Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: KH4    26/09/2011    5 recensioni
Quando Nami aveva espressamente detto di non combinare alcun guaio, intendeva cose del tipo “Non attirate troppo l’attenzione con le vostre buffonate”, “Non fatevi vedere dalla Marina” o “Evitate di scatenare l’ennesimo pandemonio”. Insomma, i classici avvertimenti che non mancavano mai di essere ripresi e ripassati. Ma tra questi e l’infinita serie di avvertimenti da lei elargiti, nessuno aveva mai parlato di ragazze isteriche trasportanti in spalla, come sacchi di patate, fratelli mezzi dissanguati e seguite a ruota da innocenti bambine con grandi occhi azzurri. Un evento decisamente più normale del solito, umano, per dirla nella giusta maniera, ma, sicuramente, non privo di sorprese, se si teneva conto del fatto che, a portarli sulla nave, era stato proprio Rufy. (estratto del capitolo quattro).
 
Il Nuovo Mondo è pronto ad accogliere Rufy e la sua ciurma, tornati insieme dopo due anni di separazione; lasciatisi alle spalle l'isola degli Uomini Pesce, i pirati approdano su di un'isola, dove incontreranno un piccola amante della pirateria, bisognosa di aiuto. Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità, ragazzi!
Seguito di “Giglio di Picche.”
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti quanti e buon lunedì! Prima di lasciarvi al capitolo, voglio ringraziare nuovamente tutti quanti che leggono e recensiscono la mia storia, siete veramente gentili. Volevo avvisarvi che, visto l’ inizio delle lezioni, il prossimo aggiornamento non potrebbe esserci: non so di preciso quanto aggiornerò perché mi manca anche la materia prima (i capitoli) e i miei tempi sono diventati ancor più stretti. Spero comunque do non farvi attendere troppo, ma ci tenevo comunque ad avvisarvi. Grazie mille e buona lettura!

Preferita da:
1 - Chibi_Hunter [Contatta]
2 - Ila_Chwan22 [Contatta]
3 - M e l y C h a n [Contatta]
4 - MBCharcoal [Contatta]
5 - tre 88 [Contatta]
6 - Valy1090 [Contatta]


Seguita da:
1 - 13ste [Contatta]
2 - animefun [Contatta]
3 - fenicex8 [Contatta]
4 - M e l y C h a n [Contatta]
5 - Micyu_chan [Contatta]
6 - shaula [Contatta]
7 - TopazSunset [Contatta]
8 - tre 88 [Contatta]
9 - Valy1090 [Contatta]


Ricordata da:
1 - tre 88 [Contatta]
 


Deludere le aspettative di qualcuno non era mai una buona cosa, specie se quel qualcuno era un misterioso individuo incappucciato, la cui identità era tanto segreta quanto il suo stesso potere. Entrambi le parti ne soffrivano, perdevano qualcosa, e l’umiliazione si univa al disagio come una cantilena trillante e maligna. Che il fatto avvenisse in un modo o nell’altro, soltanto quando il guaio era compiuto ci si accorgeva della sua reale portata e quei ubriaconi, avevano appreso la lezione troppo tardi: avevano avuto l’ardire di definirsi pirati del Nuovo Mondo, facendosi abbindolare da un sacco pieno di monete d’oro senza neppure riflettere a cosa stessero andando incontro e ora, ne stavano pagando le conseguenze. Si erano lasciati ingannare dal luccichio del metallo e da quella voce calma e profonda che aveva promesso loro un ulteriore compenso, se avessero eseguito i suoi ordini senza fiatare e, soprattutto, senza mettere in scena azioni proprie. Il lavoro era facile, una bazzecola e con rischio zero, ragione per la quale avevano accettato su due piedi, già sentendosi il denaro sonante fra le dita tozze. Simili occasioni erano rare come l’acqua nel deserto e lasciarle volare via sarebbe stato un delitto: considerata poi la sua facilità, niente avrebbe impedito alla ciurma di eseguire l’incarico a dovere.

Eppure….qualcosa c’era stato.

Il semplice piano aveva contratto un’iniziativa imprevista, un problema nato dall’interno, che si era ingigantito a tal punto da mandare in rovina la loro missione in meno di due giorni. Di quel consistente gruppo di uomini, soltanto quattro erano riusciti a tornare da colui che li aveva ingaggiati e profumatamente pagati, ma forse avrebbero fatto meglio a dare retta alle loro coscienze, piuttosto che mostrarsi per quello che erano: una banda di piratuncoli lerci e vigliacchi. Dopo il depredare prede vulnerabili quanto una gazzella ferita, scappare era la loro specialità, ma l’attuale cliente era ben diverso da qualunque individuo incontrato sino ad ora. Era apparso davanti all’osteria dov’erano soliti ubriacarsi, invitandoli a seguirlo in quell’angusto posto dove il sole non filtrava e, sebbene fossero loro ad essere in maggioranza, la sua sola presenza li stava rendendo irrequieti quanto dei bambini al loro primo rimprovero scolastico; vi era qualcosa in lui che li stava sollecitando a non prenderlo sottogamba, a non tentare di aggirarlo con una qualche ciarla tirata su male. Ogni suo movimento era fluido e lento, circondato da un alone spettrale ed enigmatico, freddo e grigio come una nebbia incredibilmente affilata, ben differente e fin troppo distante dalle facce dei molti fessi che avevano depredato e lasciato in mutande.

“E così……..avete fallito, eh?”

Tremanti, i pochi sopravissuti annuirono, deglutendo l’ansia incastratasi in gola. Le minuscole fiammelle che corrodevano il legno delle torce ricoperte d’olio, illuminavano parzialmente quella che era una parte dei antichi sotterranei di una cittadina del Nuovo Mondo. Simile a una cantina stipata di botti di vino, la struttura giaceva inutilizzata per via di alcuni percorsi ostruiti; gli archi di pietra conservatisi, accompagnavano il terreno asciutto del posto, dove l’aria stantia si mischiava a un leggero filo d’ossigeno salato proveniente dal fondo. Da qualche parte doveva esserci un canale di scolo collegato al mare, ma al signor Incappucciato, una simile curiosità, non interessava, non in quel frangente. Il prediligere un posto così buio e ampio, inaccessibile a tutti, fuorché a lui, a una confortevole stanza d’albergo, derivava da una scelta strategica semplice, perfetta per le sue attuali esigenze.
Muovendo qualche passo verso i pirati, fece ondeggiare il lungo mantello nero a destra e a sinistra, coi lembi che sfioravano appena il terreno. Scorgergli il viso era impossibile; perfino la bocca e il mento erano occultati e ogni tentativo dei presenti di cogliere altri particolari, finiva col rimanere impigliati nel dubbio.

“E’ curioso”, continuò lui, girando intorno ai quattro, con le mani congiunte dietro la schiena “Dalle vostre parole, avevo capito che un simile incarico era cosa da poco e, in fondo, io vi avevo chiesto soltanto di seguire i movimenti della nave.”
“E-Ed è quello che abbiamo fatto, signore!” esclamò uno di loro “Abbiamo fatto esattamente come ci aveva chiesto….”
“Davvero?” lo fermò il signor Incappucciato, fingendosi dolcemente sorpreso “ E allora, ditemi, come mai siete tornati a mani vuote? Deve essere pur successo qualcosa, no?”

Di colpo, i pirati si zittirono, scambiandosi occhiate fugaci e spaventate. La voce gentile di quell’enigmatico individuo stava impaurendo i loro animi codardi senza l’alcun minimo sforzo. Lui sapeva, sapeva come si erano svolti realmente i fatti, sapeva tutto, ma voleva che fossero loro a parlare, e il tono affabile utilizzato, serviva specificatamente a creare un posto paradisiaco dove questi potessero riacquistare la ridicola spavalderia con cui avevano accettato l’incarico. Li invitava caldamente ad aprirsi, senza alcuna forzatura, come sotto ipnosi, ma, diversamente da questa, la coscienza rimaneva sveglia e sensibile, perfettamente aperta a ogni forma di contatto proveniente dall’esterno. Stava lasciando che si mettessero a loro agio, inducendoli a confidarsi con lui e ad aggrapparsi alle sue parole come fossero i soli appigli a loro disposizione. Molte erano le abilità del signor Incappucciato, tutte metodiche e utili, ma non vi era ombra di dubbio, che quella in cui nutriva più fiducia, era la sua stessa capacità oratoria, che, fino a quel frangente, non lo aveva mai deluso.

“In verità…signore, noi non volevamo, ma….”

Ecco, proprio come si aspettava.
Dischiuse la bocca con fare compiaciuto, godendosi il continuo incespicare del pirata nel mentre tentava di indirizzare la colpa su qualcuno che non rientrasse nei presenti. Era talmente patetico che a stento si tratteneva dal ridere. Influenzare persone del genere era così facile, che si perdeva subito il gusto di provarci: la fine di quella vicenda era scontata, poiché lui stesso l’aveva pianificata e non vi avrebbe di certo apportato modifiche. Detestava lasciare simili faccende in sospeso o interromperle, preferiva occuparsi personalmente di ogni scaramuccia, giusto per essere sicuro di non lasciarsi alle spalle eventuali tracce o errori. La sua cura per i dettagli era talmente ossessiva che poteva risultare patologica, per certi versi, una droga, ma, a questa particolare fissa, il signor Incappucciato non aveva mai attribuito troppo peso, fintanto che questa sua abitudine gli assicurava un sostanzioso vantaggio su ogni questione.

“Eravamo contrari all’iniziativa del capitano, glielo giuriamo!” raccontò il pirata, slargando le braccia “Ma lui ha detto che rapendo la bambina, avremmo potuto richiedere un cospicuo riscatto. E’ la figlia di un pezzo grosso della Marina e….”
“E avete pensato bene di fare i furbi e intascare più di quanto vi spettava, giusto?” proseguì lui, stoppando il suo giro e guardando i volti degli interrogati, imperlati di sudore.
“N-No, signore! Le assicuriamo che non volevamo approfittare della situazione! Il capitano…!”
“Il capitano…”, lo interruppe, riprendendo a camminare “Ha avuto quel che si meritava, insieme agli altri che l’hanno spalleggiato.”

Quell’affermazione tagliò il poco ossigeno presente, mozzando il respiro ai quattro sopravvissuti, che ebbero la terribile sensazione di trovarsi con un coltello impiantato alla base del collo; riuscirono a percepire il freddo della lama toccare le loro sudice pelli, affondare nelle vene pulsanti e bagnarsi del sangue che circolava freneticamente. La paura stava materializzando ogni loro pensiero, perfino il dolore, portandoli a credere seriamente di essere sul punto di morire, ma non lo erano. Almeno, non ancora…..

“Non mi piace chi fa di testa sua”, riprese il signor Incappucciato, calcando per bene le suole dei proprio stivali per terra “Specie chi deve eseguire dei compiti prestabiliti e con metà del compenso già intascato.”

A ogni suo passo, i pirati si stringevano fra di loro, coi corpi rigidi e gli arti dolenti. L’angolo paradisiaco, creato dalle dolci parole, si era appena frantumato in mille pezzi e ora, quel misterioso individuo, deluso dall’esito dell’incarico, si stava avvicinando con una lentezza tale da stroncare ogni loro tentativo di fuga. Era immobili, paralizzati, coi abiti impregnati dell’aria appesantita del posto e dal loro stesso sudore: le pelli lucide, coperte di peli sui avambracci, tremavano quanto le gambe, che a stento cercavano di non cedere davanti a una simile pressione. Il poveraccio che aveva trovato il coraggio di parlare più di una volta, si ritrovò a fissare con viso inorridito il signor Incappucciato, a pochissimi centimetri da dove stava, ma senza scoprirne il volto. Sebbene vedesse il nero davanti a sé, percepì gli occhi del misterioso cliente scrutarlo minuziosamente: se avesse deciso di punto in bianco di mentire, probabilmente ogni sua frottola sarebbe stata smontata ancor prima di essere detta, insieme a ogni altro genere di informazione rimasto in sospeso.

Pentirsi di non essersi ribellati al momento giusto era inutile; riavvolgere il tempo non era un’abilità umana, per quanto essa fosse molto desiderata. Se lui, e tutti gli altri, avessero avuto il coraggio di fermare il loro capitano, probabilmente a quest’ora si sarebbero ritrovati a bere in un bar, trangugiando cibarie e festeggiando come dei dannati per l’oro guadagnato. Avrebbero potuto divertirsi, godere di quella piccola fortuna fino al suo esaurimento, ma ormai era troppo tardi. Lo aveva capito solo in quel momento, che il loro ruolo, in quella faccenda, era già stato scritto. Tremarono ancor di più nel vedere il signor Incappucciato dare loro le spalle e sussultarono nel sentirlo sospirare, mentre muoveva debolmente il capo da una parte all’altra. Non erano stati scelti perché nel loro lavoro erano i migliori, figurarsi: erano stati scelti perché loro erano delle perfette pedine “Usa e getta”, buone per un uso breve, ma destinate a una fine indegna e dolorosa. Capirlo non li avrebbe salvati, ma forse chissà, poteva darsi che quell’uomo fosse disposto a concedere loro una seconda chance, un’occasione per rifarsi. Dopotutto, non era una possibilità da escludere,no ?

“Signore…” cominciò titubante il pirata “La prego, non….”

SLASH!

Impedendo al pirata di terminare, la freddezza grigia che avvolgeva il signor Incappucciato svanì sotto i suoi occhi, come fosse appena stata annullata. Divenuto un vento sfumato, velocissimo e inafferrabile, si era catapultato contro di lui e i suoi compagni senza permettere loro di estrarre la spada o il pugnale. Istintivamente, il fuorilegge che fino a quel momento aveva parlato, si era coperto gli occhi con le braccia, come a volersi difendere da quella strana corrente, il cui fruscio era tanto stridente da fargli accapponare la pelle. Strizzò le palpebre, serrò i pugni, ma non appena udì dietro di sé le urla strazianti dei suoi compagni, la paura lo inondò completamente. Il sibilo udito non era nuovo, così come non lo era quello zampillio consistente che arrivò addirittura a toccare il soffitto; li conosceva bene, quei rumori sottili, perché lui stesso, più volte, ne era stato il fautore, quando aveva avuto il coltello dalla parte del manico. Da bravo e stupido pirata d’osteria quale era, non si era mai fermato a riflettere sulle emozioni di coloro che venivano depredati dai lui e dai suoi compagni: la vista dell’oro offuscava ogni cosa, comprese le vite altrui, e il godere di quella superiorità drogava l’animo a tal punto da farlo sentire invincibile. In un’epoca dove il più forte prevaleva sul più debole, vincere diveniva una questione di vita; nel loro business, robette come i sogni erano qualcosa di scontato, ridotti per lo più a smaniosi desideri di ricchezza, ma individui come lui tendevano facilmente a dimenticare che niente a quel mondo era eterno, figurarsi una cosa come la fortuna. Nell’istante in cui aveva messo piede in quel sotterraneo, tutte le scappatoie e le via di fuga si erano chiuse ermeticamente, lasciandolo solo coi suoi colleghi, e adesso, la paura, quella vera, stava manovrando il suo corpo contro la sua stessa volontà.

Ogni tentativo di fermarsi fu inutile: le spalle e il busto ruotarono all’unisono, per poi essere seguiti dalle gambe. Seppur i muscoli del collo fossero rigidissimi, la testa si voltò senza alcuna opposizione. Come l’olfatto venne accarezzato da un forte odore di rame, l’uomo storse il naso e accartocciò la sua espressione, trasformandola in un grugno scuro e barboso. L’intensità del sangue si fece largo lungo le sue narici con prepotenza e, di colpo, aprì gli occhi, senza neppure sapere per quale diavolo motivo lo avesse fatto.
Per l’orrore finì col cadere a terra, strisciando e sbattendo con la schiena contro la prima colonna di pietra capitatagli; alla vista di tutto quel liquido apparentemente nero, la gola gli si seccò e il cervello smise definitivamente di fargli vedere immagini riguardanti la sua vita.

A pochi metri da lui, i suoi compagni giacevano a terra, in posizioni diverse, coi occhi rivoltati all’insù e i corpi squarciati come se fossero stati fatti di carta. Il signor Incappucciato stava nel mezzo, immobile e col suo mantello nero a proteggerlo dalle macchie di quel sangue color pece. Il pirata si lasciò scappare un mezzo grido quando vide la sua testa girarsi nella sua direzione. Non gli parlò, semplicemente avanzò verso di lui, esibendo al posto della mani qualcosa per cui l’uomo decise di schiacciarsi ancor di più contro la colonna: parevano essere delle spesse aste metalliche, lisce, con le punte acuminate e gocciolanti di sangue, lucenti per via dei bagliori soffusi delle fiaccole. Le larghe maniche del mantello le coprivano perfettamente, lasciando intravvedere soltanto un discreta parte dell’apice, sufficiente a mettere in guardia anche il più sprovveduto degli sprovveduti. Poco importava cosa fossero: quando il poveraccio si ritrovò il signor Incappucciato a sovrastarlo, con le braccia penzolanti lungo i fianchi, le domande cessarono di esistere.

“Pirati o meno, rimanete pur sempre della feccia inutile. Pensavate sul serio che vi avrei concesso una seconda possibilità, dopo questo fallimento? Tu e i tuoi stupidi compagni mi avete fatto perdere un sacco di tempo”, disse quest’ultimo “E sia dia il caso, che io, di questo, non ne abbia in abbondanza.”

Come stimolato da un elemento esterno, il subconscio del poveraccio impazzì, portandolo a compiere l’ultimo dei gesti estremi, nonché il più sciocco e inutile. Sfilando un pugnale da dietro la vita dei pantaloni, si scagliò contro il signor Incappucciato urlando, finendo, in men che non si dica, tagliato a metà da un fendente laterale di quell’asta lucente e affilata.

“Che illuso…”, sogghignò.

Come il corpo senza vita del pirata toccò terra, le braccia del signor Incappucciato tornarono alla normalità, riacquistando calore e mobilità. Non si premurò di verificare se fosse morto definitivamente: con il busto da una parte e le gambe dall’altra, era difficile che quell’incapace fosse vivo. Inoltre, l’aria dei sotterranei si stava facendo veramente insopportabile: con l’odore del sangue, poi, rimanere lì sarebbe equivalso a morire soffocati per le esalazioni mortali che si sarebbero appesantite ulteriormente con la presenza di quei sudici cadaveri.

Evitando di respirare la puzza, si avviò all’unica uscita a grandi passi, lasciandosi indietro quell’accozzaglia di errori che gli erano costati più di quanto pensasse. Affidare a quei pezzenti un incarico del genere era stata un’autentica sciocchezza! Aveva pianificato quel progetto in ogni suo punto, senza lasciare buchi scoperti e ora, senza nemmeno essere arrivato a metà, era costretto a fermarsi per colpa di una sua stessa decisione. Non poté che rimproverarsi per un simile atto. Nel salire i gradini smussati, si domandò come diavolo avesse potuto rivolgersi a gente del genere: forse la ragione stava nel fatto che quelli erano pirati di bassa lega, la cui esistenza non importava a nessuno, facili da manovrare e ancor di più, da far sparire. Contattare dei mercenari sarebbe stato troppo rischioso: era importante che la sua posizione non venisse contaminata da macchie colme di sospetto e individui come quelli tendevano a essere un po’ troppo invadenti, se non tenuti d’occhio adeguatamente. Tutto doveva procedere secondo il suo piano, tutto doveva svolgersi senza ulteriori intoppi, o farne le spese, sarebbe stato lui.




Uscito da quella specie di labirinto sotterraneo, il signor Incappucciato poté finalmente  riempire i propri polmoni di aria fresca, sotto la luce della luna piena. La città dormiva profondamente, con tutte le botteghe chiuse e lei vie deserte, scosse ogni tanto da qualche ululato canino. Nemmeno si era reso conto di essere rimasto là sotto per così tanto tempo, ma in un certo qual modo, si sentì sollevato di non doversi fare strada in mezzo ai civili: a lungo andare, si era abituato ai lunghi e sontuosi corridoi del mastodontico edificio dentro cui risiedeva, con il suo silenzio e gli angolini in ombra dove potersi fermare per qualche minuto. Era proprio dentro ad essi – e in parte, nella sua stanza – che aveva posto le basi del suo progetto, gettando ogni tanto un’occhiata fuori dalle ampie finestre attraversate dal sole. Ogni passo era stato studiato in tutte le sue angolazioni, ogni mossa pianificata con puntigliosità quasi nauseante; il signor Incappucciato non si era lasciato sfuggire nulla, perfino la più piccola delle alternative. Una persona meticolosa come lui amava tutto ciò che rasentasse la perfezione, o quanto meno, che ci si avvicinasse a sufficienza, e non c’era mai stata occasione che questi avessero fallito, se si escludevano quei disgustosi ubriaconi lasciati a marcire nei sotterranei.

Come aveva potuto abbassarsi a chiedere aiuto a individui così rozzi? Lui stesso non seppe rispondersi e si passò una mano sul volto coperto per doversi scrollare l’irritazione crescente.

Ben conscio dei tempi da rispettare - per non parlare dei doveri -, si incamminò lungo le vie secondarie, pregustandosi mentalmente il caldo e morbido letto che lo attendeva, insieme alle altre comodità conquistate grazie alla sua posizione. Dopo quei ultimi giorni sfiancanti, gli occorreva almeno una buona nottata all’insegna del riposo: non avrebbe concluso niente con un paio di occhiaie antiestetiche e le forze ridotte del cinquanta per cento. Escluso l’intoppo, tutto il resto procedeva alla perfezione, come da manuale, ma anche se si sforzava di non pensarci, era inevitabile che i suoi pensieri finissero con il tornare a quella questione: con quell’insensato attacco a sorpresa, i pirati aveva compromesso una parte saliente del suo piano, finendo per allarmare la mocciosa e le sue due guardie del corpo. Era impossibile che risalissero proprio lui, date le precauzioni messe in atto al fine di mantenersi nell’ombra, ma il timore che quei due ragazzi non considerassero quell’attacco una casualità, fece vibrare la sua sicurezza. Se non fosse stato un uomo di un certo rango, forse avrebbe ceduto al timore, a delle ipotesi tirate su dall’ansia, ma l’essere quello che era, lo stava spingendo a mantenere una passività degna del titolo che portava e a camminare senza alcun passo incerto: adesso, se voleva portare a compimento il proprio dovere, doveva muoversi con ancora più cautela e astuzia, anticipando qualsiasi mossa malvista e impedendo che i suoi impegni quotidiani non ne risentissero: sarebbe stato alquanto pericoloso se qualche subordinato si fosse accorto della sua negligenza a certi incarichi e, vista la sua puntigliosità, non era il caso di mancare al proprio dovere.

Il tempo era una l’unica variabile traballante in tutta la faccenda e lui si stava prodigando al fine di ottenerne di più, seppur il suo “Cliente” fosse alquanto impaziente. Accontentare una persona di quello stampo era un’impresa che meritava onori e privilegi molto speciali, e lui, era intenzionato a intascarsi quei vantaggi sino all’ultimo. Ma prima doveva riposarsi e ricomporsi. Un bagno per togliersi di dosso l’odore del sangue e un buon bicchiere di vino, prima di addormentarsi, erano quel che gli ci voleva.
Svoltò a destra con silenziosa eleganza, superando un alto lampione che illuminava un ristrettissimo spazio del marciapiede. Appena superato, stoppò la sua camminata, attirato da un leggerissimo e delicato profumo che attirò la sua attenzione. Era effimero, femminile, appena percepibile e gradevole all’olfatto, ma soprattutto, vicino a dove stava, praticamente alle sue spalle.

“Non immaginavo fossi un’amante delle passeggiate al chiaro di luna.”

La voce che aveva rotto il silenzio si accompagnò a una sommessa risata, talmente evanescente da essere paragonata al tocco della seta. Il signor Incappucciato non si scompose e si voltò con ferrea sicurezza verso quell’angolino buio che la luce del lampione non riusciva a dissipare.

“Ed io ti credevo più scaltra nel non farti notare, cara la mia cacciatrice di pirati”, replicò lui, ghignando elegantemente.

Ridendo con più maliziosità, Camiria uscì dal suo riparo buio per mostrarsi alla luce del lampione. Era una donna sulla trentina, alta, tanto affascinante quanto crudele, con corti capelli neri e mossi, accompagnati da due occhi d’onice ammalianti, abbelliti con dell’ombretto viola leggermente sfumato sui lati. Labbra e unghie erano dipinte di nero, in perfetta sintonia con il lungo e provocante abito scollato che indossava – anch’esso scuro –, il cui spacco vertiginoso arrivava quasi a toccare il fianco. Privo di spalline, il vestito fasciava alla perfezione il corpo sinuoso e sodo della donna, che, con camminata ancheggiante, si parò davanti al signor Incappucciato senza alcuna paura.

“Mi sottovaluti se pensi che io mi faccia sorprendere così facilmente”, ribatté lei, con fare soave e le palpebre socchiuse “E, comunque, non sei certo nella posizione per rimproverarmi: a quanto pare, il tuo bel piano ha appena contratto una falla.”

Sebbene fosse stato appena colpito in un punto dolente, l’uomo non mostrò alcun cambiamento emotivo e continuò a guardare la socia nel mentre inclinava la testa, in attesa di una sua risposta. Camiria era forse la donna più intrigante e maligna che avesse mai conosciuto, e quelle sole due qualità avevano fatto di lei una cacciatrice di pirati tanto famosa quanto temuta. Una persona di classe, calcolatrice, letale, e sfuggente come il vento, amante della solitudine e collezionista di trofei, la cui esistenza nel Nuovo Mondo era ritenuta quasi incerta per via delle sue apparizioni a dir poco fulminee. Il signor Incappucciato era l’unico che potesse vantare una certa conoscenza su di lei, seppur non approfondita: il loro era un puro rapporto di complicità, che soddisfaceva le necessità di entrambi, ma questo significava che lui la conoscesse come le sue tasche. L’aspetto di Camiria, il suo comportamento, il carattere, gli sguardi, i sorrisi…tutto lasciava intendere che amasse essere vista come una persona oscura, che preferiva tenere per sé i lati della propria personalità. Un enigma vivente, per farla breve. Amava intingere ogni sua movenza  di sensualità intrigante, apparendo e scomparendo come un fantasma, e il semplice fatto di essere considerata un’esistenza non del tutto sicura, in un qual modo, la eccitava a tal punto da mostrare tutto il suo sadismo a chi aveva la sfortuna di incontrarla.

Per quanto il signor Incappucciato fosse stuzzicato da quello specifico lato della donna, meritevole dei suoi complimenti, al momento, questo, non occupava il centro dei pensieri; il suo umore piatto veniva trasmesso con voce secca, dando prova della sua irritazione per l’intoppo creatosi. Seppur non lo vedesse in faccia, la corvina abbozzò uno dei suoi sorrisi maliziosi, accentuando così i femminili lineamenti che facevano di lei una creatura alquanto desiderabile.

“Si direbbe proprio che io abbia centrato il punto”, disse poi.
“Non è il posto adatto per parlarne”, replicò freddamente il signor Incappucciato.
“Lo so, qualche sonnambulo potrebbe sentirci”,  gli soffiò lei sulle labbra “Vieni con me. Staremo più comodi a casa mia.”




Come si sedette su quella grande e soffice poltrona di velluto scarlatto, il signor Incappucciato sciolse i propri muscoli, espirando con sollievo. La morbidezza delle imbottiture e dei cuscini coccolò i suoi arti, inducendoli a privarsi della tensione accumulata. Il sorso di vino rosso che poi si gustò, servì a farlo rilassare definitivamente. Il liquido dalle mille fragranze ondeggiava all’interno del fragile e finissimo bicchiere di cristallo che reggeva fra l’indice e il medio, con la coppa completamente appoggiata sul palmo della mano.
Appoggiando la testa sullo schienale, l’uomo dischiuse gli occhi sul salone, dove lui e la padrona di casa si trovavano: a illuminarlo, vi era solamente il fuoco del camino, le cui fiamme danzavano e crepitavano con movimenti vivaci e irregolari. Il mantello era stato lasciato in disparte, abbandonato momentaneamente sul lungo tavolo di legno scuro, coperto da una tovaglia bianca con ricami e su cui era appoggiato un vaso panciuto, pieno dei fiori preferiti della cacciatrice: delle deliziose campanule azzurrine, con leggere sfumature lilla. Notò con piacere che il buongusto della donna aveva trasformato quella vecchia magione, un tempo colma di buchi e ragnatele, in un’autentica dimora degna di un nobile e di questo, se ne compiacque, poiché anch’egli amava mobili e oggetti di una certa classe.

Fra quei candelabri dorati e il lungo divano rosso dai cuscini vaporosi, il signor Incappucciato trovò il buon gusto del decoro e della raffinatezza, entro i giusti limiti, ovviamente. Aveva avuto modo di conoscere gente dalle pretese a dir poco assurde, capaci di trasformare una semplice abitazione in un museo degli orrori, tanto l’arredamento arrivava a rasentare l’eccessività. Fortunatamente, in quella grande sala avente ampie finestre, dove la luna filtrava con la sua luce opaca, non vi era nulla per cui valesse la pena storcere il naso: le pareti bianche, per via del buio esterno, apparivano più scure, appena sfumate ai lati, data della grandezza della stanza. Il fuoco situato nel camino ballava sulla legna con movimenti sinuosi, producendo aloni arancioni che si espandevano sulle superfici più vicine ad esso e spingendo le ombre a rifugiarsi sotto i mobili o nei angoli più vicini. Una vista che ipnotizzò momentaneamente il signor Incappucciato, nel mentre un secondo sorso di vino gli scorreva giù in gola.

“Allora, Camiria, quanto sai di questa faccenda?” le domandò infine, volgendo lo sguardo sulla padrona di casa.

La cacciatrice di pirati, comodamente seduta sul suo bel divano, con le gambe accavallate, inspirò profondamente, sbattendo le lunghe ciglia e guardandolo con le palpebre socchiuse.

“Abbastanza perché tu la prenda con le pinze”, gli rispose affabile, nel sistemarsi poi con l’indice una ciocca arricciata “La piccina si è fatta degli amici piuttosto noti al Governo Mondiale e non credo che questi si lasceranno uccidere tanto facilmente.”

A quella risposta, il signor Incappucciato annuì debolmente con la testa: il porre una domanda simile a una donna capace di scoprire i più arcani segreti di un’organizzazione non poteva che essere una perdita di tempo. Ma per lui era quasi un obbligo accertarsi su tali questioni, una dipendenza che alla fine portava sempre in primo piano l’argomento che voleva intavolare. Sebbene la visita inaspettata di Camiria non rientrasse nei suoi programmi giornalieri, si sentì comunque soddisfatto per quella improvvisata, poiché la cacciatrice era esattamente quello di cui aveva bisogno.

La ciurma di Cappello di Paglia era un nemico piuttosto appariscente, estremamente noto alle autorità, nonostante i due misteriosi anni di assenza. Dopo il grande incidente avvenuto a Impel Down, Monkey D. Rufy era stato classificato come uno dei pirati più pericolosi al mondo, un ricercato di livello S. L’apprendere che quella mocciosa e le sue due guardie del corpo erano venute a contatto proprio con quella banda di pirati, gli aveva fatto fremere le mani pericolosamente, portandolo quasi alla tentazione di rompere qualcosa: aveva percepito chiaramente il suo potere vibrare, chiedere di essere usato, liberato dal suo controllo, ma si era trattenuto. Aveva respirato manciate d’ossigeno per placare il moto crescente dentro di lui, rilasciandolo nel momento in cui aveva deciso di sventrare quei sudici pirati da lui ingaggiati, senza alcuna esitazione. La faccenda aveva preso una piega inaspettata, questo era vero; d’altro canto, proprio non si aspettava l’entrata in scena di quella ciurma, ma non era il caso di darsi per vinti. Nel suo essere meticoloso, esisteva sempre una via secondaria che gli permetteva di ristabilire l’equilibrio perduto e tale alternativa, era rappresentata dalla donna che gli stava di fronte.

“Ragione per la quale mi rivolgo a te”, le sorrise amabilmente, poggiando il bicchiere di vino sul piccolo mobile circolare che affiancava la poltrona e sporgendosi in avanti “Avrai constatato con i tuoi stessi occhi che simili pirati richiedono particolari attenzioni e, data la nostra stretta collaborazione, sarebbe stato imperdonabile se non ti avessi coinvolta.”
“Generoso da parte tua”, fece lei, guardandolo attentamente “Potrei anche commuovermi, se non sapessi che il mio aiuto ti serve per non destare sospetti.”
“Oh, così mi offendi…”, le disse lui, fingendosi ferito al cuore “Tutto quello che voglio è che tu ti diverta un po’ con quei pirati.”

Camiria si astenne dall’approfondire l’argomento e si lasciò affondare nello schienale del suo divano, incrociando le braccia sotto il prosperoso seno. Il suo ospite, nonché socio, aveva le idee chiare sul da farsi e il suo comportamento le aveva appena fornito la prova schiacciante per affermare, senza ombra di dubbio, che era disposto a tutto pur di non ritrovarsi con le mani bucate. Dietro a quel viso apparentemente calmo e amichevole, si nascondeva un’ambizione maniacale e contorta, insaziabile sotto tutti i punti di vista. Lo scintillio sinistro che guizzava in quei suoi occhi metallici era inconfondibile, una sorta di marchio di riconoscimento. Di uomini smaniosi di potere, a quel mondo, ce ne erano a bizzeffe: tutti sicuri di ottenere l’impossibile senza alcuno sforzo. Pochi si distinguevano da quella massa di illusi e lei era ben felice di far parte di quella schiera ristretta: ambizione e intelligenza stavano fusi in un legame strettissimo, l’una attratta dall’altra, come fossero poli opposti, ma la prima tendeva sempre a sopraffare la seconda, rompendo in un sol colpo il delicato equilibrio instauratosi. Un esito inevitabile, se ci si credeva al di sopra di tutto e tutti, ma schivabile se sufficientemente abili a non farsi influenzare da entrambe le parti.

La differenza che poneva la cacciatrice di pirati su di un piano totalmente diverso dal loro, era l’avere alle spalle tutta una serie di fatiche e episodi che le avevano permesso di affinare la sua personalità e il suo stile di combattimento. Camiria era affascinante, potente, ma anche molto furba e calcolatrice, una stratega che, nel suo piccolo, sfruttava il proprio intelletto e i propri desideri quanto bastava, per ottenere ciò che voleva; aveva faticato, sudato e sputato sangue, a volte arrivando anche a sfiorare la morte, ma era sempre riuscita a uscirne vincitrice, seppur col corpo ammaccato, a volte. Le svariate cicatrici biancastre che ricoprivano la maggior parte della sua schiena ne erano la prova. Ciascuna di esse rappresentava un suo momento di debolezza, una superficiale distrazione che le era costata la vittoria. L’essere sempre stata attaccata alle spalle le aveva fatto guadagnare quei orribili segni che le deturpavano la pelle, ma, anziché nasconderli, lei li esibiva, senza alcuna paura: l’arrivare ad accaparrarsi la reputazione, quella reputazione che ora deteneva e custodiva come il più prezioso dei suoi trofei, aveva preteso i giusti sacrifici, spingendola a tirare fuori i lati peggiori di lei, i più freddi e crudeli che potessero mai esistere, eccitandola alla vista del suo stesso sangue e di quello delle sue future vittime. Fermarla prima che si sentisse appagata e soddisfatta era impossibile. Ulteriormente, il prediligere il lavoro solitario a quello di gruppo, implicava, da parte sua, una prudenza doppia, seppur possedesse non pochi assi nella manica; non era tanto sciocca da gettarsi sulla prima taglia sostanziosa su cui i suoi occhi si posavano, senza prima riflettere sul da farsi.

Ora, davanti a quell’uomo che lei aveva preso a chiamare scherzosamente “signor Incappucciato”, giusto per mantenere segreta la sua reale identità, acquisì la consapevolezza che la sua entrata in scena era già stata pianificata, ma non se ne meravigliò: era conscia del fatto che il socio, presto o tardi, avrebbe richiesto i suoi servigi e lei era ben intenzionata a prendersi una fetta di quella sostanziosa torta mostratale. Parole e spiegazioni erano inutili: conosceva i dettagli, l’obbiettivo, e tutto ciò che quel piano comportava, compresa l’attuale posizione dell’uomo. Non era propriamente corretto affermare che le sue mani erano legate, ma si trovavano comunque impegnate su di un altro fronte, che non poteva essere bellamente ignorato. Un motivo più che sufficiente per lasciare a lei l’altra parte del lavoro………

Alzandosi in piedi, Camiria depose il suo bicchiere di vino vuoto sul tavolino – esattamente come aveva fatto prima il suo ospite - e ancheggiò verso il signor Incappucciato, per poi posare le sue mani sulle sue gambe, sporgendosi in avanti quanto bastava perché lui ammirasse ogni dettaglio dei suoi splendidi occhi neri.

“Quello che vuoi…”, sussurrò lei “E’ farti bello agli occhi del tuo cliente e impedire che i tuoi colleghi ficchino il naso nei tuoi affari. Immagino che sarebbe un bel disastro, se si venisse a sapere che la pargola del signor Yokozomi viaggia insieme a Monkey D. Rufy.”

Tolse una delle mani dalle ginocchia di lui per farla vagare sul torace, incontrando così la stoffa ben stirata dei suoi vestiti; fermatasi a metà, prese a giocherellare con la cravatta, facendola passare fra le dita, carezzandola e stropicciandola, senza però danneggiarla.

“Mammina e papino saranno molto preoccupati per la loro figlioletta”, riprese lei con tono falsamente preoccupato “Potrebbero mandare un ammiraglio o due a prenderla, se non riceveranno presto sue notizie, e tu non vuoi che qualcun altro rovini i tuoi piani, giusto? Dobbiamo….” e alzò gli occhi verso di lui “Assicurarci che le acque rimangano calme, non ho forse ragione?”

Come vide il sorriso provocante della corvina allargarsi, il signor Incappucciato si ritrovò improvvisamente inchiodato alla poltrona. Non si trattava di una paralisi fisica, ma, più che altro, di una psicologica: nei occhi della cacciatrice di pirati si annidavano luci e sfumature di consistenza indecifrabile, richiamanti emozioni maligne e ingannevoli: vide il nero, ma anche il viola e un sottile velo biancastro che giocava a rendere i colori più chiari e sfuggenti, sintomo che il sadismo della donna era presente e pronto a farsi sentire. Senza volerlo, l’uomo di ritrovò spettatore di uno spettacolino ipnotico, pieno di fascino e mistero: Camiria stava esercitando una pressione silenziosa su di lui, invisibile al semplice occhio umano, ma percepibile sulla pelle. Cuore e polmoni gli si appesantirono ed ebbe l’impressione che il sangue avesse rallentato il perpetuo viaggio all’interno del suo corpo. Pareva che i muscoli si fossero afflosciati un po’ troppo, perché, come provò a chiamarli a sé, questi non risposero, tuttavia, sebbene tutto ciò potesse essere alquanto sgradevole da provare, il signor Incappucciato rimase calmo, come immune da quel peso: in realtà lo sentiva perfettamente, ma non era nulla per cui valesse la pena mettersi a combattere.

Non c’erano intenzioni omicide in quello sguardo incisivo e ammaliante, solo un forte desiderio di mettere le carte in tavola, di modo tale che i conti fossero equi. Le unghie laccate di nero di lei si astenevano dall’infilzargli le gambe, divertendosi a tamburellare ogni tanto sulla stoffa dei pantaloni senza una precisa ragione, nel mentre la donna gli scrutava il volto con insolito interesse. Il profumo delle campanule – il preferito della corvina– stuzzicò il suo olfatto, addolcendo i lineamenti di lui e portandoli a spiegarsi in un’espressione curiosa.

“Camiria, cosa vuoi insinuare con il tuo discorso?” le domandò tranquillamente.
“Assolutamente niente. Voglio solo ricordarti, caro il mio signor Incappucciato…” e lì si sporse ancora di qualche centimetro “Che io non sono uno dei tuoi tanti strumenti e che posso spezzarti le gambe quando mi pare e piace.”

Quel suo tenere in bella vista gli artigli era uno dei tanti lati della socia che piacevano al signor Incappucciato. Seppur la voce di lei fosse morbida e vellutata, nessuna delle sue parole nascondeva delle menzogne: Camiria era una donna di parola e ciò che prometteva, manteneva. Una ragione più che valida per non prenderla sottogamba.

“Oh, ma io non oserei mai servirmi di te”, le disse accarezzandole il mento con il pollice e l’indice “Dovresti averlo capito da tempo che se tentassi di fregarti, non ne ricaverei nulla.”
“Lo so, ma ci tenevo a fartelo ricordare.”

Raddrizzando il busto, la corvina prese il calice di cristallo dal tavolino, volgendogli poi le spalle e camminando sul tappeto dai disegni complessi che attutivano il rumore dei suoi tacchi a spillo.

“Per ora puoi tranquillizzarti”, affermò poi, dopo aver bevuto un sorso di vino “Mi occuperò personalmente di Cappello di Paglia e farò in modo che nessuno possa ricollegarti a questa faccenda. Mi occorrerà un po’ di tempo, ma non ti devi preoccupare: tu fai il bravo diplomatico e vedi che non mi arrivino addosso marine o ammiragli. Non mi prenderò alcuna colpa se oseranno intralciarmi.”
“Agisci come meglio credi, ma non sottovalutare questi pirati”, le consigliò lui, alzandosi dalla poltrona. “Come hai detto tu, sono molto noti al Governo Mondiale.”
“Ciò non significa che siano alla mia altezza”, replicò freddamente la padrona di casa.
“Uh uh, se la pensi così, allora non ho niente da temere.”

E senza una riverenza o un particolare saluto, il signor Incappucciato lasciò il salone, dirigendosi verso l’uscita speciale che la donna aveva appena creato col suo potere. Con quella sarebbe giunto ai suoi appartamenti in un batter d’occhio, mantenendo integro l’alibi creatosi e senza spendere energie inutili in un viaggio lungo e faticoso.
Assicuratasi che l’ospite non fosse più nella magione, Camiria si avviò verso il tavolo affiancato alla grande finestra, poggiandoci sopra il bicchiere vuoto. Sotto la pallida luce lunare, le campanule raccolte nel tondo vaso blu abbellivano con la loro semplice presenza quel lungo mobilio utilizzato esclusivamente da lei.

Erano il suo tocco personale, una punta di colore che aveva sparso un po’ ovunque, giusto per respirare un po’ di serenità, ogni tanto. Il loro profumo, leggero e delicato, si insinuava fra le piccole foglioline umide, incitando i boccioli ancora dormienti a schiudersi. Le radici sottili scavano nel terriccio fino a toccare il fondo del vaso, schiacciandosi a vicenda per occupare quanto più spazio possibile e mangiando quelle piccole gocce d’acqua che ancora non erano state del tutto assorbite.
Camiria amava quei fiori, erano di gran lunga i suoi preferiti, tanto da averne un ampio giardino interno a sua completa disposizione. Li trovava semplici, minuti, con due significati contrapposti che, fin dal subito, l’avevano affascinata: se da una parte, quei fiori erano sinonimo di speranza, dall’altra, richiamavano a sé immagini crudeli e maligne, per via del soprannome a loro dato: le campane dei morti.

Si credeva che nei loro campi ci vivessero spiritelli maligni, che il loro tintinnio portasse a una morte precoce, il che induceva molti a disprezzare quei fiori così belli. Era difficile pensare che a qualcosa di così piccolo e inoffensivo fosse dato un significato tanto macabro, ma era proprio quella peculiarità che aveva fatto si che questi divenissero i fiori prediletti della cacciatrice di pirati: erano la prova per eccellenza, che l’apparenza era solo una mera illusione, piena di fronzoli e ghirlande che servivano a coprire gli eventuali buchi. Le sue belle campanule erano piccole, graziose, dall’aspetto innocuo e pacifico, ma colme di malignità esattamente come lei. Aprendo il palmo di una delle sue mani, la donna accarezzò i loro petali con fare del tutto identico a quello materno, sorridendo furbescamente nel mentre le guardava con fare maliziosamente intenerito.
Un pirata con un taglia di ben quattrocento milioni di Berry…..oh, questo non se lo sarebbe lasciato proprio scappare.

Sarà interessante, si disse leccandosi le labbra Sarà veramente interessante.
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: KH4