Capitolo quindici : scambio di ruoli
Per pochi metri quadrati il villaggio si poteva definire sistemato,
nonostante le molteplici cose ancora a cui i cittadini avrebbero dovuto pensare
una volta che non avrebbero più avuto il prezioso aiuto dei Mugiwara.
Sarebbe stato faticoso, ma i pirati erano sicuri che quella gente avrebbe
superato ogni avversità. Lo dimostrava il fatto che dopo quella tragedia che si
era abbattuta su di loro, tutti quanti avevano ancora una grande voglia di
lottare e di vivere.
Nonostante fosse ancora presto, tutti si erano già messi al lavoro, chi nel
villaggio, chi sulla Sunny, cercando di recuperare
del tempo prezioso.
I Mugiwara si erano resi disponibili per chiunque
avesse chiesto loro aiuto, solo Nami si allontanò dal
gruppo.
Essa si recò poco fuori dal villaggio dove si trovava una piccola distesa
d’erba piana. Essa era cosparsa di croci messe in ordine ognuno alla stessa
distanza dell’altra.
“Nami!” la ragazza si girò al suono del suo nome
e rimase stupita nel vedere Rufy dietro di lei. Lo
pensava insieme agli altri, inoltre, non si era accorta che qualcuno l’avesse
seguita.
“Che cosa stai facendo?” chiese il ragazzo curioso.
“Sto sistemando un piccolo cimitero per le vittime di Kidd!
Quelle persone avranno pur bisogno di un posto dove riposare in pace!” disse la
ragazza, scavando un piccolo buco, dove successivamente infilò un’altra croce
che il giorno precedente aveva preparato insieme a Robin.
“Hai avuto una splendida idea, Nami!”
La navigatrice sorrise e rispose “Credo che sia importante anche per le
persone rimaste in vita avere un luogo dove recarsi per andare a trovare i
propri cari. Ricordo che quando ero sulla mia isola, quando mi sentivo triste,
mi recavo sempre alla tomba di mia madre
e avevo la sensazione di sentirla vicina!”
Rufy sorrise “Io credo che lei ti sia vicino
in ogni istante, Nami!”
La ragazza annuì. Rufy aveva proprio ragione.
“Comunque ti do ragione sul fatto che sia importante per i nostri cari
avere un luogo dove riposare in pace! Quando capiterà di tornare sulla mia
isola, farò anche io una tomba per Ace, anche se non ci sarà il suo corpo! Ora
che ci penso nemmeno Sabo ha un posto dove riposare!”
disse Rufy abbassando la testa.
“Sabo? Chi è?!” chiese Nami
curiosa, non aveva mai sentito quel nome uscire dalle labbra del capitano. Rufy sussultò, non si era accorto di aver pronunciato quel
nome ad alta voce. Cercò un modo per cambiare argomento e lo fece offrendo il
suo aiuto alla navigatrice.
Nami dimenticò presto quel nome, contenta del
fatto che qualcuno si era offerto di aiutarla e lo era ancora di più sapendo
che quella persona era Rufy.
Non lo aveva ancora ringraziato per averla aiutata quando si era fatta
appositamente pugnalare da Kidd e per essersi
occupata di lei quando era ancora a letto sotto ordine di Chopper. Aveva
intenzione di ringraziarlo in quell’istante, ma qualcosa fece passare il suo
intento in secondo piano.
Rufy infatti aveva scavato diverse buche dove
inserire le croci e mentre gliele passò un po’, sfiorando le mani del ragazzo,
avvertì qualcosa di strano.
“Rufy, sei molto caldo!” disse guardandolo negli occhi. Il ragazzo
cercò di smentire, ma Nami non si fece prendere in
giro dalle parole, anche perché, nonostante non ci avesse fatto caso prima, in
quel momento notò le guance arrossare del ragazzo.
“Fa molto caldo oggi!” cercò di giustificarsi Rufy
e lanciando uno sguardo alla navigatrice chiese “Sei ancora arrabbiata con me
per quella storia di Hancok?”
“Può darsi!” disse la ragazza.
“Ma io scherzavo!” disse Rufy mettendo il
broncio. Nami non potè fare
a meno di scoppiare a ridere alla smorfia del ragazzo.
“Oh Rufy, sei il solito baka,
non me la sono presa davvero. Forse un pochino, ma…ora
è passata!” Rufy si sentì sollevato da quelle parole
e tornando al lavoro dopo un po’ disse “Io qui ho finito, devo dare
qualcos’altro?”
Nami fu scettica nel domandare il favore di
cui aveva bisogno, aveva capito che Rufy aveva
qualcosa che non andava e che il suo costante cambiare argomento, era un metodo
per cercare di non destarle alcuno sospetto. Vedendo la sua testardaggine
decise di dargliela vinta e gli chiese se potesse spostare il masso che si
trovava in centro del campo, in modo tale da continuare la costruzione del
cimitero senza intoppi.
In una situazione normale, Nami non avrebbe avuto
dubbi sulla riuscita dello spostamento del masso. Nonostante fosse di grosse
dimensioni Rufy era ben in grado di sbarazzarsene, ma
come il suo sesto senso aveva percepito, quella volta le circostanze furono
diverse.
Infatti la roccia, una volta alzata di qualche centimetro, cadde nuovamente
a terra con un rumore sordo, con accanto Rufy
inginocchiato a terra, che dolorante si teneva una mano sul braccio sinistro.
“Rufy!” urlò la ragazza, inginocchiandosi al suo fianco e poggiandogli una mano sulla
spalla.
“Sto bene Nami, non preoccuparti!” disse
rialzandosi “Ho solo bisogno di rinfrescarmi un po’”. Disse allontanandosi e
lasciando Nami stupita e preoccupata.
La fontana che Franky aveva costruito, non era
lontana dal cimitero e per fortuna era già funzionante. Quando si trattava di
costruire qualcosa, il carpentiere aveva le mani d’oro.
Il ragazzo di gomma vi si avvicinò e unendo le mani a coppa, raccolse un
po’ dell’acqua fresca, portandosela al viso e bagnandosi i capelli. Cercava un
po’ di conforto in quella frescura, perché non era vero che si sentiva bene.
Aveva mentito a Nami per non farla preoccupare.
Sapeva di avere qualche linea di febbre, ma sapeva anche che sarebbe
passata con una bella dormita rinvigorente.
“Rufy!”
Il ragazzo sentendosi interpellare e non riuscendo a riconoscere la voce, a
causa del suono ovattato che il suo udito aveva percepito, si voltò.
Quando si accorse che era stato Sanji a
pronunciare il suo nome, scosse la testa nella speranza di ritornare in sé e di
riuscire a non destare sospetti sul suo malessere.
“S-Sanji, cosa c’è?”
“Ho finito di lavare il ponte della nave, così sono venuto a cercare per
parlarti!” disse il cuoco un po’ incerto su come iniziare il discorso.
Rufy cercò di prestare attenzione, ma oltre
all’udito che non funzionava a dovere, si ci mise anche la vista, la quale
cominciava a giocargli brutti scherzi, appannandosi.
Per istinto il ragazzo si portò una mano alla testa come a volerla
sorreggere.
“Ecco io volevo…” cominciò il cuoco, ma il gesto
del capitano non passò inosservato “Rufy, stai bene?”
chiese guardandolo con aria preoccupata e facendo un passo verso di lui, ma Rufy non ebbe il tempo di rispondere che un mancamento lo
fece cadere a terra privo di sensi.
“Oi, Rufy !” urlò Sanji sollevandolo e scuotendolo per fargli riprendere i
sensi, ma vedendo che quel metodo non funzionava, se lo caricò sulle spalle per
portarlo da Chopper.
Nami, nello stesso momento, per niente
convinta delle parole del ragazzo di gomma, anche se con un attimo di ritardo,
si apprestò a seguirlo per controllare che tutto andasse veramente bene, come Rufy voleva farle credere con scarso risultato.
Il suo cuore perse un battito quando per strada incrociò Sanji che correva
con addosso il corpo inerme di Rufy.
Il cuoco si fermò, quando vide la ragazza, non perché volesse perdere tempo
in moine, ma per informarsi quale delle case costruite fungeva da ospedale.
Li avrebbe di sicuro trovato Chopper.
Nami, senza un attimo di esitazione, si
apprestò a indicargli la direzione, facendogli strada. Non voleva mollare Rufy nemmeno per un istante. Non si allontanò da lui
neanche durante la visita.
Il capitano della Sunny venne fatto stendere su
di un letto improvvisato con della paglia e delle lenzuola e senza perdere
tempo la renna cominciò a visitarlo.
“Chopper, non so quanto possa tornare utile, ma oggi ho notato che Rufy continuava a tenersi dolorosamente il braccio
sinistro!” disse Nami passando il suo sguardo dal
dottore al ragazzo, cercando di comprendere qualcosa.
Chopper spostò il suo sguardo verso il braccio indicatogli da Nami, su cui vi erano ancora delle bende. Cercò di
ricordare quando gliele avesse messe, ma di fatto non era mai successo. “Chi ha
fasciato il braccio?” chiese la renna curiosa.
Nami sussultò “S-sono
stata io! Rufy andava in giro con la ferita scoperta
e di tanto in tanto essa cominciava a sanguinare, quindi ho pensato che per aiutarla
a guarire, sarebbe stato meglio coprirla!” spiegò la ragazza, temendo di aver
commesso un errore.
Chopper sospirò e togliendo le bende, potè
constatare che la sua intuizione era giusta.
“Il giorno in cui Rufy deciderà di darmi retta,
sarà troppo tardi!” disse la renna prendendo gli attrezzi per pulire la ferita.
“Cosa vuoi dire? È colpa mia se sta male?”
Chopper sorrise per rassicurarla “No, più che altro è una mia mancanza. Il
giorno dello scontro con quel pirata spietato, ho detto a Rufy
che anche le sue ferite necessitavano di cure, ma non mi prestò ascolto e
vedendolo preoccupato per te, non insistetti più di quanto avrei dovuto fare, è
questo è il risultato della mia non testardaggine! Capita a volte che le ferite
si rimarginino da sole senza che esse debbano essere per forza disinfettate, ma
può capitare che l’arma con cui ci si procura un taglio o una ferita di grande
entità sia sporca e in quel caso se non si procede a disinfettarla come si
deve, si incorre, come in questo caso, a un’infezione!”
“Ma quindi non è grave!” disse Nami speranzosa.
“Se questa ferita fosse stata trascurata ancora qualche giorno,essa avrebbe
potuto infettarsi in modo tale da diventare cancrena fino a dover ricorrere
all’amputazione del braccio!” spiegò Chopper a Nami,
la quale non fu per niente contenta di sentire quella spiegazione medica.
Chopper leggendo spavento sul volto della sua compagna, cominciò ad agitare
le zampe anteriori e a spiegarle che non
doveva preoccuparsi, perché non era il caso di Rufy.
Esso infatti, una volta ripulito e disinfettato il taglio, se la sarebbe cavata
con febbre per qualche giorno e niente di più.
Nami si sentì sollevata e tranquillizzata a
quelle parole, ma comunque volle rimanere tutta la notte al capezzale del suo
capitano, accarezzandole di tanto i tanto i capelli come a volergli segnalare
la sua presenza. Gli asciugava il sudore dalla fronte e su quest’ultima di
tanto in tanto, applicava un pezza bagnata con acqua fresca per far sì che la
temperatura calasse.
“Sei uno stupido! Se non ti fossi preoccupato per me, non avresti
trascurato le tue ferite e a quest’ora non ti ritroveresti obbligato a letto!”
disse Nami osservandogli il volto illuminato dalla
poca luce che entrava dalla finestra “Certo che se ci pensi è un po’ buffo. Ci
siamo scambiati i ruoli. Qualche giorno fa ero io quella relegata a letto per
ordine di Chopper e tu quello al mio capezzale!” Nami
sorrise ricordando quella mattinata in cui svegliandosi, aveva trovato Rufy, a terra, ronfare bellamente emettendo strani rumori, e ogni tanto sentendolo domandare nel
sogno della carne. La gamba ancora appoggiata alla sedia, le fece capire che
addormentandosi, era rotolato a terra senza che la botta presa lo destasse.
Anch’essa si addormentò al capezzale del capitano col passare delle ore.
Pensò di appoggiare la testa solo per un istante per riposare gli occhi, ma il
sonno la colse senza che nemmeno se ne accorgesse.
Fu il cinguettio degli uccellini a svegliarla e la prima cosa che fece, fu quella
di controllare Rufy.
Il rossore delle guance era sparito e il colorito era tornato quello
normale. Il suo viso toccato dai raggi del sole, lo facevano apparire un
bambino addormentato. Un bambino dolce che Nami
adorava. Si incantò a osservarlo per un po’ notando che il suo respiro, il
giorno prima affannoso, era tornato normale.
La ragazza si sentì sollevata di vedere che le capacità di recupero del
ragazzo avevano agito in modo veloce anche quella volta. Aveva ancora la fronte
calda, ma la temperatura di era abbassata molto rispetto al giorno prima.
Conoscendolo, Nami sapeva che anche in quelle
condizioni, Rufy sarebbe stato in grado di scalare la
montagna più alta del mondo.
Sorrise e prese ad accarezzargli i capelli, cercando di non svegliarlo.
Compì quel gesto per diversi minuti, finchè il suo
sguardo non si posò sulle labbra di Rufy, le stesse
che qualche sera prima si erano scontrate con le sue.
Esse erano leggermente schiuse e Nami sentì
l’impulso irrefrenabile di donargli un casto bacio.
Lentamente si sollevo, portandosi indietro la ciocca di capelli, caduta in
avanti, quando sentì la voce del ragazzo ancora impastata dal sonno.
“Non vale approfittarsi di un moribondo!” disse, facendo sgranare gli occhi
a Nami, la quale diventò rossa come un peperone.
“Comunque non chiedevo un risveglio migliore!”
Rufy sorrise a trentadue denti vendendo la
reazione della ragazza.
“Rufy…io…io…credevo che dormissi e…e…”
Rufy si tirò su e allungando la testa, poso un
bacio sulla fronte di Nami, cogliendola di sorpresa “Adesso
siamo pari!”
Nami arrossi ancora di più.
“Pensavo non volessi correre!” disse Rufy
ricordandole le sue stesse parole.
Nami annuì “Si, è vero, ma d'altronde ti ho
dato solo un bacio innocente, non ti sposo mica domani! E poi…bhè
quello che ci siamo detti sul ponte il giorno in cui siamo tornati, da una
parte lo penso ancora e ancora mi spaventa, ma non posso arrendermi senza
averci provato!”
“Provare a fare cosa?” chiese Rufy inclinando la
testa di lato.
“Lo sai cosa!” disse Nami imbarazzata.
“No, cosa?” disse il ragazzo piegando la testa dall’altra parte.
“Io, tu…hai capito, no?”
Rufy continuò a guardarla confusa e esasperata
la rossa gridò “Provare a stare insieme, baka che non
sei altro!” disse dandogli un colpo in testa, ma Rufy
sorrise a quelle parole.
Nami sussultò e sedendosi nuovamente sulla
sedia in modo composto disse “Tu volevi sentirmelo dire, vero?”
Rufu annuì più volte e Nami
come risposta alzò gli occhi al cielo.
“Che scenetta toccante!” Disse Zoro appoggiato
alla soglia della porta con le braccia conserte e un ghigno stampato sulla
faccia.
Nami arrossì “Z-Zoro!
D-da quanto s-sei li?”
“Non mi sono perso nemmeno un bacio!” disse divertito a vedere una Nami in procinto di svenire e un Rufy
tranquillo.
“Lo dite voi al cuoco da strapazzo o io? Potrei trarne una bellissima
soddisfazione personale!” disse sorridendo
prima di andarsene via, chiudendo la porta alle spalle lasciando un po’
di intimità ai due fidanzatini.