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Autore: Soul Sister    28/09/2011    1 recensioni
Emmett e Jasper sono due dongiovanni. Rosalie detesta Emmett, lui non sopporta lei. Alice è innamorata persa di Jasper, Hale la considera la sua migliore amica. Senza contare che entrambi i ragazzi sono gli scapoli piu ambiti di Forks. Edward è un ragazzo chiuso, che non ha mai provato la sbornia dell'amore. Bella non ha mai avuto nemmeno l'occasione per sentirsi a casa, inseguita, braccata come un animale dagli uomini che hanno ucciso i suoi. I Cullen l'aiuteranno a rivendicare i genitori, e a ridarle la libertà e la felicità che in 17 anni non è riuscita a ottenere. Edward, in questo senso, è la persona chiave. In tutto questo casino, tra omicidi e strane capacità, sboccerà l'amore?
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buondììì! :)
Ehm..lo so che è da un bel po' (piu di un anno, mi sa) che non aggiorno, ma sono tornata!
Diciamo che questa storia mi piace scriverla, mi piace molto, ma a volte ho dei vuoti che non saprei colmare, e ci metto un po' per scrivere..poi le ispirazioni per altre storie mi prendono tempo, a volte non ho nemmeno tempo di scrivere nulla, c'è la scuola...uh, diciamo che è tutto contro di me XD
Vabbè, non mi dilungo molto...vi posso solo ringraziare se leggere. :)
First Training
-Allora, Bella.
Carlisle prese a parlare, passeggiando avanti e indietro per il giardino nel retro di casa Cullen. Giardino, sì: forse era meglio dire campo, o pianura direttamente. Era davvero immenso, e da quel che mi aveva spiegato Alice prima che suo padre arrivasse, lo curava tutto Esme, per quello era così bello e fiorito. -Prima di cominciare, vorrei spiegarti cosa intendiamo per allenamenti- congiunse le mani, fece un gesto, e le sciolse di nuovo, sempre con un’aria concentrata.
-I nostri poteri non sono una cosa da nulla, possono essere rischiosi, instabili, e questo credo che tu già lo sappia.- disse, e io annuii. Aveva ragione, soprattutto io sapevo essere piuttosto un pericolo, se innervosita. -Inoltre, come ti è successo, dopo poco ti stanchi e perdi i sensi senza forze, e questo è gravoso su di te. Dopotutto, lo sappiamo tutti che l’altro giorno, se non ci fosse stato Edward, ti avrebbero presa.- rabbrividii a quell’affermazione del dottor Cullen. Cercavo di pensarci poco, sinceramente. Ma aveva dannatamente ragione, se non ci fosse stato suo figlio avrei potuto dire addio alla mia libertà e molto probabilmente anche alla mia vita. Anche se era una bella botta all’ego, sentirsi dire certe cose, soprattutto se si era abituati come me a cavarsela da soli e a farla franca con le proprie forze.
Carlisle fece un sorrisetto, probabilmente mi leggeva in faccia il disappunto.
-Per questo, è doveroso che tu impari a mantenere un controllo. I miei figli, normalmente, stanno a coppie, eccetto Edward. Credo che per le prossime volte, possa fare eccezione.-
Edward mi sorrise, e dovetti ammettere a me stessa che il suo sorriso fosse veramente bellissimo.
-Bene, iniziamo.
Annunciò Carlisle, e tutti i fratelli Cullen si sparpagliarono per l’immenso prato.
Edward infilò le mani nelle tasche, e mi fece cenno di seguirlo con un movimento del capo. Mi affiancai con due falcate a lui, e lo seguii senza fiatare, nonostante ci stessimo allontanando molto dal resto della famiglia.
Alla fine, dedussi che la loro casa fosse al limitare della foresta, perché la vegetazione era molto più fitta.
Inciampai qualche volta nelle radici, ma riuscii sempre a recuperare l’equilibrio, senza sfracellarmi al suolo o peggio addosso a Edward: ci mancava solo fare un’altra figuraccia con lui! Quella dell’orfana suicida ormai era già stata ampiamente fatta, purtroppo.
Edward si fermò solo ad un certo punto del bosco, a una decina di metri da un fiumiciattolo zampillante. L’acqua era cristallina, e, solo a vederla, mi vennero i brividi: era sicuramente freddissima, considerando le temperature di Forks.
-Saltami in groppa- disse solo, al che lo guardai piuttosto male.
-Eh?- ok, con le risposte intelligenti non ce la facevo proprio, ma in quel momento era il male minore..insomma, perché diavolo dovevo salirgli sulla schiena?!
Edward sbuffò, sempre con un sorrisetto sulle labbra: -Dobbiamo saltare- spiegò, con un’aria ovvia.
Alzai gli occhi al cielo. -Ce la faccio benissimo a saltare quella cosetta da niente.- lo apostrofai, con un tono piuttosto irritato. Se c’era qualcosa che faceva uscire tutto il mio orgoglio in tutta la sua possente orgogliosità era proprio trattarmi come una damigella indifesa. Io odiavo essere trattata come un’incapace.
Edward scrollò le spalle, -Se ci finisci dentro, sappi che non tornerò indietro perché devi asciugarti.
Gli lanciai un’occhiata e usai appositamente un tono pungente: -Nel caso, sopravvivrò; ma dubito fortemente di finire nell’acqua.-
Negli occhi di Edward passò un guizzo strano, uno scintillio che rese ancora più vivi quegli specchi che erano le sue iridi verdi.
-Saltiamo insieme?
Annuii solamente.
-Bene, al tre. Uno..due..tre!- Al via scattammo entrambi, prendendo più velocità per saltare il fiume. Ad un passo dallo staccare, però, misi un piede in fallo, e nella frazione di secondo in cui precipitavo come un’allocca nell’acqua, vidi Edward spiccare un bel balzo.
L’acqua era gelida, avevo ragione. Appena riemersi sputai quella che avevo ingoiato nell’impatto, e tossicchiai un po’, finchè non sentii un suono piuttosto irritante dalla riva opposta. Mi voltai con uno sguardo truce verso di Edward, che si teneva la pancia dal ridere. –Te l’avevo detto io!- sghignazzò, quello stupido.
Cercai di attivare la barriera, tanto per non inzupparmi ancora di più, e cercai di raggiungere l’altra parte nuotando. M’issai su una roccia, mentre ancora Pel di carota rideva come un cretino.
-Allora, Malpelo, la finiamo di ridere? Non c’è nulla di divertente!- sibilai, strizzando i miei capelli, e poi la maglietta.
Edward cercò di contenersi, con veramente scarsi risultati. –A me sembra che ci sia da ridere, e anche tanto..La prossima volta dammi retta, bimba.-
-Bimba lo dici a qualcun altro, ciccio!- sbottai, incrociando le braccia al petto. –Ora mi spieghi perché siamo venuti qui, quando il resto della famiglia si allena a casa.-
Edward fece spallucce. –Avevo voglia di fare una passeggiata..e poi io ho un posto speciale dove allenarmi- Disse Edward, riprendendo a camminare.
–Sbrigati, su!- m’incitò, ancora con un ghigno strafottente sulle labbra.
Lo seguii stizzita, pestando i piedi nell’erba umida; guardai dove ci stavamo dirigendo, e mi accigliai ulteriormente: la vegetazione era ancora più fitta e quasi inaccessibile, e Edward ci stava andando di filato.
-Ehm..non vorrei fare la scassapalle, ma Edward..-
Lui voltò il capo, appositamente per rivolgermi quel sorriso meraviglioso.
-Calma bimba. Aspetta e vedrai.
Incrociai le braccia sotto al petto, sbuffando.
Dolce e sensibile..macchè! Edward era la conferma alla regola: l’apparenza inganna. Che razza di sbruffone! Sembrava facesse apposta a lanciarmi quei ghignetti sghembi per farmi collassare, come se leggesse i miei pensieri e sapesse l’effetto destabilizzante che avevano su di me.
Edward spostò un ramo, e io lo seguii incerta, ben attenta a guardare dove camminavo; ci mancava solo che finissi a gambe all’aria, e poi la mia dignità sarebbe definitivamente affondata.
Alzai gli occhi dal terriccio, e rimasi letteralmente senza fiato: davanti a me si stendeva una piccola radura fiorita, illuminata da un fievole raggio di sole; aveva un qualcosa di fiabesco, e era quasi impossibile distogliere lo sguardo dal paesaggio davanti a me.
-Bello,vero?
Annuii, incapace di far altro.
-E’ il mio posto preferito..vengo spesso qui, per allenarmi, per riflettere. È un posto che sento mio.
A quelle parole sentii il mio cuore sprofondare in una morsa di rammarico.
-Scusami…- mormorai, abbassando il capo. Mi sentivo una stupida, perché quello era il posto segreto di Edward, dove andava a prepararsi, e io gli ero piombata tra capo e collo.
-Per cosa, scusa?- domandò, confuso.
-Questo è il tuo posto, ed io mi sento come un’imbucata ad una festa.- spiegai, spicciola.
Sentii suoi passi avvicinarsi, e si fermò a un passo da me.
La sua mano scattò sotto il mio mento, lasciandomi di sasso, perciò per lui fu facile farmi alzare lo sguardo ai suoi occhi.
-Ti ho portata perché volevo che tu lo vedessi, Bella. Altrimenti saremmo rimasti con gli altri, non trovi?- Non risposi, non sapevo che dire, e francamente non ne avevo nemmeno la facoltà in quel momento.
I suoi pensieri dicevano esattamente la stessa cosa, con la stessa convinzione che leggevo nei suoi occhi verdissimi.
Sospirò. –Bella, il fatto è che so che di te posso fidarmi, non potrei fare altrimenti. I tuoi occhi sono stati un rifugio altrettanto caro per me, quando stavo male. Sei stata inconsapevolmente un porto sicuro..-
Nei pensieri di Edward vorticò l’immagine dei miei occhi, il suo sollievo nel vederli: lo stesso sollievo che provavo io quando mi lasciavo sprofondare nel sonno solo per vederli e sentire quella speranza che mi trasmettevano.
Involontariamente le mie labbra si erano stese in un sorriso incerto, e Edward fece scivolare le dita, che erano ancora sotto il mio mento, fino alle guance.
-L’altro giorno ti ho sognata..ho visto i tuoi occhi spaventati, poi Alice ha avuto una visione, e io non sono riuscito a stare fermo..-
-Non ti ringrazierò mai abbastanza, Edward.- dissi sincera, guardandolo con più sicurezza negli occhi.
Lui accennò quel maledetto sorriso sghembo, facendo mancare di un battito il mio cuore. –Forza, ora direi di cominciare.
Seguii Edward al centro del prato, dove il debole –e miracoloso- raggio di sole riusciva a superare le nuvole cupe, illuminando la radura in un modo quasi magico.
Pensai che avremmo fatto qualcosa di strano e improbabile, difficilissimo da fare per una gabba come me a muoversi, invece si lasciò cadere nell’erba soffice, e mi fece un cenno di raggiungerlo. Non mi feci pregare due volte.
-Bene. La lettura della mente direi che non ha bisogno di allenamenti, non trovi?- fece, con nonchalance. Ridacchiai, annuendo con vigore. –Poi sei uno scudo fisico e mentale..però del primo direi che ti sei servita egregiamente prima nell’acqua.- Edward sciabolò le sopracciglia, e il suo sorriso divenne ancora più divertito al ricordo del mio bagno fortuito di qualche minuto prima.
-Ed infine c’è la telecinesi..ma va per secondo in ordine d’importanza: ora devi lavorare sull’alzare a piacimento lo scudo mentale.-
Lo guardai divertita. –Così puoi spulciare tranquillamente nella mia testa, giusto?
Edward rise: -Esattamente.
Sbuffai, soffiando via una ciocca ribelle di capelli caduta sul mio viso, e Edward la riavviò con un gesto fulmineo dietro il mio orecchio.
Sentii le mie guance andare a fuoco, ma tentai di ignorarle: dovevo sembrare il più calma possibile, che figura avrei fatto altrimenti?
-Ok, ci provo.- mormorai, chiudendo gli occhi.
Cercai di accumulare un po’ di concentrazione, ovviamente tentando di isolare il pensiero che Edward fosse al mio fianco pronto ad un attentato al mio cervello.
Per me era molto difficile sollevare quello scudo psichico, e non solo perché fosse mentalmente sfiancante. Era sempre stata una protezione che mi rendeva sicura: non avevo mai provato il bisogno di sollevarlo, ma solo una semplice curiosità di sapere se ne fossi in grado.
Il che,era tranquillamente fattibile, ma dopo qualche tentativo avevo mollato: c’ero riuscita pochissime volte ad alzarlo, e, ad essere sincera, mi stupivo che l’avessi fatto il giorno prima per ringraziare Edward.
Ma se farlo avrebbe aiutato ad avere un controllo maggiore di me stessa, avrei provato. Anche se francamente, ritenevo la telecinesi molto più importante della curiosità di Edward.
-Sai che la mia mente non è nulla di particolare?- dissi, sempre ad occhi chiusi, ma lasciando perdere quel minimo di concentrazione accumulata.
-Zitta e cerca di sollevare lo scudo.-ribattè lui, con un tono tra il divertito e l’esasperato.
Serrai maggiormente gli occhi, e respirai a fondo.
Coraggio, pensai, alzati..
Il mio scudo era come un elastico, molto poco estendibile però, tanto che non riuscivo nemmeno a sollevarlo. Quando si spostava, di poco s’intende, dopo poco riscattava al suo posto come una molla.
“Bella, devi concentrarti. La concentrazione e la determinazione aiutano sempre alla riuscita. Ricorda, volere è potere: e tu hai potere, piccola mia.” Queste erano le parole che mi diceva mia nonna, quando m’incoraggiava per qualcosa che non mi usciva, o, al contrario, quando era terribilmente fiera di me per i progressi che facevo.
Volere è potere, volere è potere..
Sentii l’elastico mentale vibrare, mentre serravo con ancora più forza gli occhi, le sopracciglia così aggrottate che avrebbero potuto sfiorarsi sul mio naso.
Mentre in una parte della mia mente cercavo la mia determinazione per riuscire nel mio scopo, un’altra parte non poteva fare a meno di rivivere gli ultimi momenti della mia vita, prima che incontrassi i Cullen.
I pomeriggi sulla sedia a dondolo, passati con il braccio steso e il palmo rivolto verso un bicchiere di cristallo da sollevare dal tavolo a qualche metro di distanza; le parole e gli abbracci di mia nonna Marie, il suo affetto, i suoi racconti su mamma e papà..
Poi quella mattina, un rumore di vetri infranti, l’urlo gracchiante e agghiacciante di Marie, delle voci cupe e autoritarie, e il panico. Un tonfo, e mia nonna sulla soglia della mia stanza, che mi faceva promettere di scappare, che avrei lottato sempre per la libertà.
Poi la nostra fuga per un pelo, e, poco tempo dopo, il giorno in cui la rapirono ed io venni affidata ad un orfanotrofio, da cui volevo fuggire.
Ed infine, gli uomini in nero che mi cercavano, la consapevolezza che sapevano che possedevo delle doti particolari, il dolore per la perdita dell’unica mia ancòra di salvezza. Ed infine Edward, Edward che mi salvava..
-Bella, basta.
Alle parole di Edward sussultai, aprendo gli occhi; sentii come se l’elastico fosse stato esteso troppo e fosse scattato al suo posto con forza, e capii di avercela fatta.
Guardai il ragazzo di fronte a me, con una smorfia sul viso.
Due istanti, e mi ritrovai tra le sue braccia forti, ancorata al suo petto marmoreo.
-Ora sei al sicuro, Bella. Sei al sicuro, te lo prometto.-
***
-Wow! E’ magnifico!- esclamò Edward, sospeso a mezz’aria a un metro da terra, gli occhi scintillanti di divertimento e meraviglia. Accennò qualche bracciata a stile libero, ridacchiando tra sé e sé. -Sto volando, yeah!-
Mi morsi un labbro, trattenendo una risatina e cercando di mantenere la concentrazione e non farlo spappolare al suolo senza che neanche se ne rendesse conto.
Probabilmente era la cosa-o persona- più pesante che avessi mai fatto levitare, e non era una cavolata. Senza contare che continuava a muoversi, e, soprattutto, la scena era così esilarante e tenera che era ancora più difficile stare concentrata e vigile.
-Ti diverti, eh?- mi concessi di sorridere.
Lui si liberò in una risata. –Sì, ma ora fammi scendere! Direi che ti sei sforzata abbastanza per oggi.-
Con un sospiro liberai Edward dalla morsa della telecinesi, e lui atterrò elegantmente al suolo, con un sorrisone ad illuminargli il viso.
-Grandioso! Il primo uomo a volare!- si vantò, saltellando e battendo le mani come un bambino.
Risi liberamente: -Mi sembri Alice!-
-Ok, la cosa non deve sapersi, rovinerei la mia reputazione da ragazzo composto!- disse, con un’aria da cospiratore, guardandosi intorno con fare sospetto.
Beh, come prima manche di allenamento, l’avevo trovata piuttosto divertente. Non si era mostrata come l’avevo immaginata, ma mi piaceva decisamente di più così.
-Ma Edward..- lo chiamai poi, accigliandomi. –Oggi mi sono allenata solo io. Non dovresti fare anche tu qualcosa?-
Mi lanciò un sorrisetto sghembo,-Qualsiasi cosa io faccia, sarà sempre un allenamento per te.-
E poi, sparì.
Ah già, lui aveva la capacità di diventare invisibile.
Scrutai l’aria intorno a me, un sopracciglio alzato e voglia di sfida.
-Prova a trovarmi, Bella- La sua voce vibrò nell’aria, e mi voltai di scatto alle mie spalle.
-Ma tu ti sposti, mi dici come faccio a trovarti?- sibilai, irritata.
-Starò fermo, promesso. Ma tu trovami.- Feci un passo avanti, verso la sua voce, tentennante, poi proseguii piano piano.
-Edward?- chiamai, ma in risposta ricevetti solo una risata.
Due secondi dopo, urtai qualcosa, o meglio Edward, e due istanti dopo ancora mi ritrovai sulla sua groppa. Ci misi un po’ per rendermene conto.
-Mettimi giù!-esclamai, sclaciando per fargli mollare la presa dalle mie gambe e farmi scivolare a terra.
Edward rise ancora. –Innanzitutto, è quasi il crepuscolo, ed è ora di rientrare. E soprattutto, devo allenare il mio potere preferito..che non posso apprezzare con una polenta imbranata come te a piedi.-
Sbuffai. –Non sono lenta!
-Come no!- fece beffa Edward, ovviamente non sapeva che sapessi correre molto velocemente.-Prima ci abbiamo messo le ore perché continuavi ad inciampare!-
-Camminare è camminare, correre è molto meglio!- ribattei.
Edward voltò appena la testa, per mostrarmi il suo sorrisetto. –Sono pienamente d’accordo. –
Un istante dopo, stavamo sfrecciando a una velocità impensabile tra gli alberi, l’aria che sferzava i nostri visi, l’adrenalina nelle vene.
Edward si lasciò andare in un urlo entusiasta, e io non potei che ridere e comprendere quel suo sfogo. Correre per lui era una liberazione, proprio come per me: lo leggevo nei suoi pensieri, ma soprattutto lo dimostrava lui, come fuggiva rapido, sicuro, quasi spensierato, a zig zag nel bosco. Sembrava aspettasse quel momento da giorni, e ora potesse finalmente farlo. E magari era proprio così.
Pochi minuti, e raggiungemmo i dintorni di villa Cullen, e Edward cominciò a rallentare, fino a fermarsi per farmi scendere.
-Allora??
Mi guardai le unghie con nonchalance. –Non male.
Edward rise apertamente, quasi a prendermi in giro. –Non male?
-Sì. Io sono più veloce.- ribattei, con un ghigno di sfida.
Edward mi porse la mano. –La prossima volta, ti sfido ad una gara di corsa. Non accetto un rifiuto, se sei così sicura di te.-
Afferrai la sua mano, e la strinsi. –Accetto.
Ridendo, raggiungemmo il cortile, e lo trovammo vuoto.
Sono già rientrati tutti. Pensò Edward, tranquillamente.
Lo seguii fino alla portafinestra, ed entrammo.
-Allora, come ti è sembrato il primo allenamento?- mi chiese.
Sorrisi, -Mi è piaciuto. Sì.
Edward si battè una mano sul petto. –Sempre detto che il maestro fa la differenza!
Risi, -Caro, qui è tutta farina del mio sacco. Chi è che ti ha fatto volare?- lo beffeggiai, guardandolo con aria superiore.
Edward alzò le mani. –Okay, come vuoi.-
Ma ho ragione ioo!
  
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