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Autore: lexy90    30/09/2011    10 recensioni
“E le senti le vene, piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai.
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone”
Kei Hiwatari durante il suo percorso ha perso la retta via, ha commesso errori e ha compromesso tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo è cresciuto, è cambiato, ha scoperto nuovi interessi e nuove prospettive. Spetta solo a lui prendere in mano le redini della sua vita e darle un senso, un qualcosa per cui lottare, una ragione per esistere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ognuno a suo modo è un tossico vero

Di pere, d’affetto, di sogni, di sesso o di idee

 

 

 

One Chance

 

 

Fece mille sogni, ma di questi non se ne ricordava nemmeno metà.

Quando si risvegliò, i raggi del sole facevano capolino dalle imposte chiuse della finestra e un cellulare vibrava sul comodino: impiegò un po’ per riconoscere quel cellulare come suo e altrettanto tempo per ricordarsi che, se suonava, era perché qualcuno lo stava chiamando e si aspettava che avrebbe risposto.

Fece più casino di quanto previsto, facendo cadere anche il pacchetto di sigarette: come ci era finita tutta quella roba sua sul comodino?

-Pronto?- Si accorse di quanto la sua voce fosse assonnata, tanto che non la riconobbe quasi come sua.

-Kei?! Ma dove sei? Cosa stai facendo?-

Non riusciva a riconoscere quella voce.

-Stavo dormendo..-

-Questo l’avevo intuito!-

Che glielo chiedeva a fare se l’aveva intuito. Gli sfuggiva qualche dettaglio.

-Potevi almeno avvertire che non venivi a casa a dormire..-

Rei. Era Rei. Ecco.. gli sembrava.

-Sì scusa, volevo tornare a casa, ma era tardi e mi sono addormentato-

-Per che ora pensi di tornare?-

-Non so.. che ore sono?-

-Kei non sai nemmeno..-

-Sai se stavo dormendo..-

-Sono le 11 e mezza!-

-Boh..- sinceramente non sapeva nemmeno in che quartiere fosse, non aveva fatto attenzione alla strada, e anche se avesse fatto attenzione non conosceva quelle zone - ..nel pomeriggio?-

-Se non lo sai tu! Allora non vieni per pranzo?-

-Non credo di riuscirci.. ci vediamo oggi.. ciao-

Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere al saluto che buttò giù e si lasciò ricadere a capofitto sul cuscino. Odiava dover pensare così tanto appena sveglio.

Solo dopo un bel po’ si accorse che nel frattempo Mercedes si era svegliata e lo fissava divertita.

-Che c’è? Mai visto una ragazzo appena sveglio non connettere?-

-Sì, ma tu sei buffissimo!-

-Vabbè.. buonanotte-

Richiuse gli occhi sperando che quello fosse solo un brutto sogno e di stare ancora dormendo, ma li riaprì quasi subito dopo aver sentito delle labbra sfiorare dolcemente le sue.

-Non puoi rimetterti a dormire!-

-E chi lo dice?-

-Lo dico io!-

Fece come per pensarci su, per poi annuire e ricominciare a baciarla.

Mercedes andò a carponi su di lui, senza staccare per un attimo il contatto delle loro labbra.

Essendo ancora nudi dalla sera prima, ci misero poco a eliminare la distanza totale tra di loro e unirsi per la terza volta nel giro di due giorni.

-Ecco.. tutte le sveglie dovrebbero essere così, altro che cellulari che squillano-

Mercedes rise e concordò con il compagno dandogli un altro eterno bacio.

Ad interromperli fu il rumore di qualcuno che bussava decisamente forte alla porta e dopo la voce di una ragazza che urlava: -Voi due la volete smettere? Non siete da soli!-

-Taci Missy!- Mercedes rise dopo aver urlato alla sua coinquilina.

-Forse dovremmo alzarci-

-No, ma non eri tu quello che voleva dormire?-

-Diciamo che mi hai dato un motivo per restare sveglio-

Si alzarono e si rivestirono per comparire nell’altra stanza della casa dove due ragazze si aggiravano indisturbate.

-Ragazze lui è Kei.. Kei loro sono Missy, la rompipalle della porta, e Caridee, quella che non rompe le palle con la porta-

-Piacere-

-Il piacere è nostro- la ragazza che li aveva rimproverati lo stava guardando piena di malizia con l’aria di una pronta a strusciarsi su di lui.

Per fortuna le altre cominciarono a ridere e lei tornò alle sue occupazioni; sembrava essere un comportamento abituale.

Non rimasero molto nella casa che, nonostante fosse molto carina e accogliente, era troppo piccola per contenerli tutti e quattro: pranzarono insieme e poi Mercedes accompagnò Kei a casa.

La giornata, iniziata con la migliore compagnia, però, si riserbò meno piacevole non appena il ragazzo varcò la porta di casa: Rei lo sgridò per non aver avvertito che non sarebbe tornato e lo stesso fece Nonno J a cena, anche se con toni meno forti e duri.

L’uomo anzi gli parlò con aria serena e tono calmo, come se stesse progettando una scampagnata domenicale; gli consigliò semplicemente di avvertire prima per non farli preoccupare; se a Rei non aveva dato segno di aver ascoltato, a Nonno J rivolse le sue scuse e lo rassicurò sul fatto che non sarebbe accaduto mai più.

In serata decise anche di riferire la proposta che gli aveva fatto Yuri qualche giorno prima e questo contribuì a rovinare il morale dei presenti.

Non capiva perché ci fossero rimasti così male, in fondo casa sua era in Russia, la sua famiglia erano Yuri e gli altri ed era normale che avrebbe espresso il desiderio di tornarci.

Solo quando tranquillizzò Takao che sarebbe stato solo per l’estate e non definitivamente riuscì a strappargli un sorriso: non poteva credere che avrebbe dovuto mai fare una cosa del genere, eppure vedere il viso serio e tirato di Takao lo aveva fatto preoccupare.

Per quanto odiasse quando sorrideva, odiava ancora di più quando era triste.

I giorni successivi furono assolutamente ordinari: andava a scuola e ogni tanto usciva con Mercedes.

Il mercoledì lei aveva insistito per andare a prenderlo a scuola perché, come diceva lei, voleva vedere il suo polaretto in divisa scolastica.

-Se proprio devo essere arrestata almeno che tu abbia l’aspetto di un minorenne!- Aveva commentato appena lo aveva visto, nonostante sembrasse comunque molto più grande anche con indosso l’uniforme.

In quell’occasione l’aveva anche presentata agli altri: persino Hilary le aveva stretto la mano anche se si notava la presenza di un forte imbarazzo.

-Sei stato con lei?- Gli chiese Mercedes quando furono in macchina da soli.

-Sì-

Lei lo guardò sarcastica.

-Guarda che posso stare anche con persone più vicine alla mia età-

-Assolutamente! E’ solo che.. sei davvero troppo carino con la divisa!-

Ulteriore episodio che non contribuì certamente a rendergli la vita di quei giorni facile fu l’uscita ufficiale del video.

La premiere era stata trasmessa a metà aprile e Kei era stato inquadrato più del dovuto.

Per i corridoi molti lo fermavano per fargli i complimenti, soprattutto le ragazze, mentre i maschi lo fulminavano con gli occhi ogni volta che passava.

-Almeno loro stanno zitti- commentò a Rei che invece era molto spaventato da quegli sguardi.

Si prese anche una pausa dalla danza: dalla serata di beneficenza aveva pensato qualche volta al discorso di Jermaine, ma ogni volta gli era venuto il mal di testa a pensare a ciò che voleva fare del suo futuro e aveva deciso che avrebbe lasciato scorrere gli eventi, e gli eventi in quel periodo non avevano in programma la danza.

Aprile lasciò poi finalmente spazio a maggio e un caldo devastante si abbatté su tutto il Giappone.

Quello che Kei temeva e che voleva assolutamente evitare era il caldo che ogni giorno era sempre più insopportabile, ma per fortuna i segni sulle sue braccia, dall’inizio della primavera, erano meno netti e sembravano solo degli strani nei. In ogni caso nessuno gli aveva fatto domande e questo era l’importante.

Chi invece iniziava a fare troppe domande era proprio Mercedes; la loro storia era durata anche fin troppo considerando le basi del loro rapporto. Non si stupì più di tanto se lei iniziò a non farsi più sentire, anzi fu solo un sollievo per i suoi nervi tesi.

Col caldo erano inevitabilmente aumentate anche le sigarette e la quantità di studio.

Alla fine il famoso compito di storia era andato abbastanza bene: era riuscito a prendere la sufficienza quindi non avrebbe più toccato un libro di quella materia per molto tempo.

Riguardo alle altre lezioni, invece, come al solito non risultavano troppo impegnative e, considerando che a lui andava più che bene il 6, l’importante era essere promossi, non si dette troppo da fare.

Ciò che, però, gli fece venire i nervi a fior di pelle più del resto fu il suo compleanno: il suo diciottesimo compleanno.

Finalmente era maggiorenne, ma con questo, oltre ai vantaggi, sarebbero arrivate anche le grane: l’eredità di suo nonno sarebbe passata interamente a lui e non sapeva assolutamente che farsene.

Il 21 maggio quell’anno cadeva di mercoledì e la giornata si preannunciava uguale alle altre.

L’unica differenza fu la ripetitività con cui sentiva la frase: -Auguri, buon compleanno!-

Il primo a farglieli fu Nonno J seguito a ruota da Rei e Max, per finire con Takao che, nonostante fosse da giorni che fremeva dall’emozione (nemmeno fosse stato il suo compleanno!), quella mattina se ne era dimenticato. Solo una volta arrivati a scuola il suo cervello glielo ricordò e cercò di rimediare troppo spassionatamente.

-Kei, stasera vuoi invitare qualcuno a cena per festeggiare?- gli chiese Rei che, non avendo avuto il permesso di organizzare una festa in grande stile, si era accontentato di poter preparare una cenetta speciale per tutti loro, compresa di torta.

-No, nessuno..-

-E quella ragazza? Quella.. col nome della macchina!- aggiunse Max speranzoso.

-Non ci sentiamo più..-

-Ma come..- Max era più deluso del previsto.

-E tutto il vostro grande amore?- si intromise Takao.

-Non ho mai detto che fosse amore-

L’argomento fu lasciato cadere senza troppe spiegazioni. Takao non riusciva proprio a spiegarsi perché Kei in quanto a ragazze fosse così strano, mai una volta che se ne trovasse una fissa. Paradossalmente la sua storia più lunga era stata quella con Hilary: sì la sua amica era carina, ma in confronto alle altre con cui era uscito il russo sfigurava abbastanza.

Fu proprio Hilary la quinta persona a fargli gli auguri quella mattina e fu lei l’unica persona, esterna agli abitanti del dojo, ad essere stata invitata a cena.

Il loro rapporto era davvero strano: si parlavano e potevano stare tutti e due nella stessa stanza andando d’accordo, a condizione che non rimanessero soli.

Chissà come, quasi tutta la scuola venne a scoprire che quella era la data del suo compleanno e Kei si vide rivolgere gli auguri da persone che non aveva nemmeno mai visto.

All’ora di pranzo fu Yuri a chiamarlo per sapere come si sentisse da maggiorenne.

Gli chiese anche informazioni su quello che avrebbe fatto con l’eredità del nonno, ma non ottenne risposte chiare; anche Dana lo chiamò per urlargli nell’orecchio la canzoncina russa di buon compleanno e, soprattutto, per dirgli che finalmente aveva trovato il famoso video musicale e che era fiera del suo piccolo Kei.

Non appena arrivato a casa nel pomeriggio, però, non trovò riposo e solitudine, ma bensì altre cose a cui pensare. Nonno J, infatti, aveva programmato un incontro con l’avvocato e il consulente finanziario che si occupava dell’eredità di Kei.

Si ritrovarono tutti e quattro in salotto, mentre Rei e gli altri erano stati esiliati in cucina a preparare la cena.

I punti che dovevano assolutamente chiarire erano molti: intanto, tutti i debiti che aveva contratto Hiwatari senior erano stati saldati senza problemi ( il vecchio aveva i soldi per pagarli, ma non aveva mai avuto intenzione di farlo) e, nonostante ne erano stati rilevati un grande numero, rimaneva ancora un’eredità spasmodica.

-Questo è tutto ciò che possiedi ora come ora, fino a ieri non potevi modificare in alcun modo il tuo patrimonio, ma ora hai la possibilità di vendere o comprare qualsiasi cosa- detto questo l’avvocato estrasse dalla valigetta un plico di fogli molto spesso, che Kei aveva già visto anni prima, ma che non aveva mai consultato.

Solo a vederlo gli venne la nausea pensando a quante cose fossero appartenute alla sua famiglia.

-Intanto c’è l’impresa di famiglia, finora è stata gestita da un ente privato, puoi decidere di tenerla oppure puoi venderla interamente..-

-Non voglio averci niente a che fare- lo interruppe Kei senza mezzi termini.

-Quindi la tua posizione non è cambiata, il denaro che ricaverai dalla vendita dell’impresa si aggiungerà..-

-Non voglio venderla, regalatela a questi qui, non voglio altri soldi- li fermò di nuovo il ragazzo, finendo sotto l’assedio di occhiate incredule.

-Lascia che ti dia un consiglio..- iniziò il consulente che era stato zitto fino a quel momento -..se dovessi lasciare così, senza nessun tornaconto, la ditta potrebbero pensare che tu sia vittima di ricatto o cose del genere; potrebbero essere avviate indagini che porterebbero solo grane e..-

-Sì va bene come volete, non mi importa..- Non erano ancora passati dieci minuti e già voleva scappare. A quanto pareva non esisteva nessun modo per diminuire l’ingente somma della sua eredità, ma solo di aumentarla.

-Allora questo è deciso, ce ne occuperemo noi; dovrai solo firmare qualche scartoffia, ma niente di più..- una grande parte del plico fu messa da parte -..il prossimo punto sono le proprietà immobiliari..- ed estrasse un'altra pila di fogli -..questa è la lista completa. Ci sono ville, condomini, case di ogni genere-

Che se ne faceva di tutte quelle proprietà suo nonno? Chissà quante povere famiglie aveva sfruttato.

-Non voglio nemmeno queste tranne.. tranne la casa a Mosca dove stanno Yuri e gli altri.. tutte le altre non le voglio-

-Ti avverto che sarà difficile vendere alcune di queste proprietà, c’è abbastanza crisi nel settore immobiliare, e non so quanto velocemente potremmo farlo, potrebbero volerci anni-

-Poi non dimentichiamoci che alcuni condomini sono affittati,- aggiunse l’altro uomo -dovremmo sfrattare qualcuno e..-

La testa iniziava ad essere satura di informazioni, termini finanziari, problemi con persone e cose.

Si chiese perché dovesse essere capitato a lui quando al mondo c’era tanta gente che avrebbe voluto la sua fortuna. Per fortuna Nonno J lo aiutò a trovare una soluzione a ogni cosa.

Avrebbero iniziato col vendere le proprietà più grandi cioè le ville (ne possedeva davvero troppe e in più della metà di queste non aveva mai messo piede), poi sarebbero passati piano piano a quelle più modeste cercando di non creare troppi danni alle persone che ci vivevano: non voleva causare problemi a delle povere famiglie che già, avendo avuto suo nonno come padrone di casa, dovevano aver passato non poche seccature.

Con tutte quello che c’era da vendere, come se non bastasse, il suo patrimonio si sarebbe ingrossato a dismisura e lui, come già da anni ripeteva, non ne voleva sapere.

Gli balenò in testa addirittura la malsana idea di buttare banconote giù da un elicottero sulla città che si trasformò nella più concreta possibilità di dare tutto in beneficenza.

Nonno J lo convinse anche a tenersi una discreta somma per contribuire alle spese scolastiche e della casa, anche se la somma che accordarono era abbastanza per garantirgli una vita da mantenuto per i dieci anni a venire.

Kei non fece molte storie e alla fine non protestò più per nulla pur di finire il prima possibile quell’incontro così spiacevole e stressante.

Salutò educatamente i due uomini in giacca e cravatta e scappò immediatamente a fumarsi tre sigarette prima di sedersi a tavola con gli altri.

Hilary era arrivata per dare una mano a cucinare anche se Rei aveva tenuto tutti alla larga dal suo piano di lavoro: aveva davvero fatto le cose in grande, ma, per la prima volta, Kei non se ne lamentò.

La parte migliore fu sicuramente la torta, la quale aveva un aspetto e un gusto delizioso; fu tanto di successo che non ne rimase nemmeno una fetta, soprattutto grazie allo stomaco di ferro di Takao.

Dopo cena si riunirono in salotto, dove due regali erano stati disposta sul tavolino.

-Non dovevate- disse Kei guardando preoccupato i pacchetti; si era dimenticato totalmente dell’usanza di ricevere regali per i compleanni, complice del fatto che gli altri erano riusciti a tenerglieli nascosti fino a quel momento senza menzionarli.

-E’ stata dura tenere zitto Takao, ma ne è valsa la pena!- ammise allegro Max notando l’espressione dell’amico.

Iniziò a scartarli con calma.

Il primo e più grosso era da parte di Yuri, Boris, Sergay e Dana: a quanto pareva, l’avevano spedito qualche giorno prima e conteneva una nuova felpa, sicuramente scelta dalla ragazza. Nel biglietto la scrittura di Yuri recitava: Sono sicuro che stai continuando a usare quell’altra. Sarebbe l’ora che cambiassi un po’! In effetti aveva ragione, anche se sapeva che per almeno qualche mese non l’avrebbe usata considerando il caldo assurdo: magari se fosse riuscito ad andare in Russia l’avrebbe inaugurata lì.

Il secondo pacchetto era invece molto più piccolo e quadrato ed era da parte di Takao, Rei, Max, Hilary e Nonno J: conteneva un nuovo i-pod. Certamente il suo ormai non reggeva più e quello sarebbe stato molto utile.

Li ringraziò un po’ stranito da quell’atmosfera così familiare e zuccherosa.. che non gli dispiaceva.

Accesero la televisione e rimasero a ridere e scherzare fino a tardi.

Mandò un messaggio di ringraziamento a Yuri e a Dana e ricevette ancora gli ultimi auguri da alcune delle ragazze che aveva conosciuto durante l’anno. Si accorse solo in quel momento di aver conosciuto praticamente solo ragazze, ma la cosa non lo sconvolse più di tanto.

Ciò che lo interdette fu, invece, il ricevere una chiamata da un numero sconosciuto.

Pensando che potesse essere qualcuna di cui non aveva salvato il contatto in rubrica, rispose.

-Pronto?-

-Pronto Kei?!-

Non riconosceva quella voce. Cercò di sforzarsi, ma il rumore del traffico dall’altra parte lo distraeva.

-Sì sono io.. chi parla?-

-Sono Jermaine!-

No, non era possibile, ora che la giornata aveva preso una piega positiva non poteva tornare a perseguitarlo. Uscì dal frastuono del salotto per capire quello che gli volesse dire: non sapeva se ci fosse più casino dalla sua o dall’altra parte.

-Come hai fatto ad avere il mio numero?-

-Dalla tua scheda del provino..-

Lo sapeva che gli si sarebbe ritorta contro quella malsana abitudine di compilare moduli.

-Ma non è illegale?- chiese visto che dopo l’incontro di quel pomeriggio aveva un ben ampia visione della legalità.

-Dai, l’ho preso solo per farti gli auguri! Eheh..a proposito.. Buon Compleanno!-

-E come hai fatto a sapere che oggi era il mio compleanno?- chiese retoricamente visualizzando lo spazio apposito dei moduli nel quale segnare quel particolare.

-Dettagli.. allora.. finalmente sei maggiorenne, eh?!-

-Già- fece cadere il discorso esasperato, con quell’uomo non si poteva intrattenere un discorso serio.

-Bene quindi ora il mio ballerino preferito potrà lavorare liberamente!-

-No, ti sbagli e.. e poi non sono il tuo.. ballerino-

-Tu non sai di esserlo!-

-Ma io non voglio..-

-Tu non sai di volerlo!-

Lo sentì ridacchiare: che persona irritante.

-Se non volevi dirmi altro-

-Buon compleanno era la cosa principale! E poi speravo che mi concedessi un po’ del tuo tempo solo per fare una chiacchierata!-

-Si vedrà-

-Lo prendo come un sì! Buonanotte e ancora auguri!-

-Sì grazie-

Kei buttò giù.

Quella giornata si stava rivelando troppo lunga per i suoi gusti. Davvero troppo lunga.

 

Il giorno del suo compleanno era passato e Kei pensava che da lì in poi tutto si sarebbe aggiustato, lentamente, ma si sarebbe aggiustato.

Invece sembrava solo l’inizio di un odissea senza fine.

Aveva dovuto lasciare il suo numero di telefono al suo avvocato che lo chiamava per ogni minima cosa.

Non poteva scegliere lui? Intanto la sua linea di pensiero l’aveva capita, si diceva speranzoso il ragazzo, ma era l’unico a pensarla così.

L’avvocato non osava fare nulla senza in suo consenso intimorito dalle tante accuse che gli avrebbe potuto rivolgere se avesse fatto qualcosa di male.

Come poteva quell’uomo essere avvocato se aveva così tanta paura della legge?!

Era talmente ossessivo che lo chiamava anche durante l’orario scolastico e Kei stesso si stupì di preferire seguire la lezione di storia piuttosto che rispondere al telefono.

Dopo una settimana la situazione parve finalmente migliorare e fu consultato molto meno.

Tutta la sua vita sembrava prendere nuovamente una via positiva: per prima cosa la scuola era agli sgoccioli, solo pochi giorni e sarebbe finita per dare il benvenuto a tre lunghi mesi di pausa. Seconda cosa, avevano deciso ufficialmente che il 2 luglio Kei avrebbe preso un aereo alla volta di Mosca dove avrebbe soggiornato per almeno un mese.

Si rivide anche qualche giorno con Mizuki: si doveva scusare per averla trascurata in quei mesi e soprattutto doveva ringraziare lei e Ryo per averlo spinto a presentarsi al provino a febbraio.

Erano già passati quattro mesi da quel giorno eppure gli sembravano essere trascorse solo poche settimane.

A metà giugno la scuola era già finita, ma non ne sentiva assolutamente la mancanza: finalmente aveva delle giornate intere libere, senza preoccupazioni e senza obblighi.

La sua pagella si era rivelata meno catastrofica di quanto pensasse: era sufficiente in tutte le materie con dei picchi in matematica ed educazione fisica. L’unico demerito erano le tante assenze che aveva fatto durante la seconda parte dell’anno, ma l’essere promosso lo rendeva più che soddisfatto.

Takao mostrò la sua completa disapprovazione nel vedere quanto la pagella di Kei fosse migliore della sua nonostante fosse stato sui libri un terzo del tempo che c’era stato lui.

Rei e Max invece non si potevano lamentare, mentre Hilary, ovviamente, si era dimostrata la migliore della classe, tranne in matematica.

Ma anche giugno passò più velocemente del previsto e Kei si ritrovò catapultato senza nemmeno accorgersene a quattro giorni dalla partenza: aveva già preparato tutto, doveva solo aspettare di mettere tutto in valigia e di partire.

Era una mattina assolata e calda, l’estate aveva colpito violentemente il Giappone, che non vedeva una nuvola e una goccia di pioggia da settimane.

Kei avrebbe dato qualsiasi cosa per trovare un diversivo utile per la noia o in alternativa una cella frigorifera in cui rifugiarsi.

Automaticamente pensò alle fresche giornate che lo aspettavano in Russia: si sentiva meglio solo che a ricordare la sua città ricoperta di neve. Sicuramente quando sarebbe atterrato non avrebbe visto la neve, ma si accontentava assolutamente della decina di gradi in meno che avevano previsto sul meteo di internet.

Era l’ora di punta ed era rimasto da solo in casa con Max che era occupato a leggere uno dei suoi fumetti in soggiorno, la stanza della casa più fresca; Rei e Takao invece erano usciti a fare la spesa.

Rei, che soffriva a tal punto della mancanza di attività e occupazioni durante il giorno, aveva deciso di preparare ogni giorno un pranzetto speciale seguendo diversi temi e Takao si era dimostrato sempre molto disponibile ad aiutarlo, più per controllare che non gli passasse la voglia, che per il piacere di dargli una mano.

Sarebbero comunque stati presto di ritorno, anche se prima di poter mangiare avrebbero dovuto aspettare ancora un po’.

Kei, perso momentaneamente il suo interesse verso le sigarette (non voleva finire il pacchetto e rischiare di rimanere senza), si ero messo ad ascoltare la musica dall’i pod che gli avevano regalato al suo compleanno.

Ci mise qualche secondo di troppo ad accorgersi del cellulare che squillava, in verità glielo fece notare Max poiché il volume della musica era troppo alto per poter sentire la suoneria.

Il numero era privato e rispose esasperato passando a rassegna tutte le possibili cose che gli avrebbe potuto chiedere quell’avvocato da strapazzo.

-Pronto- la sua voce suonò più svogliata di quanto volesse far trasparire.

-Non un saluto troppo caloroso, mi raccomando!-

Capì subito che non si trattava dell’avvocato e, purtroppo, individuò presto anche il proprietario della voce.

-Che cosa vuoi?-

-Quanto amore nell’aria!- Gli sembrò che Jermaine sorridesse – Comunque volevo chiederti se eri a casa!-

-Ehm sì..-

-Perfetto.. ti va di pranzare con me?-

-Ehm no..-

-Dai solo per parlare un po’-

Ci pensò su anche se non aveva voglia di vedere quell’uomo con la parlantina: ora lo sopportava un po’ di più, ma aveva più che altro paura di quello che gli avrebbe detto, le sue parole si dimostravano sempre troppo veritiere per essere pronunciate da una persona che conosceva a malapena.

Allo stesso tempo non aveva voglia di stare fermo in quel salotto a subire passivamente il caldo, magari sarebbe riuscito a mettere in chiaro una volta per tutte la sua posizione, anche se non sapeva quale fosse, e lo avrebbe avvertito di non chiamarlo più nel mese successivo poiché sarebbe stato in un altro continente.

-Va bene..-

-Preparati, dieci minuti e sono lì!-

-Ma sai dove abito?-

-Sì, ho preso l’indirizzo col tuo numero di telefono, a tra poco-

Questa volta fu Kei a sentirsi buttare giù il telefono prima di poter replicare.

Si pentì quasi subito della decisione che presa: in fondo quelle cose gliele avrebbe potute dire anche al telefono senza il bisogno di vedersi.

Ma ormai il danno era fatto e si andò a cambiare chiedendo a Max di avvertire Rei che non avrebbe potuto assaggiare il suo piatto del giorno.

Stava varcando il portone di legno quando gli venne in mente che se Jermaine ci avesse messo davvero solo dieci minuti voleva dire che era già in viaggio da un po’, di conseguenza era certo che avrebbe acconsentito.

Non ebbe il tempo di decidere se arrabbiarsi per quello o meno che una macchina tirata a lucido gli si fermò davanti. Era una Mercedes rossa, molto appariscente e che era perfetta per il megalomane che la guidava.

-Dai sali!-

Ormai si trovava in quella situazione e così salì senza fare troppe storie.

Jermaine era vestito come al solito con i suoi vestiti larghi e portava un paio di occhiali da sole, sicuramente firmati, per cui valutò che l’uomo dovesse avere tanti soldi.

Guidava molto velocemente, con i finestrini abbassati e la musica forte, comunque bella musica.

Non si scambiarono molte parole, più che altro Jermaine intraprese un lungo monologo sulla canzone che stavano ascoltando, l’artista che la cantava e come avrebbe visto una coreografia su quel pezzo.

Si interruppe solo quando posteggiò nella periferia di Tokio, in un quartiere apparentemente di classe: nella strada dove si trovavano si vedevano solo grossi palazzi moderni, negozi di marche rinomate e locali alla moda.

Entrarono in un palazzo che Kei scambiò per un semplice condominio, ma che si rivelò un edificio pieno di uffici, negozi e, all’ultimo piano, un locale.

Era molto raffinato come posto e a prima vista non risultava molto nelle corde di Jermaine nonostante lui sembrasse molto a suo agio in quel posto. La cameriera li accompagnò a un tavolino sulla terrazza, per fortuna protetti dal sole da un tendone bianco.

Ordinarono, ma la conversazione non sembrava prendere una piega definita.

-Di cosa volevi parlarmi?- chiese Kei spazientito.

-Dovevo chiederti due cose in particolare, ma speravo anche di poter scambiare quattro chiacchiere con te tranquillamente..-

Kei si dovette adeguare a quello che gli aveva appena detto: in fondo non era la fine del mondo parlare con quel tipo, o almeno cercò di vederla in quel modo.

-Allora.. come te la stai vivendo la tua maggiore età?-

-Preferirei essere di nuovo minorenne in verità-

-Di solito queste cose si iniziano a dire intorno ai 20 anni.. non bruciare le tappe!- arrivarono le loro ordinazioni e iniziarono a mangiare.

-E’ che ho un po’ di cose da risolvere-

-Ti avrei chiamato prima, dopo il tuo compleanno intendo, ma sono stato tanto impegnato!-

Per quello che gli riguardava, Kei avrebbe preferito che avesse avuto da fare per ancora un po’ di tempo, ma pensò che dirglielo non sarebbe stato molto educato.

Tra un boccone e l’altro, Jermaine cominciò un altro monologo, ma fu presto interrotto dalla suoneria del cellulare di Kei.

Il ragazzo lo tirò fuori e, notando il numero apparso sul display, appoggiò esasperato la testa sulla mano scuotendola: era da più di ventiquattr’ore che in effetti l’avvocato non lo chiamava e avrebbe dovuto aspettarsi un interruzione del genere; in quel momento avrebbe preferito ascoltare il resto del discorso di Jermaine.

-Scusa ma devo proprio rispondere-

-Tranquillo!-

-Pronto?- Il tono era se possibile ancora peggiore di quello che aveva assunto poco prima rispondendo al telefono.

Jermaine posò la sua attenzione sul piatto da cui stava mangiando, ma non poté fare a meno di sentire quello che Kei stava dicendo al suo interlocutore.

-No, lo sai che non ne voglio sapere.. e che mi importa? Cioè sei tu l’esperto.. trova una soluzione.. non mi importa quello che fai basta che la vendi.. sì sono sicuro che non la voglio.. non so nemmeno che posto sia.. se non vuoi venderla regalala, ma disfatene.. ecco appunto.. sì buongiorno-

Sbuffò sonoramente provocando le risa dell’uomo di fronte a lui.

-Le grane di cui mi parlavi prima?-

-Già- alzò le sopracciglia e riprese a mangiare cercando di distendere i nervi.

-Faceva molto uomo in carriera..- aggiunse divertito.

-Appunto.. parlare con un avvocato produce questi effetti-

-Un avvocato? Wow.. che hai combinato?- aveva l’aria da cattivo ragazzo, ma non riusciva a immaginarsi cosa avesse potuto fare per dover discutere così con un avvocato a quell’età.

-Io niente.. è mio nonno che ha pensato bene di lasciarmi un’eredità troppo alta-

Le parole gli uscirono spontaneamente, non trovò difficile confidarsi con Jermaine, anche se non gli stava particolarmente simpatico.

-Non avevo ancora sentito qualcuno lamentarsi di essere il beneficiario di un’eredità!-

-Se avessi avuto un nonno come il mio..- si fermò prima che troppe parole gli potessero scappare dalla bocca -..non voglio averci niente a che fare.. sto cercando di liberarmi di tutto-

-Wow.. ed è tanta roba? Che volevi vendere prima al telefono?- il tono era curioso, ma non invadente; Kei sapeva di non essere obbligato a rispondere, ma lo fece comunque.

-Una villa, o forse addirittura un castello, ma che se ne faceva di un castello? (lo disse più a se steso che a Jermaine) Non lo so nemmeno io sinceramente cosa fosse..-

-U-un castello?!-

-Mio nonno amava fare le cose in grande-

-Ah sì?! Non l’avrei detto.. ma che era? Un principe?-

-No, un figlio di puttana..- l’affermazione fece sobbalzare Jermaine -..ne avrai anche sentito parlare qualche anno fa-

-Come si chiamava?-

-Aveva il mio stesso cognome..-

-Ah.. Aah!- Sembrò collegare un po’ di cose in un attimo – Sì ne ho sentito parlare, ma non l’avevo collegato a te.. credevo che..- si fermò di colpo, come se fosse sul punto di dire qualcosa di inappropriato.

Kei lo guardò confuso perché continuasse.

-Pensavo che tu fossi stato adottato, sai ho visto la firma sul foglio di autorizzazione e il cognome era diverso!-

Ma quante cose aveva letto di lui su quelle maledette schede?

-No, lui è una specie di tutore e il nonno di un mio amico..-

-Capito.. Quindi devi essere molto ricco se sei parente di quel.. di quell’uomo-

-Troppo.. ma non voglio toccare quei soldi, anzi se ne vuoi un po’ te li do volentieri..-

Jermaine scoppiò a ridere, ma vedendo l’espressione seria dell’altro smise, rifiutando l’offerta.

-Quindi vuoi dare via ogni centesimo?-

-Sì anche se, ora che ci penso, mi hanno convinto a tenerne un po’ per le emergenze e spese varie.. perché ho accettato? Preferirei andare a vivere sotto un ponte piuttosto che tenere quei soldi-

-Lo dovevi odiare tanto..-

Fece spallucce, come se odiare l’unico parente che aveva fosse stata una cosa normalissima.

I loro piatti nel frattempo si erano svuotati e la cameriera era tornata per chiedere se desiderassero dell’altro: presero due caffè e Kei ne approfittò per accendersi una sigaretta.

-Di che mi volevi parlare?- Kei decise che avevano chiacchierato fin troppo per quel giorno.

-Mi chiedevo in effetti se il mio discorsetto dell’altra volta avesse avuto l’effetto voluto!-

L’ultimo discorso che avevano affrontato era sulla danza, sul fatto che Jermaine vedesse in lui l’essenza della danza, che fosse nato per danzare e via dicendo. Aveva fatto effetto? Si rispose di no, ma in un attimo si dovette correggere.

-Io credo davvero che tu possa fare grandi cose con un po’ di studio.. – riprese l’uomo non aspettando la risposta di Kei -..se decidessi di fidarti di me potrei tirare fuori cose davvero interessanti! Non lo dico così per dire! E’ da anni che non vedo qualcuno come te.. è per quelli come te che penso valga la pena di continuare questo lavoro, io ormai per me stesso non  creo più nulla, ormai io modello le coreografie sugli altri e.. e tu mi dai degli input per creare coreografie, per continuare questo lavoro!- prese un respiro prima di concludere –Se ti fidassi di me, potrei fare di te un ballerino eccezionale.. io sono sicuro che tra un anno tutti saprebbero il tuo nome!-

-Io non voglio la fama- fu l’unica cosa che riuscì a rispondere a quel discorso così intenso.

Dietro a quelle parole c’erano dei complimenti veri e sinceri, sentiva che non stava cercando di convincerlo di cose assurde, ma..

-E dovresti smettere di fumare!-

Il cambio repentino di discorso lo frastornò. Non aveva nemmeno avuto il tempo di ragionare su quello che aveva sentito che già doveva cambiare pensiero.

-Non lo farò-

-Ma ti rovini i polmoni!-

-Mi puoi chiedere di tutto, ma non di smettere di fumare.. ne ho assolutamente bisogno..-

-Ti farò smettere entro l’anno prossimo!-

-Mi sa che è più probabile che l’anno prossimo io sia famoso piuttosto che abbia smesso di fumare-

-Beh è un compromesso accettabile! Ci sto!-

Lo aveva incastrato in quel suo giochino di parole, ma non ebbe la forza di dibattere.

-Non dovevi dirmi due cose tu?-

-Oh sì, me ne stavo quasi dimenticando! Allora.. tra due settimane ho un lavoro per te! Non devi fare provini o cose così ti..-

-Non posso-

-Come?-

-Non ci sono, mercoledì parto..-

-E dove vai?- Jermaine sembrava davvero rattristito da quella notizia.

-Torno a casa..-

-Ma casa tua non è dove ti sono venuto a prendere?-

-No, è casa di un mio amico..-

-E allora dove?-

-A Mosca-

-Ah Mosca..- il suo tono tranquillo ebbe un repentino cambio non appena realizzò la collocazione della città in questione -..Mosca?! Ma è dall’altra parte del mondo!-

-Già..-

-Non puoi proprio rimandare la partenza?-

-No, ne ho davvero bisogno, non posso proprio.. sinceramente non l’avrei nemmeno lasciata se non fosse stato per un buon motivo e.. devo andarci per forza-

-E’ davvero un peccato.. ma tornerai vero?-

-Immagino di sì, non credo che sarebbe una buona idea restare..- Di nuovo parlò più con se stesso che con l’altro, cercando di auto convincersi che il tornare sarebbe stata la scelta giusta, mentre restare in Russia lo avrebbe solo danneggiato.

-Beh allora la mia seconda proposta non puoi proprio rifiutarla.. hai finito la scuola giusto?-

-In verità mi manca ancora un anno..-

-Ma non dovresti..-

-Ho perso un anno- fece spallucce. A quanto pareva gli stava dando troppe cattive notizie in una volta sola.

-Magari possiamo trovare un modo alternativo, comunque ti volevo proporre un lavoro al quale non puoi proprio dire di no!- Aspettò un entusiasmo alla notizia che, però, non arrivò.

-Cioè?-

-A ottobre parte il tour mondiale di Lauren, sai le sei piaciuto e se vuoi il posto è tuo, per lei non ci sono problemi e per me anche meno.. Sarebbe per quattro mesi.. è davvero un’opportunità irripetibile, soprattutto per te che sei così giovane.. le prove iniziano a settembre e poi.. e poi si parte!-

Kei rimase spiazzato: gli stava offrendo la possibilità di girare il mondo come ballerino per mesi, ma soprattutto gli chiedeva di lasciare la scuola.

Quello gli sembrò il problema minore; la sua esperienza scolastica non poteva dirsi proprio eccellente, anzi era sicuro che avesse imparato di più quando non ci era andato, sulla vita almeno. Quello che lo frenava era lui stesso con le sue insicurezze, le sue tante insicurezze.

-Non mi devi rispondere subito, pensaci! Ti chiedo solo di darmi una risposta entro la fine di agosto, facciamo intorno al 20, così se non accetti ho il tempo di trovare un sostituto, ma spero che non ce ne sarà bisogno!-

-Non lo so.. io..-

-Davvero, pensaci con calma, parlane a casa ai tu.. cioè a chi si occupa di te! Davvero non c’è fretta!-

Si guardarono a lungo prima che Jermaine porgesse a Kei il suo biglietto da visita con scritti i suoi contatti e pagasse il conto, nonostante le proteste dell’altro che sperava almeno di fare a metà.

Durante il tragitto in macchina restarono in silenzio ad ascoltare la musica e, al contrario di quello che pensava Kei, Jermaine si dimostrò capace di reggere tanto tempo senza parlare.

 

 

 

E pure questo è finito!

Come commentarlo? Beh, intanto ci siamo dati un po’ una mossa col tempo e siamo arrivati in un batter d’occhio all’estate u.u come al solito quando ci sono cambi di mesi così veloci mi scuso, ma come al solito non posso stare troppo su dettagli inutili e ahimè bisogna tagliare un po’! In ogni caso abbiamo lasciato da parte la danza per queste undici pagine e abbiamo avuto la conferma dell’imminente partenza per la Russia, per la felicità di qualcuno!

Comunque lascio a voi la parola.. vi dico solo che destino vuole che in questi giorni abbia conosciuto una ragazza giapponese che si chiama, udite udite.. Mizuki! XD Ok, non era interessante, ma mi andava di condividerlo u.u

Vabbè, grazie come al solito a tutti, vecchi e nuovi!

Alla prossima settimana!

Un bacione  :)

   
 
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