Non posso. Ho un compito in classe che non posso saltare quella mattina.

Per una volta che aveva voglia di andare a fare quegli stupidi provini, per una volta che qualcuno aveva risposto prontamente ai suoi desideri, per una volta che sembrava accadere quello che voleva.

Sospirò esasperato. Pazzo. Lo stava diventando sul serio.

Vibrò il cellulare nella sua mano e con poca voglia lesse il contenuto del messaggio che sapeva già lo avrebbe depresso maggiormente.

E chi ha detto che è di mattina. E’ alle 15. Dì a casa che mangi fuori. =)

Il suo morale si alzò cautamente. Rilesse due o tre volte il messaggio prima di essere sicuro di non avere le allucinazioni. Venerdì non sarebbe stata una giornata catastrofica come aveva previsto, o almeno, non tutta la giornata.

 

Venerdì arrivò e non sembrò iniziare proprio nel migliore dei modi.

Pioveva e la sveglia con la pioggia rendeva tutti di cattivo umore e particolarmente irritabili.

Nel dojo Kinomiya si respirava pessimismo. L’unico che sembrava non subire gli effetti del tempo era Kei, per il semplice fatto che mostrava la sua solita espressione indifferente verso il mondo e lo era davvero. Totalmente indifferente al tempo, al compito e al pomeriggio che gli si prospettava. Tutto, in fondo, andò come aveva previsto.

Il compito era alla terza ora. Si era preparato una marea di bigliettini, ma quelli che tenne nei calzini furono solo quelli con i nomi dei vari luoghi e personaggi. Rispose bene o male a tutte le domande e non avvertì tutta la preoccupazione che lo aveva preso la settimana prima.

Durante la pausa pranzo si cambiò la divisa in bagno e la lasciò, insieme ai libri, a Rei.

Si defilò in fretta fuori dall’edificio e prese l’autobus per Tokio.

Arrivato a destinazione si riparò sotto l’ombrello alla ricerca della palestra: era diversa da quella dove aveva tenuto le altre audizioni, ma non ebbe troppi problemi nel trovarla.

Non appena varcò la soglia, finalmente all’asciutto, si guardò intorno e intercettò subito la persona che stava cercando.

Mercedes era lì ad aspettarlo.

-Giusto in tempo!-

-C’era coda e l’autobus era lento-

-Pensavo che venissi con la divisa di scuola!- disse lei facendogli la linguaccia.

-Ah ah molto divertente..- La sua risata era tutto tranne che una risata, ma non era scocciato.

-Di che cos’era il compito?-

-Storia-

-Mi piaceva la storia al liceo!-

-Vorrei poter dire la stessa cosa-

Compilò di nuovo diversi fogli e si fece fotografare. Non era convinto che fossero dei geni quelli che organizzavano queste cose, non era possibile che ogni volta doveva ripetere quella routine.

Entrarono nella palestra. Era molto più grande dell’altra, ma anche questa ricoperta interamente di specchi.

Al solito banchetto c’erano seduti solo Jermaine e la sua assistente, che ormai aveva scoperto chiamarsi Monique.

-Lauren e Jay sono grandi amici, lei si fida ciecamente del suo giudizio e gli lascia massima libertà nei casting!-

Se lei si fidava di quel tipo non erano affari suoi, ma Kei non riusciva ancora a inquadrarlo come un personaggio positivo.

Nella sala erano il doppio delle volte precedenti, sia maschi che femmine, ma i posti disponibili, come al solito, molto pochi. Cercavano cinque uomini e quattro donne che avrebbero dovuto partecipare a un’esibizione live della cantante per beneficienza.

La prima scrematura, come ormai Kei aveva capito, serviva a sbarazzarsi di quelli che sicuramente non avrebbero preso e che era sostanzialmente una perdita di tempo tenere: si dimostravano sempre un numero enorme.

Rimasero in una trentina, tra ragazze e ragazzi, ad aspettare di ballare di nuovo. Mentre Monique li divideva in coppie (Kei si ritrovò, non seppe come, con Mercedes che fino a trenta secondi prima stava dall’altra parte della sala) un folto capannello di persone fece irruzione nella sala.

C’erano due o tre ragazze indaffarate tra cellulari, agende e borse enormi, un uomo vestito bene che sembrava essere un manager, due che Mercedes gli aveva indicato essere delle responsabili della palestra e un omone vestito di nero con un auricolare all’orecchio che non perdeva d’occhio l’ultima, ma più importante, persona che era entrata: Lauren Bright si era fatta spazio e aveva salutato Jermaine abbracciandolo forte.

Kei la riconobbe per averla vista diverse volte sulle copertine dei giornali di gossip che comprava Hilary: a quanto pareva erano sempre tutti molto interessati alla sua vita privata che non smetteva di stupire il pubblico.

Kei conosceva qualche sua canzone: era un accoppiata strana, aveva l’aspetto della classica icona pop, con i capelli biondissimi, la pelle lucente e gli occhi chiari, un fisico perfetto, il viso era particolare, tanto che non tutti la considerassero propriamente bella, ma che abbinato alla sua voce nera e potente la rendeva una delle rivelazioni degli ultimi anni.

-E ha solo un anno più di me.. lei ha il bodyguard e io sono qui con un minorenne, un minorenne fighissimo, sia chiaro, ma capiscimi..-

Kei guardò Mercedes perplesso e abbastanza divertito.

-Chissà come fa ad avere una pelle del genere.. un giorno o l’altro glielo chiederò..-

Mercedes iniziò a spostare lo sguardo dal proprio braccio a Lauren come per carpire le differenze tra i trattamenti per la cute che usavano.

-Dai che vai benissimo così..-

-Trovi davvero?-

-Certamente.. sei bellissima con la pelle che hai..-

-Oh che carino! Continua pure a elogiarmi.. non mi dà fastidio!-

Scherzarono insieme ignorando la nuova venuta finchè non smise di parlare con Jermaine.

Gli si sedette accanto. Sembrava che avrebbe assistito al resto del provino.

-Meno male che avevi detto che si fidava..-

-Si vede che non aveva niente da fare..-

Ricominciarono a ballare, questa volta con una piccola variazione in coppia della coreografia.

Kei si sentì molto a suo agio a ballare con Mercedes, soprattutto per la vicinanza dei loro corpi.

Non poteva chiedere di meglio. Gli sembrò anche che Jermaine continuasse a indicarli a Lauren che li guardava sorridente. Un’altra persona sorridente da sopportare. Perfetto.

Bisbigliarono per un po’ prima di assegnare il lavoro.

Lui e Mercedes, come previsto, avevano ottenuto la parte.

-Benissimo, ora mi devi un’uscita-

-Sono venuta in macchina apposta!-

 Con grande dispiacere di Kei, non poterono evitare di scambiare qualche parola con Jermaine che si complimentò con la ragazza per averlo convinto a presentarsi.

-Ci vediamo domani allora!- li salutò il coreografo.

Fuori aveva smesso di piovere e raggiunsero la macchina parcheggiata poco più in là lentamente.

-Dove mi porti?- azzardò Mercedes.

-In verità non sono per niente pratico della zona, e poi guidi tu.. a te la scelta-

-Immaginavo, allora ti fidi di me?-

-Farò un tentativo-

Fecero poca strada prima di fermarsi in un posto più in centro. Decisero di cenare in un ristorantino molto semplice e alla mano.

-Allora scorfano brontolone, che mi racconti?- Kei la guardò sempre più perplesso, ma sempre più divertito.

-Che vuoi sapere?-

-Qualsiasi cosa! Fai tu!- gli sorrise.

-Allora ti dico che in questo momento vorrei che la conversazione si spostasse da me a te-

Non dovette provare molto per riuscire nel suo intento. Senza problemi convinse l’altra a parlare di sé e a sviare ogni domanda sul suo conto; dopo anni di allenamento era una cosa che gli veniva molto naturale, in aggiunta Mercedes era la classica ballerina egocentrica.

Scoprì di essere a cena con una ragazza di 21 anni, tre anni più di lui, si accordarono sugli anni di prigione che avrebbe dovuto scontare una volta che lui l’avesse denunciata per molestie e sugli hobby di lei. Poi parlarono di danza, su quello che lei aveva fatto, di come aveva conosciuto Jermaine e cose del genere.

Alla fine dell’ottima cena si diressero alla cassa per pagare e, quando Mercedes fece per prendere il conto, Kei la precedette.

-Faccio io..-

-No tranquillo.. Non c’è problema..-

Non fece in tempo a protestare che era già stata trascinata fuori dal ristorante.

-Già ci metti la macchina e buona parte della conversazione, almeno quello lascialo a me-

-Mmm.. sì direi che è un ottimo compromesso!-

Fecero un giro per il centro di Tokio osservando le vetrine colorate, che nonostante fosse sera, erano illuminate a festa.

-Tieni..- disse Kei porgendole un cartoncino colorato tutto rifinito.

-Cos’è?-

-Me lo hanno dato al ristorante..- fece spallucce.

Lei osservò meglio e notò che sopra vi era cucito un ideogramma giapponese.

-Ma che cosa carina..-

-Che vuol dire?-

-Vuol dire.. ehi! Ma che classe frequenti? Non dirmi che non sai leggere!-

-Ho perso un anno..- gli occhi di lei si allargarono come se avessero avuto tante conferme -..ma non perché non so leggere. Ho solo qualche problema con gli ideogrammi..-

-Ma questo è semplice.. c’è scritto “Arigatou gozaimashita”.. arrivederci!-

-Non guardarmi così.. guarda che ho vissuto qui solo per due anni-

-Davvero?-

-Uno qualche tempo fa, mentre adesso sono qui dall’estate scorsa..-

-Allora sei perdonato! Ma di dove sei?-

-Mosca, Russia-

-Oh ecco spiegato tutto.. ecco perché sei un piccolo ghiacciolo imbronciato!-

-Non ti ci mettere anche tu-

-Allora te l’hanno già detto! Vuol dire che è vero.. ma non vuol dire che tu sia meno affascinante per questo!-

-Ci stai provando spudoratamente?-

-In effetti è quello che sto facendo da tutta la serata!-

-Meno male.. mi togli un bel po’ di lavoro..-

Tornarono in macchina prendendosi in giro e decidendo su chi avrebbe dovuto provarci tra i due.

Avevano considerato tutte le variabili tra cui l’età, il sesso e gli anni dimostrati, ma non avevano raggiunto un accordo.

-Beh questo penso di doverlo fare io- Kei si era appena accomodato sul sedile del passeggero accanto a Mercedes e si sporse verso di lei accarezzandole il viso con una mano. Lo avvicinò al suo e la baciò. Un piccolo bacio dolce. Lei aveva chiuso gli occhi e quando li riaprì se lo ritrovò ancora vicino con lo sguardo fisso nel suo.

L’effetto ipnotizzante dei suoi occhi violacei ebbe effetto anche su di lei che non potè fare a meno di annullare di nuovo il contatto tra di loro.

- Do-dove andiamo adesso?- chiese lei leggermente accaldata.

-Dove preferisci..-

-Se vuoi intanto possiamo andare verso Edogawa..-

-Non è molto uno spasso a quest’ora..-

-Potremmo andare a casa tua..-

-Non penso sia una buona idea.. ricordi tutta la storia sull’età?-

-Ci sono i tuoi in casa? E non hai il permesso di portare ragazze più grandi pronte a saltarti addosso?- gli sorrise.

-Non vivo coi miei.. sto da un amico.. insieme ad altri due.. più suo nonno.. in pratica è molto affollato e preferirei evitare-

-Non stai coi tuoi genitori? Non ti facevo così indipendente..-

-Piuttosto tu, donna adulta, non ce l’hai una casa?-

-Sì ma è affollata almeno quanto la tua.. le mie coinquiline stasera mi hanno bandita!-

-A me piace molto anche la tua macchina-

-Bad boy.. dai andiamo a trovarci un posticino!-

Finalmente lasciarono il parcheggio alla volta della periferia di Tokio.

Arrivati sul mare percorsero il litorale per poi imboccare strade secondarie. Alla fine trovarono uno spiazzo in uno dei pochi luoghi verdi molto appartato, dove sembrava non ci mettesse piede nessuno da anni.

La vista non era bellissima a causa della vegetazione lasciata crescere liberamente e delle costruzioni di cemento, ma intanto non era il panorama quello che gli importava.

Si sistemarono sui sedili posteriori e iniziarono a scambiarsi baci e carezze.

-L’hai già fatto vero? L’ho dato per scontato ma..- la zittì con un bacio.

-Tranquilla..-

Ancora un altro bacio e altre carezze. Senza nessun preavviso lui strinse la presa attorno ai fianchi di lei e con una lieve pressione la portò a sedersi su di lui. Messi così erano alla stessa altezza e si potevano guardare negli occhi. Mercedes arrossì vistosamente.

-Oh mio Dio, sembro io la bambina piccola!-

Le rivolse il suo primo sorriso, quel grande raro evento che concedeva solo per un buon motivo e quello gli sembrava un buon motivo, dopo la bella serata passata insieme.

Le sorrise e lei ne fu raggiante.

Quello che accadde dopo fu subito dolce come quel raro sorriso, per poi diventare passionale e intenso. Una danza che li accomunava e li univa, molto più intima e molto più carnale di quella del pomeriggio.

Quando lei si rimise seduta di fianco a lui aveva il respiro affaticato e delle gocce di sudore le incorniciavano il viso. Si strinse ancora a lui traendo calore dal suo corpo.

Si sentiva bene e appagata.

Kei sciolse lievemente l’abbraccio per poterle alzare il viso e rubarle un altro bacio.

-Dovresti farlo più spesso sai?-

-Venire a letto con te?-

-No.. sorridere..-

-Ah quello..-

-Ma anche venire a letto con me.. magari in un letto la prossima volta!-

-Sì mi sa che ti devo qualcosa di più comodo-

Rimasero stretti nel sedile posteriore per almeno un’oretta ancora e solo con molta fatica si dovettero convincere a rivestirsi.

-Domani dobbiamo alzarci presto! Dobbiamo essere alle prove alle 10!-

Kei non le rispose, ma le scoccò un altro bacio.

-Ed il posto è a Soka.. ti passo a prendere così ci andiamo insieme?-

Con molta fatica si staccò definitivamente da Kei e si rimise alla guida diretta verso casa.

Si fermò davanti all’ingresso del dojo.

-Wow.. Che bel posto.. Ecco perché i tuoi ti hanno lasciato venire a vivere qua.. ha un aspetto molto.. protettivo e sicuro ecco!-

-A domani mattina- la interruppe Kei dandole l’ultimo bacio della serata e scendendo dalla vettura.

-Buona notte!- gli rispose sorridendo.

-Notte-

Kei alzò la mano in segno di saluto e la guardò andare via, prima di attraversare la grande porta di legno.

 

Quando era tornato a casa tutti erano già addormentati e quando la mattina si alzò non sembrava essere cambiato molto.

Scese in cucina per fare colazione e vide seduto al tavolo Nonno J intento a sorseggiare il suo caffè.

-Buongiorno Kei.. sei tornato tardi stanotte!-

-Sì sono uscito con un’amica..-

L’uomo non indagò oltre. Kei era sicuro che sapesse molto più di quello che lasciava intendere, ma non voleva affrontare certi discorsi con lui, soprattutto da quella volta del discorsetto sul sesso.

Approfittò del fatto che fosse già sveglio per fargli firmare i moduli per il lavoro di quel giorno.

-Vedo che ci stai prendendo gusto..- Non sembrava un’affermazione in negativo.

-E’ per passare il tempo..-

-Certamente!-

Gli porse tutti i fogli compilati sorridendogli paterno.

Anche questa volta Kei ebbe la sensazione che con quello avesse detto mille parole in più e ancora una volta tentò di non farci caso.

-Stasera ti dobbiamo aspettare?-

-No, penso che farò tardi di nuovo.. non ti preoccupare-

-Buona giornata allora!-

Uscì dalla cucina per andarsi a cambiare il più velocemente possibile. Si fece una doccia e si vestì in tempo per quando ricevette il messaggio di Mercedes la quale era fuori ad aspettarlo. Mentre scendeva le scale incrociò Rei che biascicò un qualcosa di molto somigliante a un “buongiorno”.

Arrivò in strada  e, salendo sulla macchina, salutò Mercedes con un bacio.

Il viaggio fino a Soka durò un’ora e mezza e trovarono il teatro dove si sarebbe svolta la manifestazione quasi subito.

Parcheggiarono nel parcheggio vicino per poi recarsi nell’atrio del teatro.

Altri ragazzi erano già arrivati e furono condotti verso la sala prove dell’edificio che era a loro disposizione per quella giornata.

Durante la serata di beneficenza era stata invitata Lauren per eseguire un medley di quattro suoi famosi pezzi per arricchire il programma che altrimenti sarebbe stato troppo pesante.

Per non parlare della forte somma che a quanto pareva la cantante aveva donato a quella causa dopo che era stata invitata.

Per tutta la mattina impararono la coreografia senza Lauren che sarebbe arrivata per le prove in teatro del pomeriggio: Monique la sostituì ripetendo tutti i movimenti che avrebbe eseguito la cantante e che, a detta di Jermaine, le erano già stati insegnati.

All’ora di pranzo furono liberi di andarsene e avrebbero avuto appuntamento quel pomeriggio più sul tardi.

Se ne andarono tutti a casa tranne Kei e Mercedes che fecero un giro per la piccola città e mangiarono qualcosa in un bar.

Parlarono del più e del meno, ma Kei non riuscì a sviare troppo il discorso da sé come la sera prima: ormai sapeva ogni cosa che aveva fatto Mercedes da 21 anni a quella parte.

-Certo che quella casa sembra davvero enorme!-

-Quale casa?- chiese Kei confuso dal repentino cambio di argomento della conversazione.

-Quella dove vivi tu! E’ molto caratteristica..-

-E’ un dojo in effetti.. deve essere caratteristico-

-Simpatico..- gli fece la linguaccia -..sono tuoi compagni di scuola quelli con cui stai?-

-Sì, ma hanno un anno in meno di me..-

-Mica volevo sapere se ce n’era qualcuno maggiorenne appetitoso quanto te!-

-Guarda che io non ho detto niente.. hai detto tutto te-

-Per quanto tempo rischio la prigione ancora?-

-Fino al 21 maggio..-

-Un mese e mezzo eh? Si può fare! Non è che il nonno del tuo amico mi denuncia se ci vede insieme vero?-

-Non credo..- ripensò alla faccia saccente di Nonno J, sicuramente sospettava già qualcosa, ma non sapeva se sarebbe stato capace di una cosa del genere -..per sicurezza cerchiamo di non farci vedere da lui-

-Non sei molto tranquillizzante, sai?-

Kei alzò gli occhi al cielo, mentre passeggiavano per la via principale della cittadina.

Alzò la mano che teneva intrecciata alla sua e le diede un piccolo bacio sul dorso.

-Tranquilla.. non ti lascerò andare in prigione- Mercedes scoppiò a ridere.

-E i tuoi che direbbero se sapessero che una vecchietta come me fa il filo al loro figlioletto..-

-Nemmeno di questo ti devi preoccupare..- si decise a fare la chiarezza che si era astenuto dal fare la sera prima per non rovinare l’atmosfera -..io non ce li ho i genitori-

-Oh.. scusa non lo sapevo..- Però l’aveva rovinata ora. Mercedes aveva messo su un’espressione dispiaciuta e triste.

-Certo che non lo sapevi, tranquilla.. non è un problema.. insomma vivo in un dojo dall’aria sicura  e protettiva- Riuscì fortunatamente a farla ridere con le stesse parole che aveva usato lei la sera prima.

Riuscì di nuovo a cambiare discorso. Parlarono ancora di danza e del lavoro di quella giornata.

La città era tanto piccola che senza accorgersene si ritrovarono davanti al teatro.

Decisero di entrare, anche se era presto, e si diressero verso la sala prova della mattina.

-Chissà com’è il palco, non ero mai entrata in questo teatro! Spero vivamente che sia abbastanza grosso!- cercò di spiare attraverso le pesanti tende, ma uno sguardo di rimprovero di un uomo in nero la fece desistere dal tentativo.

-Io non sono mai stato su un palco-

L’affermazione che aveva sbattuto lì solo per non far cadere il silenzio non ebbe l’effetto sperato; infatti Mercedes si fermò a fissarlo a bocca aperta.

L’improvviso levarsi di una canzone dalla sala prove la fece rinsavire, ma non chiese nessuna spiegazione evidentemente ancora troppo sconvolta dalla notizia per parlare.

Quando entrarono in silenzio nella stanza videro che ad accendere la musica era stato Jermaine.

Il primo impulso di Kei fu quello di andare via prima di rimanere solo con lui, ma qualcosa lo fermò.

Nessuno lo stava costringendo a restare, solo non riusciva a non guardare l’uomo che, al centro della sala, stava ballando.

Tutti gli avevano detto quanto fosse bravo, ma lui non avendolo mai visto non sapeva che rispondere. Aveva sì ballato le sue coreografie e gli erano anche piaciute, ma era sempre stata Monique a dimostrarle e a insegnarle, mentre Jermaine si limitava a correggere.

Invece, ora che se lo ritrovava lì davanti a danzare su quella musica, non riusciva a credere quanto fosse in totale armonia con quello che lo circondava.

Gli abiti larghi e la sua muscolatura possente erano un valore aggiunto ai movimenti che eseguiva con una naturalezza unica. Non aveva mai visto nessuno ballare così.

Si scordò di tutto quello che aveva intorno solo per poter godere di quelle vibrazioni.

Quando, così improvvisamente come aveva iniziato, Jermaine smise di ballare, si riconciliò con il resto della sala.

-Ciao ragazzi.. che ci fate già qui?-

-Siamo rimasti qua a mangiare, ma in città non c’era molto da vedere..- era stata Mercedes a prendere parola. Non sembrava così stupita quanto lui; in fondo lei conosceva Jermaine da più tempo e sicuramente lo aveva già visto ballare.

Sembravano avere molta confidenza e il modo con cui l’uomo si rivolgeva a lei era paragonabile a quello di un fratello maggiore; solo in quel momento si rese conto di quanto il coreografo fosse grande, non nel senso grosso, nel senso adulto. Il modo di parlare e i gesti erano quelli di un ventenne, ma doveva averne almeno una trentina, se non di più.

-Stavo solo approfittando della sala libera per portarmi avanti col lavoro!-   

-Continua pure, non ti preoccupare per noi, possiamo andare via..- Mercedes fece per prendergli la mano e andare via con lui.

-No restate.. figurati!-

Si sedettero insieme per terra al centro della sala.

Iniziarono a chiacchierare. Cioè Mercedes e Jermaine chiacchieravano, Kei stava a ad ascoltarli in silenzio, con la solita espressione indifferente  leggermente attenuata.

-Prima mi chiedevo come fosse il palco, volevo sbirciare, ma un tipo mi ha guardato malissimo!-

L’uomo rise prima di continuare –No, il palco è grande e molto bello.. Tra poco lo vedrai..-

-Sì, ma che pensavano che facessi.. gli dessi fuoco? Una sbirciatina, una sola.. ma vabbè.. piuttosto..- e si rivolse a sorpresa verso Kei che se ne stava buono buono -..che vuol dire che non sei mai stato su un palco?-

-Quello che ho detto.. che non ci sono mai stato-

-Ma come.. non ci hai mai ballato?!-

-No-

-Merci, capita.. avrai fatto i saggi o quelle cose lì nei parterre!- si intromise Jay in difesa di Kei.

-No non ho mai fatto saggi.. o quelle cose lì-

-Oh.. andavi a lezione e non facevi i saggi?- Ora anche Jermaine sembrava perplesso.

-In verità non ho mai fatto lezioni vere e proprie.. intendo in scuole di danza.. l’unica volta è stato tra il gennaio e febbraio scorso per due settimane-

Due paia d’occhi lo guardavano sbarrati. Jermaine fu il primo a reagire scoppiando a ridere.

-Mi stai prendendo in giro vero?-

Kei lo guardò con un’espressione molto convincente.

-E dove avresti imparato a ballare scusa?-

-In strada.. ho iniziato con la break, poi una mia amica mi ha insegnato il resto nei ritagli di tempo-

Ricordare quel periodo gli faceva abbastanza male, ma cercò di rimanere concentrato sul discorso.

Sentì un’improvvisa voglia di fumare, ma resistette.

-Ora mi si spiega perché sei così bravo con la break.. è strano che un breaker si metti a danzare Hip Hop* però..-

Fece spallucce non sapendo che rispondere.

-Posso chiederti da quanto balli?-

-Più o meno tre anni..-

Jermaine con grande sorpresa tirò fuori uno dei suoi sorrisi enormi inspiegabilmente.

-Io l’ho detto che tu sei un genio!-

Kei era sempre convinto di essere sulla via della pazzia, ma ora che aveva conosciuto Jermaine si stava convincendo che in confronto lui poteva considerarsi normalissimo. Che c’aveva da ridere ora?!

-Se in così poco tempo e senza mai fare lezione seriamente sei così, non oso immaginare appena inizierai a studiare seriamente che fai!-

-Ma io.. non credo che questa cosa continuerà per molto..- Kei indicò la sala intorno a lui per far capire quello che intendeva.

-Ragazzo.. tu sei nato per fare questo!- Anche Jermaine indicò attorno per poi continuare -..ce l’hai dentro.. non puoi ignorare questa cosa!-

Non sapeva che rispondere, rimase a scuotere impercettibilmente la testa senza aprire bocca.

-Tu appartieni alla danza anche se non lo vuoi ammettere, ormai non ne puoi più fare a meno, ne sei pieno, c’è, ce n’è tanta e io la vedo!-

Non sapeva come guardarlo, stava dicendo tante cose che non avevano molto senso. Oltre a un perenne allegro era anche un visionario. Vedeva la danza dentro di lui. E questo che cosa significava?

Come per dargli la conferma che fosse pazzo, Jermaine si alzò in piedi di scatto incitando Kei a fare lo stesso.

Mercedes indietreggiò automaticamente verso la parete coperta dallo specchio senza fiatare.

Kei si sentì costretto ad assecondare quella pazzia generale e si alzò, ritrovandosi a sovrastare in altezza il coreografo, il quale, però, si dileguò affianco allo stereo e, altrettanto velocemente, tornò davanti al ragazzo aspettando che la musica riempisse la stanza.

La canzone era molto lenta, R’n’B, decisamente bella.

Jermaine iniziò a muoversi piano tenendo il ritmo col movimento del corpo.

-E’ qualcosa di automatico no? Parte la musica e senti il bisogno fisico di danzare.. forza..-

Si aspettava che iniziasse a muoversi, ma Kei rimase fermo e immobile sul posto, senza muovere un muscolo, per niente teso. In testa solo una sigaretta.

-Ok ok.. vediamo se riesco così.. chiudi gli occhi!-

Non aveva la minima intenzione di fare quello che gli chiedeva e rimase esattamente come pochi secondi prima, come se non avesse parlato. Voleva una sigaretta e basta.

-E’ solo per farti capire.. – Lo guardò pregandolo silenziosamente di lasciargli provare.

Esasperato, Kei chiuse gli occhi. L’immagine della sigaretta era ancora più chiara di fronte a lui.

-Prova a tralasciare ogni pensiero inutile, presta attenzione solo agli accenti musicali, alla voce, alle vibrazioni della canzone, isola tutto il resto! La senti?-

Kei sospirò, sperando che se avesse fatto come gli diceva tutto sarebbe finito molto prima.

Sentiva chiaramente ogni singolo battito della canzone, poteva scomporre ogni suono e seguirne uno solo, era totalmente parte della canzone. La voce era una componente in più di tutta la melodia, non era tanto il significato di una parola, quanto la sensazione che emanava, la vibrazione che emetteva. Si sentiva parte integrante della canzone.

-Ecco.. ci sei.. ti senti parte della musica.. potresti suonare con lei.. l’unico mezzo che hai per farlo è il tuo corpo.. questo è danzare..-

Era totalmente preso dalla melodia, sì il suo corpo avrebbe potuto suonare con lei, avrebbe potuto esserne parte. Sentiva il movimento, lo avvertiva nascere e essere pronto a fuoriuscire.

Lo fermò. Aprì gli occhi e fece in modo che la canzone gli scivolasse via dalle membra lentamente, senza violenza. Capiva perfettamente quello che diceva Jermaine, ma non voleva danzare così, in quel momento. Era un momento troppo intimo e intenso che non voleva lasciarlo andare via così, in quel momento, in quel posto.

-Lo so che c’era! Devi solo non aver paura di lasciarti trasportare, di farne parte completamente.. So che ne sei capace, ti ho già visto farlo..-

L’uomo lo guardò negli occhi, ma senza rancore per non aver visto quello che voleva.

-E’ questa la differenza tra una persona che balla e un ballerino! Tutti possono imparare una sequenza di passi, tutti.. ma solo quelli che li vivono quei passi possono essere considerati danzatori!-

Si allontanò di qualche passo da Kei.

-Posso chiedere a tutti di camminare..- fece due passi in avanti, destra e sinistra,-..di fare una wave..- e fece un’onda col braccio -..di girarsi..- e girò sul posto -..ma il punto sta in come lo si fa!-

Ripetè la sequenza che aveva appena improvvisato, ma diversamente da prima. Prima aveva semplicemente eseguito i passi che aveva pronunciato, ora li stava danzando.

Kei si sentì per la seconda volta lo sguardo incollato su quell’uomo. Per la seconda volta avvertì perfettamente quello che gli voleva dire col corpo, sentì la musica che emanava con i suoi movimenti. Sentiva tutto quello che gli aveva detto prima.

La sigaretta era scomparsa dai suoi pensieri.

Jermaine smise di danzare e si rivolse ancora a Kei.

-Avrai il tempo di capirlo, se vorrai farlo.. ma sappi che dentro di te c’è questo e non puoi ignorarlo, perché è un dono.. un dono magnifico che dovresti sfruttare!- Gli aveva appoggiato una mano sul petto, ma subito l’aveva ritirata avvertendo un tentennamento del russo.

Mercedes li guardava sorridendo, come se avesse appena assistito a un bello spettacolo.

Non ci fu più tempo per dire altro perché la porta si spalancò e fece il suo ingresso Lauren Bright.

-Ciao.. spero di non avervi disturbato.. Jay, mi hanno detto che ti avrei trovato qui!-

-Sei in anticipo, comunque immagino tu ti ricordi di Mercedes..- la abbracciò e poi indicò la ragazza che si stava alzando dal pavimento, le due si salutarono, - .. e Kei, il ragazzo che ti ho fatto vedere ieri all’audizione..- e indicò Kei che strinse la mano che la cantante gli aveva allungato.

-Come dimenticarlo, sei davvero bravo!-

Kei non sapeva che rispondere e quando il grazie gli stava per sfiorare le corde vocali altre persone entrarono nella stanza.

Era arrivata l’ora di completare la prova. Salirono sul palcoscenico per provare e non ci furono grossi problemi.

Gli consegnarono i costumi e, prima di entrare in scena, ebbero il tempo di andare a fumare.

Kei si accese finalmente la sigaretta che tanto aveva agognato e automaticamente ripensò a quello che gli aveva detto Jermaine nel pomeriggio.

Era tutto vero, quello che sentiva. Era esattamente come l’aveva descritto lui. Ma non credeva che quello fosse davvero ciò che fosse destinato a fare. Non credeva che ballare potesse diventare il suo lavoro. L’idea non l’aveva mai sfiorato e la concreta possibilità che questo potesse accadere lo spaventava.

Cercò di reprimere questi pensieri per tutto lo spettacolo, cercando di fare solo quello per cui era stato chiamato: il problema era che non voleva pensare al ballo, ma doveva ballare.

Riuscì a combinare queste sensazioni controverse e a finire il medley perfettamente.

-Allora come è stato?-

Era seduto sul sedile del passeggero nella macchina di Mercedes, già di ritorno verso casa.

-Che cosa?-

-La tua prima volta su un palco!-

La prima parte del viaggio era stata silenziosa, ma ora la ragazza si era rivolta a Kei con quel sorriso irresistibile.

-Normale- ripresentò la risposta che ripeteva a ogni nuova esperienza, come a minimizzarla.

-E..-

-E basta..-

-Uffa.. speravo in qualche dettaglio maggiore-

Kei la scrutò scettico.

-Hai ragione.. mi ero scordata che stavo parlando col polaretto silenzioso!- trattenne a stento una risata.

-Faresti meglio a ricordartelo la prossima volta- aggiunse Kei con aria solenne.

-Cosa vuoi fare ora?-

-Pensavo volessi andare a casa..-

-Beh è tardi, ormai siamo svegli, magari non ti andava di andare a casa!-

In effetti non aveva sonno e non aveva nemmeno troppa voglia di tornare da Takao e dagli altri.

Tutto quel parlare di danza gli aveva spazzato via ogni altro pensiero; anche l’adrenalina del palcoscenico, qualcosa che non provava da tanto, lo aveva leggermente scombussolato.

L’ultima volta che si ricordava di aver provato un’emozione del genere avrebbe potuto risalire a quando si faceva. E la cosa contribuiva a non voler vedere i suoi amici.

-Se vuoi possiamo fare come l’altra volta!- Mercedes lo richiamò dai suoi pensieri.

-Ti avevo promesso un posto più comodo dei sedili di una macchina-

-Se vuoi possiamo andare a casa mia.. ormai le mie coinquiline staranno dormendo!-

Detto fatto. Si erano ritrovati nell’appartamento di Mercedes a seminare vestiti per la casa; dopo che la prima maglietta toccò il suolo per fortuna si ricordarono di non essere in casa da soli e, se anche con dispiacere, Kei si staccò un secondo per raccogliere l’indumento da terra.

Resistettero fino a che non entrarono nella camera di Mercedes e, una volta chiusa la porta, ritrassero ogni freno inibitore.

Il letto era sicuramente molto più comodo del sedile posteriore della macchina e la sensazione lasciata era certamente più positiva.

Rimasero come la sera prima abbracciati in silenzio.

Mercedes iniziò a canticchiare una canzoncina con un testo alquanto stupido, ma la sua voce era comunque fresca e cristallina.

-Ti devo riaccompagnare a casa?-

-No ormai è tardi.. non ti dispiace se resto qui vero?-

-Che domande..- Si accoccolò felice della notizia sul suo petto e chiuse gli occhi. Il suo respiro regolare la cullò.

-Se accendo una sigaretta ti do fastidio?-

-No.. il posacenere è sul comodino..- la voce già impastata dal sonno di lei lo fece sorridere.

Si accese la sigaretta e sentì il peso di Mercedes sul suo petto, segno che si era addormentata.

Le prese ad accarezzare i capelli mentre aspirava il fumo.

Quel silenzio e quella pace erano una vera goduria dopo tutto il frastuono di quella giornata.

Frastuono di suoni, voci, ma anche di pensieri.

Aveva troppi pensieri per la testa per addormentarsi facilmente. Spense la sigaretta cercando di non svegliare la ragazza. Sembrava avesse già iniziato a sognare, perché iniziò a muoversi e a muovere le labbra come per parlare.

Per Kei fu più difficile lasciare da parte tutto quel traffico di pensieri controversi nella sua testa.

Gli sembrò di essere tornato a quelle lunghe e interminabili notti insonni mentre si stava disintossicando. Per fortuna la situazione era decisamente migliorata. Non stava lottando col desiderio di procurarsi una dose e nemmeno con brutti ricordi della sua infanzia, in più una bellissima ragazza dormiva vicino a lui.

Sì, la situazione era decisamente migliorata. Poteva dormire tranquillo.

 

 

Credo che questo sia ufficialmente il capitolo più lungo fino ad ora u.u o comunque se la gioca con pochi altri! Allora.. questo viaggio di Kei nel mondo danzereccio si approfondisce sempre di più! Nuovamente mi scuso per qualsiasi cosa incomprensibile e vi chiedo, in tal caso di segnalarmela :O in questo capitolo ci sono delle cose un po’ difficili da comprendere se non si è totalmente presi.. me ne rendo conto guardando le persone che si approcciano per la prima colta alla danza rimanere perplesse a questo tipo di discorsi.. la via più semplice credo sia adattare a se stessi queste sensazioni, alle proprie passioni.. sostituirle alla danza.

Ok, la smetto di blaterare.. non vi voglio sminuire sia chiaro, mi piacerebbe solo che possano capire tutti ^^

Intanto ora mi fate sapere.. di nuovo questo fa parte degli scritti della giovinezza e l’ho cambiato un bel po’ strutturalmente (ovviamente non di contenuto), ma c’è ancora quel sapore di antico xD

Vabbè.. alla prossima settimana!

Grazie a tutti e.. come dicono qui in terra britannica.. cheers!

Un bacione :)

 

 

 

*Non so se l’avevo già spiegato, nel caso saltate pure queste righe: nonostante si tenda ad associarli, il breakin e l’hip hop sono due cose diverse, la prima è principalmente a terra, mentre il secondo in piedi, anche se abbiamo ormai delle contaminazioni, chi fa una cosa di solito non fa l’altra e viceversa..o comunque si finisce per specializzarsi in solo una cosa nonostante si abbiano nozioni di entrambe! Come solitamente non si abbina danza classica a quella moderna, lo stesso vale per hip hop e breakin (che poi ci sarebbe tutta una disquisizione sull’hip hop che detto così si generalizza troppo, ma ve la risparmio XD)

 

 

   
 
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