Possiamo volare insieme
di
Venus87
CAPITOLO CINQUE
Kami, cosa stavo combinando…
Se non se ne fosse andato non so cosa sarebbe successo. O forse sì… forse lo so fin troppo bene. Pensavo di non provare più niente per quella testa rossa, di aver esaurito, cancellato, quel sentimento che mi legava a lui. Invece è bastato avere di nuovo il suo corpo sotto il mio e sentire quelle labbra dal profumo di ciliegia per eccitarmi, per risvegliare tutto ciò che credevo aver eliminato col tempo.
Già si era mosso qualcosa dentro di me appena aveva varcato la soglia di quella che una volta era stata casa nostra, mille flash di noi due insieme, felici, al ritorno dagli allenamenti, avevano tempestato la mia testa. Al momento, però, avevo cercato di non dare importanza a tutte quelle sensazioni che provavo nell’averlo di nuovo al mio fianco e, come se niente fosse, l’avevo condotto in bagno dove mi ero soffermato qualche minuto di troppo sul suo fisico statuario. Nell’occasione anche il mio corpo aveva iniziato a reagire di fronte a quella vista paradisiaca e così mi ero rifugiato in salone per riflettere e per non dar modo ad Hanamichi di scoprire quali effetti aveva ancora su di me la sua figura, nuda.
Dopo qualche minuto avevo avvertito i suoi passi incerti raggiungermi e le sue labbra posarsi sulle mie in un timido bacio. Sentire di nuovo il tocco di quelle labbra era stato davvero troppo, qualcosa in me si era definitivamente risvegliata… La consapevolezza, mista a paura, di provare ancora qualcosa per lui mi hanno poi fatto reagire in un modo così violento. Ho anche lasciato che mi baciasse di nuovo cercando di rimanere quanto più possibile distaccato e mostrando una freddezza che in realtà non provavo. E forse avrei anche continuato con questa finzione se non avessi notato quella lacrima solitaria scendere dal suo viso. Quella visione mi ha completamente paralizzato e riportato alla mente una mia promessa: gli avevo giurato, una volta venuto a conoscenza della morte di suo padre, che non avrebbe mai più sofferto ne tanto meno pianto. Sapere che invece ero io la causa di tutto, mi ha fatto riflettere su ciò che stavo facendo. Istintivamente ho raccolto quella lacrima dal suo viso e l’ho baciato, con dolcezza questa volta. E di sicuro non mi sarei limitato a un semplice bacio… Per questo gli ho chiesto di andarsene, se non si fosse allontanato subito molto probabilmente l’avrei preso qui, incurante di tutto e di tutti, di Sendoh e del mio orgoglio. Si, perché di orgoglio si tratta. Se non fosse stato per questo mio stramaledetto carattere, molto probabilmente l’avrei trattenuto, non gli avrei permesso di lasciarmi. E invece ancora una volta il mio ego ha avuto la meglio e ho preferito non ribattere a tutte le sue accuse. In fondo, mi dicevo, una persona che pensa questo di me non è degna di stare al mio fianco.
Già, al mio fianco…
Ho sempre pensato di non aver bisogno di nessuno nella mia vita, fino a poco tempo fa l’unico mio legame con il mondo esterno era il basket. Poi un giorno ho incontrato quella testa rossa, sulla terrazza di scuola, e già da subito qualcosa in lui, oltre a quella testata inaspettata, mi colpì. Nonostante cercassi in tutti i modi di ignorarlo, quell’idiota era sempre presente nei miei pensieri. Anche durante gli allenamenti non potevo fare a meno di stuzzicarlo con i miei soliti do’aho quando era distratto o perdeva il suo tempo con Harukina-cara. Già, l’Akagi… Ogni volta che li vedevo insieme o sentivo le sue dichiarazioni d’amore per lei sparate ai quattro venti, avvertivo delle fitte allo stomaco lancinanti. Solo in seguito scoprii che quella morsa che mi attanagliava dentro non era altro che gelosia.
Passò qualche settimana prima che mi resi definitivamente conto di aver irrimediabilmente perso la testa per quel do’hao. All’inizio cercai in tutti i modi di levarmelo dalla testa…io, Kaede Rukawa, non potevo perdere tempo con queste sciocchezze. La mia vita era solo il basket e presto sarei andato in America, non mi potevo far distrarre da quella scimmia casinista. In quel periodo, però, non avevo ancora fatto i conti con quel sentimento che, sempre più forte, prendeva piega dentro di me. Sinceramente nemmeno ora so con sicurezza se si trattasse d’amore o altro, fatto sta che quel giorno, quando mi prese fra le braccia, non potei continuare a mentire a me stesso e mi lasciai definitivamente andare. Da lì seguirono settimane fatte di sorrisi, baci, carezze, coccole e…amore. Poi però tutto quello che avevamo condiviso si sgretolò di fronte a quelle accuse taglienti e cattive che lui mi fece. Da quel giorno la mia vita tornò apparentemente quella di prima… tutti i nostri compagni di squadra, e forse anche Hanamichi stesso, pensavano che quella separazione non mi avesse minimamente toccato. Come si sbagliavano…
Durante l’estate poi fui convocato per il ritiro della nazionale juniores giapponese e lì rividi Akira Sendoh……
Ero appena tornato
dalla deludente esperienza dei campionati nazionali, che ricevetti
la chiamata dell’allenatore del Giappone, il quale mi comunicò la mia
convocazione per il ritiro della nazionale. Non so se la notizia mi fece in
qualche modo felice, lì per lì rimasi impassibile,
prendendo nota dell’ora e del giorno della partenza.
Arrivai
all’appuntamento con qualche minuto di anticipo e,
dopo aver passato in rassegna i “miei compagni d’avventura”, presi posto
nell’ultimo vagone del treno che ci era stato riservato. Una cosa che notai
solo dopo qualche ora di viaggio, fu la totale assenza di giocatori dello Shohoku, a parte me. Non mi aspettavo
certo di trovarmi di fronte Sakuragi, anche perché
aveva riportato un brutto infortunio alla schiena, ma pensavo che giocatori
come Mitsui, Miyagi e Akagi sarebbero stati chiamati.
Le uniche matricole,
oltre il sottoscritto, furono quella testa calda di Kyota e Hiroshi Morishinge. Per il resto furono convocati giocatori del
calibro di Sendoh, Maki, Jin, Fujima, Dai Moroboshi, la cosiddetta “Stella di Aichi”, Minami e Sawakita.
Una
volta arrivati ci dirigemmo in
albergo dove ci furono assegnate le stanze. Con molta sorpresa capitai in
camera con Sendoh e, sebbene fui contento di non essere
finito insieme a quella scimmia di Kyota, non potei
fare a meno di pensare che Hanamichi ne sarebbe stato
gelosissimo. Quando stavamo insieme, infatti, si
lamentava spesso di certi “porcospini hentai che
avevano mire sulle volpi altrui”. Ricordando questo aneddoto
un lieve sorriso sfuggì dalle mie labbra…
“Allora anche tu sai
ridere, Rukawa!”
Mi girai subito verso
il suono di quella voce, con la mia espressione nuovamente impassibile, e vidi Sendoh avvicinarsi.
“Hn”
“Dai, ora non iniziare
con i tuoi soliti hn. Lo sai che se possibile sei
ancora più bello quando ridi?”
Io non feci molto caso
alle sue parole anche perché ero abituato a simili apprezzamenti da parte sua e,
voltandogli nuovamente le spalle, mi diressi in camera.
I primi giorni di allenamento furono davvero massacranti, anche per me che
ero abituato a passare giornate intere con un pallone di basket in mano. Tutti
i giocatori presenti al ritiro inoltre avevano delle indiscutibili qualità
tecniche e quindi fu ancora più stimolante
confrontarmi con loro.
Dopo un primo periodo
di “assestamento” tutti i miei compagni di squadra iniziarono a uscire la sera per i vari locali notturni. Anche Sendoh le prime volte prese parte a queste serate di puro
divertimento, ma poi, vedendo che io continuavo a preferire il silenzio della
mia camera alla loro compagnia, decise di restare con me.
“Guarda che se lo fai
per me puoi anche andare, non ho bisogno di te”
Gli dissi una sera,
dopo aver rinunciato per l’ennesima volta ad uscire.
“Lo so che faresti
benissimo a meno della mia compagnia, ma io voglio restare lo stesso”
“Contento tu…”
Dopo questo breve
scambio di battute mi accinsi ad andare a dormire, ma
una sua domanda mi lasciò di sasso…
“Lo ami ancora, vero?”
“Hn?”
“Non fare il finto tonto Rukawa, ti ho chiesto
se provi ancora qualcosa per Sakuragi o se tra voi è
davvero tutto finito”
Sinceramente non mi
aspettavo una domanda così diretta da parte sua, ma volli rispondergli lo
stesso:
“Se
ti fa piacere sentirtelo dire, si, ci siamo lasciati e non ritornerò indietro”
A queste mie parole il
suo sorriso si accentuò maggiormente.
“Mi fa piacere”
“Non credere che ora
avrai qualche possibilità in più, Sendoh”
“Questo è tutto da
vedere”
Nei giorni successivi
il suo comportamento nei miei confronti cambiò radicalmente… Non fece più quei
suoi soliti apprezzamenti sul mio aspetto fisico, ma si limitò a starmi accanto
come un vero amico. Una sera andammo addirittura a fare una passeggiata sulla
spiaggia e lì mi accorsi che qualcosa in me stava mutando. Eravamo sdraiati sul
bagnasciuga, spalla contro spalla, quando Sendoh si sporse
verso di me e mi baciò. Inizialmente rimasi immobile, sconcertato da quel suo
gesto, ma una volta presa coscienza delle sue labbra sulle mie non lo respinsi. Anzi, approfondii maggiormente il bacio,
trasformandolo in un duello infinito delle nostre lingue. Quando
Akira si rese conto di quello che stava succedendo
alzò il viso verso di me con un’espressione confusa, chiedendo spiegazioni:
“Ruka…”
Io però non gli diedi
tempo di continuare la sua frase perché lo presi per un braccio e lo tirai
nuovamente verso di me. Ci baciammo per diversi minuti, fino a che entrambi non
fummo a corto di fiato.
Quando tornammo in
albergo non ci furono chiarimenti su ciò che era
appena successo, tutti e due sapevamo benissimo che da quel giorno qualcosa era
cambiato…
Il mattino seguente,
appena mi svegliai, vidi il volto di Akira dormire tranquillo sulla mia spalla. Chissà quando si
era infilato nel mio letto…
Senza fare rumore
uscii dalla camera per andare a fare la mia solita corsa mattutina. Una volta
sulla spiaggia, però, vidi una figura familiare, lì, sul bagnasciuga, proprio
dove io e Sendoh il giorno prima ci
eravamo baciati. Rimasi impassibile nel trovarmelo di nuovo davanti e lo
stesso fece lui, una volta che si accorse della mia presenza. Dopo vari minuti
passati ad osservarci fu proprio Hanamichi
a interrompere questo silenzio:
“Ehi volpe, che ci fai
qui?”
“Hn
do’hao, potrei farti la stessa domanda”
“Certo che non
cambierai mai!”
Mi disse, con una
punta di rammarico, e forse tristezza, nella voce.
“Anche
tu, sei il solito do’hao”
Detto ciò mi sedetti vicino a lui e solo allora mi accorsi che teneva in
mano delle lettere. Lui dovette intuire i miei pensieri perché disse:
“Sono lettere di Haruko, kitsune impicciona!”
Stranamente ciò non mi
fece nessun effetto, non provai più gelosia nel
sentire nominare l’Akagi dalle sue labbra.
Solo dopo quell’incontro capii che la nostra
storia era definitivamente finita e che nel mio cuore stava nascendo qualcosa
d’importante per un’altra persona.
Da quel giorno mi misi
insieme a Sendoh e scoprii molti lati del suo
carattere che prima ignoravo.
Fino a oggi non mi ero mai pentito della scelta che avevo fatto, ma ora… Non so più cosa pensare.
Improvvisamente suona il telefono di casa, ma non ho voglia di alzarmi… Dopo un po’ di squilli si attiva la segreteria telefonica e sento la voce di Akira:
“Ciao Kaede, appena leggi questo messaggio potresti venire da me? Sono in palestra, mi raccomando è importante”
Il suo tono molto serio mi ha stupito non poco. Cosa sarà successo?
Mentre mi accingo a raggiungerlo, tutti i miei dubbi sono incredibilmente scomparsi e ho la consapevolezza che, ancora una volta, il mio orgoglio avrà la meglio.
NOTE:
-Sendoh dopo alcuni capitoli di assenza è ricomparso e nel prossimo capitolo ci sarà in
qualche senso una svolta.
-In questo capitolo, invece, non succede praticamente niente a parte i dubbi, comprensibili, di Kaede. Ho voluto inoltre ricostruire, attraverso un flashback, la nascita del rapporto tra Rukawa e Sendoh. È stato abbastanza svelto, con pochi particolari, ma ho voluto scrivere solo le cose essenziali perché appunto era un ricordo e non un fatto vissuto al momento.
Che dire ancora? spero
che vi sia piaciuto questo capitolo che non vi abbia annoiato particolarmente.